Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31174 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31174 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/11/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4897/2024 R.G. proposto da NOME COGNOME , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende unitamente agli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
,
elettivamente domiciliato all’indicato indirizzo PEC dell’ AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende
– controricorrente –
e nei confronti di
NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME
– intimate –
e nei confronti di
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Padova
– intimato – avverso la sentenza n. 114/2024 del la Corte d’Appello di Venezia, depositata il 16.1.2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12.11.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Padova -su istanza del curatore del fallimento RAGIONE_SOCIALE e della socia accomandataria NOME COGNOME -dichiarò il fallimento in estensione di NOME COGNOME, in quanto accertata socia accomandataria di fatto della società in accomandita.
Contro la sentenza di fallimento NOME propose reclamo che venne rigettato dalla Corte d’Appello di Venezia, all’esito di una istruttoria consistita, non solo nell’acquisizione delle produzioni documentali, ma anche nell’assunzione di testimoni.
Contro la sentenza della corte territoriale NOME COGNOME ha presentato ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
Il fallimento si è difeso con controricorso, mentre non hanno svolto difese le altre parti intimate (le tre lavoratrici dipendenti che avevano a suo tempo chiesto il fallimento della società in accomandita e il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Padova).
Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso denuncia: «1.a) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 112, 115, 116, c.p.c. ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.; 1.b) Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.».
La ricorrente si duole della mancata ammissione di un mezzo istruttorio, in particolare con riferimento alla offerta produzione di un CDRom contenente la registrazione di una conversazione tra alcune persone e alla deduzione di un capitolo di prova testimoniale a conferma di quella conversazione.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Innanzitutto non è pertinente il riferimento all’art. 2697 c.c., perché la c orte d’ appello non ha addossato alla ricorrente l’onere di provare la sua estraneità alla gestione della società in accomandita, ma ha ritenuto positivamente accertato il ruolo di socia accomandataria di fatto da lei svolto. Il rigetto del reclamo non è fondato, quindi, sull’applicazione delle norme sulla ripartizione degli oneri probatori (norme che si applicano in caso di residua incertezza sui fatti rilevanti all’esito dell’istru ttoria), bensì sull’applicazione delle norme del diritto sostanziale al fatto così come effettivamente accertato.
In secondo luogo, non può essere considerata rilevante (né tanto meno decisiva) la registrazione di una conversazione intervenuta tra persone di cui è stata assunta la testimonianza nel processo. Oggetto di indagine da parte del giudice del merito era la gestione societaria, sulla quale si è infatti concentrata la prova testimoniale (prova tipica), e non certo il contenuto di dichiarazioni di soggetti terzi, rese e registrate al di fuori del processo (prova atipica, o, per meglio dire, prova testimoniale
illegittima, perché non conforme al suo modello legale, che presuppone il rispetto del principio del contraddittorio e la presenza del giudice), anche se concernenti l’amministrazione della società.
Il secondo motivo è così rubricato: « 2.a) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 132, comma 2, n. 4, 134, comma 1, 183 c.p.c. ed art. 111 Cost., ex art. 360 comma 1 n. 3, c.p.c.; 2.b) omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.».
La ricorrente si duole che non siano stati ammessi alcuni capitoli di prova testimoniale tra quelli da lei dedotti.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Anche a prescindere dalla considerazione che i capitoli di prova testimoniale riportati nel ricorso sono generici, si deve osservare che essi riguardano: in parte il ruolo svolto nella società da altro soggetto (NOME COGNOME; ruolo che la corte d’appello non ha negato , rilevando peraltro che esso non contraddiceva l’ipotesi della partecipazione alla gestione anche della ricorrente); in parte dichiarazioni rese fuori dal processo dalle medesime persone di cui è stata assunta la testimonianza.
Ad ogni buon conto, la prova testimoniale rientra tra quelle che il giudice del merito può prudentemente apprezzare (art. 116 c.p.c.) e di cui egli può omettere l’assunzione se l a «ravvisa superflua» (art. 209 c.p.c.) ai fini dell’acc ertamento del fatto. E, nel caso di specie, la Corte d’Appello di Venezia, acquisiti documenti ed assunte prove orali, ha espresso il giudizio che «l’istruttoria compiuta … ha consentito di avere un quadro esaustivo e completo del funzionamento della società
fallita». Tale valutazione della prova sul fatto non è di per sé sindacabile in sede di legittimità.
Il terzo motivo denuncia «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli art. 115 e 116 c .p.c. ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per non aver applicato le norme procedurali in ordine al contrasto tra le deposizioni testimoniali».
Si censura la sentenza impugnata per non aver esaminato il contrasto tra le dichiarazioni rese da alcuni testimoni, pur avendo disposto il confronto tra di loro.
3.1. Anche questo motivo è inammissibile, perché, come è stato ripetutamente affermato, « l’esame e la valutazione dei documenti e delle risultanze probatorie, così come il giudizio sull’attendibilità e credibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni, difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata » (Cass. n. 16056/2016, che cita, a sua volta, Cass. n. 11699/2013; successivamente, conforme, Cass. 19011/2017).
Ancora una volta, il riferimento all’art. 2697 c.c. non è pertinente, perché la decisione impugnata non è stata adottata applicando le norme giuridiche sulla ripartizione dell’onere della
prova. Quello che la ricorrente propone è, a ben vedere, un riesame del merito, anche riproducendo il contenuto delle dichiarazioni dei testi la cui valutazione complessiva avrebbe dovuto portare, a suo giudizio, ad un diverso accertamento del fatto.
La circostanza che la corte territoriale abbia disposto e menzionato, ma non abbia poi esaminato, il confronto tra testimoni disposto sulla falsariga dell’art. 254 c.p.c. potrebbe dare corpo a un difetto di motivazione. Ma il ricorso non censura la sentenza impugnata sotto questo profilo e, del resto, si potrebbe discorrere tutt’al più di una motivazione insufficiente, che non è più sindacabile in sede di legittimità, dopo la riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. apportata dall’art. 54 , comma 1, lett. b , del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 (v. Cass. S.u. n. 8053/2014).
Infine, il quarto motivo censura il vizio di «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 e 246 c.p.c. ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione all’errata applicazione delle norme che riguardano la valutazione dell’attendibilità dei testi ».
La ricorrente precisa che «si critica la sentenza per non aver fatto corretta applicazione dei canoni ermeneutici relativi alla valutazione dell’attendibilità dei testimoni ».
4.1. Il motivo è palesemente inammissibile, perché non esistono «canoni ermeneutici relativi alla valutazione dell’attendibilità dei testimoni », ma soltanto il potere dovere del giudice del merito di prudentemente apprezzare le dichiarazioni dei testimoni, che è estrinsecazione del più generale potere di
«valutazione delle prove» e che trova eccezione soltanto laddove «la legge disponga altrimenti» (art. 116, comma 1, c.p.c.), ovverosia nel caso delle prove legali, positive o negative, in cui la legge stabilisce il valore che il giudice deve dare, o non dare, a un determinato tipo di prova.
In definitiva la ricorrente ripropone, anche con questo motivo, un diverso apprezzamento del materiale probatorio, che però non è consentito alla Corte di cassazione per il ruolo che le è assegnato nell’ordinamento processuale .
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 6.000 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12.11.2025.
Il Presidente NOME COGNOME