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Soglia di fallibilità: il debito fiscale conta sempre

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito un principio cruciale in materia di soglia di fallibilità. Il caso riguardava una società dichiarata fallita il cui liquidatore sosteneva che recenti debiti fiscali, divenuti definitivi poco prima della dichiarazione, non dovessero essere conteggiati perché non ancora iscritti in bilancio. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo che per valutare il superamento della soglia debitoria, rileva la situazione patrimoniale al momento della dichiarazione di fallimento, e la prova del debito può provenire da qualsiasi documento, inclusi gli avvisi di accertamento fiscali, a prescindere dalla loro registrazione contabile.

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Soglia di Fallibilità: I Debiti Fiscali Contano Anche se non Registrati in Bilancio

L’ordinanza della Corte di Cassazione in commento affronta un tema di grande rilevanza pratica per le imprese: il calcolo della soglia di fallibilità. In particolare, la Suprema Corte chiarisce che i debiti fiscali, una volta divenuti definitivi, concorrono al superamento della soglia anche se non sono ancora stati formalmente iscritti nei bilanci societari. Questa decisione sottolinea come la valutazione dello stato di insolvenza si basi sulla realtà economica e patrimoniale effettiva dell’impresa, piuttosto che sulle sole risultanze contabili formali.

Il Contesto del Caso: Dal Tribunale alla Cassazione

Una società a responsabilità limitata in liquidazione veniva dichiarata fallita dal Tribunale. Il liquidatore della società proponeva reclamo alla Corte d’Appello, che però confermava la sentenza di primo grado. La Corte territoriale basava la sua decisione su una duplice motivazione (una cosiddetta doppia ratio decidendi): in primo luogo, il liquidatore non aveva fornito prove contabili sufficienti a dimostrare la salute finanziaria dell’impresa; in secondo luogo, e in ogni caso, l’indebitamento della società superava la soglia di legge a causa di due avvisi di accertamento fiscale divenuti definitivi per un importo totale di oltre 500.000 euro. Questi avvisi, relativi a evasione IRES e IVA per annualità passate, erano diventati incontestabili poco prima della dichiarazione di fallimento.

Contro questa decisione, il liquidatore presentava ricorso in Cassazione, contestando entrambe le motivazioni.

La Questione della Soglia di Fallibilità e i Debiti Fiscali

Il punto centrale del ricorso verteva sul secondo motivo della decisione d’appello. Secondo il ricorrente, i debiti fiscali non avrebbero dovuto essere considerati, poiché erano diventati definitivi solo nel giugno 2021, pochi giorni prima della sentenza di fallimento. Di conseguenza, non potevano essere iscritti nei bilanci degli anni precedenti (2018-2020) e avrebbero dovuto essere registrati come sopravvenienza passiva solo nel bilancio successivo. In sostanza, si sosteneva che un debito rileva ai fini fallimentari solo dopo la sua formale registrazione contabile.

La Decisione della Cassazione: Prevale la Sostanza sulla Forma

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione della Corte d’Appello e fornendo importanti chiarimenti sull’interpretazione della legge fallimentare.

Il Momento Rilevante per il Calcolo dei Debiti

La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: mentre i requisiti relativi all’attivo patrimoniale e ai ricavi lordi si valutano con riferimento ai tre esercizi antecedenti l’istanza di fallimento, la soglia di fallibilità relativa all’indebitamento va verificata con esclusivo riferimento al momento della dichiarazione di fallimento. La legge non richiede che si guardi al passato, ma che si fotografi la situazione debitoria attuale dell’impresa.

La Prova del Debito Oltre la Contabilità Ufficiale

Il passaggio più significativo della sentenza riguarda la prova del debito. La Cassazione ha specificato che la legge non impone che l’indebitamento debba risultare esclusivamente dalle scritture contabili ufficiali. Ciò che conta è la “rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniali dell’impresa”, che può essere ricostruita attraverso qualsiasi documento utile, anche se proveniente da terzi, come nel caso degli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate.

Le Motivazioni Giuridiche della Suprema Corte

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che la norma sulla soglia di fallibilità (art. 1, comma 2, lett. c, L.F.) usa il verbo all’infinito presente (“avere un ammontare di debiti”), a differenza delle soglie per attivo e ricavi che usano il passato (“aver avuto”, “aver realizzato”). Questa scelta lessicale non è casuale e indica la volontà del legislatore di valutare i debiti in modo puntuale e attuale.

Poiché nel caso di specie era pacifico che i debiti fiscali fossero diventati certi e definitivi prima della dichiarazione di fallimento, essi dovevano essere inclusi nel calcolo, determinando il superamento della soglia. Essendo questa motivazione da sola sufficiente a sorreggere la sentenza d’appello, la Corte ha dichiarato inammissibili le censure del ricorrente contro l’altra motivazione (relativa alla mancata produzione dei bilanci), per sopravvenuto difetto di interesse.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza offre una lezione fondamentale per amministratori, liquidatori e imprenditori. La valutazione del rischio di fallimento non può limitarsi a un’analisi dei bilanci depositati. È necessario avere una visione completa e aggiornata di tutte le passività, incluse quelle potenziali che potrebbero diventare definitive a breve. I debiti fiscali, in particolare, una volta che gli avvisi di accertamento diventano incontestabili, assumono rilevanza immediata per la determinazione della soglia di fallibilità, indipendentemente dalla loro registrazione contabile. Un monitoraggio costante e una gestione proattiva del contenzioso tributario diventano, quindi, strumenti essenziali per prevenire lo stato di insolvenza.

Per determinare la soglia di fallibilità, a quale momento bisogna guardare per calcolare i debiti?
La valutazione dell’indebitamento complessivo deve essere fatta con riferimento al momento della dichiarazione di fallimento, non agli esercizi precedenti, a differenza di quanto previsto per le soglie di attivo e ricavi.

Un debito fiscale derivante da un avviso di accertamento deve essere registrato nel bilancio per essere considerato nel calcolo della soglia di fallibilità?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’esistenza del debito può essere provata con qualsiasi documento idoneo, inclusi gli avvisi di accertamento definitivi emessi da terzi come l’Agenzia delle Entrate, anche se tale debito non è ancora stato formalmente iscritto nelle scritture contabili della società.

Cosa succede se una sentenza d’appello si basa su due motivazioni distinte e il ricorrente ne contesta validamente solo una?
Se la seconda motivazione (ratio decidendi) è ritenuta valida e sufficiente da sola a sostenere la decisione, il ricorso contro la prima motivazione diventa inammissibile per mancanza di interesse, poiché il suo eventuale accoglimento non cambierebbe l’esito finale della controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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