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Socio infedele e responsabilità della società S.n.c.

La Corte d’Appello ha stabilito la responsabilità di una società di persone (S.n.c.) per le somme illecitamente raccolte da un socio amministratore a danno di investitori terzi. Sebbene la Corte abbia escluso la sussistenza di una ‘rappresentanza apparente’ a causa di evidenti anomalie nelle transazioni che avrebbero dovuto insospettire gli investitori, ha tuttavia fondato la condanna sul principio dell’ingiustificato arricchimento. È stato provato, infatti, che le somme frutto della truffa sono confluite sui conti correnti della società, la quale ne ha tratto un vantaggio economico diretto, ad esempio utilizzando i fondi per estinguere propri debiti. Di conseguenza, la società e gli altri soci sono stati condannati in solido a restituire le somme agli investitori.

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Pubblicato il 8 aprile 2025 in Diritto Societario, Giurisprudenza Civile

Socio Infedele: La Responsabilità della Società per le Truffe dell’Amministratore

La gestione di una società comporta inevitabilmente dei rischi, ma uno dei più insidiosi è quello legato alla condotta infedele di un socio amministratore. Quando un partner agisce in modo fraudolento, quali sono i confini della responsabilità società? Una recente sentenza della Corte d’Appello di Firenze offre un’analisi dettagliata, distinguendo tra il principio dell’apparenza del diritto e quello, più sostanziale, dell’ingiustificato arricchimento.

I Fatti: Una Rete di Investimenti Finiti Male

Il caso trae origine da una serie di azioni legali intraprese da diversi investitori contro una società in nome collettivo (S.n.c.) e i suoi soci. Gli investitori sostenevano di aver affidato ingenti somme di denaro a uno dei soci amministratori, il quale aveva promesso loro la restituzione del capitale con interessi molto elevati. Queste promesse, tuttavia, non sono mai state mantenute.

La società e gli altri soci si sono opposti alle richieste di pagamento, sostenendo di essere totalmente estranei ai fatti. A loro dire, il socio infedele aveva agito in modo autonomo, all’insaputa degli altri e al di fuori dell’oggetto sociale, che era limitato all’attività di agenzia assicurativa e non prevedeva la raccolta di investimenti dal pubblico.

La Decisione del Tribunale e i Motivi d’Appello

In primo grado, il Tribunale aveva dato ragione agli investitori, condannando la società. La decisione si basava sul principio della ‘rappresentanza apparente’: la società, non avendo vigilato sull’operato del proprio amministratore e sui movimenti anomali sui propri conti correnti per anni, aveva tenuto un comportamento colposo, generando nei terzi il legittimo affidamento che il socio stesse agendo in nome e per conto della società stessa.

La società e i soci estranei alla truffa hanno impugnato la sentenza, sostenendo che gli investitori non potessero invocare un affidamento incolpevole. Le circostanze delle transazioni erano infatti palesemente anomale: tassi di interesse promessi fuori mercato (fino al 20%), accordi formalizzati su semplici fogli bianchi timbrati, e incontri avvenuti fuori dai locali commerciali dell’agenzia. Questi elementi, secondo gli appellanti, avrebbero dovuto indurre qualsiasi persona di normale diligenza alla massima cautela.

Responsabilità Società: Rappresentanza Apparente o Arricchimento Senza Causa?

La Corte d’Appello, pur riconoscendo la fondatezza delle perplessità sollevate dagli appellanti, ha spostato il fulcro del proprio ragionamento, approdando a una soluzione diversa ma con lo stesso risultato pratico.

Le Anomalie che Escludono l’Affidamento Incolpevole

I giudici di secondo grado hanno concordato sul fatto che le molteplici irregolarità avrebbero dovuto allertare gli investitori. La combinazione di promesse di guadagni irrealistici e la totale assenza di documentazione contrattuale standard rendeva difficile sostenere la tesi di un affidamento incolpevole. Di conseguenza, il presupposto per applicare la teoria della ‘rappresentanza apparente’ è stato ritenuto debole.

L’Accoglimento della Domanda di Ingiustificato Arricchimento

Nonostante l’esclusione della rappresentanza apparente, la Corte ha ritenuto fondata la domanda subordinata degli investitori, basata sull’ingiustificato arricchimento (art. 2041 c.c.). Questo principio si applica quando un soggetto ottiene un vantaggio economico a danno di un altro senza che vi sia una valida giustificazione giuridica.

Le Motivazioni della Corte d’Appello

La Corte ha basato la propria decisione su un dato di fatto incontestabile emerso dalla consulenza tecnica: il denaro versato dagli investitori, tramite assegni intestati alla società o contanti, era effettivamente confluito sui conti correnti della S.n.c. o su un altro conto a essa riconducibile e usato per la sua operatività. Sebbene il socio infedele fosse l’artefice della truffa, la società nel suo complesso aveva materialmente ricevuto e utilizzato quei fondi. Tale utilizzo, ad esempio per saldare debiti verso la compagnia assicuratrice mandante, ha costituito un arricchimento diretto per la società, la quale si è trovata a disporre di liquidità che altrimenti non avrebbe avuto. Questo arricchimento è avvenuto ‘senza causa’, poiché non era giustificato da alcuna prestazione lecita della società nei confronti degli investitori. Pertanto, la società è stata ritenuta obbligata a indennizzare gli investitori per la perdita subita.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Società e Soci

La sentenza ribadisce un principio cruciale per la responsabilità società: anche quando la condotta fraudolenta è opera di un singolo amministratore e i terzi non sono esenti da colpa, la società può essere chiamata a rispondere se ne ha tratto un beneficio economico diretto. Per le società, ciò sottolinea l’importanza critica di implementare rigorosi controlli interni e una costante vigilanza sui conti correnti e sull’operato degli amministratori. Per i soci, è un monito sulla responsabilità solidale che li lega: l’inerzia o la mancata vigilanza possono tradursi in un obbligo di risarcimento per atti compiuti da altri, qualora la società ne risulti, anche involontariamente, arricchita.

Una società è sempre responsabile per le truffe commesse da un suo socio amministratore?
Non sempre. La responsabilità può essere esclusa se i terzi truffati hanno agito con negligenza, ignorando evidenti anomalie. Tuttavia, la società può essere comunque ritenuta responsabile se si dimostra che ha tratto un vantaggio economico (un ‘ingiustificato arricchimento’) dalle somme illecitamente raccolte.Cosa si intende per ‘ingiustificato arricchimento’ in un caso come questo?
Significa che la società ha ricevuto un beneficio economico senza una valida causa legale. Nel caso specifico, i soldi degli investitori, anche se ottenuti con l’inganno dal socio, sono stati versati sui conti correnti della società. Questo ha permesso alla società di utilizzare quei fondi, ad esempio per pagare i propri debiti, arricchendosi così a danno degli investitori.

Il fatto che gli investitori avrebbero dovuto essere più prudenti esclude del tutto il loro diritto al risarcimento?
No. Sebbene la Corte abbia riconosciuto che gli investitori avrebbero potuto essere più cauti, ciò non ha cancellato il loro diritto al risarcimento. La loro negligenza è stata un fattore per escludere la ‘rappresentanza apparente’, ma non ha impedito alla Corte di riconoscere il loro diritto basato sull’arricchimento senza causa della società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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