Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10366 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10366 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 7402/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE p.i. 02005010711, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
COGNOME NOME COGNOME c.f. LCSGPP51A31D643L, COGNOMENOME COGNOME c.f. DMCRLB51L46D643I, NOME COGNOME c.f. RSLSRN84E65D643T, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME Giuliano controricorrenti
COGNOME NOME COGNOME
intimati avverso la sentenza n. 1557/2019 della Corte d’ appello di Bari, depositata il 9-7-2019,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4-42025 dal consigliere NOME COGNOME
OGGETTO:
accordo relativo a sopraelevazione di edificio
RG. 7402/2020
C.C. 4-4-2025
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha chiesto il rigetto del ricorso
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza n. 2441/2016 depositata in data 4-8-2016 il Tribunale di Foggia ha accolto la domanda proposta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE da NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali avevano agito in forza dell’art. 4 del contratto del 7-5-2003 a rogito notaio NOMECOGNOME; tale contratto, nell’ambito di cessione di immobili da costruire in Foggia su terreno degli attori per la consistenza complessiva di cinque piani fuori terra, aveva previsto che, in caso di sopraelevazione, gli attori avrebbero avuto diritto alla quota di altro immobile di mq. 39 netti nello stesso stabile o, in alternativa, al controvalore in denaro, oltre che a una somma a titolo di indennità per la riduzione del valore della quota di partecipazione alla comunione e all’indennità ex art. 1127 cod. civ.
Il Tribunale ha accertato la realizzazione di una sopraelevazione costituita dall’ampliamento dei locali tecnici per le macchine sul lastrico solare, trasformati in due distinti immobili adibiti a civile abitazione, di notevole estensione -circa mq. 105 e 180 di superficie lorda-, con annessi terrazzi privati, la cui costruzione era da riferire alla società convenuta; sulla base delle risultanze della c.t.u., ha determinato in Euro 60.840,00 il valore dell’immobile di cui alla sopraelevazione e in Euro 13.1 41,00 l’indennità di sopraelevazione e ha condannato la società convenuta a pagare agli attori tali somme, con gli interessi legali dalla data della domanda, oltre eventuali differenze tra interessi legali e tasso di rendimento medio dei titoli di stato a dodici mesi.
2.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, al quale hanno resistito NOME COGNOME e gli eredi di
NOME COGNOME NOME COGNOME , NOME, NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e che l a Corte d’appello di Bari ha integralmente rigettato con sentenza n. 1557/2019 depositata il 9-7-2019.
Per quanto ancora interessa in relazione ai motivi di ricorso proposti, la Corte territoriale ha rigettato il motivo di appello con il quale la società ha eccepito la propria ‘carenza di legittimazione passiva per difetto di titolarità’ sulla base del rilievo che la sopraelevazione era stata eseguita da NOME e NOME COGNOME, acquirenti degli immobili al quarto piano con sovrastanti locali tecnici e terrazzo. Ha considerato che i due COGNOME, amministratore e socio di RAGIONE_SOCIALE, avevano acquistato in data 8-4-2010 la proprietà del quinto piano risultante da trasformazione dei sottotetti, con annessi terrazzi a livello, sanati con permessi a costruire e che costituivano già un livello superiore del fabbricato ed erano stati da tempo trasformati; ciò in quanto gli stessi COGNOME avevano ricevuto già nel maggio 2008 le ordinanze irrogative di sanzioni per abusi edilizi, consistenti nella trasformazione dei locali tecnici in appartamenti con annesso terrazzo a livello, e avevano firmato istanza di permesso in sanatoria nel maggio 2008. Ha rilevato che l’atto di vendita di data 8 -4-2010 non faceva menzione dei contratti preliminari allegati alla c.t.u. e privi di data certa e comunque chiaramente riferiti a immobili da costruire e ha concluso che la costruzione era da attribuire alla società.
La Corte di merito ha altresì rigettato il motivo di appello con il quale la società aveva qualificato la clausola n. 4 del contratto come condizione meramente potestativa e di conseguenza ne aveva sostenuto la nullità; evidenziato il collegamento tra i contratti, in forza del quale vi era stata una permuta tra suoli contro cubature abitabili, ha rilevato che nella comparazione degli interessi delle parti la sopraelevazione andava a sbilanciare la concordata corrispettività delle prestazioni, sicché la clausola prevedeva la possibile diversa
modulazione e ciò escludeva in radice qualsiasi arbitrio delegato alla parte. Ha rigettato il motivo di appello con il quale si sosteneva che non sussistesse sopraelevazione; descritte le opere eseguite che avevano comportato la creazione di due abitazioni sul lastrico solare, ha dichiarato che le costruzioni configuravano sopraelevazione sia ai sensi dell’art. 1127 cod. civ. , sia nel senso voluto dalle parti con la clausola n. 4 del contratto 7-52003 in quanto, con l’aumento della volumetria a favore di una sola parte, veniva a essere sbilanciato l’assetto complessivo di interessi, il rapporto di proporzionalità nelle rispettive quote di comproprietà e veniva meno il comune uso del lastrico solare.
La Corte ha altresì rigettato il motivo di appello avente a oggetto le critiche alla c.t.u., osservando che non era dato conoscere quali doglianze esposte nell’atto di appello fossero state già svolte nella comparsa conclusionale di primo grado, che non era stata prodotta e non era nel fascicolo d’ufficio; ha aggiunto che il criterio di calcolo utilizzato dal c.t.u. per la determinazione dell’indennità di cui all’art. 1127 cod. civ. doveva essere condiviso perché desunto dall’orientamento giurisprudenziale costante, del quale era espressione Cass. 8096/2014.
Infine la Corte territoriale ha rigettato il motivo di appello con il quale l’appellante aveva lamentato che fosse stata riconosciuta la rivalutazione monetaria, in quanto gli attori avevano chiesto espressamente sino dall’atto di citazione interessi e rivalutazione e la pronuncia era conforme a Cass. Sez. U 19499/2008.
3.RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso, mentre NOME NOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni insistendo per il rigetto del ricorso.
All’esito della camera di consiglio del 4-4-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente all’esame del merito, si rileva che le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dai controricorrenti in ragione della nullità della notifica sono infondate: ogni eventuale vizio della notifica del ricorso -dedotto dai controricorrenti per non essere stata eseguita la notifica al domicilio digitale del loro difensore- è stato comunque sanato ex art. 157 co. 3 cod. proc. civ., per avere l’atto raggiunto il suo scopo, in ragione dell ‘avvenuta costituzione dei destinatari della notifica.
Neppure si pone questione sulle modalità di esecuzione della notificazione del ricorso per cassazione con riguardo alle parti rimaste intimate, in considerazione dell’esito del giudizio ; ciò, in applicazione del principio sulla ragionevole durata del processo, che impone di evitare condotte che ostacolino una sollecita definizione del giudizio, tra le quali rientrano quelle che si traducono in un inutile dispendio di attività processuale, non giustificata dalla struttura dialettica del processo (Cass. Sez. 1 11-3-2020 n. 6924 Rv. 657479-01, Cass. Sez. 6-3 17-6-2019 n. 16141 Rv. 654313-01, Cass. Sez. 2 21-5-2018 n. 12515 Rv. 648755-01).
2.Con il primo motivo, proposto ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ed ex art. 360 co. 1 n.3 cod. proc. civ. per violazione dell’art. 81 cod. proc. civ., la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia rigettato la sua
eccezione di carenza di legittimazione passiva. Evidenzia che, in forza della previsione dell’art. 4 del contratto di compravendita, l’obbligazione di non sopraelevare e, in caso di sopraelevazione, di cedere immobile di mq. 39 o pagare il valore e l’inden nità ex art. 1127 cod. civ. era a carico della società. Sostiene che la sentenza abbia omesso la valutazione di circostanze che avrebbero dovuto escludere che RAGIONE_SOCIALE fosse legittimata in causa e autore della condotta, in quanto gli interventi edilizi sul lastrico solare sono stati eseguiti dalle maestranze di RAGIONE_SOCIALE ma nell’interesse di NOME e NOME COGNOME in quanto promissari acquirenti di due unità immobiliari nell’edificio e non nell e qualità di amministratore unico e socio di RAGIONE_SOCIALE rileva che in tal senso depongono l’assenza di qualsiasi menzione della società nei verbali d i sequestro preventivo di data 29-2-2008 e 12-3-2008 e il rilascio in data 7-5-2008 e 8-5-2008 dei permessi a costruire in sanatoria a favore degli stessi NOME e NOME COGNOME. Quindi sostiene che tali aspetti integrino la violazione dell’art. 81 cod. proc. civ.
2 .1.Il motivo, laddove proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., è inammissibile ai sensi dell’art. 348 -ter co.5 cod. proc. civ. ratione temporis vigente, in ragione dell’introduzione del giudizio d’appello successivamente all’11 -92012 e all’introduzione del giudizio di cassazione prima del 28-2-2023, vertendosi in ipotesi di “doppia conforme”, in quanto la sentenza d’appello ha integralmente confermato la sentenza di primo grado. In tale caso il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n.5 dell’art. 360 cod. proc. civ. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. 3 28-2-2023 n. 5947 Rv. 667202 -01, Cass. Sez. 1 22-12-2016 n. 26774 Rv. 643244-03, per tutte). Al contrario la ricorrente,
limitandosi a lamentare che la Corte d’appello non abbia esaminato le sue deduzioni in ordine al fatto che la società era estranea all’esecuzione de lle opere di sopraelevazione, presuppone l’inesistenza di una diversità delle ragioni di fatto poste a fondamento delle decisioni di primo e di secondo grado.
Per di più, il motivo proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. è inammissibile anche perché non individua il fatto o i fatti specifici oggetto di discussione tra le parti e che abbiano avuto carattere decisivo, nei termini richiesti da Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629831-01; la disposizione prevede il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, e cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia; pertanto l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo quando il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, anche se la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. anche Cass. Sez. 2 29-10-2018 n. 27415 Rv. 65102801, per tutte). Con il motivo la società ricorrente si limita a lamentare che non siano stati considerati alcuni elementi istruttori che ritiene a sé favorevoli, senza considerare che la sentenza impugnata ha espressamente e diffusamente preso in esame la questione della responsabilità della società per la sopraelevazione e ha affermato tale responsabilità sulla base della complessiva valutazione delle risultanze istruttorie, prendendo in esame anche gli elementi valorizzati dalla ricorrente ed escludendone la rilevanza; ciò in quanto nel 2008 la sopraelevazione abusiva era già stata eseguita ed era riferibile alla società proprietaria dell’edificio, avendo i due COGNOME o acquistato la proprietà nel 2010.
Ne consegue che non sussiste neppure la violazione di legge dedotta dalla ricorrente per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto la titolarità passiva del rapporto obbligatorio in capo alla società; ciò in quanto la ricorrente contesta tale titolarità, erroneamente facendo riferimento alla carenza di legittimazione passiva, sul presupposto di un accertamento dei fatti diverso da quello acquisito in causa.
3.Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 1355 cod. civ., nonché l’erronea interpretazione della clausola di cui all’art. 4 del contratto, deducendo altresì la nullità della clausola. Sostiene che erroneamente la sentenza impugnata abbia escluso che l’art. 4 del contratto contenesse condizione meramente potestativa, disciplinata dall’art. 1355 cod. civ. e da dichiarare nulla, in quanto la clausola non prevedeva un evento futuro e incerto, ma rimetteva alla volontà della società venditrice la decisione di edificare o meno ulteriori piani dello stabile.
3.1.Il motivo è inammissibile laddove prospetta una erronea interpretazione del contratto, in quanto non individua i canoni interpretativi violati dalla sentenza impugnata, ma si limita a proporre una propria lettura degli accordi intercorsi tra le parti. Diversamente, poiché l’interpretazione del contratto -concretandosi in una operazione di accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico- si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente, al fine di fare valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è tenuto altresì a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati, o se lo stesso li abbia applicati sulla base di considerazioni illogiche o insufficienti; non può la censura risolversi
nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta dalla sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile , ma solo una delle plausibili interpretazioni (Cass. Sez. 1 9-4-2021 n. 9461 Rv. 661265-01, Cass. Sez. 3 28-11-2017 n. 28319 Rv. 646649-01, Cass. Sez. 1 15-11-2017 n. 27136 Rv. 646063-01, per tutte).
Per il resto, risulta evidente come l’intero impianto ricostruttivo della società ricorrente sia erroneo, in quanto la tesi che la clausola in esame fosse nulla perché rimetteva alla mera volontà della parte acquirente la scelta di sopraelevare l’immobile è svolta esclusivamente al fine di escludere che la venditrice fosse obbligata a eseguire le prestazioni previste a suo carico dalla clausola nel caso in cui avesse esercitato la facoltà di sopraelevare. La sentenza impugnata ha evidenziato come quella clausola inserita nel contratto di compravendita di beni futuri doveva essere letta unitamente al coevo contratto, tra le stesse parti, di vendita degli immobili fatiscenti e del suolo edificabile a favore della società, al prezzo vile di Lire 100.000; ciò perché a fronte di quell’acquisto veniva pattuita contemporaneamente la vendita di volumetria da realizzare, normalmente commisurata all’entità di superficie e di volumi realizzabili nel complesso; ha considerato che sostanzialmente il collegamento contrattuale delineava una vera e propria permuta tra suoli contro cubatura abitabile, e normalmente la permuta veniva parametrata alla superficie ceduta e ai volumi complessivi realizzabili; quindi, ha evidenziato come, nella comparazione di interessi reciproci, l’eventualità contemplata dalle parti di una sopraelevazione andava a sbilanciare la concordata corrispettività delle prestazioni, per cui la clausola prevedeva la possibile diversa modulazione. A fronte di questo accertamento in fatto del contenuto degli accordi delle parti, che rimane estraneo al sindacato di legittimità in quanto non attinto in
m odo ammissibile con la deduzione dell’erronea applicazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, non si ravvede alcuna condizione meramente potestativa nel senso dell’art. 1355 cod. civ., secondo cui è nulla l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo subordinata alla condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell’alienante o del debitore. Nella fattispecie, seppure spettava alla società scegliere se esercitare o meno la facoltà di sopraelevare, all’esercizio di tale f acoltà conseguiva il diritto della controparte di ottenere la proprietà di una parte dell’immobile edificato in sopraelevazione o il relativo valore. Quindi la prestazione alla quale si obbligava la società, nel caso in cui avesse scelto di costruire in sopraelevazione, era collegata in via sinallagmatica alla prestazione di traferire ai venditori del terreno una parte della nuova costruzione o il relativo valore; ciò, al fine di mantenere l’equilibrio delle rispettive prestazioni e di tutelare l’interesse dei venditori del terreno ove era eseguita la costruzione di partecipare alla maggiore consistenza della costruzione.
4.Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. dell’art.1127 cod. civ., per travisamento della nozione di sopraelevazione e per violazione della Legge Regione Puglia n. 33/2007. Richiamando la nozione di sopraelevazione ex art. 1127 cod. civ. data dalla giurisprudenza, la ricorrente sostiene sia evidente che gli interventi edilizi realizzati nei locali tecnici situati sul lastrico solare dello stabile, commissionati dai signori COGNOME nel proprio interesse e non ascrivibili alla società, non abbiano dato luogo a sopraelevazione. Evidenzia che ciò risulta dai permessi a costruire rilasciati ai signori COGNOME secondo i progetti in sanatoria, aventi a oggetto il recupero volumetrico di sottotetti ‘volumi tecnici e tettoia’, sovrastanti le unità abitative di loro proprietà e oggetto di cambio di destinazione d’uso; rileva che tali opere edilizie sono avvenute in
applicazione della Legge Regione Puglia che disciplina il ‘Recupero dei sottotetti, dei porticati, di locali seminterrati e interventi esistenti e di aree pubbliche non autorizzate’, in quanto gli interventi edilizi hanno importato una mera trasformazione dei locali tecnici situati sul lastrico solare.
4.1.Il motivo, in primo luogo, è inammissibile nella parte in cui, con l’intitolazione della violazione di legge, presuppone o comunque intende ottenere una ricostruzione dei fatti diversa da quella eseguita dalla sentenza impugnata.
La sentenza impugnata ha accertato in fatto non solo che la sopraelevazione è stata eseguita dalla società e non da NOME e NOME COGNOME, ma anche che era avvenuta la radicale trasformazione del lastrico solare, sorto per ospitare piccoli locali tecnici, e che aveva visto aumento di superficie coperta e mutamento di destinazione, con destinazione ad abitazione e creazione di due unità immobiliari accatastate per 5,5 e 5 vani catastali, con ampliamento e trasformazione dello stabile e modificazione persino della sua sagoma.
A fronte di questo accertamento in fatto, non attinto in modo ammissibile dalle deduzioni della ricorrente, la sentenza non è incorsa in alcuna violazione di legge, perché la costruzione eseguita, tale da com portare il cambio di destinazione d’uso, da locali tecnici a due abitazioni di cinque vani ciascuna con significativo ampliamento delle superfici coperte, rientra nella nozione posta dall’art. 1127 cod. civ. Infatti, è già stato enunciato e deve essere data continuità al principio secondo il quale la sopraelevazione di cui all’art.1127 cod. civ. si configura non solo in caso di realizzazione di nuovi piani, ma altresì nel caso in cui il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio condominiale trasformi locali preesistenti mediante l’incremento delle superfici e delle volumetrie, indipendentemente dall’altezza del fabbricato, atteso che l’indennità prevista dalla norma trae fondamento dall’aumento
proporzionale del diritto di comproprietà sulle parti comuni conseguente all’incremento della porzione di proprietà esclusiva (Cass. Sez. 2 14-4-2022 n. 12202 Rv. 664421-02, Cass. Sez. 2 7-2-2008 n. 2865 Rv. 601822-01).
5.Con il quarto motivo la ricorrente deduce unitariamente la violazione e falsa applicazione dell’art. 195 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione e l’omesso esame di fatto decisivo, con riguardo al capo della sentenza che h a ritenuto corretto il calcolo dell’indennità di cui all’art. 1127 co. 4 cod. civ. eseguita dal c.t.u. La ricorrente evidenzia che, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, la società aveva contestato puntualmente le deduzioni del c.t.u. e lamenta che lo stesso abbia formulato le proprie valutazioni sulla base di generici rilievi fotografici e alla stregua di presunzione, avendo i proprietari COGNOME impedito l’ingresso nelle nuove costruzioni; aggiunge che non sono stati documentati i rilievi attraverso i quali il c.t.u. è pervenuto alla stima, che il controvalore stimato di Euro 2.600,00/mq. non è proporzionato al valore complessivo, che il computo ha assunto quale criterio di base il valore dell’intero suolo sul quale insisteva lo stabile piuttosto che la porzione del fabbricato oggetto dell’intervento di sopraelevazione, dividendo il valore per sette piani anziché per i sei piani effettivamente esistenti; quindi sostiene sussista anche omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ.
5 .1.Il motivo proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n.5 cod. proc. civ. è inammissibile per le ragioni già esposte al punto 2.1, vertendosi in ipotesi di ‘doppia conforme’ e non adducendo la ricorrente alcun elemento utile a ritenere che la sentenza di primo grado e quella di secondo grado si fondino su diverse argomentazioni logico-giuridiche.
Non sussiste neppure vizio della motivazione, evocato solo nell’intitolazione del motivo, perché in base alle disposizioni attuali il sindacato sulla motivazione è limitato al rispetto del ‘minimo costituzionale’ e la motivazione con la quale la Corte d’appello ha rigettato il motivo di appello relativo alle critiche alla c.t.u. (da pag. 8 a pag. 10 della sentenza) non è né mancante, né meramente apparente, né affetta da manifesta e irriducibile contraddittorietà, né perplessa o incomprensibile, mentre rimane estranea al sindacato di legittimità la mera insufficienza della motivazione (Cass. Sez. U 7-42014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 1 3-3-2022 n. 7090 Rv. 664120-01, per tutte).
Non è configurabile neppure violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. in quanto , per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. , occorre denunciare che il giudice, in contraddizione con la disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa al di fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio); invece è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggiore forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre prove, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 30-9-2020 n.20867 Rv. 659037-01).
In ordine alla prospettata violazione dell’art. 195 cod. proc. civ., nessuna delle deduzioni della ricorrente è inquadrabile in tale ambito, perché tutte le deduzioni sono finalizzate a sostenere che il giudicante non avrebbe dovuto aderire alle conclusioni del c.t.u. in quanto tecnicamente erronee; quindi, si tratta di deduzioni che avrebbero potuto essere svolte soltanto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., nel ricorrere dei relativi presupposti, che nella fattispecie non sussistono.
6.Con il quinto motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art.112 cod. proc. civ. e la violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 cod. civ., lamentando che sia stato rigettato il motivo di appello con il quale aveva sostenuto che la sentenza di primo grado avesse riconosciuto la ‘rivalutazione monetaria degli interessi’ in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato; evidenzia che le controparti non avevano richiesto la rivalutazione monetaria e aggiunge che la pronuncia vi ola anche l’art. 1224 co. 2 cod. civ., in quanto il danno da svalutazione monetaria può essere liquidato solo se il creditore deduca e dimostri che un tempestivo adempimento gli avrebbe consentito di impiegare il denaro in modo da elidere gli effetti dell’ inflazione.
6.1. Il motivo proposto per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in primo luogo è inammissibile per le modalità con le quali è formulato. A fronte del dato che la sentenza ha espressamente dichiarato che interessi e rivalutazione erano stato richiesti fin dall’atto di citazione, la ricorrente non poteva limitarsi a sostenere che quella richiesta non era stata svolta ma , al fine di fare emergere l’erroneità della pronuncia e in ossequio al principio di specificità di cui all’art. 366 co. 1 n.6 cod. proc. civ., avrebbe dovuto eseguire preciso riferimento al contenuto dell’atto di citazione avversario , così da supportare la sua affermazione in ordine alla mancanza di quella richiesta. Infatti, la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. non è rilevabile d’ufficio e la Cassazione, quale giudice del ‘fatto processuale’, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto il ricorrente abbia ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, essendo legittimata solo alla verifica degli atti processuali medesimi (Cass. Sez. 2 14-10-2021 n. 28072 Rv. 66255401, Cass. Sez. L 4-7-2014 n. 15367 Rv. 631768-01).
Il motivo proposto per violazione dell’art. 1224 co. 2 cod. civ. è infondato, in quanto la sentenza impugnata ha dichiaratamente
applicato il principio affermato da Cass. Sez. U 16-7-2008 n. 19499 Rv. 604419-01. Non hanno rilievo le affermazioni della ricorrente in ordine alla necessità di provare il maggior danno, in quanto è stata riconosciuta agli attori solo l’eventuale differenza tra gli interessi legali e il tasso di rendimento medio dei titoli di Stato a dodici mesi: è già stato enunciato il principio che tale maggior danno ex art. 1224 co 2 cod. civ. determinato in via presuntiva nell’eventuale di fferenza tra il tasso di rendimento medio dei titoli di Stato a dodici mesi e il saggio degli interessi legali- spetta a qualunque creditore, senza necessità di inquadrarlo in una apposita categoria (Cass. Sez. 6-3 26-2-2015 n. 3954 Rv. 634449-01, Cass. Sez. 6-1 18-10-2017 n. 24598 Rv. 64604702).
7.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per spese ed Euro 5.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di
ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione