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Simulazione soggettiva: prova dell’accordo trilaterale

Un marito ha agito in giudizio sostenendo che diverse proprietà fossero state fittiziamente intestate alla moglie per sottrarle ai suoi creditori. La Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso, ribadendo che in un caso di simulazione soggettiva (o interposizione fittizia di persona), è indispensabile fornire la prova di un accordo trilaterale. Tale accordo deve coinvolgere non solo i coniugi (reale acquirente e intestatario fittizio) ma anche i terzi venditori. In assenza di questa prova fondamentale, la domanda di accertamento della simulazione non può essere accolta.

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Simulazione Soggettiva: La Prova dell’Accordo a Tre è Indispensabile

L’intestazione fittizia di un immobile a un’altra persona, spesso un familiare, per proteggerlo dai creditori è una pratica rischiosa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di simulazione soggettiva: per far valere l’accordo nascosto, non basta dimostrare l’intesa tra chi acquista realmente e il prestanome. È essenziale provare che anche il venditore fosse partecipe di questo accordo simulatorio. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa: Una Strategia Patrimoniale Finita Male

Il caso ha origine dalla richiesta di un uomo che, dopo la crisi del suo matrimonio, citava in giudizio la ex moglie. L’uomo sosteneva che diverse compravendite immobiliari, attraverso le quali la moglie era diventata formalmente proprietaria di alcuni beni, fossero in realtà simulate. Secondo la sua tesi, egli era il vero acquirente e proprietario, e l’intestazione alla moglie era avvenuta al solo scopo di sottrarre tali beni all’aggressione dei suoi creditori. Con la fine del rapporto coniugale e il suo allontanamento dalla casa familiare, l’uomo si era trovato nell’impossibilità di recuperare la documentazione (la cosiddetta ‘controdichiarazione’) che provava l’accordo simulatorio.

La Decisione nei Primi Due Gradi di Giudizio

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte di Appello hanno respinto le richieste dell’uomo. I giudici hanno inquadrato la fattispecie come una simulazione soggettiva relativa, per interposizione fittizia di persona. Hanno evidenziato due ragioni principali per il rigetto: la mancanza di un atto scritto che comprovasse l’accordo simulatorio e, soprattutto, l’assenza totale di prova della partecipazione dei terzi venditori a tale accordo. La Corte di Appello, inoltre, ha dichiarato inammissibile parte del gravame perché l’appellante aveva contestato solo una delle motivazioni della sentenza di primo grado, tralasciando quella, decisiva, sulla mancata prova dell’accordo trilaterale.

L’Analisi della Cassazione sulla prova della simulazione soggettiva

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha confermato le decisioni dei giudici di merito, rigettando il ricorso e offrendo importanti chiarimenti sulla prova della simulazione soggettiva.

I giudici supremi hanno prima di tutto confermato la corretta qualificazione giuridica dei fatti. La prospettazione dell’attore, fin dall’inizio, era quella di un’intestazione fittizia a un terzo (la moglie) per celare il vero proprietario (il marito). Questa non è una simulazione assoluta (in cui le parti non vogliono alcun effetto), ma una simulazione relativa soggettiva, che richiede un preciso onere probatorio.

L’imprescindibile Accordo Trilaterale

Il punto cruciale della decisione è la necessità di un accordo trilaterale. La Corte ha ribadito il suo consolidato orientamento secondo cui, per dimostrare un’interposizione fittizia di persona in una compravendita, non è sufficiente provare l’accordo tra l’acquirente reale (interponente) e quello fittizio (interposto). È indispensabile dimostrare che anche il venditore fosse a conoscenza e avesse aderito all’accordo simulatorio. L’accordo, quindi, deve essere a tre: venditore, acquirente reale e prestanome. In assenza di prova di questa partecipazione del terzo venditore, la domanda è destinata a fallire.

Limiti alla Prova Orale

La Cassazione ha anche respinto le censure relative alla mancata ammissione delle prove orali (interrogatorio formale, testimoni) e del giuramento decisorio. La legge pone dei limiti severi all’uso della prova orale per dimostrare l’esistenza di contratti per i quali è richiesta la forma scritta. La controdichiarazione, che prova la simulazione tra le parti, deve essere scritta. La confessione, che potrebbe emergere da un interrogatorio formale, o la testimonianza non possono supplire alla mancanza del documento scritto. Allo stesso modo, il giuramento decisorio non può essere utilizzato per provare l’esistenza di un contratto, ma solo, eventualmente, il suo carattere simulatorio, a patto che l’atto scritto esista.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla natura stessa dell’interposizione fittizia. Poiché il contratto di compravendita immobiliare richiede la forma scritta, anche l’accordo che ne modifica i soggetti deve rispettare requisiti probatori rigorosi. Per tutelare la certezza dei traffici giuridici e la posizione del terzo venditore, la giurisprudenza richiede che la sua adesione all’accordo simulatorio sia inequivocabilmente provata. Senza questa prova, la dimostrazione di un semplice accordo interno tra interponente e interposto è irrilevante, in quanto non opponibile al venditore e, di conseguenza, inefficace a trasferire la proprietà al soggetto celato.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito importante: chi ricorre a intestazioni fittizie per finalità elusive deve essere consapevole dei rischi probatori. In caso di controversia, per ottenere il riconoscimento della proprietà reale, non sarà sufficiente dimostrare l’accordo con il prestanome. Sarà necessario fornire la prova, tipicamente attraverso un documento scritto, di un accordo simulatorio trilaterale che coinvolga anche la parte venditrice. In mancanza, il contratto apparente resterà valido ed efficace, e l’intestatario fittizio sarà considerato a tutti gli effetti il legittimo proprietario del bene.

Che cos’è la simulazione soggettiva per interposizione fittizia di persona?
È un accordo in cui un soggetto, detto ‘interposto’ o prestanome, appare formalmente come parte di un contratto (ad esempio, acquirente di un immobile), ma in realtà i diritti e gli obblighi di quel contratto sono destinati a un’altra persona, l’ ‘interponente’, che rimane nascosta.

Quale prova è necessaria per dimostrare una simulazione soggettiva in una compravendita?
Secondo la Corte di Cassazione, è indispensabile provare l’esistenza di un ‘accordo trilaterale’. Ciò significa che bisogna dimostrare non solo l’intesa tra l’acquirente reale (interponente) e quello fittizio (interposto), ma anche la consapevole partecipazione del venditore a questo accordo simulatorio.

La prova per testimoni o il giuramento possono sostituire la controdichiarazione scritta?
No. La Corte ha stabilito che, in mancanza della controdichiarazione scritta, la prova per testimoni o per interrogatorio formale è inammissibile per dimostrare la simulazione. Anche il giuramento decisorio non può essere usato per provare l’esistenza di un contratto che richiede la forma scritta, ma solo per accertarne il carattere simulatorio se l’atto scritto già esiste.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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