Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23810 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23810 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24366/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE difesa da ll’avvocato NOME
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO DI NOME N 5SITO IN TORRE DEL GRECO, difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 5989/2019 depositata il 13/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE stipula con il Condominio di INDIRIZZO in Torre del Greco un contratto di appalto in data 29/01/2001, successivamente revisionato il 05/06/2003, per l’esecuzione di lavori sull’intero fabbricato condominiale. In corso d’opera, l’impresa sospende l’esecuzione,
assumendo vuoi l’impossibilità tecnica di proseguire i lavori per la presenza di ostacoli (tettoie e verande) che impedirebbero il montaggio dei ponteggi fissi, vuoi la necessità di eseguire lavorazioni ulteriori e più onerose rispetto a quelle contrattualmente previste, per le quali richiede un aumento di compenso. Dopo una serie di comunicazioni, tra cui l’ordine di servizio del direttore dei lavori del 30/12/2004 che sollecita la ripresa dei lavori, il Condominio, con atto del 07/01/2005, intima all’impresa di riprendere l’esecuzione, e successivamente, in data 06/04/2005, comunica di intendere risolto il contratto per inadempimento dell’appaltatrice. Dopo ulteriori trattative infruttuose, RAGIONE_SOCIALE ottiene un decreto ingiuntivo per il pagamento del saldo dei lavori eseguiti, che viene tratto ad oggetto di opposizione da parte del Condominio.
Nel giudizio di primo grado il Tribunale di Torre Annunziata revoca il decreto ingiuntivo, ma accoglie parzialmente la domanda dell’impresa, condannando il Condominio a pagare il corrispettivo residuo per i lavori eseguiti nella misura di € 18.322,38. Il Tribunale esclude la responsabilità dell’impresa per la sospensione dei lavori, ritenendola concordata e giustificata da sopravvenute difficoltà esecutive, nonché da una mancata intesa con il committente sui maggiori costi. Rigetta la domanda di risoluzione avanzata dal Condominio e quella di pagamento di penali per il ritardo nella consegna. Parimenti rigetta la domanda di risarcimento per vizi dell’opera, ritenendo che le lesioni dell’intonaco e il deterioramento della pittura fossero dovuti al tempo trascorso.
La Corte distrettuale accoglie parzialmente l’appello del Condominio, conferma la revoca del decreto ingiuntivo e rigetta tutte le domande, sia dell’appaltatore che del committente. Ritiene che la sospensione dei lavori da parte dell’appaltatore non fosse giustificata da un accordo con il committente, né da un
impedimento oggettivo. Osserva che il contratto originario già prevedeva l’uso di ponteggi fissi, che la presenza di tettoie e verande era conoscibile al momento della stipula del contratto e che non risulta alcuna prova di un rifiuto dei condomini alla loro rimozione. Aggiunge che l’assenza di accordo sulle variazioni richieste non giustificava la sospensione dei lavori già pattuiti. Di conseguenza, dichiara che l’inadempimento dell’impresa esclude il diritto al saldo, in applicazione dell’art. 1460 c.c., e dichiara assorbita ogni ulteriore questione in merito all’art. 1660 c.c.
L’impresa propone domanda di revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c. Il primo errore consiste nel fatto che la Corte ha percepito erroneamente che, per i lavori eseguiti prima della sospensione, la società appaltatrice avesse già ottenuto il corrispettivo. Sulla base di tale travisamento, la Corte ha erroneamente ritenuto che il credito vantato dall’appaltatrice si riferisse al corrispettivo previsto per lavori non eseguiti. Il secondo errore risiede nel misconoscimento del carattere concordato della sospensione, documentato da ordini di servizio del direttore dei lavori.
La Corte, con la sentenza in epigrafe, dichiara inammissibile la revocazione.
Ricorre in cassazione l’appaltatrice con sei motivi, illustrati da memoria. Resiste il Condominio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In via preliminare, è da accogliere l’eccezione di inammissibilità per tardività del controricorso, notificato il 20/11/2020, oltre il termine di 40 giorni dalla notifica del ricorso (22/09/2020).
– Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 112 e 395 n. 4 c.p.c., assumendosi che la sentenza impugnata abbia travisato il contenuto della sentenza di appello impugnata in revocazione, in particolare laddove ha ascritto a quest’ultima l’accertamento che l’impresa appaltatrice avesse già percepito integralmente i
pagamenti per le opere eseguite prima della sospensione, escludendo così l’errore di fatto revocatorio, nonostante l’accertamento tecnico preventivo avesse evidenziato il contrario. Si afferma che la decisione della Corte di appello qui impugnata avrebbe omesso di considerare che la domanda di revocazione si riferiva espressamente a tale passaggio motivazionale e che il mancato esame integrale di quel passaggio ha indotto un travisamento della domanda.
Il primo motivo è inammissibile.
Esso non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale si fonda sull’applicazione del principio inadimplenti non est adimplendum (art. 1460 c.c.). La Corte di appello ha infatti chiaramente affermato che, accertato il grave inadempimento dell’impresa per avere unilateralmente sospeso i lavori senza giustificazione, il Condominio era legittimato a rifiutare il pagamento del saldo, e tale rilievo assorbiva ogni questione relativa all’effettiva esistenza di un credito residuo. La questione se, al momento della sospensione, la RAGIONE_SOCIALE avesse o meno ricevuto integralmente i pagamenti per le opere già eseguite è stata espressamente ritenuta assorbita. Ne consegue che la dedotta erroneità di tale affermazione è priva del requisito della decisività (e a fortiori non può costituire oggetto di revocazione). Come costantemente affermato da questa Corte, è inammissibile per difetto di interesse il motivo di ricorso che censura un’argomentazione priva di efficacia causale autonoma nella struttura logica della decisione (sul punto, cfr. Cass. SU 7931/2013).
– Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 395 n. 4 e 115 c.p.c., per avere il giudice della revocazione erroneamente escluso l’esistenza dell’errore di fatto dedotto, in relazione ai documenti versati in atti e in particolare all’ordine di servizio n. 1 del 05/11/2003, che attestava la natura concordata della
sospensione dei lavori. Si contesta che la Corte abbia omesso l’esatta percezione del contenuto letterale del documento e che, di conseguenza, abbia escluso la sussistenza dell’errore senza riconoscerne la decisività.
Il secondo motivo è rigettato.
La Corte ha rilevato che la circostanza dell’accordo tra le parti in ordine alla sospensione dei lavori era oggetto di contestazione tra le parti stesse. Ha conseguentemente ritenuto che dovesse gravare sull’appaltatore l’onere di allegare e provare che l’ultimazione dei lavori oggetto del contratto non fosse possibile per causa a lui non imputabile. Ha inoltre escluso che i documenti prodotti, compresi gli ordini di servizio n. 1 e n. 2 del 2003, attestassero in modo incontestabile un impedimento alla ripresa dei lavori. Ha infine precisato che le condizioni tecniche per l’esecuzione dell’appalto, comprese le eventuali difficoltà dovute alla presenza di tettoie e verande, avrebbero dovuto essere previste dall’impresa sin dalla stipula del contratto, che già contemplava l’installazione di ponteggi fissi su tutte le facciate. A fortiori, non ricorrono le condizioni richieste per l’errore di fatto rilevante ex art. 395 n. 4 c.p.c.
– Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 395 n. 4 c.p.c., per avere il giudice della revocazione erroneamente ritenuto che il fatto della sospensione concordata fosse oggetto di contestazione tra le parti, trascurando che si era formato un giudicato interno su tale punto, per effetto della mancata impugnazione di quanto accertato nella sentenza di primo grado. Si afferma che la sentenza impugnata in revocazione ha erroneamente ricavato la contestazione implicita dall’uso del termine «abbandono del cantiere» nell’atto di appello del Condominio.
Il terzo motivo è rigettato.
La Corte ha correttamente escluso che si fosse formato un accertamento implicito vincolante, rilevando che la sospensione dei lavori era stata oggetto di esplicita contestazione da parte
dell’appellante. In particolare, ha ritenuto che l’espressione contenuta nell’atto di appello, riferita all’«abbandono del cantiere», dovesse essere intesa come contestazione della legittimità della sospensione, sicché la questione risultava specificamente investita dal gravame. In difetto di una statuizione passata in giudicato, a fronte di una chiara impugnazione sul punto, la Corte distrettuale ha irreprensibilmente escluso la formazione di un giudicato interno.
4. – Il quarto motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il giudice della revocazione erroneamente qualificato come censura sulla valutazione probatoria ciò che invece costituiva denuncia di errore di fatto, travisando così la domanda di revocazione. Si afferma che la revocazione riguardava l’erronea supposizione dell’insussistenza di un fatto (l’impedimento oggettivo e concordato alla prosecuzione dei lavori), risultante chiaramente dai documenti in atti.
Il quarto motivo è rigettato.
La Corte di appello ha motivato la propria decisione facendo corretta applicazione del principio secondo cui il giudice della revocazione non può sindacare valutazioni giuridiche o ricostruzioni probatorie, ma solo errori percettivi concernenti fatti storici non controversi. Nella specie, la Corte ha ritenuto che la sospensione unilaterale dei lavori da parte dell’impresa fosse ingiustificata, dopo avere esaminato gli ordini di servizio, il contratto di appalto e la documentazione di causa, ed è giunta alla conclusione che l’appaltatore non aveva allegato né provato l’impossibilità della prosecuzione dell’opera per causa a lui non imputabile. Tale valutazione implica un giudizio complesso di merito, non sindacabile in sede di revocazione. L’errore denunciato dal ricorrente non si riferisce ad un fatto storico travisato o non percepito, bensì ad una lettura giuridica del materiale istruttorio, che la Corte ha condotto in modo logico e coerente. In tal senso, il motivo si traduce in una censura di merito, estranea al perimetro
del giudizio di legittimità e, a fortiori, dell’art. 395 n. 4 c.p.c. (Cass. SU n. 4413/2016).
5.- Il quinto motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il giudice della revocazione fondato la decisione su ulteriori elementi fattuali (la presenza di ponteggi già prevista contrattualmente, la conoscibilità delle tettoie, la mancata prova del rifiuto dei condomini alla rimozione) che sarebbero estranei alla domanda di revocazione e non costituenti il fondamento della domanda di pagamento avanzata dall’impresa. Si assume che la revocazione aveva ad oggetto la sola parte della sentenza di appello che aveva escluso il diritto al saldo per i lavori già eseguiti.
Il quinto motivo è rigettato.
La parte ricorrente contesta che la Corte di appello abbia valorizzato fatti irrilevanti e omesso l’esame di altri aspetti essenziali, incorrendo in un vizio revocatorio. Tuttavia, la critica non individua alcun errore di percezione oggettiva su un fatto storico decisivo e non controverso, ma si risolve nella censura della motivazione. La Corte di appello ha illustrato puntualmente le ragioni della propria decisione, ritenendo ingiustificata la mancata prosecuzione dei lavori da parte dell’impresa. Ha rilevato che il contratto di appalto già prevedeva l’installazione dei ponteggi su tutte le facciate, e che la presenza di tettoie e verande non costituiva ostacolo imprevedibile, ma elemento conoscibile sin dall’origine. Ha inoltre escluso che vi fosse prova di un diniego da parte dei condomini alla rimozione degli ostacoli e ha affermato che la sospensione dei lavori non poteva essere giustificata dalla mancata approvazione dei maggiori oneri richiesti. Trattandosi di una motivazione fondata su valutazioni documentali e argomentazioni logico-giuridiche, il motivo è estraneo al perimetro dell’art. 395 n. 4 c.p.c., che non consente di rimettere in discussione apprezzamenti di merito già compiuti dal giudice della revocazione.
6. – Il sesto motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, rappresentato dalla circostanza che la sospensione era stata concordata e che le difficoltà operative derivavano da modifiche richieste dal Condominio stesso. Si afferma che la Corte ha erroneamente attribuito rilievo al solo ordine di servizio n. 5 del 28/09/2004, senza considerare l’ordine di servizio n. 2 del 18/11/2003 e la nota del 30/12/2004, da cui risulterebbe la volontà del Condominio di rimuovere gli ostacoli per consentire la ripresa dei lavori.
Il sesto motivo è rigettato.
La Corte ha preso in esame l’intera sequenza documentale, ha dato atto che l’impresa era rimasta inerte e che la mancata ripresa dei lavori non risultava giustificata. Ha affermato che la «mancanza di accordo sull’aumento dei costi giammai avrebbe giustificato la sospensione dei lavori già concordati, che avrebbero dovuto essere completati», e che in assenza di specifico consenso del committente l’interruzione era illegittima. Per quanto riguarda la nota del direttore dei lavori del 30/12/2004, la Corte di appello l’ ha esaminata, rilevando che non contiene alcuna ammissione di responsabilità da parte del Condominio, ma solo un invito rivolto all’impresa ad indicare una data per la ripresa delle opere. Ha osservato quindi che la sospensione era già in atto e che l’impresa non aveva mai formalizzato una richiesta per la rimozione degli ostacoli. Ha quindi ritenuto che la nota non potesse rivestire alcun carattere decisivo. Ha in definitiva ritenuto che il comportamento dell’appaltatrice integrasse grave inadempimento, escludendo che vi fosse un errore nella percezione dei documenti allegati. In definitiva, il motivo si risolve di nuovo nella richiesta di una diversa lettura del materiale documentale, che eccede a fortiori il perimetro dell’art. 395 n. 4 c.p.c., risolvendosi in una censura alla valutazione del merito compiuta dal giudice della revocazione.
– Il ricorso è rigettato. Non vi è necessità di provvedere sulle spese, in ragione di quanto si è concluso nel paragrafo n. 1.
A i sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 27/05/2025.