Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21070 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21070 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1401/2022 R.G.
proposto da
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO, con domicilio digitale EMAIL – ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO, dall’ AVV_NOTAIO COGNOME, dal l’AVV_NOTAIO e dall’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME, con domicilio digitale EMAIL
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza n. 1750 del 3/6/2021 della CORTE D’APPELLO DI MILANO;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/4/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Milano, la RAGIONE_SOCIALE chiedendo il pagamento della complessiva somma di Euro 2.731.220,74, asseritamente dovuta a titolo di risarcimento di un preteso danno subito dall’a ttrice, per perdita di chance (Euro 2.641.220,74) -in conseguenza dell’illegittimo mancato riconoscimento, nella procedura di concordato preventivo che aveva riguardato la convenuta, del trattamento previsto per i creditori cc.dd. ‘strategici’ dall’art. 1 82quinquies L.F. e per lucro cessante (Euro 90.000,00) per la mancata percezione di utili relativi alla fornitura di energia elettrica nei mesi di settembre e novembre 2013.
2. Illustrando i rapporti tra le parti, l’attrice esponeva che nel periodo 2008-2012 la RAGIONE_SOCIALE aveva fornito energia alla RAGIONE_SOCIALE e che in data 14/11/2012 veniva concluso un ulteriore contratto di fornitura per l’anno 2013 (con scadenza al 31/12/201 3 e privo della facoltà di recedere anticipatamente); al momento della proposizione del ricorso ex art. 161, comma 6, L.F. (poi seguito da domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo in continuità aziendale diretta, successivamente omologato dal Tribunale di Padova) e, cioè, al 15/12/2012 la RAGIONE_SOCIALE aveva maturato un debito di Euro 2.641.220,74; nel prosieguo, la «ORV provvedeva al pagamento delle fatture relative alla fornitura successiva alla data del deposito del ricorso»; la RAGIONE_SOCIALE intraprendeva il procedimento previsto dalla disciplina di settore per sospendere l’erogazione di energia alla RAGIONE_SOCIALE, considerata morosa, ma la RAGIONE_SOCIALE si opponeva, dapprima domandando un provvedimento ex art. 700 cod. proc. civ. e poi, dopo l’interruzione della fornitura operata da RAGIONE_SOCIALE in data 19/8/2013, concludendo un contratto con un altro fornitore, che approvvigionava di energia l’odierna controricorrente nei mesi di settembre e novembre 201 3;
3. Secondo l’illustrazione della ricorrente, il danno subito traeva origine da diverse condotte della RAGIONE_SOCIALE: «1) l’avere concluso con RAGIONE_SOCIALE un accordo di dilazione di pagamento delle fatture scadute nell’ottobre 2012, quando aveva già deciso d i accedere alla procedura di concordato preventivo e quindi con la consapevolezza che non vi avrebbe adempiuto (circostanza in merito alla quale non si è proposto appello); 2) l’avere impedito ad RAGIONE_SOCIALE di sospendere fornitura in pendenza del concordato, c osì violando l’art. 9.2 del contratto che facoltizzava RAGIONE_SOCIALE alla sospensione della propria prestazione in presenza di morosità, e il generale precetto di neminem laedere ex art. 2043 c.c., appropriandosi della energia di proprietà di RAGIONE_SOCIALE contro la volontà della stessa; 3) l’avere concluso in pendenza del concordato un contratto di fornitura con un soggetto terzo ed ottenendo lo switch in favore di tale nuovo fornitore con decorrenza 01/09/2013, così violando il vincolo contrattuale che prevedeva una durata fino al termine del 31/12/2013.» (così a pagg. 13-14 del ricorso introduttivo); nella tesi dell’attrice «Il danno patito da RAGIONE_SOCIALE in conseguenza degli atti illeciti commessi da COGNOME, finalizzati ad impedirle di esplicare la propria legittima facoltà di sospendere la esecuzione del contratto, può apprezzarsi individuando quale sarebbe stato il risultato positivo ottenuto da RAGIONE_SOCIALE laddove ORV non avesse posto in essere tali condotte illecite, ma avesse invece perseguito la continuità aziendale attravers o l’unico strumento lecito a sua disposizione, cioè il pagamento del credito pregresso ai sensi dell’art. 182 quinquies , co. 4, LF. Il danno subito da RAGIONE_SOCIALE è pertanto il mancato riconoscimento, da parte della società RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo con continuità aziendale, del trattamento del proprio credito previsto dal citato art. 182 quinquies , co. 4, LF, trattamento al quale RAGIONE_SOCIALE legittimamente aspirava. Se il trattamento del credito spettante al fornitore essenziale fosse stato disciplinato dalla norma in esame come una caratteristica intrinseca del credito
stesso, e quindi come un diritto del creditore a vedersi riconosciuto un particolare trattamento (così come avviene per un creditore privilegiato o per le prededuzioni), allora il danno patito da RAGIONE_SOCIALE sarebbe configurabile come lucro cessante. Atteso che, invece, la norma non attribuisce al creditore un diritto bensì una aspettativa legittima, tale danno si configura ad avviso di questa difesa quale perdita di chance , che la giurisprudenza ricostruisce come quel pregiudizio che si basa sulla probabilità, comprovabile anche presuntivamente, che il risultato positivo si sarebbe realizzato senza l’interferenza del comportamento illecito, capace di rompere la serie causale che avrebbe condotto al conseguimento del risultato positivo, risultato che va valutato sulla base della considerazione di una potenzialità, poi venuta meno» (così a pag. 3536 dell’atto di citazione in primo grado).
4. La RAGIONE_SOCIALE pretendeva, inoltre, il risarcimento del «danno per lucro cessante dovuto al mancato percepimento degli utili relativi alla fornitura di settembre e novembre 2013, illecitamente effettuata da un terzo fornitore. La sussistenza di tale danno emerge chiaramente laddove si continui ad adottare l’ottica in base al quale RAGIONE_SOCIALE ha diritto ad essere risarcita dal mancato guadagno che avrebbe senz’altro percepito laddove ORV avesse tenuto la unica condotta lecita finalizzata al mantenimento della continuità aziendale. In tal caso non solo avrebbe chiesto l’autorizzazione al pagamento del credito pregresso, ma avrebbe altresì continuato ad usufruire della fornitura di RAGIONE_SOCIALE per tutta la durata del contratto, fino al 31/12/2013.».
5. Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 9058 dell’8/10/2019, respingeva le domande attoree, la prima perché era da reputarsi insussistente l’asserita ‘strategicità’ delle forniture effettuate da RAGIONE_SOCIALE e perché non era configurabile un diritto al risarcimento di perdita di chance in mancanza di un inadempimento di RAGIONE_SOCIALE–
ring, la seconda perché la conclusione del contratto con un diverso fornitore costituiva legittima reazione alla sospensione della fornitura imposta il 19/8/2013 da RAGIONE_SOCIALE, da reputarsi illegittima perché riferita a debiti inerenti a pregressi rapporti contrattuali del 2012 (già esauriti e non collegati col contratto del 2013).
6. La RAGIONE_SOCIALE impugnava la decisione.
7. La Corte d’appello di Milano, con la sentenza n. 1750 del 3/6/2021, respingeva l’impugnazione.
8. Per quanto qui rileva, il giudice di secondo grado, dopo aver dato atto del sopravvenuto pagamento dell’importo di Euro 579.772,15 (corrispondente al debito, falcidiato, della RAGIONE_SOCIALE per la fornitura di energia anteriore alla procedura) in adempimento del piano concordatario, confermava l’infondatezza della pretesa della RAGIONE_SOCIALE di conseguire il pagamento dell’intera annualità del 2012 «senza alcuna falcidia, ancorando tale domanda alla insoddisfazione da parte di ORV della, così descri tta, ‘legittima aspettativa’ di EE a che la prima ‘presentasse istanza al Tribunale ai sensi dell’art. 182 quinquies co. 4 L.F.’ (ora divenuto comma 5, secondo cui, l’imprenditore nelle condizioni di ORV può chiedere di essere autorizzato dal Tribunale al pagamento integrale di determinati debiti pregressi ‘strategici’, ossia relativi a prestazioni che il professionista ‘l’attestatore’ – previsto dalla Legge asseveri essere ‘essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori’) la cui mancata presentazione, secondo la tesi di COGNOME così come interpretata dal primo Giudice ‘costituirebbe un illecito da parte della convenuta’. … Ora, nella presente sede di gravame, l’appellante nega di aver mai posto a base della sua domanda in esame la mancata presentazione di detta istanza ex art. 182 quinquies , che ribadisce essere una mera facoltà del debitore in concordato in continuità. Tuttavia, anche se ciò fosse, non è individuabile la congruenza e l ‘utilità per gli
interessi di NOME di tali formulazioni, atteso che ciò di cui si verte è, per sua stessa ammissione, un illecito contrattuale, ossia il mancato pagamento delle prestazioni di fornitura per l’anno 2012 nella più volte menzionata misura di € 2.641.220,74, risp etto a cui del tutto non pertinenti sono le considerazioni svolte nella sezione dell’atto di impugnazione in esame rispetto al fatto che ORV avesse materialmente impedito a NOME ‘di sospendere la fornitura’ e poi operato lo ‘switch in favore di NOME nuovo forni tore’ … di appello), di talché incongruente è la conclusione tratta dall’appellante … secondo cui sarebbe ‘innegabile il nesso causale tra la condotta illecita di COGNOME ed il danno patito da RAGIONE_SOCIALE: al fine di impedire la sospensione della fornitura …ORV non aveva altra strada legittima se non quella di chiedere la autorizzazione al pagamento del credito di RAGIONE_SOCIALE ex art. 182 quinquies co. 4 LF’, e, ‘diversamente, avrebbe dovuto subire la sospensione della fornitura’, il tutto, va rammentato con riferimento a prestazioni e debito ampiamente antecedenti alla instaurazione della procedura in questione».
9. Sulla pretesa erroneità del riconoscimento della facoltà di recesso, la Corte territoriale affermava che «anche tale sezione del libro delle doglianze dell’appellante è viziata da un fatale equivoco di fondo: … sarebbe stato ben possibile materialmente per la impresa in concordato impedire di trovarsi sprovvista di energia elettrica, atteso, in sostanza e in altre parole, che RAGIONE_SOCIALE non detiene il monopolio della fornitura di tale essenziale strategica energia, e quindi, onde non interrompere l’attività di impr esa, sarebbe stato sufficiente materialmente rivolgersi, come infatti, si ribadisce, avvenuto, ad altro fornitore, impregiudicato, in proposito (specie, nella prospettiva, tipizzante la procedura, della ‘par condicio’ e al tempo stesso dell’interesse dei c reditori alla vitale sopravvivenza dell’impresa in crisi), il rapporto col precedente fornitore, EE e le questioni a ciò connesse.».
Rispetto alla pretesa di RAGIONE_SOCIALE di vedersi riconosciuto il danno da lucro cessante per le mensilità di settembre e novembre 2013, quando la RAGIONE_SOCIALE ha fruito dell’energia somministrata da altra società, la Corte di merito -dopo aver richiamato la decisione di primo grado che aveva «escluso ogni ‘collegamento negoziale’ tra contratto relativo al 2012 e contratto relativo al 2013 (il primo rimasto inadempiuto, il secondo, invece, pienamente adempiuto, finché perdurante la fornitura, da ORV), ed esclusa, infine, ogni illiceità nel comportamento di quest’ultima» ha ritenuto « ragione più liquida della decisione, il fatto che, anche a voler ritenere applicabile il principio ‘ inadimplenti non est adimplendum ‘ ex art. 1460 c.c., in ogni caso, la interruzione del servizio da parte di RAGIONE_SOCIALE è avvenuta in data 19/08/2013, allorché era già in corso la procedura concorsuale de qua, e pertanto alcun pagamento al di fuori e non autorizzato nel suo ambito, pena la preferenzialità, avrebbe potuto avvenire. Inoltre, atteso che, pacificamente, fino alla sospensione attuata da EE, le sue prestazioni erano state regolarmente saldate, essendo altresì finalizzata la sua ‘minaccia’ di interruzione ad ottenere il saldo delle prestazioni relative al diverso contratto riferito alla annualità 2012, deve osservarsi che detto principio ‘ inadimplenti non est adimplendum ‘ trova applicazione all’interno del medesimo contratto, nel senso che il contraente ‘fedele’, a fronte dell’inadempimento della controparte, può sospendere l’esecuzione della propria prestazione, ma soltanto rispetto alle obbligazioni su quest’ultima grav anti in forza di quello specifico contratto, e non di un altro, benché tra le medesime parti».
RAGIONE_SOCIALE ricorreva per la cassazione della suddetta decisione, formulando quattro censure.
RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato basato su due motivi.
Le parti depositavano memorie ex art. 380bis .1.
All ‘ esito della camera di consiglio del 30/4/2024, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La domanda risarcitoria avanzata dalla ricorrente si fonda sui seguenti presupposti: a) in conseguenza del mancato pagamento delle forniture del 2012, RAGIONE_SOCIALE aveva il potere di sospendere, nel 2013, la fornitura di energia elettrica erogata in forza di un diverso contratto, nonostante il regolare pagamento delle fatture a questo relativo; b) poiché la RAGIONE_SOCIALE era vincolata alla fornitura di RAGIONE_SOCIALE sino alla fine del 2013, non poteva ricorrere ad altri fornitori e ciò comportava l’essenzialità , per la continuità aziendale, del creditore, da qualificare come ‘strategico’ ai sensi dell’art. 182 -quinquies , comma 5 (in precedenza, comma 4), L.F. («Il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, anche ai sensi dell’articolo 161 sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori»).
Di conseguenza, ad avviso della ricorrente, la RAGIONE_SOCIALE, per non subire la sospensione del servizio di erogazione dell’energia, avrebbe dovuto pagare tutto il debito pregresso, non ostandovi l’accesso alla procedura concordataria, poiché l’odierna ricorrente era da considerare, appunto, fornitore strategico.
In altre parole, secondo la tesi propugnata, alla RAGIONE_SOCIALE si poneva una secca alternativa tra subire la sospensione della fornitura oppure pagare il debito pregresso, di talché, per la continuità
aziendale, sarebbe stato indefettibile procedere al pagamento autorizzato ex art. 182quinquies , comma 5, L.F., la cui mancanza aveva leso la legittima aspettativa del creditore.
I giudici di merito hanno escluso la sussistenza dei succitati presupposti, da un lato negando la potestà di RAGIONE_SOCIALE di sospendere la fornitura del 2013, regolarmente pagata, in difetto di un collegamento negoziale tra i distinti contratti con la RAGIONE_SOCIALE, dall’altro respingendo la qualificabilità d ella RAGIONE_SOCIALE come creditore strategico, perché il bene fornito era reperibile sul mercato.
Col primo motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la RAGIONE_SOCIALE deduce «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte posto a fondamento della sua pronunzia un fatto giuridico costitutivo diverso da quello dedotto dall’attore e dibattuto in giudizio»; in particolare, la RAGIONE_SOCIALE sostiene che la causa petendi non è costituita dal mancato pagamento delle forniture del 2012 e dalla mancata presentazione della istanza ex art. 182 quinquies l.fall., bensì dalle violazioni contrattuali commesse da RAGIONE_SOCIALE durante la procedura di concordato, consistite nell’ostacolare la sospensione della fornitura per morosità, in tal modo continuando ad appropriarsi della energia elettrica contro la volontà di RAGIONE_SOCIALE, e nell’avere stipulato un nuovo contratto di fornitura con un diverso fornitore, estromettendo RAGIONE_SOCIALE dalla fornitura in violazione del pendente contratto.
La censura è inammissibile.
È univoco l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui «Nel giudizio di legittimità va tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne ha dato il giudice del merito. Nel primo caso, si verte in tema di violazione dell’articolo 112 c.p.c. e si pone un problema di natura processuale, per la soluzione del quale la RAGIONE_SOCIALE ha il potere-dovere di procedere
all’esame diretto degli atti onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta. Nel secondo caso, invece, poiché l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 30684 del 21/12/2017, Rv. 651523-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7932 del 18/05/2012, Rv. 622562-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 35002 del 14/12/2023).
Nella fattispecie in esame, la RAGIONE_SOCIALE critica l’ interpretazione della domanda compiuta dalla Corte d’appello, artatamente riconducendola ad un insussistente vizio di minuspetizione.
Col secondo motivo, formulato ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la RAGIONE_SOCIALE deduce la «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 182 quinquies co. 4 l.fall. (pro tempore vigente) in relazione all’art. 1569 c.c.», per avere la Corte d’appello -pur dando atto del fatto che RAGIONE_SOCIALE aveva fondato la propria azione sulla propria non sostituibilità, giustificata dall’assenza del diritto di recesso -rigettato la domanda sulla scorta della considerazione secondo cui la sostituzione di RAGIONE_SOCIALE, in quanto non monopolista, poteva legittimamente avvenire ‘materialmente’, cioè ‘di fatto’, lasciando comunque «impregiudicato» il rapporto con RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è inammissibile.
La censura, difatti, estrapola artatamente da un più ampio contesto alcune considerazioni della Corte territoriale per attribuirle una patente contraddizione, finendo così per censurare una motivazione che non si rinviene nella sentenza impugnata.
In altri termini, non è stata colta la ratio decidendi della Corte d’appello , la quale ha escluso che la RAGIONE_SOCIALE fosse un creditore insostituibile nel senso che l’energia elettrica non è erogata dalla
società ricorrente in regime di monopolio, ma costituisce bene che può essere reperito sul mercato rivolgendosi ad un altro fornitore; perciò, la clausola che escludeva il recesso della RAGIONE_SOCIALE non valeva di per sé ad attribuire alla creditric e la qualità di ‘creditore strategico’ (tale, cioè, da dover essere soddisfatto senza rispettare la par condicio creditorum ).
Il giudice di secondo grado non ha affatto affermato che l’avvio della procedura concorsuale di concordato preventivo comporta lo scioglimento o la sospensione del rapporto negoziale pendente (salvo il disposto dell’art. 169 -bis L.F., peraltro applicato proprio nella fattispecie de qua ), ma, sia pur ellitticamente, ha inteso ribadire che l’alterazione della regola della par condicio creditorum non si giustifica quando de facto il bene è agevolmente reperibile altrove; il riferimento al rapporto «impregiudicato» col precedente fornitore -comunque irrilevante nell’ambito di un discorso volto a sindacare la pretesa di vedersi attribuita la qualità di creditore ‘strategico’ va inteso nel senso che una tale condotta non inficia i diritti contrattuali del somministrante (che, tuttavia, nel caso si era per primo reso inadempiente col distacco del 19/8/2013).
Parimenti inammissibile è la seconda parte del motivo, con cui la RAGIONE_SOCIALE sostiene che l’avvenuta sostituzione del fornitore di energia, nonostante il divieto di recesso, comporta una cessazione anticipata del contratto, in violazione delle regole c ontrattuali e dell’art. 1569 cod. civ.; la stessa ricorrente afferma che non si verte in ipotesi di violazione di legge, bensì di un aspetto ignorato dalla Corte di merito, di talché si sarebbe dovuto formulare la censura a norma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (che sarebbe però incorsa in sanzione di inammissibilità ex art. 348ter , ult. comma, cod. proc. civ.).
Col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la RAGIONE_SOCIALE deduce la «Violazione e/o
falsa applicazione dell’art. 182 quinquies co. 4 l.fall. (pro tempore vigente) nonché degli artt. 1460, 1461 e 1565 c.c., degli artt. 9 e 11.3 lett. k del contratto e degli artt. 3 e 4 delibera ARG/elt 04/08 -Erronea dichiarazione della illegittimità della sospensione della fornitura tentata da RAGIONE_SOCIALE», per avere la Corte di merito rilevato due profili di illegittimità del tentativo di RAGIONE_SOCIALE di sospendere la propria fornitura, considerati idonei a legittimare la reazione di RAGIONE_SOCIALE attraverso la opposizione alla sospensione e la sostituzione del fornitore; ad avviso della ricorrente, la sospensione dell’energia elettrica poteva essere disposta in base a plurime fonti, negoziali e normative, perché la morosità della RAGIONE_SOCIALE -«concetto … unitario, implica semplicemente la sussistenza di crediti del somministrante scaduti e non pagati, prescindendo dal fatto che gli stessi siano maturati in vigenza di un certo periodo contrattuale» (pag. 24 del ricorso) -costituiva valido pres upposto per l’operare degli artt. 1565, 1460 e 1461, cod. civ., della delibera dell’Authority contenente la disciplina della sospensione della fornitura e della richiamata clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto del 2013 (secondo cui «ciascuna delle PARTI (…) ha la facoltà di dichiarare la risoluzione di diritto del CONTRATTO mediante semplice comunicazione scritta da inviare a mezzo raccomandata A/R all’altra PARTE, qualora, relativamente a quest’ultima, si verificasse una delle seguenti condi zioni: (…) k. mancato pagamento di fatture relative ad un altro contratto, eventualmente in vigore, o che sia stato in vigore, tra il CLIENTE e/o i singoli punti di prelievo del CLIENTE e la stessa RAGIONE_SOCIALE».).
Il motivo è infondato.
L’art. 1565 cod. civ. , invocato dalla ricorrente, costituisce specificazione dell’art. 1460 cod. civ. per il contratto di somministrazione: si tratta, cioè , di un’eccezione di inadempimento qualificata che
consente al fornitore di sospendere la sua prestazione a fronte dell’avversario inadempimento, persino nell’ipotesi di avvio di una procedura concorsuale che comporti la prosecuzione dell’attività imprenditoriale (in tema, con riferimento all’amministrazione controllata, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 10620 del 05/11/1990, Rv. 469644-01).
18. Tuttavia, come già rilevato dalla Corte territoriale, «L’eccezione di inadempimento prevista dall’art. 1460 cod. civ., attenendo al momento funzionale di ogni contratto a prestazioni corrispettive, trae fondamento dal nesso di interdipendenza che lega tra loro le opposte prestazioni, cioè dall’esigenza di simultaneità nell’adempimento delle reciproche obbligazioni scadute legate dal rapporto sinallagmatico. Pertanto, affinché il principio inadimplenti non est adimplendum operi anche con riguardo ad inadempienze inerenti a rapporti sostanzialmente diversi, è necessario che le parti, nell’esercizio del loro potere di autonomia, abbiano voluto tali rapporti come funzionalmente e teleologicamente collegati tra loro e posti in rapporto di reciproca interdipendenza, onde tale principio non risulta applicabile a rapporti che siano indipendenti l’uno dall’altro.» (Cass., Sez. L, Sentenza n. 5938 del 17/03/2006, Rv. 587704-01; conforme Cass., Sez. L, Sentenza n. 18487 del 04/07/2008, Rv. 604534-01).
Nella fattispecie in esame, al contrario, il collegamento negoziale è stato ab origine escluso dai giudici di merito, con pronunce non attinte da alcuna specifica censura, alle quali si può aggiungere l’ovvia considerazione per cui non è predicabile un collegamento di contratti tra loro posti in successione cronologica (dato che, all’esaurimento di uno, spiega effetti l’altro) , né è configurabile l’ inadempimento dell’imprenditore assoggettato a procedura concorsuale per il mancato pagamento dei debiti pregressi, pagamento che è vietato dalla disciplina legislativa al di fuori delle regole del concorso.
Del tutto irrilevante è la normativa secondaria richiamata, che non postula affatto il diritto del fornitore di sospendere l’erogazione in corso per debiti derivanti da distinti rapporti negoziali, già esauriti.
Parimenti ininfluente è la clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto inter partes , perché , quand’anche volesse individuare un unitario presupposto costituito da plurimi inadempimenti a diversi contratti con RAGIONE_SOCIALE, ciò farebbe in relazione alla risoluzione del contratto, non già della sospensione dell’erogazione ; senza sottacersi, comunque, i profili di inammissibilità di una censura, come quella in esame, che denuncia sub specie di violazione di legge (art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la mancata valorizzazione, da parte del giudice di merito, di una pattuizione negoziale.
Col quarto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., la RAGIONE_SOCIALE lamenta l’ «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» costituito dalla presenza della citata clausola risolutiva espressa del contratto per il 2013, prevista all’art. 11.3, lett. k, delle condizioni generali di contratto, che attribuiva rilevanza risolutoria all’inadempimento relativo a contratti precedenti .
La censura è inammissibile ex art. 348ter , ult. comma, cod. proc. civ.
In conclusione, il ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE dev’essere respinto .
Resta assorbito il ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE , espressamente condizionato all’eventuale accoglimento di quello principale.
Alla decisione consegue la condanna della ricorrente RAGIONE_SOCIALE, soccombente, alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che sono liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo.
Va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale. Condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 20.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre a spese forfettarie e accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso principale a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione