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Sospensione Esecutiva: Istanza Infondata e Sanzioni

La Corte d’Appello di Venezia ha respinto una richiesta di sospensione esecutiva di una sentenza non definitiva. Il caso di origine riguardava un sinistro stradale con la condanna dei genitori di un minore a risarcire i danni. Gli appellanti avevano chiesto la sospensione per grave pregiudizio, ma la Corte ha ritenuto l’istanza manifestamente infondata, condannandoli al pagamento di una sanzione pecuniaria. La decisione chiarisce i presupposti per la sospensione esecutiva e le conseguenze di un suo uso strumentale.

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Pubblicato il 23 marzo 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sospensione Esecutiva: Quando una Richiesta è Manifestamente Infondata?

L’istituto della sospensione esecutiva di una sentenza di primo grado rappresenta uno strumento cruciale per la parte soccombente che intende appellare la decisione. Tuttavia, il suo utilizzo deve basarsi su presupposti solidi, come evidenziato da una recente ordinanza della Corte d’Appello di Venezia. Il provvedimento non solo ha respinto la richiesta, ma ha anche sanzionato gli istanti per aver presentato un’istanza manifestamente infondata, offrendo importanti spunti di riflessione sui limiti di questo strumento processuale.

I Fatti del Caso: L’incidente e la Decisione di Primo Grado

Il giudizio trae origine da un grave sinistro stradale tra un autocarro e una bicicletta, sulla quale viaggiavano due minori. La passeggera della bicicletta riportava lesioni significative. Il Tribunale di primo grado, con una sentenza non definitiva, ha rigettato la domanda di risarcimento avanzata dai genitori della ragazza danneggiata nei confronti della proprietà e dell’assicurazione dell’autocarro. Contestualmente, ha accertato una responsabilità solidale dei genitori del ragazzo alla guida della bicicletta, ritenuto corresponsabile al 50% per aver omesso di fermarsi a un segnale di STOP. Con la successiva sentenza definitiva, il Tribunale ha condannato questi ultimi a un cospicuo risarcimento per i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dalla passeggera e dai suoi genitori, escludendo però il danno da lucro cessante.

L’Appello e la Richiesta di Sospensione Esecutiva

I genitori e la ragazza danneggiata hanno impugnato le sentenze, contestando la ricostruzione della dinamica, la ripartizione di responsabilità e il mancato riconoscimento del lucro cessante. In sede di appello, hanno avanzato un’istanza di sospensione esecutiva della sentenza non definitiva, specificamente per il capo relativo alla condanna al pagamento delle spese legali e di consulenza tecnica. A sostegno della richiesta, hanno addotto il rischio di un “grave danno”, derivante da una procedura esecutiva immobiliare e da pignoramenti presso terzi già pendenti a loro carico.

Le Motivazioni della Corte d’Appello

La Corte d’Appello ha rigettato l’istanza con motivazioni nette. In primo luogo, ha ricordato che, secondo l’art. 283 c.p.c. (riformato dal d.lgs. 149/2022), la sospensiva può essere concessa solo in due casi alternativi: se l’impugnazione appare prima facie manifestamente fondata, cioè con un’alta probabilità di accoglimento, oppure se dall’esecuzione può derivare un pregiudizio grave e irreparabile.

Nel caso specifico, la Corte non ha ravvisato la manifesta fondatezza dei motivi di appello. Inoltre, ha sollevato un dubbio procedurale cruciale: la sentenza non definitiva, decidendo una domanda nei confronti di alcuni soggetti e disponendo la prosecuzione del giudizio per altri, avrebbe dovuto essere impugnata immediatamente, senza possibilità di riserva di appello differito. Questo aspetto procedurale indeboliva ulteriormente la posizione degli appellanti. La Corte ha ritenuto che non sussistessero le condizioni per accogliere la richiesta e, anzi, ha qualificato l’istanza come manifestamente infondata. Di conseguenza, ha condannato gli appellanti al pagamento di una pena pecuniaria di 500,00 euro, applicando il principio secondo cui l’abuso degli strumenti processuali non può essere tollerato.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la richiesta di sospensione esecutiva non è un atto dovuto né una formalità. Deve essere supportata da argomentazioni serie e concrete, che dimostrino o un’elevata probabilità di riforma della sentenza o un danno che non potrebbe essere ristorato nemmeno in caso di vittoria in appello. La mera pendenza di altre procedure esecutive, se non adeguatamente contestualizzata, non è di per sé sufficiente a integrare il requisito del pregiudizio grave e irreparabile. La decisione serve da monito: un uso strumentale o superficiale di questo istituto non solo è destinato all’insuccesso, ma può anche comportare sanzioni economiche per la parte che lo ha promosso.

Quando può essere concessa la sospensione esecutiva di una sentenza in appello?
La sospensione esecutiva, ai sensi dell’art. 283 c.p.c., può essere concessa se l’impugnazione appare manifestamente fondata (con alta probabilità di essere accolta) oppure, in alternativa, se l’esecuzione della sentenza minaccia di causare un pregiudizio grave e irreparabile alla parte richiedente.

Perché la Corte ha respinto la richiesta di sospensione in questo caso?
La Corte ha respinto la richiesta perché ha ritenuto che non sussistesse né il requisito della manifesta fondatezza dell’appello, né quello del pregiudizio grave e irreparabile. Ha inoltre considerato l’istanza stessa manifestamente infondata, evidenziando anche dubbi sulla corretta procedura di impugnazione seguita dagli appellanti.

Cosa succede se si presenta un’istanza manifestamente infondata alla Corte?
Se una parte presenta un’istanza che la Corte ritiene manifestamente infondata, come in questo caso la richiesta di sospensione, il giudice può condannare tale parte al pagamento di una pena pecuniaria. Nella fattispecie, gli appellanti sono stati condannati a pagare 500,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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