Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16231 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 16231 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1556 R.G. anno 2019 proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 1007/2018 depositata il 6 giugno 2018 della Corte di appello di Bari.
Udita la relazione svolta all’udienza del 9 aprile 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME; udite le conclusioni le Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO procuratore generale NOME
COGNOME; udite le difese delle parti.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ebbe a stipulare con RAGIONE_SOCIALE un contratto di mutuo per la realizzazione di un complesso di alloggi, ma non provvide a pagarne le rate: in conseguenza l’istituto bancario creditore agì giudizialmente nei confronti della stessa.
Con delibera di assemblea del 27 ottobre 2012, venne approvata la mozione che autorizzava l’organo amministrativo ad intraprendere una trattativa con la banca creditrice per definire la posizione debitoria, stante la pendenza della procedura esecutiva di esproprio introdotta da RAGIONE_SOCIALE. Il consiglio di amministrazione raggiunse un accordo transattivo con la banca e in data 31 gennaio 2013 deliberò di richiedere a tutti i soci un versamento di euro 10.000,00 per onorare l’a ccordo transattivo.
Il presidente della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, a fronte del mancato pagamento, da parte di alcuni dei soci, del detto contributo, fece valere in giudizio la pretesa nei confronti dei medesimi.
In tale quadro si colloca il decreto ingiuntivo pronunciato, su ricorso della RAGIONE_SOCIALE, dal Tribunale di Trani contro NOME COGNOME, il quale non aveva ottemperato alla sopra indicata delibera del consiglio di amministrazione.
Avverso il decreto è stata proposta un’opposizione, resistita da RAGIONE_SOCIALE, respinta con sentenza del 18 dicembre 2015.
3 . –COGNOME ha impugnato detta pronuncia. Il giudizio di gravame, in cui si è costituita la RAGIONE_SOCIALE, è stato definito dalla Corte di appello di Bari con sentenza di rigetto del 6 giugno 2018
4 . -Ha proposto ricorso per cassazione, facendo valere otto motivi di impugnazione, NOME COGNOME. Ha notificato controricorso RAGIONE_SOCIALE 80.
Il giudizio, avviato alla trattazione camerale, è stato rimesso alla
pubblica udienza con ordinanza interlocutoria n. 18762 del 2023.
Il Pubblico Ministero ha concluso per l’accoglimento del ricorso. Sono state depositate memorie .
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Va preliminarmente esclusa l’inammissibilità del ricorso per cassazione, eccepita dalla parte controricorrente. Nel complesso, infatti, l ‘atto di impugnazio ne non risulta carente delle condizioni di cui all’art. 366 c.p.c.
È poi ininfluente, in questa sede, l’avvenuta cancellazione d ella ricorrente RAGIONE_SOCIALE 80 dal registro delle imprese: infatti, l ‘avvenuta cancellazione dal registro delle imprese della RAGIONE_SOCIALE, dopo la proposizione del ricorso per cassazione, debitamente comunicata dal suo difensore, non è causa di interruzione del processo (Cass. 2 febbraio 2018, n. 2625; Cass. 13 febbraio 2014, n. 3323).
-Col primo motivo sono denunciate la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 116 c.p.c. e la nullità della sentenza per error in procedendo con riguardo al l’eccezione di compromesso. Assume il ricorrente che l’eccezione di arbitrato irrituale non pone una questione di competenza, ma di merito; rileva poi che il mezzo di difesa in questione può essere proposto entro la chiusura dell’udienza di trattazione di cui all’art. 183 c.p.c.
2.1. Il motivo è infondato.
La Corte di merito ha giudicato tardiva l’eccezione di arbitrato irrituale, posto che la stessa non era stata formulata con la citazione in opposizione a decreto ingiuntivo.
Ora, l’eccezione di arbitrato libero è eccezione in senso stretto. Come ha osservato questa Corte, l’improponibilità della domanda a causa della previsione d’una clausola compromissoria per arbitrato irrituale è rilevabile non già d’ufficio, ma solo su eccezione della parte interessata (Cass. 4 marzo 2011, n. 5265 : sulla non rilevabilità d’ufficio della detta eccezione cfr. pure: Cass. 26 gennaio 2000, n. 870; Cass.
12 ottobre 1998, n. 10086). Poiché l’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo sotto il profilo del contenuto è equiparabile ad una comparsa di risposta, di modo che deve presentare i requisiti di cui all’art. 167 c.p.c. (Cass. 20 ottobre 2006, n. 22528), è evidente che un’eccezione in senso stretto, quale quella di cui qui si discorre, dov eva essere sollevata con esso.
3 . – Col secondo mezzo si oppone la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e della normativa in tema di conflitto di interessi, nonché dell’art. 45 dello statuto societario; anche in questo caso si deduce la nullità della sentenza per vizio processuale. Il ricorrente rammenta che l’atto di precetto del Banco di Napoli era stato notificato solo ad alcuni dei soci, i quali erano componenti del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE. Rileva che a norma dell’art. 4 5 dello statuto le operazioni per le quali fosse stato sussistente un conflitto di interesse degli amministratori dovevano essere autorizzate dai soci e deduce che pertanto il consiglio di amministrazione aveva concluso l’accordo transattivo in presenza di un tale conflitto in capo ai suoi componenti. I soci partecipanti al consiglio di amministrazione avrebbero dovuto quindi tutti astenersi dalla discussione della decisione sulle questioni afferenti il credito vantato dal Banco di Napoli; la deliberazione assunta con riguardo alla definizione transattiva della vicenda risultava essere stata di contro emesse col voto dei soci direttamente interessati.
Il terzo motivo prospetta la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nonché degli artt. 2377, 2388 e 2379 c.c.; la rubrica del motivo richiama l’art. 360, n. 3 c.p.c. ma in essa è fatt a pure menzione di un error in procedendo. Rileva il ricorrente che la pretesa creditoria scaturiva da un accordo raggiunto e concluso dal consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE in violazione dell’art. 33 dello statuto e che la conseguente delibera del detto consiglio risulterebbe essere radicalmente nulla perché contraria a norma imperativa (l’art. 2518
c.c.), se non addirittura inesistente e comunque inefficace. Rileva l’istante che era stato raggiunto l’accordo per la definizione transattiva di un credito vantato dal Banco di Napoli nei confronti sia di dodici soci della RAGIONE_SOCIALE, assegnatari di altrettanti alloggi, sia della RAGIONE_SOCIALE, quale garante. Assume che sarebbe stato «leso, nel caso di specie, l’interesse della RAGIONE_SOCIALE al corretto funzionamento, cosa che rappresenta già di per sé un interesse sovraindividuale e collettivo, la cui violazione va oltre la portata della norma imperativa ex art. 1418 c.c. per inquadrarsi nella fattispecie della nullità societaria ex art. 2379 c.c.».
Col quarto mezzo la sentenza impugnata è censurata per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per violazione degli artt. 2438, 2524 e 2621 c.c. e per mancata applicazione dell’art. 33 dello statuto, oltre che della normativa in tema di aumento del capitale sociale. Si deduce che il forzato illegittimo finanziamento disposto con la delibera consiliare del 31 gennaio 2013 integrerebbe a tutti gli effetti un simulato aumento di capitale della RAGIONE_SOCIALE in violazione dell’art. 33 dello statuto, che riserva tale operazione alla competenza esclusiva dell’assemblea dei soci, oltre che del terzo comma dell’art. 2524 c.c. , a norma del quale la RAGIONE_SOCIALE può deliberare aumenti di capitale con modificazione dell’atto costitutivo nelle forme previste dagli artt. 2438 ss. c.c., e non dunque attraverso l’adozione di una semplice delibera consiliare.
Il quinto mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., oltre che violazione degli artt. 2377, 2379 , 2518 c.c. e 223 quinquies disp. att. e trans. c.c. per l’errata applicazione al caso di specie della vigente normativa in tema di validità e di stabilizzazione delle delibere societarie. Si rileva che la delibera del 31 gennaio 2013 non era stata fatta oggetto di iscrizione presso il registro delle imprese e che il termine per impugnare la delibera illecita, violativa di una norma imperativa, risulta essere di tre anni decorrenti dal deposito o
dall’iscrizione presso il detto registro : in assenza dell’adempimento dell’onere pubblicitario, tale termine non aveva mai iniziato a decorrere.
Col sesto motivo è lamentata la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., oltre che violazione degli artt. 2377, 2379 , 2518 c.c. e 223 quinquies disp. att. e trans. c.c.. Rammentato che, in base a quest’ultima norma , per le obbligazioni sociali risponde, nelle RAGIONE_SOCIALE cooperative, soltanto la RAGIONE_SOCIALE con il suo patrimonio, il ricorrente pone l’accento sulla distinzione, nelle dette RAGIONE_SOCIALE, degli obblighi inerenti al conferimento iniziale e di quelli relativi al rapporto di scambio che precedono e accompagnano l’assegnazione in proprietà dell’alloggio e il contestuale accollo del mutuo individuale da parte dell’assegnatario. Osserva come, una volta stipulato il contratto di acquisto dell’appartamento, non possa essere imposto al socio assegnatario alcun supplemento di prezzo: ne discenderebbe – ad avviso dell’istante -la totale inefficacia delle delibere societarie, assembleari o consiliari, che riversino sull’acquirente dell’immobile oneri ulteriori rispetto a quelli originariamente previsti per il trasferimento del bene.
Col settimo motivo si denuncia per cassazione la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e la violazione dell’art. 2518 c.c. Si lamenta che la reale natura del pagamento richiesto era da individuare nel recupero di posizioni debitorie non riferibili al ricorrente; si rileva che con l’atto di assegnazione il detto istante aveva estinto il rapporto mutualistico con l’ente.
3.1. I motivi in questione possono esaminarsi congiuntamente in quanto risultano tutti diretti a censurare il passaggio della motivazione della sentenza di appello nella parte in cui è stata da questa esclusa la nullità della deliberazione del consiglio di amministrazione del 31 gennaio 2013. Il sesto e il settimo appaiono fondati e tanto determina l’assorbimento dei restanti .
Il Giudice distrettuale ha reputato condivisibile il principio, richiamato dal Tribunale, per cui la previsione della nullità di cui all’art.
2379 c.c. è limitata ai soli casi di impossibilità o illiceità dell’oggetto che ricorrono allorquando il contenuto dell’atto contrasta con norme dettate a tutela degli interessi generali e dirette ad impedire deviazioni dallo scopo economico pratico del rapporto di RAGIONE_SOCIALE. Ha sposato, quindi, il ragionamento seguito dal Giudice di prima istanza, il quale aveva evidenziato che le delibere attuative dell’obbligo del socio di concorrere al pagamento dei debiti assunti dalla RAGIONE_SOCIALE per la realizzazione dell’oggetto sociale non costituiscono una deviazione dei principi fondamentali del diritto societario: e ciò in conformità della regola secondo cui la clausola statutaria di una RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE limitata che preveda l’obbligo dei soci di rimborsare annualmente alla RAGIONE_SOCIALE le spese e gli oneri per il suo funzionamento è lecita.
3 .2. In realtà, tale percorso argomentativo non può considerarsi esauriente, occorrendo muovere da una fondamentale diversificazione, del tutto ferma nella giurisprudenza di questa Corte.
Si insegna, infatti, che il socio di una RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è parte di un duplice rapporto, l’uno di carattere associativo e l’altro che deriva dal contratto bilaterale di scambio tra il pagamento degli oneri per la sua realizzazione e l’assegnazione dell’alloggio (così Cass. 13 maggio 2021, n. 12949; nel medesimo senso, tra le tante: Cass. 30 maggio 2013, n. 13641; Cass. 9 maggio 2013, n. 11015; Cass. 6 settembre 2007, n. 18724; Cass. 28 marzo 2007, n. 7646; Cass. 18 maggio 2004, n. 9393; Cass. 16 aprile 2003, n. 6016). Il portato di tale distinzione si coglie ove si guardi all’insensibilità dei diritti che si inscrivono nel rapporto di scambio rispetto agli atti degli organi sociali che intendano incidere sui medesimi. Infatti, nelle cooperative edilizie, l’acquisto, da parte dei soci, della proprietà dell’alloggio per la cui realizzazione l’ente sia stato costituito passa attraverso la stipulazione di un contratto di scambio, la cui causa è del tutto omogenea a quella della compravendita, in relazione al quale la RAGIONE_SOCIALE assume veste di
alienante ed il socio quella di acquirente: con specifico riferimento al corrispettivo dovuto, la misura e le modalità di pagamento sono quelle indicate nel contratto di acquisto, e non possono essere modificate dagli organi sociali, in assenza di un’esplicita previsione contrattuale, onde al socio che abbia stipulato il contratto di acquisto dell’appartamento cedutogli dalla RAGIONE_SOCIALE non può essere imposto alcun adeguamento del prezzo, qualora ciò non trovi fondamento nel predetto contratto (Cass. 28 marzo 2007, n. 7646, cit.). In particolare, poiché l’acquisto, da parte dei soci, della proprietà dell’alloggio per la cui realizzazione l’ente sia stato costituito passa attraverso la stipulazione di un contratto di scambio, in relazione al quale la RAGIONE_SOCIALE assume veste di alienante ed il socio quella di acquirente, è escluso che gli organi sociali abbiano facoltà di intervenire successivamente su detta vicenda traslativa, a modifica in peius , in assenza di un’esplicita previsione contrattuale: al socio assegnatario, dopo la stipula del contratto di acquisto, non può dunque essere successivamente imposto alcun adeguamento di prezzo, con l’ulteriore conseguenza che, nell’ipotesi in cui l’organo gestorio della RAGIONE_SOCIALE deliberi, per converso, detta maggiorazione in contrasto con le previsioni contrattuali, il socio non ha l’onere di impugnare tale delibera entro termini prefissati per legge, trattandosi di un mero atto interno all’ente, inidoneo ad incidere sui diritti derivanti dal contratto di cessione dell’alloggio (Cass. 16 aprile 2003, n. 6016, cit., in motivazione, ove il richiamo a Cass. 28 marzo 1996 n. 2850 e al principio, ivi enunciato, per cui una deliberazione degli amministratori che, esulando dal campo della gestione della RAGIONE_SOCIALE, incidesse direttamente sui diritti soggettivi dei soci, sarebbe assunta in difetto di potere e sarebbe perciò priva di efficacia; cfr. pure Cass. 23 settembre 2009, n. 20441, non massimata in CED ).
Diversamente è a dirsi per quelle forme di contribuzione che si collocano nel rapporto associativo: e a queste si riferisce la giurisprudenza di questa Corte allorquando postula doversi ritenere
legittima la clausola statutaria di una RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE limitata che preveda l’obbligo dei soci di rimborsare annualmente alla RAGIONE_SOCIALE tutte le spese e gli oneri per il suo funzionamento, in modo che l’esercizio si chiuda senza utili e senza perdite : affermazione – questa – sorretta dal rilievo per cui tale clausola non incide sulla tipologia societaria, trasformando la RAGIONE_SOCIALE in una RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE illimitata, non impegnando i soci per le obbligazioni sociali verso i terzi, riguardando piuttosto essa i rapporti interni alla RAGIONE_SOCIALE, e risultando inoltre pienamente compatibile con la realizzazione dell’oggetto sociale, afferendo ad una prestazione accessoria ad essa funzionale (Cass. 8 agosto 2016, n. 16622; Cass. 17 luglio 2008, n. 19719; Cass. 29 gennaio 2003, n. 1280; Cass. 29 ottobre 1999, n. 12157). In tal senso, nemmeno l’assemblea e gli organi della RAGIONE_SOCIALE hanno il potere di imporre al socio versamenti in denaro ulteriori rispetto all’iniziale conferimento: questo potere in tanto può essere riconosciuto, alla prima e ai secondi, in quanto sia stabilito da una clausola statutaria per i fini dell’espletamento dell’attività della RAGIONE_SOCIALE e per il perseguimento dello scopo sociale (Cass. 17 maggio 2017, n. 12374, non massimata in CED ; Cass. 9 maggio 2008, n. 11555; Cass. 18 aprile 1998, n. 3942).
3 .3. Ciò detto, nel caso in esame la Corte di appello ha mancato di confrontarsi con la richiamata giurisprudenza e non ha così verificato se il contributo deliberato dal consiglio di amministrazione fosse riconducibile al rapporto associativo, dovendosi qualificare come erogazione funzionale all’organizzazione e gestione della RAGIONE_SOCIALE, o non, piuttosto, a quello di scambio, come contributo a quelle che possono essere latamente intese come spese di edificazione funzionali, o comunque correlate, all’assegnazione dell’alloggio. A quest’ultimo riguardo deve considerarsi che l’obbligo dei soci di pagare le rate annuali di mutuo, afferenti l’ immobile che deve essere loro attribuito in proprietà individuale, attua una forma di pagamento anticipato del
prezzo dell’immobile medesimo, e, quindi, non è qualificabile come debito inerente al rapporto sociale (Cass. 6 aprile 1977, n. 1304): tale obbligo non può essere dunque inciso da deliberazioni della RAGIONE_SOCIALE che ne mutino la consistenza, tanto pi ù a seguito dell’assegnazione dell’alloggio e del frazionamento del mutuo, oggetto, pro quota , di accollo individuale (circostanza, questa, che il ricorrente ha dedotto essere occorsa il 17 giugno 2000, ben prima che venisse assunta la determinazione del consiglio di amministrazione che qui interessa). Tenuto conto dell’inefficacia degli atti sociali che operino sui diritti derivanti dalla cessione dell’alloggio in quanto tale, la Corte di merito avrebbe dovuto quindi appurare, in base alle risultanze di causa, la reale natura della contribuzione imposta, per poi verificare quale incidenza potesse conseguentemente avere la delibera del 31 gennaio 2013 sulla posizione individuale dell’odierno istante.
4 . ─ L’ottavo motivo denuncia l’omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa. Il mezzo di censura lamenta, in particolare, il mancato esame di queste circostanze: due accertamenti ispettivi, occorsi nel 2013 nel 2017; le condizioni economiche della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; la procedura immobiliare intrapresa in danno del ricorrente; le indagini avviate dalla Procura della Repubblica di Trani sulle condotte tenute dal consiglio di amministrazione.
4.1. Il motivo è inammissibile.
Esso, oltre a risultare carente di autosufficienza, in quanto consta del richiamo ad atti che non sono riprodotti negli stralci salienti (nelle parti, cioè, da cui dovrebbe ricavarsi la decisività delle circostanze dedotte), risulta basarsi su fatti di cui la sentenza impugnata non si occupa e che il ricorrente non spiega se e come fossero stati oggetto di discussione in sede di merito. Si rammenta, al riguardo, che chi faccia valere il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. ha l’onere, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, n. 6, e 369, n. 4, c.p.c., non
solo di indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, ma anche il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività» (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054; Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415).
5 . ─ In conclusione, vanno accolti il sesto e il settimo motivo, deve essere respinto il primo, vanno dichiarati inammissibili il secondo e l’ottavo e dichiarati assorbiti i restanti.
La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte di appello di Bari, che giudicherà in diversa composizione e statuirà pure sulle spese del giudizio di legittimità.
Il Giudice del rinvio dovrà conformarsi al seguente principio di diritto:
«Il socio di una RAGIONE_SOCIALE, beneficiario del servizio mutualistico reso da quest’ultima, è parte di due distinti rapporti, l’uno, di carattere associativo, che direttamente discende dall’adesione al contratto sociale e dalla conseguente acquisizione della qualità di socio, l’altro che deriva dal contratto bilaterale di scambio per effetto del quale egli si appropria del bene o del servizio resogli dall’ente. In caso di controversia quanto alla legittimità di contribuzioni poste dalla RAGIONE_SOCIALE a carico del socio nelle cooperative edilizie, in cui l’acquisto, da parte dei soci, della proprietà dell’alloggio per la cui realizzazione l’ente sia stato costituito passa attraverso la stipulazione di un contratto di scambio in relazione al quale la RAGIONE_SOCIALE assume veste di alienante ed il socio quella di acquirente, occorre pertanto verificare se gli apporti richiesti al socio incidano sul rapporto di scambio, traducendosi in oneri aggiuntivi rispetto al corrispettivo della vendita, nel qual caso si è in presenza di atti della RAGIONE_SOCIALE inidonei ad incidere sui diritti derivanti dal contratto di cessione dell’alloggio e perciò privi di effetti nei confronti del socio, o sul rapporto associativo, da cui discende l’obbligo di effettuare i conferimenti e le
contribuzioni alle spese comuni di organizzazione e di amministrazione previsti dallo statuto».
P.Q.M.
La Corte
accoglie il sesto e settimo motivo, rigetta il primo, dichiara inammissibili il secondo e l’ottavo e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Bari, che giudicherà in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione