Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13815 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13815 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9961/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e NOME COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME, presso l’ indirizzo di posta elettronica certificato del quale sono domiciliati per legge:
-parte ricorrente-
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME NOME , presso l’ indirizzo di posta elettronica certificata del quale sono domiciliati per legge;
-parte controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 4790/2020 depositata il 23/10/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Tivoli NOME COGNOME e NOME, chiedendo la convalida dello sfratto per morosità, intimato ai convenuti, in relazione all’immobile di loro proprietà sito in Moricone (Roma) e la condanna delle convenute al pagamento in loro favore della somma di euro 12.087,54. In particolare, gli attori lamentavano il mancato versamento dei canoni di locazione da febbraio a luglio 2011 per complessivi euro 8.748,58 e dell’adeguamento ISTAT, richiesto a decorrere dall’aprile 2009 fino al gennaio 2011 per complessivi euro 3.339,00.
Le convenute si costituivano in giudizio, e, in via principale, in relazione alla contestata morosità, eccepivano: di aver sospeso i pagamenti per la sostanziale inutilizzabilità dell’immobile, dovuta alla presenza di vizi, che erano tali da precludere il godimento pattuito, erano stati denunciati con lettera raccomandata con a.r. fin dal dicembre 2008 ed erano stati successivamente verificati nel giugno 2011 nel verbale redatto dai RAGIONE_SOCIALE (intervenuti a seguito dell’incendio della canna fumaria collegata alla cucina); in detto verbale era contenuta una diffida a non usare il forno sino al compimento dei necessari lavori di sistemazione e di adeguamento. In via riconvenzionale, inoltre, chiedevano la risoluzione del contratto per inadempimento dei locatori; la condanna di questi ultimi al risarcimento dei danni subiti nello svolgimento dell’attività di ristorazione, alla restituzione delle somme versate per le spese effettuate ed al versamento dell’indennità dovuta per l’avviamento commerciale.
Il Tribunale di Tivoli: dapprima denegava l’ordinanza di rilascio e disponeva la conversione del rito; poi, disponeva procedersi a ctu; infine, con sentenza n. 701/2014 respingeva la domanda di risoluzione
contrattuale per morosità, formulata dagli attori, mentre accoglieva la domanda di risoluzione contrattuale per inadempimento formulata dalle convenute, condannando gli attori al pagamento della somma di euro 7000 a titolo di risarcimento danni, nonché della somma di euro 23.240 per l’indennità di avviamento ex art. 34 l. n. 392/1978, oltre accessori. In sintesi, il giudice di primo grado riteneva provata la totale inagibilità dell’immobile locato, derivante dalla inidoneità all’uso convenuto della canna fumaria e della caldaia e conseguentemente riteneva che l’inadempimento dei locatori, essendo tale da precludere del tutto il godimento dell’immobile locato, era di maggiore gravità rispetto alla morosità delle convenute.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponevano ricorso in appello gli originari attori deducendo: a) l’erronea ricostruzione dei fatti di causa e la conseguente erronea applicazione dell’art. 1460 c.c.; b) l’inammissibile ricorso alla liquidazione equitativa del danno; c) l’erronea condanna alla corresponsione dell’indennità ex art. 34 della legge n. 392/1978.
Le appellate si costituivano in giudizio, eccependo in via preliminare l’errore sul rito, trattandosi di causa che, pur vertendo in materia locatizia, era stata trattata in primo grado con il rito ordinario, con conseguente necessità di introdurre l’appello con citazione (e non con ricorso, come invece avvenuto); e chiedendo nel merito il rigetto dell’appello, con conferma della sentenza impugnata.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 4790/2020, in accoglimento dell’appello,
dichiarava risolto il contratto di locazione inter partes per inadempimento delle conduttrici e condannava quest’ultime al pagamento della somma di euro 8.748,54 per canoni scaduti da febbraio a luglio 2011, oltre alla somma di euro 33.563,07 a titolo di indennità ex art. 1591 c.c. dovuta dall’agosto 2011 al 20 giugno 2013 (data del rilascio);
rigettava le domande riconvenzionali delle conduttrici, che condannava alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio ed alle spese di ctu.
Avverso la sentenza della corte territoriale hanno proposto ricorso le originarie convenute.
Hanno resistito con controricorso gli originari attori.
Il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte mentre le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.COGNOME NOME e NOME articolano in ricorso tre motivi.
Con il primo motivo le ricorrenti denunciano <>
Censurano l’erroneità della sentenza nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto che esse conduttrici, a fronte della incontestata permanenza nel godimento dell’immobile locato, avevano provato soltanto una temporanea inutilizzabilità del forno e della canna fumaria e non anche della totale inutilizzabilità del bene. Sostengono che, in applicazione dei principi affermati da Cass. n. 2154/2021, sarebbe stato onere dei locatori dimostrare di avere correttamente e pienamente adempiuto all’obbligo di rendere l’immobile locato pienamente idoneo all’uso pattuito.
Censurano altresì l’erroneità della sentenza nella parte in cui la corte territoriale non ha ritenuto legittima la sospensione del pagamento dei canoni, pur avendo accertato i problemi di funzionamento del forno e della canna fumaria e pur avendo accertato che i locatori, nonostante i solleciti, non avevano provveduto alle necessarie riparazioni, che eccedevano la normale manutenzione.
Il motivo è inammissibile per plurime ragioni.
In primo luogo, perché non spiega come e perché sarebbero state violate le norme eterogenee di cui deduce la violazione: nessuna attività assertiva specificamente evocativa di ciascuna di esse si coglie nel motivo e ciò né sotto il profilo della violazione né sotto quello della c.d. falsa applicazione.
In secondo luogo, il motivo è inammissibile perché assume come oggetto di critica la motivazione della sentenza impugnata soltanto nelle cinque righe finali della pag. 5, trascurando sia di considerare che tale parte rappresenta il risultato finale del ragionamento e delle considerazioni pregresse, che si sviluppano da poco meno della metà della pagina 4, sia di considerare quelle successive sino a circa la metà della pagina 6. Sotto tale profilo il motivo impinge in inammissibilità sia ai sensi del principio di diritto consolidato di cui a Cass. n. 359 del 2005, sia ai sensi del principio di diritto consolidato di cui a Cass. n. 4741 del 2005, entrambi ribaditi da Cass., Sez., Un., n. 7074 del 2017, in motivazione espressa, sebbene non massimata.
Ulteriormente, l’illustrazione, evocando un passo della motivazione di cui a Cass. n. 2154 del 2021, ignora che coerentemente ad esso detta decisione ha enunciato il principio di diritto, secondo cui <>: ebbene, di tale principio la sentenza ha fatto applicazione.
Da ultimo, si rileva che un diverso apprezzamento del motivo non è possibile nemmeno procedendo al suo scrutinio sulla base di quanto – con evidente singolarità strutturale della tecnica di redazione del ricorso – hanno inteso enunciare prima dell’illustrazione del motivo ed anzi dei motivi, nelle pagine dalla 12 alla 13, sotto la rubrica ‘esito del giudizio di appello. Rilievi critici’, atteso che se, al di là del fatto che nemmeno le ricorrenti lo richiedono, si procedesse all’esame del motivo sulla base di tale parte del ricorso, si dovrebbe constatare che quanto ivi si espone si risolve in una manifestazione di dissenso dalla ricostruzione della quaestio facti , esorbitante dai limiti del sindacato di questa Corte.
In definitiva, il motivo non prospetta alcun problema interpretativo di norme, ma sollecita questa Corte ad una interpretazioni delle risultanze processuali diversa da quella compiuta dalla corte di merito, che, dopo aver dato atto del contenuto del verbale dei vigili del fuoco del giugno 2011 e delle risultanze della espletata ctu, dando corretta applicazione a principi di diritto affermati da questa Corte, è arrivata al convincimento che, tenendo conto dei rispettivi inadempimenti, quello delle originarie convenute fosse più grave.
Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano <>.
Censurano la sentenza impugnata nella parte in cui (pp. 4-5) la corte territoriale ha dedotto:
<>;
<>.
Sostengono che le suddette affermazioni non tengono conto <>, che passano in rassegna.
Anche il secondo motivo è inammissibile.
In primo luogo, perché, quanto alla asserita violazione e/o falsa applicazione delle norme del codice civile e del codice di procedura civile, è anch’esso carente della spiegazione del come e del perché detta violazione e/o falsa applicazione si sarebbero verificate, limitandosi alla riassuntiva loro proclamazione dopo la rassegna di una serie di emergenze istruttorie. Le ricorrenti denunciano il vizio di cui all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., ma, a sostegno dell’accoglimento
del motivo sollecitano a questa Corte una nuova valutazione delle risultanze istruttorie là dove indicano una serie di documenti, tra cui la relazione peritale, la cui lettura sarebbe stata o non valutata o fraintesa dalla corte territoriale.
Quanto alla norma dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c. la sua violazione è inammissibilmente dedotta sulla base di elementi aliunde , il che non corrisponde al modo di dedurla indicato dalle Sezioni Unite nelle note sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014.
Inoltre, assume di nuovo rilievo quanto osservato circa i ‘rilievi critici’ anteriori all’esposizione dei motivi.
Oltretutto, le ricorrenti lamentano l’omesso esame delle missive che le parti si sono scambiate prima del giudizio, ma tanto fanno infondatamente, in quanto la corte territoriale ha richiamato (p. 5) <> ed ha dato atto <<dell'immediato intervento di riparazione (della canna fumaria, ndr) dei locatori, cfr telegramma del 10.06.2021.
Con il terzo motivo le ricorrenti denunciano <>.
Sottolineano che la finalità del contratto di locazione era lo svolgimento di un’attività commerciale di ristorazione.
Si dolgono che la corte territoriale non ha indicato la ragione per cui ha ritenuto irrilevanti le accertate inadempienze dei locatori (e cioè l’omessa manutenzione e l’omesso adeguamento della canna fumaria collegata al forno a legna e al camino), mentre al contrario detta manutenzione ed adeguamento avrebbero dovuto essere ritenute
essenziali per la cottura delle pietanze da somministrare alla clientela nell’ambito di una attività di ristorazione.
Sostengono che non è rilevante la circostanza che nel dicembre 2007, allorquando gli odierni resistenti erano subentrati ai precedenti proprietari, esse conduttrici, nel rinunciare al loro diritto di prelazione, avevano dichiarato che i locali affittati erano di loro gradimento ed avevano taciuto l’esistenza dei dedotti vizi strutturali, di seguito azionati, in quanto sarebbe stato onere del locatore provare la idoneità ed efficienza del bene concesso in locazione all’uso pattuito.
Si dolgono che la corte territoriale ha ignorato la corrispondenza intercorsa tra le parti, attestante la persistenza di problematiche connesse alla necessità di interventi di manutenzione straordinaria risalenti all’anno 2008.
Anche detto motivo è inammissibile.
Anche a non voler rimarcare la palese mancanza di indicazione della norma violata, per il fatto che si omette di indicare la norma processuale che sarebbe stata in ipotesi violata, si osserva che, se essa fosse quella dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., al di là della circostanza che si allude al non essere stata fornita ‘adeguata motivazione, per ciò solo in thesi ponendosi al di fuori della logica assegnata a quella violazione dalle citate Sezioni Unite, comunque ed ulteriormente il motivo si fonderebbe nuovamente su elementi aliunde .
Peraltro, al di là dell’assorbente inammissibilità del motivo, la lettura della motivazione in ogni caso evidenzia che la corte territoriale ha tenuto conto anche degli inadempimenti dei locatori, ma, nella complessiva economia del rapporto sinallagmatico intercorso tra le parti, ha ritenuto più gravi gli inadempimenti posti in essere dalle conduttrici.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute da parte resistente, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per
il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 4.000 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge;
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 7 marzo 2024, nella camera di consiglio