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Sospensione sentenza appello: quando è negata

Un notaio, condannato in primo grado al risarcimento danni per responsabilità professionale, ha richiesto la sospensione della sentenza in appello. La Corte d’Appello di Roma ha respinto l’istanza, ritenendo che non sussistessero errori manifesti nella sentenza impugnata e che il rischio di irrecuperabilità della somma, in caso di esito favorevole dell’appello, non fosse stato provato in modo assoluto, avendo la parte creditrice dimostrato la propria solvenza.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sospensione Sentenza Appello: Quando il Rischio di Insolvenza non Basta

L’ordinanza emessa dalla Corte d’Appello di Roma offre un importante chiarimento sui presupposti per ottenere la sospensione sentenza appello. La decisione sottolinea che la mera difficoltà nel recuperare una somma versata non è sufficiente a giustificare la sospensione, specialmente se il rischio di insolvenza del creditore non è dimostrato in modo ‘assoluto’. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso e i principi applicati dalla Corte.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una sentenza di primo grado del Tribunale di Latina, che aveva condannato in solido un notaio e la parte venditrice di un immobile al risarcimento dei danni in favore dell’acquirente. La condanna prevedeva il pagamento di una somma cospicua, oltre al rimborso di spese e onorari legali. Il notaio, ritenendo ingiusta la sentenza, proponeva appello e, contestualmente, presentava un’istanza per la sospensione dell’efficacia esecutiva della condanna, ai sensi dell’art. 351 c.p.c.

L’appellante motivava la sua richiesta sulla base di due pilastri fondamentali:
1. Il fumus boni iuris, ovvero la presunta fondatezza dei motivi di appello.
2. Il periculum in mora, cioè il pregiudizio grave e irreparabile che sarebbe derivato dall’esecuzione della sentenza. Nello specifico, l’appellante sosteneva che, in caso di accoglimento del suo appello, avrebbe avuto serie difficoltà a recuperare la somma versata (oltre 146.000 euro), poiché la controparte era una persona fisica priva di reddito certo e proprietà.

Le Motivazioni della Corte sulla Sospensione Sentenza Appello

La Corte d’Appello di Roma ha rigettato l’istanza di sospensione, basando la sua decisione su una duplice valutazione, come richiesto dall’art. 283 c.p.c.

1. Analisi del ‘Fumus Boni Iuris’

In primo luogo, la Corte ha effettuato una valutazione sommaria della fondatezza dell’appello. I giudici hanno concluso che la sentenza di primo grado non presentava ‘vizi palesi di motivazione’ tali da far presagire un esito quasi certo a favore dell’appellante. Pur riservando ogni valutazione approfondita alla fase di merito, la Corte non ha ravvisato elementi di manifesta fondatezza nell’impugnazione.

2. Valutazione del ‘Periculum in Mora’ e del Rischio di Insolvenza

Il punto cruciale della decisione riguarda il pregiudizio grave e irreparabile. La Corte ha stabilito che il pregiudizio lamentato dall’appellante non superava quello che le norme considerano una ‘inevitabile conseguenza dell’esecuzione forzata’. Pagare una somma in base a una sentenza esecutiva è un effetto ordinario del sistema, non un danno eccezionale.

Soprattutto, la Corte ha ritenuto che la presunta difficoltà di recupero del credito non fosse ‘assoluta’. A fronte delle allegazioni dell’appellante sulla precaria situazione economica del creditore, quest’ultimo ha fornito prove contrarie. In particolare, ha dimostrato di essere un piccolo imprenditore e di non avere protesti a suo carico. Questi elementi sono stati sufficienti per convincere la Corte che il rischio di insolvenza non era così concreto e assoluto da giustificare una misura drastica come la sospensione sentenza appello.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per ottenere la sospensione dell’esecutività di una sentenza di primo grado non basta paventare un generico rischio di non poter recuperare le somme versate. È necessario fornire una prova rigorosa del fatto che tale rischio sia grave, irreparabile e, soprattutto, che la difficoltà di recupero si configuri come ‘assoluta’. La valutazione del giudice d’appello è comparativa: da un lato tutela il diritto del vincitore in primo grado di ottenere l’esecuzione della sentenza, dall’altro protegge il debitore da pregiudizi irreversibili. In questo caso, la dimostrata solvenza, anche se relativa, del creditore ha fatto pendere la bilancia a favore della non concessione della sospensione.

Quando può essere concessa la sospensione dell’esecutività di una sentenza in appello?
La sospensione può essere disposta dal giudice d’appello se l’impugnazione appare manifestamente fondata oppure se dall’esecuzione della sentenza può derivare un pregiudizio grave e irreparabile, anche in relazione alla possibile insolvenza di una delle parti.

Il rischio di non poter recuperare una somma di denaro pagata è sempre considerato un ‘pregiudizio grave e irreparabile’?
No. Secondo questa ordinanza, il pagamento di una somma in esecuzione di una sentenza è una conseguenza ordinaria prevista dalla legge. Per giustificare la sospensione, il debitore deve dimostrare che il pregiudizio è superiore a questo e che la difficoltà di recupero è ‘assoluta’ e non solo potenziale.

Come ha valutato la Corte la solvenza della parte creditrice?
La Corte ha ritenuto che il rischio di insolvenza non fosse assoluto perché la parte creditrice ha fornito prove concrete della propria solvibilità, allegando di essere un piccolo imprenditore e di non avere protesti in corso. Questo ha neutralizzato la tesi dell’appellante sulla presunta impossibilità di recupero del credito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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