Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24681 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24681 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17425-2021 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 3024/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/12/2020 R.G.N. 2061/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Cancellazione società
R.G.N.17425/2021
COGNOME
Rep.
Ud 21/05/2025
CC
Fatti di causa
La Corte d’appello di Roma ha respinto l’appello di NOME COGNOME confermando, con diversa motivazione, la sentenza di primo grado che aveva respinto la sua domanda volta al riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze della RAGIONE_SOCIALE, sul presupposto della nullità o illegittimità dei contratti di collaborazione a progetto tra le parti conclusi, e al pagamento di differenze retributive.
La Corte territoriale ha dato atto della dichiarazione, resa dal procuratore all’udienza del 17.12.2018, di avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese e della conseguente interruzione del processo, poi riassunto dal lavoratore nei confronti degli ex soci, NOME COGNOME e NOME COGNOME
In applicazione del principio della ragione più liquida, i giudici di appello, richiamato l’articolo 2495 c.c., rilevato che il bilancio finale di liquidazione della società non evidenziava alcun avanzo di liquidazione e che pertanto i soci non potevano rispondere dei debiti della società, ha respinto l’appello senza procedere all’accertamento dei crediti vantati.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 2945 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per non avere i giudici di appello applicato il diritto vivente secondo cui gli ex soci sono legittimati passivi anche in caso di mancata percezione di utili al momento di approvazione del bilancio finale di liquidazione della società, non venendo meno del resto neanche l’interesse del lavoratore, dichiaratosi creditore, ad ottenere un titolo esecutivo che accerti il proprio credito da far valere nei confronti dei successori ex lege della compagine sociale, credito da far valere nel caso di future ed eventuali sopravvenienze passive, in applicazione dei principi di diritto ricavabili dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 6070 del 2013.
Con il secondo motivo è dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per avere i giudici di appello omesso di pronunciarsi sulla domanda formulata dal lavoratore limitatamente ai crediti per cui allo stesso è consentito rivolgersi per l’intervento del fondo di garanzia gestito dall’Inps.
I motivi, che si trattano congiuntamente per connessione logica, sono fondati e devono trovare accoglimento.
Le S.U. di questa Corte, nell’interpretare l’art. 2495 c.c., come modificato dal d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6, hanno ricondotto al fenomeno successorio il trasferimento in capo ai soci dei rapporti giuridici non definiti facenti capo alla società cancellata e, quanto ai limiti della responsabilità patrimoniale, hanno evidenziato che il riparto effettuato sulla base del bilancio finale di liquidazione non costituisce una condizione per la successione, che si verifica in ogni caso, con la conseguenza che il socio è sempre legittimato passivamente rispetto alle azioni
intentate nei confronti della società cancellata, ferma restando la possibilità di opporre al creditore che lo abbia evocato in giudizio il limite previsto dal secondo comma della norma sopra richiamata.
Hanno precisato le Sezioni Unite che «il successore che risponde solo intra vires dei debiti trasmessigli non cessa, per questo, di essere un successore; e se il suaccennato limite di responsabilità dovesse rendere evidente l’inutilità per il creditore di far valere le proprie ragioni nei confronti del socio, ciò sì rifletterebbe sul requisito dell’interesse ad agire (ma si tenga presente che il creditore potrebbe avere comunque interesse all’accertamento del proprio diritto, ad esempio in funzione dell’escussione di garanzie) ma non sulla legittimazione passiva del socio medesimo.» (Cass. Sez. U. 12.3.2013 n. 6070).
Dai principi enunciati discende che qualora, come nella fattispecie, sia in discussione l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della società cancellata e il diritto del lavoratore alle differenze retributive, l’assenza di un residuo della liquidazione se, da un lato, impedisce la condanna dei soci al pagamento delle somme rivendicate dal lavoratore a titolo di differenze retributive, dall’altro non è ostativa alla pronuncia di accertamento della esistenza o meno di un rapporto rico nducibile all’art. 2094 c.c., che va resa nel contraddittorio con i soci, nella loro qualità di successori a titolo universale, sia pure sui generis. Rispetto a detta azione, inoltre, sussiste il persistente interesse ad agire del lavoratore, atteso che il riconoscimento della natura subordinata del rapporto svolto con la società e l’accertamento del diritto alle differenze retributive potrebbero legittimare l’accesso al Fondo di garanzia presso l’Inps.
Questa Corte, in una fattispecie analoga, ha statuito che la cancellazione della società dal registro delle imprese nel corso del giudizio di primo grado di impugnativa del licenziamento, in assenza di un residuo della liquidazione, se impedisce la condanna del socio al pagamento delle somme rivendicate dal lavoratore a titolo di risarcimento del danno, viceversa, non è ostativa alla pronuncia di accertamento dell’illegittimità o dell’inefficacia del recesso, che deve essere resa nel contraddittorio con i soci, nella loro qualità di successori a titolo universale, sia pure ‘sui generis’; l’interesse ad agire del lavoratore può, infatti, persistere, ai fini dell’individuazione del momento di estinzione del rapporto lavorativo, rilevante per gli aspetti previdenziali, nonché per la maturazione del diritto all’indennità di disoccupazione o mobilità e l’iscrizione nelle relative liste (Cass. n. 14775 del 2017).
La domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto e del diritto alle differenze retributive non può considerarsi nuova, come pretende la parte controricorrente.
La domanda di condanna contiene in sé, quale premessa indispensabile, quella di accertamento del diritto. Pertanto, non costituisce domanda nuova – come tale improponibile in appello, -la sostituzione della domanda di accertamento all’originaria domanda di condanna (Cass. n. 3045 del 1971; n. 4298 del 1993).
Per le considerazioni svolte, accolti i motivi di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di