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Socio Accomandante: Quando risponde illimitatamente?

Un’ordinanza del Tribunale di Milano analizza la responsabilità del socio accomandante. Il caso riguarda la revoca di un sequestro conservativo concesso contro un socio accomandante, accusato di ingerenza nella gestione societaria. Il Tribunale ha revocato la misura cautelare, ritenendo le prove insufficienti per dimostrare un’effettiva attività di gestione autonoma che potesse giustificare il superamento della responsabilità limitata alla quota conferita.

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Socio Accomandante: quando la responsabilità diventa illimitata?

La figura del Socio Accomandante in una società in accomandita semplice (s.a.s.) è caratterizzata da un principio fondamentale: la responsabilità limitata al capitale conferito. Tuttavia, questa protezione non è assoluta. Un’interessante ordinanza del Tribunale di Milano chiarisce i confini di questa responsabilità, analizzando un caso in cui si discuteva se determinate azioni potessero configurare un’ingerenza nella gestione e, di conseguenza, trasformare la responsabilità da limitata a illimitata. Approfondiamo la vicenda per capire quali sono i limiti che un Socio Accomandante non deve superare per non mettere a rischio il proprio patrimonio personale.

I Fatti del Caso

La controversia nasce da una richiesta di sequestro conservativo avanzata da un investitore nei confronti del Socio Accomandante di una società finanziaria. L’investitore, dopo aver siglato un accordo transattivo con la società e il socio accomandatario (l’amministratore) che garantiva parte del suo credito, aveva ottenuto in un secondo momento un sequestro conservativo sui beni personali del Socio Accomandante.

La tesi dell’investitore si basava su nuovi elementi emersi da un procedimento penale, i quali, a suo dire, dimostravano un coinvolgimento diretto del Socio Accomandante nella gestione illecita della società. In sostanza, l’accusa era quella di aver violato il divieto di immistione (o ingerenza) nella gestione, previsto dall’art. 2320 del codice civile, perdendo così il beneficio della responsabilità limitata.

Il Socio Accomandante ha quindi proposto reclamo avverso tale ordinanza, chiedendone la revoca e sostenendo l’insussistenza sia del fumus boni iuris (la parvenza del diritto) che del periculum in mora (il pericolo di pregiudizio nel ritardo).

La Decisione del Tribunale sul Socio Accomandante

Il Tribunale di Milano, in composizione collegiale, ha accolto il reclamo e revocato l’ordinanza di sequestro conservativo. La decisione si fonda su un’attenta analisi dei presupposti necessari per affermare la responsabilità illimitata del Socio Accomandante.

I giudici hanno esaminato le prove portate dall’investitore, costituite principalmente da annotazioni parziali della Guardia di Finanza estratte dal fascicolo penale. Secondo il Collegio, tali documenti, sebbene indicassero l’esistenza di operazioni bancarie a favore del Socio Accomandante, non erano sufficienti a dimostrare un’ingerenza qualificata nella gestione della società.

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra atti che possono agevolare l’attività sociale e veri e propri atti di gestione compiuti in autonomia. Il Tribunale ha chiarito che, per aversi un’ingerenza rilevante ai fini della perdita della responsabilità limitata, non è sufficiente compiere operazioni meramente esecutive, come effettuare bonifici.

Richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sent. n. 4498/2018), il provvedimento ribadisce che l’ingerenza si configura quando il Socio Accomandante compie atti di amministrazione in autonomia, tratta o conclude affari in nome della società, o compie atti di gestione con un’influenza rilevante. La produzione selettiva e parziale di documenti dal fascicolo penale non consentiva, secondo il Tribunale, una valutazione completa e compiuta dei fatti, impedendo di ritenere provata una simile condotta.

Inoltre, il Tribunale ha osservato che una parte significativa del credito dell’investitore era già garantita da un’ipoteca iscritta in seguito all’accordo transattivo. Di conseguenza, per quella porzione di credito, mancava anche il periculum in mora, ovvero il fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. In primo luogo, riafferma un principio cardine del diritto societario: la responsabilità illimitata del Socio Accomandante è un’eccezione che scatta solo in presenza di prove chiare e inequivocabili di una sua ingerenza autonoma nella gestione. Non bastano semplici indizi o atti ambigui per superare il limite normativo della responsabilità limitata.

In secondo luogo, evidenzia come le prove raccolte in un procedimento penale non possano essere automaticamente e acriticamente trasposte in un giudizio civile. È necessario che tali prove siano complete e idonee a dimostrare, secondo le regole civilistiche, i fatti posti a fondamento della pretesa. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione rigorosa e completa degli elementi probatori, specialmente quando si tratta di misure cautelari che incidono pesantemente sul patrimonio di un soggetto.

Quando un socio accomandante risponde illimitatamente dei debiti sociali?
Un socio accomandante perde il beneficio della responsabilità limitata e risponde illimitatamente quando viola il divieto di ingerenza, compiendo atti di amministrazione, trattando o concludendo affari in nome della società, o svolgendo atti di gestione che hanno un’influenza rilevante sull’attività sociale.

La semplice esecuzione di bonifici costituisce un atto di ingerenza per il socio accomandante?
No. Secondo la decisione analizzata, la mera esecuzione di operazioni bancarie come i bonifici non è di per sé sufficiente per integrare l’ingerenza gestoria vietata dalla legge, in quanto non dimostra un’attività di gestione svolta in autonomia.

È possibile ottenere un sequestro conservativo basandosi su prove parziali di un altro procedimento?
Il Tribunale ha ritenuto che la produzione selettiva e parziale di annotazioni di servizio provenienti da un fascicolo penale non fosse sufficiente a dimostrare la ‘parvenza del buon diritto’ (fumus boni iuris) necessaria per la concessione del sequestro, poiché non permetteva una valutazione completa e adeguata dei fatti contestati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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