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Simulazione prezzo quote: la Cassazione chiarisce

La Cassazione affronta un caso di simulazione prezzo nella vendita di quote societarie. Si stabilisce che, in assenza di una controdichiarazione scritta, la prova del prezzo reale può essere data per presunzioni se esiste un ‘principio di prova per iscritto’ (come degli assegni). Tuttavia, viene esclusa la responsabilità solidale tra due acquirenti separati, anche se l’operazione è contestuale.

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Simulazione Prezzo nella Cessione di Quote: Limiti e Prova secondo la Cassazione

La simulazione prezzo nelle compravendite, specialmente in quelle di quote societarie, è una pratica volta a indicare nell’atto pubblico un corrispettivo inferiore a quello realmente pattuito, solitamente per ragioni di natura fiscale. Ma come può il venditore dimostrare l’accordo reale e recuperare la differenza non pagata? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire i confini della prova della simulazione e i limiti della responsabilità solidale tra più acquirenti.

I Fatti di Causa: La Discrepanza tra Prezzo Reale e Dichiarato

La vicenda trae origine dalla cessione della totalità delle quote di una società a responsabilità limitata. La venditrice conveniva in giudizio le due società acquirenti, sostenendo di aver ricevuto solo metà del prezzo pattuito. Secondo la sua ricostruzione, il prezzo reale concordato in un accordo preliminare era di 636.000 euro, ma nell’atto notarile definitivo era stato indicato un importo inferiore, pari a 436.000 euro. La venditrice chiedeva quindi la condanna in solido delle due acquirenti al pagamento della somma residua.

Le società acquirenti si difendevano contestando la fondatezza della domanda, sostenendo che il prezzo effettivo fosse quello, più basso, risultante dall’atto pubblico, concordato a seguito della scoperta di una minore redditività dell’azienda rispetto a quanto inizialmente prospettato.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione alla venditrice. I giudici hanno ritenuto provata la simulazione prezzo, ricostruendo la reale volontà delle parti attraverso una serie di elementi presuntivi. In particolare, è emerso che, contestualmente alla stipula del rogito, le acquirenti avevano rilasciato alla venditrice assegni per un importo complessivo che, sommato agli acconti già versati, raggiungeva esattamente la cifra di 636.000 euro pattuita nel preliminare. La Corte d’Appello ha quindi confermato la condanna solidale delle due società al pagamento della differenza.

Il Ricorso in Cassazione e la questione della simulazione prezzo

Una delle società acquirenti ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando due questioni principali:

1. La prova della simulazione: La ricorrente sosteneva che per dimostrare un accordo simulatorio contrario al contenuto di un atto scritto (il contratto definitivo), fosse necessaria una controdichiarazione scritta, in assenza della quale non sarebbe ammissibile la prova per testimoni o per presunzioni.
2. La responsabilità solidale: La società contestava la condanna in solido, affermando che si trattava di due distinte operazioni di acquisto del 50% delle quote ciascuna, e che non vi era alcun fondamento giuridico per ritenere le due acquirenti obbligate solidalmente per l’intero prezzo.

La Decisione della Suprema Corte sulla simulazione prezzo e la responsabilità

La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso, fornendo importanti chiarimenti su entrambi i punti controversi.

La Prova della Simulazione del Prezzo

Sul primo punto, la Suprema Corte ha rigettato il motivo di ricorso. Ha chiarito che, sebbene la prova di patti contrari al contenuto di un documento sia soggetta a limiti, nel caso di simulazione relativa a un contratto a forma libera (come la cessione di quote di S.r.l.), la prova per presunzioni è ammissibile. La condizione è che sussista un “principio di prova per iscritto”, come definito dall’art. 2724 c.c. Nel caso di specie, gli assegni bancari emessi contestualmente al rogito e riconducibili all’operazione, pur non essendo stati incassati, costituivano un valido principio di prova per iscritto. Tale elemento ha reso legittimo il ragionamento presuntivo dei giudici di merito, che hanno logicamente dedotto da tali documenti la verosimiglianza del maggior prezzo pattuito.

L’Esclusione della Responsabilità Solidale

Sul secondo punto, invece, la Cassazione ha dato ragione alla società ricorrente. I giudici hanno affermato che la responsabilità solidale non può essere presunta. Nonostante le trattative unitarie, i legami familiari tra gli esponenti delle società e la contestualità dell’atto, il dato oggettivo era la presenza di due distinte cessioni di quote a due soggetti giuridici diversi. Ciascuna società ha acquistato una quota del 50% del capitale. In assenza di un’espressa pattuizione contrattuale che prevedesse un vincolo di solidarietà, ciascun acquirente è tenuto a rispondere unicamente per il prezzo della quota di propria pertinenza. La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello su questo punto, rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte per una nuova valutazione.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su una distinzione fondamentale tra la prova della simulazione e la natura dell’obbligazione. Per quanto riguarda la simulazione prezzo, la Corte ha ribadito che i limiti probatori sono meno stringenti per i contratti che non richiedono la forma scritta per la loro validità. In questi casi, un documento come un assegno, proveniente dalla controparte e collegato all’affare, può aprire la porta alla prova per presunzioni, permettendo al giudice di ricostruire la verità sostanziale oltre quella formale dell’atto pubblico. Questo principio tutela la parte che vuole far emergere l’accordo reale, spesso celato per motivi non illeciti tra le parti. Diversamente, in materia di obbligazioni solidali, vige un principio di rigore. L’articolo 1294 c.c. stabilisce una presunzione di solidarietà tra condebitori, ma la giurisprudenza ha chiarito che tale presunzione opera quando più soggetti sono obbligati per la medesima prestazione. Nel caso in esame, la prestazione non era unica: vi erano due acquirenti per due beni distinti (due quote del 50%). Pertanto, in mancanza di un patto esplicito, non si può configurare un’obbligazione solidale, e la ricostruzione dei giudici di merito, basata su elementi indiziari esterni al contratto, è stata ritenuta errata.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, conferma che la simulazione prezzo può essere provata in giudizio anche senza una controdichiarazione scritta, a condizione di avere elementi documentali (come assegni o altre scritture private) che rendano verosimile l’accordo dissimulato. In secondo luogo, sottolinea che la responsabilità solidale tra più acquirenti non è automatica, neanche in operazioni commerciali strettamente collegate. Se si desidera che più acquirenti siano responsabili per l’intero prezzo, è indispensabile inserire una clausola di solidarietà esplicita nel contratto. In assenza di ciò, ogni parte risponderà solo per la propria obbligazione, con evidenti conseguenze per il venditore in caso di inadempimento di uno degli acquirenti.

È possibile provare che il prezzo reale di una vendita di quote è diverso da quello scritto nel contratto notarile senza un documento scritto che lo attesti?
Sì, è possibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che per i contratti a forma libera, come la cessione di quote di S.r.l., la prova della simulazione del prezzo può essere fornita anche tramite presunzioni, a condizione che esista un ‘principio di prova per iscritto’, come ad esempio degli assegni rilasciati contestualmente all’atto e riconducibili all’operazione.

Se due società acquistano contemporaneamente il 50% ciascuna delle quote di un’altra società, sono responsabili in solido per il pagamento dell’intero prezzo?
No, non automaticamente. La Corte ha chiarito che, in assenza di una specifica clausola contrattuale che preveda la solidarietà, ciascun acquirente è responsabile solo per il pagamento del prezzo relativo alla propria quota. La responsabilità solidale non può essere presunta da elementi esterni come trattative unitarie o legami tra le parti, poiché si tratta di due distinte obbligazioni aventi ad oggetto beni diversi (due quote del 50%).

Il rilascio di assegni al momento della firma del contratto può essere usato come prova per dimostrare una simulazione prezzo?
Sì. Secondo la Corte, il rilascio di assegni da parte dell’acquirente in favore del venditore, il cui importo complessivo sia coerente con il presunto prezzo reale e non con quello dichiarato, costituisce un ‘principio di prova per iscritto’. Questo elemento è sufficiente per ammettere la prova per presunzioni e consentire al giudice di accertare il prezzo effettivamente pattuito tra le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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