Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25976 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25976 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 244/2023 R.G., proposto da
COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME domiciliati ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al ricorso,
–
ricorrenti –
contro
NOME NOME e NOME , rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME domiciliati ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrenti -ricorrenti incidentali – per la cassazione della sentenza n. 3154/2022 della CORTE d’APPELLO di Milano pubblicata il 9.11.2022 ;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 4.4.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Revocatoria ordinaria -Conferimento di beni in società estera -Cancellazione dal registro delle società -Integrazione del contradditorio
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano dinanzi al Tribunale di Busto Arstizio NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi indicata come RAGIONE_SOCIALE), proponendo azione revocatoria ordinaria, al fine di sentire dichiarare l’inefficacia nei loro confronti , ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., dell’atto con cui il COGNOME, il 23.1.2014, aveva conferito suoi beni immobili e una collezione d’auto alla società inglese RAGIONE_SOCIALE. In subordine, gli attori chiedevano che fosse accertata e dichiarata la nullità del conferimento per simulazione.
Deducevano che all’esito di contenzioso relativo a un contratto preliminare di vendita di una villetta realizzanda dal Lo Furno , nell’ambito del quale era pronunciata dal Tribunale di Monza sentenza ex art. 2932 cod. civ., risultavano creditori nei suoi confronti di euro 36.322,84 per il completamento delle opere, oltre euro 12.000,00 per spese processuali. Aggiungevano gli attori che la Corte d’appello di Milano con sentenza del 2018 aveva ordinato al Lo Furno di provvedere alla cancellazione dell’ipoteca sull’immobi le oggetto di preliminare.
Il giudizio, interrotto per essere emerso che la società RAGIONE_SOCIALE era stata cancellata in data anteriore all’inizio del processo dal registro delle società (‘ dissolved’ ), era riassunto nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOMEin qualità di amministratore unico ed ex socio di RAGIONE_SOCIALE-, i quali rimanevano contumaci.
Con sentenza n. 881/2020, pubblicata 22.7.2020, il Tribunale di Busto Arsizio accoglieva la domanda svolta e dichiarava l’inefficacia dell’atto di conferimento del 23.1.2014, gravando i convenuti delle spese del grado.
La Corte d’Appello di Milano con sentenza pubblicata il 9.11.2022 in accoglimento dell’appello proposto dal Lo F urno dichiarava la nullità dell’atto di citazione introduttiva e di quella in riassunzione nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE rimettendo la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354 cod. proc. civ.
Avverso la suindicata sentenza della corte di merito il COGNOME e il COGNOME propongono ora ricorso per cassazione, affidato a unico motivo illustrato da memoria.
Resistono con separati controricorsi il COGNOME e la COGNOME, che spiegano altresì ricorso incidentale sulla base di tre motivi, cui resistono con controricorso il COGNOME e il COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va anzitutto disposta l a riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ.
Il ricorso proposto dal Lo Furno e dal COGNOME va qualificato come principale, essendo stato notificato per primo, mentre quello spiegato dal COGNOME e dalla Civita va qualificato come incidentale (v., Cass., sez. lav., 20 marzo 2015, n. 5695 n. 5695 del 2015; Cass., sez. III, 9 febbraio 2016, n. 2516; Cass., sez. III, 6 luglio 2020, n. 13489; Cass., sez. II, 14 gennaio 2020, n. 448; Cass., sez. III, 23 novembre 2021, n. 36057; Cass., sez. III, 13 maggio 2024, n. 13104).
Va esaminato prioritariamente, in quanto logicamente prioritario, il ricorso incidentale.
Con il primo motivo i ricorrenti in via incidentale denunciano, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., 2697 cod. civ., 25 e 51 l. 218/1995, 24 Cost., 2490 e 2495 cod. civ. e 110 cod. proc. civ.
I ricorrenti lamentano che la Corte d’appello sulla base dell ‘incipit afferente alla possibilità di esame della questione relativa alla nullità dell’atto di citazione , a prescindere dal l’interesse ad agire del deducente, erroneamente ha messo l’esame delle molteplici ragioni di inammissibilità dell’appello , compresa l’assenza di interesse ad agire del COGNOME .
In relazione al criterio di collegamento per la individuazione della lex societatis , fatta eccezione per la fase di costituzione in quanto incorporated nel registro inglese, la società RAGIONE_SOCIALE non aveva evidenziato alcun
collegamento funzionale con il Regno Unito, né per le persone che la rappresentavano e agivano , né per la sua attività resa nota all’estero. Dalla documentazione prodotta nel corso del giudizio sarebbe stato agevole ricavare che il collegamento tra la società e l’Inghilterra è stato pressoché inesistente, mentre risultava costante l’attività svolta dalla società in Italia a mezzo del suo amministratore italiano, dichiaratosi domiciliatario della medesima in Italia.
L’affermazione della Corte d’appello a proposito della mancata dimostrazione del collegamento funzionale esistente tra la società e l’Italia è errata e in contrasto con gli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonché con l’art. 2697 cod. civ. , per essere gravato il Lo Furno, anche in base al principio della vicinanza al fatto, dell’onere della prova circa l’assenza del collegamento funzionale con l’Italia o la prevalenza con lo Stato inglese.
Con il secondo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 81, 100 e 294 cod. proc. civ. 111 Cost.
I ricorrenti si dolgono che la Corte d’appello abbia trattato la questione dell’inammissibilità dell’appello sintetizzando in ‘dieci righe i motivi dell’eccezione di inammissibilità sollevata … da pag 7 a pag. 14 della loro comparsa di costituzione’.
In sintesi, e ‘riassumendo la non breve esposizione fatta nella loro comparsa alla quale, comunque, rimandano’, gli appellati hanno sostenuto che: NOME COGNOME si doleva per la violazione del diritto di Negri/Nirvana de iure tertii ; quanto alla riassunzione NOME COGNOME invocava l’assenza di prova della qualità di soci, mentre con l’atto di conferimento si erano dichiarati tali; NOME COGNOME asseriva di avere interesse ad appellare sebbene dichiarasse di aver conferito debiti e non beni e che era estraneo alla società; non negando NOME COGNOME di aver effettuato il conferimento, non si sarebbe potuto dolere della non corretta vocatio ; NOME COGNOME pretendeva di svolgere in appello attività che avrebbe dovuto espletare in primo grado, dove era rimasto contumace, pur essendosi informato dell’andamento mediante tre istanze di visibilità.
Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per carenza di motivazione ex artt. 132, secondo comma n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ.
La Corte d’appello, nell’affermare che è mancata la dimostrazione del collegamento funzionale della società RAGIONE_SOCIALE con l’Italia al fine di poter fare applicazione della legge italiana, ha omesso di ‘dire quali siano gli atti concreti che sostanziano o contribuiscono a sostanziare quel necessario collegamento funzionale posto che l’asserzione che di essi è mancata la dimostrazione denota che gli atti che sono stati documentati (e) non sono stati ritenuti idonei o sufficienti. E di tale inidoneità o insufficienza manca ogni motivazione’.
Il primo motivo è inammissibile.
Sebbene articolato in due parti distinte, la prima, nella quale i ricorrenti lamentano che la Corte d’appello sulla questione nullità dell’atto di citazione si è a stenuta dall’esame delle molteplici ragioni di inammissibilità dell’appello , in realtà non contiene una censura di omessa pronuncia ex art. 112 cod. proc. civ. ma un generico richiamo alle plurime ragioni di inammissibilità, compresa l’assenza di interesse ad agire del Lo Furno, ‘che erano state esposte e sostenute dagli appellati da pag. 7 a pag. 14 della loro comparsa di costituzione e risposta del 16.3.2021’.
Lamentano la violazione dell’art. 25 l. 218/1998 in relazione all’individuazione della legge applicabile alla società inglese dissolved , poiché si assume che dalla documentazione prodotta nel corso del giudizio sarebbe stato agevole ricavare che il collegamento tra la società e l ‘Inghilterra è stato pressoché inesistente, mentre era costante l’attività svolta dalla società in Italia a mezzo del suo amministratore italiano, dichiaratosi domiciliatario per essa sempre in Italia.
Va anzitutto osservato che la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. è stata svolta in modo non adeguato alla stregua dei consolidati orientamenti espressi da questa Corte (v., Cass., Sez. Un., 5 agosto 2016,
n. 16598, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto; Cass., VI-3, 23 ottobre 2018, n. 26769; sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313, quanto alla prima, nonché da Cass., 10 giugno 2016, n. 11892; 8 ottobre 2019, n. 25027; 31 agosto 2020, n. 18092; 22 settembre 2020, n. 19798; Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867, quanto alla seconda).
Del pari la violazione dell’art. 2697 cod. civ. non è stata dedotta in maniera conforme al consolidato principio di diritto espresso da questa Corte in tema di regolazione dell’onere della prova secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni (v., sempre, Cass., Sez. Un., 16598/2016, cit.; Cass., VI-3, 26679/2018, cit.; Cass., sez. lav., 17313/2020, cit.; Cass., sez. V, 15 ottobre 2024, n. 26739). Ipotesi non ricorrente nel caso di specie, poiché la Corte d’appello nel dichiarare la nullità della sentenza di primo grado sul rilievo della nullità dell’atto di citazione introduttiva e di quella in riassunzione, venendo in rilievo anche un problema di mancata integrazione del contraddittorio rispetto alla proposizione di un’azione revocatoria ex art. 2901 cod. civ. (v. Cass., sez. 6-III, 26 maggio 2020, n. 9648; Cass., sez. III, 29 maggio 2018, n. 13388; Cass., sez 6-II, 7 novembre 2011, 23068), ha correttamente posto a carico degli appellati l ‘onere della prova in relazione alla regolare instaurazione del contraddittorio.
7.1. Per quanto rilevante ai fini del giudizio e nei limiti del sindacato consentito in sede di legittimità, in ordine al criterio di collegamento per la determinazione della legge sostanziale applicabile ex art. 25 l. 218/1995, va ribadito che ‘la notifica del ricorso per cassazione eseguita agli ex soci di una società di diritto britannico RAGIONE_SOCIALE, sciolta volontariamente ( dissolved ), è nulla in quanto eseguita nei confronti di soggetto che in nessun caso può ritenersi «successore» della società, atteso che secondo la legge straniera applicabile (art. 1012 del Companies Act 2006) la proprietà dei beni materiali già appartenenti ad una disciolta LLP sono considerati « bona vacantia »’ (v. Cass., sez. III, 11 febbraio 2025, n. 3497).
Nella speie l’estinzione della società RAGIONE_SOCIALE non è avvenuta in pendenza del giudizio, ma lo ha preceduto, conseguentemente non si poneva affatto un problema di successione nel processo ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ. (v. Cass., sez. III, 30 marzo 2022, n. 11003), ma di individuazione del soggetto subentrante in base al diritto britannico secondo quanto previsto dall’art. 25 l. 218/1995 , in assenza dei presupposti per l’operatività della deroga stabilita nella stessa norma atta a permettere l’applicazione della legge italiana.
Per il resto, stabilire se in Italia fosse la «sede dell’amministrazione» della società o se in Italia si trovasse «l’oggetto principale » della stessa, al fine di individuare il collegamento più stretto e consentire l’applicazione della legge italiana, è essenzialmente un giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, non sindacabile come error in iudicando . Conclusivamente, il motivo lungi dal denunciare un ‘error in iudicando’, è volto ad accreditare una ricostruzione dei fatti e una valutazione delle prove alternative a quelle compiute dalla corte di merito.
I ricorrenti, pertanto, omettono di considerare che l’accertamento delle circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie funzionali a tale accertamento sono attività riservate al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti a esse sottesi (Cass. 4 luglio 2017, n. 16467; Cass. 23 maggio 2014, n. 11511; Cass. 13 giugno 2014, n. 13485; Cass. 15 luglio 2009, n. 16499).
8. Il secondo motivo è infondato.
In disparte il rilievo che nel prospettare l’ error in procedendo della Corte d’appello i ricorrenti hanno omesso di riprodurre, al fine del rispetto del principio di specificità ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ., il contenuto delle loro doglianze in sede di appello esposte da pagina 7 a pagina 14 della comparsa di costituzione, alla quale si sono richiamati, pur riportandone una sintesi, la mancata integrazione del
contraddittorio nel corso del primo grado del giudizio, in ipotesi di litisconsorzio necessario per ragioni di ordine sostanziale, può essere rilevata d’ufficio dal giudice d’appello, a eccezione del caso di giudicato interno formatosi su una statuizione di merito resa tra le parti dalla sentenza appellata (v. Cass., sez. 6-III, 2 dicembre 2021, n. 38024).
9. Anche il terzo motivo è infondato.
Sebbene i ricorrenti abbiano inquadrato il vizio nell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., non è dubitabile che sollevino un vizio della motivazione come confermato dall’indicazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ.
Nondimeno, il difetto di motivazione è ipotizzabile solo nel caso in cui la parte motiva della sentenza risulti ‘meramente apparente’, evenienza configurabile, oltre che nell’ipotesi di ‘carenza grafica’ della stessa, quando essa, ‘benché graficamente esi stente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento’ (v., Cass., sez. un., 3 novembre 2016, n. 22232; nonché, più di recente, Cass., sez. 6-V, 23 maggio 2019, n. 13977), o perché non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 comma 6 Cost. (v., Cass. 30 giugno 2020, n. 13248; Cass. del 7 aprile 2017, n. 9105), o perché affetta da ‘irriducibile contraddittorietà’ (v., Cass., sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940; sez. 6-III, 25 settembre 2018), ovvero connotata da ‘affermazioni inconciliabili’ (v., Cass., sez. 6 -lav., 25 giugno 2018, n. 16111; sez. III, 25 settembre 2018; sez. I, 25 giugno 2021, n. 18311; sez. III, 6 novembre 2023, n. 30579), mentre ‘resta irrilevante il semplice difetto di «sufficienza» della motivazione’ (Cass., sez. II, 13 agosto 2018, n. 20721).
Ferma in ogni caso restando la necessità che il vizio ‘emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata’
(Cass., sez. un., 8053/2014 cit.), vale a dire ‘prescindendo dal confronto con le risultanze processuali’ (così, tra le molte, Cass., sez. I, 20 giugno 2018, n. 20955; in senso conforme, Cass., sez., 3 marzo 2022, n. 7090).
9.1. La c orte d’appello sulla questione dell’individuazione del criterio di collegamento, al fine dell’individuazione della legge applicabile alla società inglese dissolved , ha spiegato in modo lineare e pienamente percepibile il ragionamento svolto sulla base della complessiva lettura dell’art. 25 l. 218/1998, per poi verificare i presupposti per ricorrere alla deroga prevista nell’ultima parte della norma in favore della legge italiana, dovendo accertare ‘se la sede dell’amministrazione è situata in Itali a ovvero se in Italia si trova l’oggetto di tali enti’.
La c orte d’appello ha poi chiarito cosa debba intendersi per «sede amministrativa» e «oggetto dell’impresa » , precisando ‘perché possa trovare operatività il diritto italiano, è onere della parte che vi abbia interesse dimostrare in giudizio la sussistenza di uno dei due elementi paritetici ed alternativi ora passati in rassegna’. Salvo poi aggiungere che il col legamento più stretto, di cui al secondo periodo dell’art. 25 l. 218/1995, è stato invocato dagli appellati nei seguenti termini ‘non vi è dubbio che in Italia si trovi l’oggetto principale come risulta dal fatto che l’intero patrimonio della COGNOME (da ritenersi società immobiliare non essendo nota una sua diversa attività), si trova in Italia» (comparsa conclusionale, NOME COGNOME e NOME COGNOME, p. 3). Nulla è stato ulteriormente dedotto a dimostrazione del collegamento funzionale esistente tra la società di cui trattasi e lo Stato italiano’ (pagine 9 e 10 della sentenza).
La c orte d’appello ha poi concluso con l’affermare che ‘Questa allegazione difensiva non risulta supportata da elementi probatori idonei a dimostrare che l’attività effettivamente svolta da NOME, prima dell’estinzione, concernesse esclusivamente il campo di gestione di immobili situati in Italia e, più specificamente, ad individuare quale fosse il precipuo oggetto sociale della stessa. Pertanto, non vi sono elementi sufficientemente persuasivi per affermare la prevalenza della disciplina
italiana al fine dell’individuazione del soggetto legittimato passivo. Tanto più tenuto conto del fatto che l’argomento addotto si fonda su di un aspetto, i.e., la mera localizzazione dei beni costituenti il patrimonio della società, che, come si è detto, ha natura recessiva ai fini dell’individuazione del luogo dell’«oggetto principale» di cui alla norma, mentre sarebbe stato piuttosto onere delle parti appellate dimostrare che proprio in Italia si svolgeva concretamente l’attività d’impresa’ (pagina 10 de lla sentenza).
Con l’unico motivo di impugnazione i ricorrenti COGNOME e COGNOME denunciano, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ.
Si dolgono i ricorrenti per la disposta compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi sul rilievo dell’esistenza di ‘giuste ragioni, in considerazione della controvertibilità delle questioni poste’. Tale decisione viola il dato normativo, poiché n on sussistono più ‘giuste ragioni’ (ovvero ‘giusti motivi’) per compensare le spese processuali, ma devono ricorrere ‘gravi ed eccezionali ragioni’ come precisato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 77/2018, tra le quali non possono essere compre se ‘la peculiarità e la controvertibilità della questione’, tanto più, rendendo così incoerente la decisione, che gli appellati non avevano assolto l’onere della prova circa la localizzazione in Italia dell’oggetto principale della società RAGIONE_SOCIALE
11. Il motivo è infondato.
La valutazione sulla concessione o meno della compensazione delle spese sul presupposto, eventualmente, della esistenza di una soccombenza reciproca o di altre ragioni rientra nel potere discrezionale del giudice di merito ed esula dalla valutazione di questa Corte (v., Cass., 22 aprile 2005, n.8540; 17 marzo 2004, 5405; 28 novembre 2003, n.17692). Infatti, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (v. Cass., Sez. Un., 31 ottobre 2022, n. 32061; 15 maggio 2023, n. 13212).
Rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (v. Cass. 31 agosto 2020, n. 18128; 17 ottobre 2017, n. 24502; 31 marzo 2017, n. 8421; 19 giugno 2013, n. 15317), ivi compresa l’ipotesi di accoglimento parziale della domanda articolata in più capi (v. Cass., 13212/2023, cit.).
Rimane ferma, invece, la necessità della verifica che non siano addotte ragioni illogiche o erronee a fondamento della decisione di compensazione, risolvendosi il sindacato di legittimità, come affermato dalla Corte costituzionale (v. sentenza, 4 giugno 2014, n. 157, nonché Cass. 26 luglio 2021, n. 21400), in una verifica «in negativo» in ragione della «elasticità» costituzionalmente necessaria che caratterizza il potere giudiziale di compensazione delle spese di lite, ‘non essendo indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione delle dette spese in favore della parte vittoriosa’ (v., Corte Cost., 19 aprile 2018, n. 77).
I ricorrenti a sostegno della doglianza hanno invocato Corte cost., 19 aprile 2018, n. 77, che ha dichiarato incostituzionale l’art. 92, 2° comma, cod. proc. civ., nella parte in cui non prevede il potere del giudice di compensare le spese, parzialmente o per intero, anche in ipotesi che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità di quelle espressamente codificate. In questa prospettiva, la possibilità di disporre la compensazione in presenza di altre gravi ed eccezionali è stata parametrata sulle ipotesi tipizzate, confermando l’elasticità del giudizio sul tema dell’art. 92 cod. proc. civ. nella versione introdotta dalla l. 69/2009 oggi ripristinata. Norma, quest’ultima, ritenuta ‘elastica, che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili «a priori», ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice di merito” (v. Cass., Sez. Un., 22 febbraio 2012, n. 2572).
Detta “elasticità” di valutazione costituisce, come già detto, un connotato addirittura costituzionalmente necessario del potere/dovere del giudice di regolamentare le spese di lite, visto che l’introduzione di un sistema di rigida predeterminazione delle “altre” ragioni, rispetto alla soccombenza reciproca, idonee a giustificare la compensazione è stato ritenuto in contrasto con la Costituzione, poiché una rigida “predeterminazione” di ipotesi “tipiche” di compensazione può determinare un “minus” agli art t. 24 e 111 Cost. disincentivando l’esercizio dei propri diritti (v. Corte Cost., 77/2018, cit.).
La Corte d’appello nel rinviare al primo giudice ai sensi dell’art. 354 cod. proc. civ. per l’integrazione del contradditorio era tenuta alla regolazione delle spese, perché con quel provvedimento ha chiuso il giudizio davanti a sé, ma ha disposto la compensazione di entrambi i gradi ‘in considerazione della controvertibilità delle questioni poste’.
La spiegazione resa, tuttavia, deve tenere conto della condotta processuale complessivamente tenuta dalla parte, la quale è stata richiamata in sede conclusiva dalla corte territoriale, là dove, nel dichiarare la nullità della sentenza di primo grado e rimettere le parti al primo giudice, ha precisato ‘facendo salvi gli effetti sostanziali della domanda introdutti va, affinché venga correttamente instaurato il contraddittorio nei confronti della società straniera … secondo la disciplina inglese…’ .
La decisione resa non è basata su una ragione illogica o erronea, poiché gli appellati non hanno vista rigettata la loro domanda, che anzi, sia pur irritualmente, era stata accolta, ma sono stati rimessi dinanzi al primo giudice per la corretta instaurazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario. In altri termini, quanto espresso dalla Corte d’appello costituisce un dato oggettivo legato alle ragioni della parte indotta a resistere in appello sulla base di una ragionevole aspettativa di successo.
Le stesse Sezioni Unite (sentenza 2572/2012, cit.) hanno ritenuto non estranea, “al fine della compensazione delle spese”, pure ‘ la valutazione dell’atteggiamento soggettivo del soccombente che ha agito o
resistito in giudizio”, ovvero “delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio”, vale a dire “un valore che è stato espressamente ritenuto meritevole di considerazione dallo stesso legislatore ai fini dell’incidenza sulle spese, come chiaramente ricavabile, sia pure «a contrario», dalla disciplina in tema di responsabilità aggravata di chi agisce o resiste con dolo o colpa grave (intesi dalla giurisprudenza anche come consapevolezza del proprio torto ovvero consapevolezza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione)’.
Entrambi i ricorsi, pertanto, devono essere rigettati.
Attesa la reciproca soccombenza, le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate tra i ricorrenti, principale e incidentale.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi, in via principale e incidentale. Compensa tra i ricorrenti, principale e incidentale, le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico dei ricorrenti principali e incidentali , al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per i ricorsi, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della Corte Suprema di Cassazione in data 4 aprile 2024
Il Presidente