Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12850 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12850 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
C.C. 10/04/2024
VENDITA SIMULAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO;
–
ricorrente –
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata su separato foglio materialmente allegato al controricorso, dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in INDIRIZZO INDIRIZZO;
– controricorrente –
nonché
COGNOME NOME; – intimato –
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 7582/2016 (pubblicata il 16 dicembre 2016);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 aprile 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con atto pubblico dell’8.07.2003, NOME COGNOME acquistava da NOME COGNOME un locale commerciale sito in Roma; il prezzo dichiarato nell’atto pubblico risultava essere di € 20.000,00, benché nel contratto preliminare stipulato con scrittura privata del 23.05.2003 il prezzo concordato fosse di € 50.000,00. Le parti si obbligavano altresì: l’acquirente a conferire in locazione l’immobile al venditore per sei anni rinnovabili e quest’ultimo a corrispondere al compratore il canone di locazione pari ad € 400,00 mensili.
1.1. Nella stessa data di stipulazione del rogito, le parti sottoscrivevano: -una scrittura privata nella quale NOME COGNOME ribadiva un impegno già assunto nel contratto preliminare, ossia rivendere l’immobile al COGNOME al prezzo di € 50.000,00, rilasciando contestualmente a quest’ultimo una procura irrevocabile all’acquisto (in funzione di garanzia); -un ulteriore atto pubblico con il quale NOME COGNOME nominava e costituiva suo mandatario speciale NOME COGNOME, affinché vendesse lo stesso immobile «in suo nome, conto e di interesse … a chicchessia, per il prezzo che riterrà più opportuno». A causa della morosità del COGNOME nel pagamento dei canoni di locazione, in data 22.05.2004 il COGNOME intimava al COGNOME lo sfratto per morosità, convalidato dal Tribunale di Roma il 19.07.2004, al quale seguiva la fase esecutiva fissata a partire dal 30.08.2004. Con atto pubblico del 2.03.2005, preceduto da un preliminare del 9.11.2004 (allorquando la fase esecutiva di sfratto aveva già avuto corso) dal quale risultava il prezzo di vendita di € 50.000,00, COGNOME NOME trasferiva a COGNOME NOME l’immobile di cui si discute per prezzo di € 25.000,00, in forza della procura per atto pubblico dell’8.07.2003 conferitagli dal COGNOME.
1.2. Sulla base del rappresentato sviluppo fattuale della vicenda, il COGNOME adíva il Tribunale di Roma per sentire dichiarare la simulazione assoluta della vendita del locale commerciale intercorsa tra COGNOME NOME NOME COGNOME NOME (allo scopo di sottrarre l’immobile all’esecuzione dello sfratto), che egli poteva provare con qualsiasi mezzo nella sua qualità di terzo; in subordine chiedeva che venisse dichiarata la nullità o l’annullamento di detta vendita per difetto di autorizzazione a vendere, ovvero per conflitto di interessi in capo al venditore COGNOME ex art. 1394 cod. civ.; in via ancor più gradata, per sentire condannare quest’ultimo al pagamento di € 25.000,00 a suo favore in qualità di mandante, oltre al risarcimento dei danni.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 25478/2009, esclusa la simulazione del contratto di vendita intercorso tra COGNOME e COGNOME, riteneva provato che il COGNOME avesse agito in qualità di mandatario del COGNOME e condannava, pertanto, il primo alla restituzione del prezzo di vendita dell’immobile (€ 25.000,00).
Avverso la suddetta sentenza interponeva appello il COGNOME NOME e, nella costituzione del solo COGNOME NOME, la Corte di appello di Roma, con sentenza n. 7582/2016, rigettava il gravame e – nel confermare l’insussistenza della simulazione condannava lo stesso COGNOME al pagamento delle spese di secondo grado in favore del solo COGNOME NOME, essendo rimasto contumace il COGNOME NOME.
Osservava il giudice di secondo grado che: -nel contrasto tra la scrittura privata dell’8 luglio 2003, sottoscritta dalle parti ma non registrata, con la quale il COGNOME aveva rilasciato una procura irrevocabile al COGNOME all’acquisto dello stesso immobile, e l’atto pubblico, avente stessa data, con cui lo stesso COGNOME aveva conferito al COGNOME mandato
irrevocabile a vendere l’immobile controverso, doveva prevalere quest’ultimo, a norma dell’art. 2704 c.c., al fine di tutelare la buona fede del terzo acquirente COGNOME che aveva confidato sulla certezza dell’atto notarile di conferimento del potere di firma al rappresentante COGNOME; -l’esistenza di un mandato con rappresentanza valeva ad escludere sia la simulazione dell’atto di compravendita del 2 marzo 2005, sia la riconoscibilità del conflitto di interessi in capo al rappresentante, sebbene conduttore moroso dell’immobile in questione.
L’indicata sentenza della Corte d’Appello di Roma veniva impugnata per la cassazione da COGNOME NOME con ricorso, affidato a due motivi ed illustrato da memoria.
Si costituiva con controricorso NOME COGNOME.
Stante l’invalidità della notificazione del ricorso effettuata nei confronti dell’altro intimato COGNOME NOME, il collegio designato per la fissata adunanza camerale, con ordinanza interlocutoria n. 32786/2023, disponeva la rinnovazione del ricorso nei riguardi dello stesso COGNOME, concedendo apposito termine, alla scadenza del quale la trattazione del ricorso è stata rifissata per l’adunanza camerale del 10 aprile 2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo, il ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c.
Nella prospettazione del COGNOME, la Corte d’Appello avrebbe errato nel non valutare del tutto l’importante mole di presunzioni che avrebbero dimostrato l’esistenza del negozio simulato o comunque della conoscenza, in capo alle parti, di ciò che la vendita del locale commerciale copriva, facendo invece
prevalere la regolarità della procura in forza della quale il COGNOME vantava il mandato a vendere e, quindi, la mancata conoscibilità in capo al COGNOME della scrittura privata, dalla quale emergevano le vicende patrimoniali intercorrenti tra il COGNOME e il COGNOME.
Con il secondo motivo, articolato in due diverse doglianze, il ricorrente denuncia la violazione e l’errata applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., degli artt. 2726 -2729 c.c., in relazione all’art. 1417 c.c.
Con la prima doglianza il ricorrente lamenta il fatto che la Corte d’Appello avrebbe errato nel far prevalere l’esistenza di una procura a vendere sull’esistenza di un accordo simulato. Quest’ultima avrebbe dovuto essere valutata alla luce degli elementi presuntivi rilevanti; tra questi: a) la mancata prova dell’avvenuto pagamento del prezzo di acquisto dell’immobile, asseritamente già corrisposto secondo le risultanze del rogito ma mai dimostrato; b) l’irrisorietà del prezzo di vendita, concordato per € 25.000,00 a fronte di un valore di mercato di € 50.000,00; c) l’impegno a riacquistare l’immobile dal COGNOME, già espresso dal COGNOME nel preliminare di compravendita del 23.05.2003 e successivamente da questi reiterato nel verbale di accesso prodotto dall’ufficiale giudiziario in data 28.01.2005 in fase esecutiva di sfratto.
Con la seconda doglianza il ricorrente prospetta che la Corte di appello aveva erroneamente escluso il conflitto di interessi, in violazione dell’art. 1394 c.c., addebitabile al rappresentante COGNOME, il quale aveva, invece, fraudolentemente ceduto l’immobile in discorso ad un amico per vanificare la procedura di sfratto alla quale egli era ormai sottoposto e rimanere nella detenzione del locale.
Dato atto che il ricorrente ha provveduto alla rinnovazione della notificazione disposta con l’ordinanza interlocutoria n.
32786/2023, il collegio rileva che il primo motivo è inammissibile e, in ogni caso, risulta infondato.
Con questo motivo il ricorrente ripropone, in effetti, le stesse censure circa l’omessa valutazione delle circostanze indiziarie asseritamente idonee a fondare presunzioni -in cui sarebbe incorsa la Corte di appello, così come aveva fatto già il Tribunale, avverso la cui sentenza il COGNOME aveva prospettato le stesse lacune motivazionali sul piano dell’apprezzamento, nel complesso, degli elementi probatori, dal quale, invece, sarebbe stata desumibile l’esistenza del negozio simulato così come quella di un atto di cessione sottoscritto in conflitto di interessi.
Il ricorrente non evidenzia -con riferimento alla doppia motivazione dei due giudici di merito -che quella della Corte di appello si sia basata su un percorso logico-argomentativo diverso da quello del giudice di primo grado, onde trova applicazione l’ultimo comma dell’art. 348 -ter c.p.c.
Ad ogni modo, dalla motivazione della sentenza di appello emerge come la Corte laziale abbia preso in considerazione gli elementi essenziali per escludere l’ipotesi della simulazione (v. pagg. 5-6 della motivazione, rispondendo alle sollecitazioni proposte dall’appellante -odierno ricorrente sulla valorizzazione degli elementi presuntivi indicati a pag. 3 e all’inizio di pag. 4 della stessa sentenza), ravvisando l’inidoneità di altre eventuali circostanze al fine di poter condurre alla conclusione della simulazione e rimanendo, comunque, esclusa ogni illogicità o contraddittorietà del ragionamento giuridico sotteso alla medesima sentenza (v. Cass. n. 5279/2020).
A tal proposito, la Corte di appello ha inquadrato la vicenda sottoposta al suo esame (e già vagliata negli stessi termini dal Tribunale), definendo la posizione del COGNOME (da considerarsi acquirente in buona fede) quale estraneo
all’asserito progetto fraudolento finalizzato ad un contratto simulato in danno del COGNOME, ponendo in risalto come alcun elemento univoco fosse emerso in ordine al fatto che il medesimo si trovasse al corrente dell’esecuzione dello sfratto per morosità in corso e dei pregressi accordi intercorsi per la vendita ed il riacquisto del locale.
La Corte di appello ha poi debitamente ritenuto che nel contrasto tra la scrittura privata dell’8 luglio 2003, sottoscritta dalle parti ma non registrata, con la quale il COGNOME aveva rilasciato una procura irrevocabile al COGNOME all’acquisto dello stesso immobile, e l’atto pubblico, avente stessa data, con il quale lo stesso COGNOME aveva conferito al COGNOME mandato irrevocabile a vendere l’immobile controverso -doveva prevalere quest’ultimo, a norma dell’art. 2704 c.c., al fine di tutelare la buona fede del terzo acquirente COGNOME che aveva confidato sulla certezza dell’atto notarile di conferimento del potere di firma al rappresentante COGNOME. Così come del resto anche l’esistenza di un mandato con rappresentanza valeva ad escludere la simulazione dell’atto di compravendita del 2 marzo 2005.
Pertanto, al di là della preclusione di cui al citato ultimo comma dell’art. 348 -ter c.p.c., la doglianza tende a sollecitare una inammissibile rivalutazione di merito dei complessivi esiti istruttori nella presente sede di legittimità, senza che si sia venuto a configurare un vizio inferenziale riconducibile ad un procedimento valutativo di tipo presuntivo.
4. Anche il secondo motivo è privo di fondamento, avendo la Corte di appello, nell’esercizio del suo prudente apprezzamento in relazione al complessivo quadro indiziario formatosi, conferito -come già posto in risalto -rilievo prevalente all’atto pubblico dell’8 luglio 2003 di conferimento del mandato con rappresentanza da parte del COGNOME al COGNOME, dal quale
era derivata la conseguenza che il terzo COGNOME avrebbe dovuto ritenersi di buona fede, confidando sulla certezza dell’atto notarile, mediante il quale era stato attribuito il potere di firma al rappresentante COGNOME, con cui aveva poi stipulato l’acquisto dell’immobile. Ciò -ha, perciò, plausibilmente rilevato la Corte di appello -valeva ad escludere il requisito della riconoscibilità del conflitto in capo allo stesso (avuto riguardo all’art. 1395 c.c.), a cui si sarebbe dovuta aggiungere la considerazione che, una volta che il COGNOME si era venuto a trovare nel possesso del mandato con rappresentanza, alcun conflitto poteva ingenerare il fatto che egli fosse nel contempo affittuario moroso dell’immobile, in quanto la cessazione del diritto personale di godimento del conduttore non avrebbe influito, con il trasferimento del diritto di proprietà, in favore della posizione del COGNOME, nel senso che quest’ultimo, quale terzo acquirente, avrebbe dovuto comunque riconoscere la locazione esistente ove il locatario avesse, invece, corrisposto i canoni di locazione.
Peraltro -per come si desume dalle pagg. 18-19 del ricorso -il ricorrente chiede a questa Corte di valutare, mediante l’adozione di una squisita valutazione di merito e quindi inammissibilmente nella presente sede di legittimità, se ritenere provata, quantomeno in via presuntiva, la connivenza tra il COGNOME e il COGNOME, con la conseguente formazione della prova, anche in via subordinata ove non dovesse ritenersi accertato il negozio simulato, con violazione dell’art. 1394 c.c. (e ciò sull’asserito ma indimostrato – presupposto di ravvisare come pacifica la circostanza che la cessione dell’immobile fosse avvenuta in danno di esso ricorrente, attraverso la messa in opera di un accordo fraudolento, tra il procuratore e il COGNOME, di cui -si assume, ma ancora una
volta che sia accertato un apposito riscontro nelle sedi di merito -il compratore non poteva non essere a conoscenza).
5. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere respinto, con conseguente condanna del soccombente ricorrente al pagamento -in favore del controricorrente COGNOME NOME delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
Nulla va disposto sulle spese con riferimento al rapporto processuale tra il ricorrente e l’intimato COGNOME NOME, non avendo quest’ultimo svolto alcuna attività difensiva in questa sede.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano, in complessi euro 4.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltra contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P .R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione