Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20540 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20540 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17540/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO, giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente
–
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente –
nonché contro
FALLIMENTO di COGNOME NOME in persona del curatore p.t., rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO, giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1611/2023 depositata il 21/7/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/5/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Il Tribunale di Vicenza, con sentenza n. 15/2023, dichiarava il fallimento di NOME COGNOME, su istanza di RAGIONE_SOCIALE.
Affermava che: i) l’e missione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, benché opposto, che intimava a COGNOME di pagare la somma di € 5.400 oltre accessori alla società istante, era sufficiente a dimostrare la legittimazione d i quest’ultima; ii) non risultava provato il mancato superamento di tutte e tre le soglie di fallibilità di cui all’art. 1 l. fall., essendo pacifico e provato documentalmente che COGNOME, in data 31 gennaio 2022, aveva ceduto le proprie quote di partecipazione in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per il prezzo di € 500.000; iii) COGNOME era insolvente, non essendo stato in grado di provvedere con regolarità neppure al pagamento rateale di un debito erariale.
Il reclamo proposto da NOME COGNOME contro la sentenza veniva accolto dalla C orte d’appello di Venezia , che pertanto revocava la sentenza dichiarativa.
La corte territoriale osservava, in particolare, che difettava il presupposto di cui all’art. all’art. 15, ultimo comma, l. fall. perché il credito della società istante (ammontante, a seguito della consegna di assegno circolare di € 7.508,34, solamente all’importo liquidato a titolo di imposta di registro e agli interessi decorrenti dalla data del precetto alla data della consegna dell’eff etto, per un totale di poco più di € 400) era l’unico qualificabile come scaduto e non pagato , mentre i debiti di COGNOME verso l’RAGIONE_SOCIALE erano stati riscadenziati a seguito della presentazione di un’istanza di rottamazione a mente dell’art. 1, commi 231 240, l. 197/2022 e non potevano ritenersi esigibili se non nei limiti e alle scadenze previste.
Reputava che andasse anche escluso il superamento della soglia dimensionale di cui all’art. 1 comma 2 lett. a) l. fall. in ragione della vendita da parte di COGNOME, nel gennaio 2022, della propria quota di di partecipazione al capitale di RAGIONE_SOCIALE per un
corrispettivo di € 500.000 , perché, quale che fosse il criterio di imputazione (per competenza o per cassa) da adottare, tale importo non poteva essere imputato all’esercizio 2021 e, di conseguenza, non rientrava tra i valori patrimoniali rilevanti ai fini del fallimento; allo stesso modo, non potevano essere considerati quali componenti del patrimonio dell’esercizio 2021 dell’impresa individuale d i COGNOME i pretesi utili ritratti dalla partecipazione, né l’imputazione a capitale RAGIONE_SOCIALE riserve non distribuite, non essendovi alcuna certezza in merito alla loro effettiva maturazione, né alla loro concreta attribuzione al reclamante.
Aggiungeva che, peraltro, lo stesso legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE aveva sostenuto, in una dichiarazione depositata in primo grado (che la Procura di Padova aveva ritenuto fondata, tanto da porre i fatti esposti a fondamento dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale di RAGIONE_SOCIALE, che il Tribunale di Padova aveva poi accolto pronunciando la sentenza n. 64/2023), che tutti i bilanci di RAGIONE_SOCIALE, poi RAGIONE_SOCIALE, inattiva da anni e dunque improduttiva di utili, dovevano ritenersi falsi, ad eccezione della posta relativa ai debiti verso le banche.
Riteneva, di conseguenza, che fosse impossibile implementare le risorse patrimoniali e reddituali di COGNOME sulla base e alla luce RAGIONE_SOCIALE corrispondenti disponibilità di RAGIONE_SOCIALE, all’evidenza inesistenti, donde la verosimile falsità dei dati rappresentati nei contratti di compravendita RAGIONE_SOCIALE relative quote.
Evidenziava, infine, che non vi era ragione di pensare che il reclamante non fosse in grado di pagare l’unico debito scaduto, stante la sua scarsissima consistenza e giudicava, infine, irrilevante il fatto che questi potesse non adempiere alle scadenze previste le obbligazioni verso l’RAGIONE_SOCIALE, dato che il giudizio non poteva arrestarsi fino al completamento dei versamenti previsti dalla procedura di pagamento dilazionato.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, pubblicata il 21 luglio 2023, prospettando quattro motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso NOME COGNOME.
Il Fallimento di NOME COGNOME ha depositato controricorso adesivo al ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE.
Tutte le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Considerato che:
4. Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, l. fall.: il debitore -sostiene la ricorrente – ha omesso di dimostrare in maniera congrua il mancato superamento congiunto dei parametri dimensionali previsti da tale norma, limitandosi a produrre le proprie dichiarazioni fiscali per gli esercizi relativi agli anni 2018, 2019 e 2020, benché le stesse fossero prive di ogni elemento riferibile alle poste de stinate all’attivo, al passivo e ai debiti, dovessero ritenersi inattendibili e fossero state illegittimamente predisposte in adesione al cd. regime forfetario, di cui il contribuente non poteva beneficiare in ragione della sua partecipazione al capitale sociale di una pluralità di compagini.
Nulla, inoltre, era stato prodotto con riferimento all’anno 2021, annualità per la quale dovevano concorrere all’individuazione dell’attivo patrimoniale tanto l’aumento del capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE fino a € 500.000 e il corrispondente prezzo dichiarato e quietanzato per la vendita dell’intera partecipazione sociale, quanto gli utili maturati nel corso dell’esercizio.
4.2 Il secondo motivo lamenta, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 2082 e 2497 cod. civ., in quanto la corte distrettuale ha errato nel non ritenere sussistente in capo a COGNOME una holding personale di fatto, con la conseguente necessità di applicazione della disciplina prevista da tali norme.
4.3 Il terzo motivo di ricorso assume, a mente dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 15, ultimo comma, l. fall. e 2497 cod. civ.: la corte distrettuale ha erroneamente ritenuto che i debiti scaduti e non pagati non superassero il limite di € 30.000 , al di sotto del quale non può farsi luogo alla dichiarazione di fallimento, in quanto l’art. 1, comma 240, l. 197/2022, oltre a far riferimento alle sole procedure esecutive, comporta non la novazione dell’obbligazione, ma la gradualità del pagamento, prevedendo la sterilizzazione della riscossione coattiva quale stimolo premiale per il debitore.
Occorreva, inoltre, considerare la diretta responsabilità di COGNOME COGNOME confronti dei creditori di RAGIONE_SOCIALE per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società nello svolg imento dell’ attività di direzione e coordinamento della stessa.
4.4 Il quarto motivo di ricorso assume la nullità del procedimento e della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 5 ( rectius 4), cod. proc. civ., per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in quanto la c orte d’appello avrebbe omesso di esaminare una nutrita serie di eccezioni sollevate da RAGIONE_SOCIALE in sede di reclamo (in punto di: portafoglio di partecipazioni societarie allibrate al fallito; ricorrenza della holding personale; omessa dimostrazione del mancato superamento congiunto dei parametri dimensionali pre scritti dall’art. 1, comma 2, l. fall.; inattendibilità della documentazione fiscale dimessa; validità della cessione di quote sociali di RAGIONE_SOCIALE in data 31 dicembre 2022, oggetto della garanzia patrimoniale, rappresentata da tutti i beni del fallito; inapplicabilità del divieto di compimento di atti di esecuzione, conseguente alla c.d. ‘rottamazione’ RAGIONE_SOCIALE cartelle esattoriali, al procedimento fallimentare) e avrebbe valorizzato argomenti che potevano essere sollevati solo dalla difesa del fallito (in punto di utili, aumenti di capitale sociale e attivo patrimoniale, oltre al pagamento ottenuto per la cessione RAGIONE_SOCIALE quote).
La sentenza impugnata, infine, sarebbe affetta da nullità in quanto avrebbe ammesso un effetto modificativo del debito scaduto
(attraverso la c.d. rottamazione RAGIONE_SOCIALE cartelle) successivo alla chiusura dell’istruttoria prefallimentare.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
5.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento ex art. 18 l. fall. deve contenere l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione e le relative conclusioni, ancorché non sia richiesta l’indicazione degli specifici motivi di cui all’art. 342 e 345 cod. proc. civ.; ne consegue che tale mezzo non ha carattere pienamente devolutivo, poiché l’ambito dell’impugnazione resta circoscritto alle sole questioni tempestivamente dedotte dal reclamante, in ciò differenziandosi dal reclamo avverso il decreto di rigetto di cui all’art. 22 l. fall., che non richiede particolari forme volte a delinearne il contenuto ed ha piena natura devolutiva, attribuendo alla corte d’appello il riesame completo della res iudicanda , senza che l’ambito della sua cognizione sia limitato alla valutazione della fondatezza RAGIONE_SOCIALE ragioni fatte valere dalla parte reclamante (Cass. 12706/2014; nello stesso senso, più di recente, Cass. 31531/2021).
Nel caso di specie non risulta che in sede di reclamo si sia dibattuto del mancato assolvimento, da parte di COGNOME, dell’onere, che gli incombeva, di provare di non aver superato tutte e tre le soglie di fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, l. fall., posto che, da quanto emerge dalla lettura della sentenza impugnata, l’ambito del giudizio è rimasto circoscritto alla verifica dell’effettivo superamento del solo limite relativo all’attivo patrimoniale.
La denuncia della mancata dimostrazione del superamento RAGIONE_SOCIALE altre soglie previste dalla norma pone quindi una questione nuova, implicante un accertamento in fatto, non devoluta all’ esame della c orte d’appello e inammissibile in questa sede, giacché i motivi di ricorso per cassazione devono investire soltanto questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di reclamo, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni
o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio.
5.2 La corte di merito, proprio sulla scorta RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dal legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, ha poi accertato che le disponibilità di RAGIONE_SOCIALE erano in realtà inesistenti e che erano falsi i dati rappresentanti nei contratti di compravendita RAGIONE_SOCIALE quote della società
A fronte di questi accertamenti – che rientrano nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità – la contestazione della ricorrente in ordine al mancato computo del prezzo di vendita dell’intera partecipazione sociale e degli utili maturati, intende proporre da una parte una diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito (Cass. 8758/2017), e dall’altra pone questioni di diritto prive di rilevanza, dato che il giudizio di complessiva falsità RAGIONE_SOCIALE poste risultanti dai bilanci espresso dai giudici distrettuali rende superflua e priva di rilievo ogni considerazione su come le stesse potessero essere conteggiate come attivo.
5.3 Il rigetto del primo motivo di ricorso rende definitivo l’accertamento in ordine al mancato superamento , da parte del COGNOME, dei limiti dimensionali previsti dall’art. 1, comma 2, l. fall. e comporta l’inammissibilità, per mancanza di decisività, degli ulteriori mezzi in esame, atteso l’effetto preclusivo dell’applicabilità della disciplina fallimentare che consegue da tale accertamento.
È opportuno aggiungere, da ultimo, come la seconda censura sia inficiata da genericità, perché nel denunciare il mancato esame, da parte della corte distrettuale, della questione relativa al fatto che il COGNOME dovesse considerarsi titolare di una holding personale di fatto non chiarisce quale rilievo la stessa rivestisse in concreto nell’economia della lite ( ovvero al fine della verifica del superamento RAGIONE_SOCIALE soglie di fallibilità).
6. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile.
Stessa sorte spetta al controricorso adesivo (da qualificare in termini di ricorso incidentale tardivo di tipo adesivo) della procedura fallimentare, che ha espressamente richiesto l’accoglimento del ricorso principale e condiviso i motivi svolti da RAGIONE_SOCIALE
Le spese del giudizio, che seguono la soccombenza e vanno poste a carico solidale del ricorrente principale e del ricorrente incidentale tardivo, ex art. 97 cod. proc. civ., si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e il ricorso incidentale tardivo e condanna RAGIONE_SOCIALE e il Fallimento di NOME COGNOME, in solido, al pagamento in favore di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che liquida in € 7.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidenta le, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma in data 16 maggio 2024.