Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15097 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 15097 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/06/2025
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 35413/2019) proposto da:
COGNOME NOME (C.F.: TARGA_VEICOLO e NOME NOME (C.F.: TARGA_VEICOLO), rappresentati e difesi, giusta procura per atto pubblico del 4 dicembre 2020, rep. n. 1.734, allegata alla comparsa di costituzione di nuovo difensore, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
R.G.N. 35413/19
U.P. 23/5/2025
Vendita – Simulazione prezzo – Quietanza – Valenza probatoria
NOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-controricorrenti –
nonché
NOME Lakbira (C.F.: TARGA_VEICOLO);
-intimata –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 4527/2019, pubblicata il 19 settembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23 maggio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
viste le conclusioni rassegnate nella memoria depositata dal P.M. ex art. 378, primo comma, c.p.c., in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del primo e del secondo motivo del ricorso, il rigetto del terzo, del sesto e del settimo motivo e l’assorbimento dei rimanenti motivi; conclusioni ribadite nel corso dell’udienza pubblica;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse dei ricorrenti e dei controricorrenti, ai sensi dell’art. 378, secondo comma, c.p.c.;
sentiti , in sede di discussione orale all’udienza pubblica, l’Avv. NOME COGNOME per i ricorrenti nonché l’Avv. NOME
COGNOME anche in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME per il controricorrente NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 17 agosto 2005, NOME conveniva, davanti al Tribunale di Napoli (Sezione distaccata di Pozzuoli), NOME e NOME NOME, al fine di ottenere -nella qualità di erede di NOME NOME e pro quota -la condanna dei convenuti al pagamento del prezzo della compravendita dell’immobile sito in Pozzuoli, INDIRIZZO, alienato dal padre con rogito dell’8 marzo 1999, assumendo che il prezzo non fosse quello indicato nell’atto pubblico di vecchie lire 72.200.000, bensì la diversa somma di vecchie lire 200.000.000, mai corrisposta dagli acquirenti, ovvero -in subordine -la condanna dei convenuti al pagamento della minore somma di vecchie lire 127.800.000, quale differenza tra il prezzo pattuito e quello quietanzato nell’atto pubblico.
Si costituivano in giudizio COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME, i quali contestavano la fondatezza, in fatto e in diritto, delle domande avversarie, sostenendo che il prezzo effettivo della vendita era pari a vecchie lire 122.200.000, corrisposto, quanto a vecchie lire 72.200.000, in contanti e, quanto a vecchie lire 50.000.000, mediante tre assegni postdatati consegnati a NOME NOME e da questi mai incassati, in ragione del sequestro dell’immobile, con l’avvenuta restituzione del cespite solo nell’aprile 2002. I n via riconvenzionale, chiedevano la condanna al risarcimento dei danni per le somme sborsate a fini locativi, in
ragione dell’indisponibilità dell’immobile acquistato, opponendo, in subordine, tale esborso a titolo di compensazione.
Intervenivano in giudizio, aderendo alla posizione dell’attore, ciascuno per la propria quota ereditaria, NOME ed NOME, quali ulteriori eredi (figlio e coniuge) di NOME
Nel corso del giudizio era assunta la prova orale ammessa ed era espletato sub-procedimento cautelare assicurativo (di autorizzazione di sequestro conservativo o di sequestro giudiziario), con il rigetto delle relative istanze.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 491/2013, depositata il 29 maggio 2013, ritenuta la simulazione del prezzo di acquisto, condannava i coniugi COGNOME al pagamento, in favore degli eredi di COGNOME NOME, pro quota , della complessiva somma di euro 103.291,37, oltre interessi legali, e rigettava la domanda riconvenzionale di risarcimento danni.
2. -Con atto di citazione notificato il 10/11 luglio 2013, NOME COGNOME e COGNOME NOME proponevano appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) il difetto di legittimazione passiva di COGNOME NOME; 2) la mancanza di prova della qualità degli istanti di eredi del de cuius ; 3) la carenza di prova della simulazione del prezzo nei termini espressi dal Tribunale; 4) l’avvenuto versamento della somma quietanzata, con la relativa valenza probatoria della quietanza; 5) la spettanza del risarcimento dei danni invocato e disconosciuto.
Resistevano separatamente all’impugnazione El COGNOME, NOME Luciano e NOMECOGNOME i quali concludevano per il rigetto dell’appello, con la conferma della sentenza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Napoli, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che doveva tenersi conto delle dichiarazioni rese da NOME il 21 febbraio 2000 al Pubblico Ministero, nell’ambito del procedimento penale seguito al sequestro dell’immobile, dichiarazioni che avevano valore confessorio e comunque smentivano la valenza della quietanza rilasciata, posto che, in tale sede, il COGNOME NOME aveva riferito di avere pagato l’immobile circa euro 75.000,00, come da dichiarazio ne notarile, confermando altresì che l’acquisto dell’appartamento era avvenuto previa concessione di un mutuo bloccato dall’Istituto di credito a seguito delle vicende penali ed estinto anticipatamente, e riferendo, inoltre, che il Sica non aveva mai preteso il pagamento della vendita dell’appartamento, in attesa della soluzione di tutti i ‘problemi’; b ) che la prova del prezzo effettivamente concordato era rinvenibile dal complesso dei documenti prodotti, da cui emergeva univocamente che il corrispettivo stabilito ammontava a vecchie lire 200.000.000; c ) che NOME e NOME NOME, pacificamente, per ammissione degli stessi appellanti, erano i figli del de cuius ; d ) che sussisteva anche la legittimazione passiva di NOME NOME, per avere acquistato l’immobile unitamente al NOME, assumendo tutte le obbligazioni derivanti dal contratto; e ) che la sentenza di primo grado non era stata ritualmente censurata dagli appellanti in ordine alla negazione della responsabilità del venditore, sicché, sul punto, si era formato il giudicato; f ) che, peraltro, gli stessi
appellanti avevano addebitato, nella ricostruzione della vicenda in fatto, l’indisponibilità dell’immobile, non già ad un comportamento dell’alienante, ma ai tempi giudiziari per il dissequestro, che non erano stati brevi, non potendo negarsi che spettasse agli acquirenti proprietari attivarsi per ottenere il dissequestro dell’appartamento, la cui piena regolarità, sotto il profilo amministrativo, sussisteva certamente già dall’aprile 2000.
-Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato ad otto motivi, COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME.
Hanno resistito, con separati controricorsi, NOME Luciano e COGNOME NOME.
È rimasta intimata El Hamidi Lakbira.
Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ex art. 378, primo comma, c.p.c., in cui ha rassegnato le conclusioni trascritte in epigrafe.
All’esito, i ricorrenti e i controricorrenti hanno depositato memorie illustrative, ai sensi dell’art. 378, secondo comma, c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Preliminarmente deve essere dichiarata l’inammissibilità della costituzione dell’ulteriore difensore del controricorrente COGNOME COGNOME, Avv. NOME COGNOME come da comparsa di costituzione e contestuale memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c. del 17 febbraio 2025, con procura in calce autenticata dallo stesso difensore.
Infatti, nel giudizio di cassazione -diversamente rispetto a quanto avviene con riguardo ai giudizi di merito -la procura
speciale non può essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, poiché l’art. 83, terzo comma, c.p.c., nella versione ratione temporis vigente, nell’elencare gli atti a margine o in calce ai quali può essere apposta la procura speciale, individua, con riferimento al giudizio di cassazione, soltanto quelli suindicati. Pertanto, se la procura non viene rilasciata su detti atti, è necessario che il suo conferimento si realizzi nella forma prevista dal secondo comma del citato art. 83, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, facenti riferimento agli elementi essenziali del giudizio, quali l’indicazione delle parti e della sentenza impugnata.
A quest’ultima conclusione deve pervenirsi anche con riferimento all’ipotesi in cui sopraggiunga la sostituzione (o l’integrazione) del difensore nominato con il ricorso (o controricorso), non rispondendo alla disciplina del giudizio di cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio a seguito della sua instaurazione con la notifica e il deposito del ricorso (o controricorso) e non soggetto agli eventi di cui agli artt. 299 e ss. c.p.c., il deposito di un atto redatto dal nuovo difensore (nella specie denominato ‘comparsa di costituzione di nuovo difensore’) su cui possa essere apposta la procura speciale (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 6161 del 07/03/2024; Sez. 2, Sentenza n. 31332 del 10/11/2023; Sez. U, Sentenza n. 16962 del 27/06/2018; Sez. 3, Sentenza n. 4337 del 23/02/2010; Sez. 3, Sentenza n. 13086 del 05/06/2007).
Segnatamente, per i giudizi introdotti prima del 4 luglio 2009, tra cui rientra quello di specie, non opera la novella di cui all’art. 45 della legge 18 giugno 2009 che ha, tra l’altro,
modificato l’art. 83, terzo comma, c.p.c., estendendo le ipotesi in cui può essere rilasciata la procura a margine o in calce anche alla memoria di nomina di nuovo difensore -, ai sensi delle disposizioni transitorie di cui all’art. 58 della citata legge.
Per l’effetto, resta ferma la nomina del solo originario difensore di detto controricorrente.
2. -Tanto premesso, con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1199, 1324, 1414, 1417, 2697, 2700, 2722, 2725, 2726, 2729, secondo comma, 2730, 2732 e 2735 c.c., per avere la Corte di merito superato il valore probatorio della quietanza, in ordine al pagamento della somma indicata nel rogito, senza che, nella specie, fosse stato mai dedotto, oltre che dimostrato, che la quietanza fosse stata rilasciata nella convinzione, fondata su errore di fatto, che la dichiarazione rispondesse al vero ovvero a seguito di violenza.
Obiettano, ancora, gli istanti che, fermo restando il valore vincolante della quietanza liberatoria contenuta nell’atto notarile, la prova -nel rapporto tra le parti -della simulazione del prezzo non avrebbe potuto essere desunta dalle testimonianze assunte o per presunzioni, né dal deferimento o dal riferimento di un giuramento, né tantomeno dal deferimento dell’interrogatorio formale, con la conseguente confessione, ma avrebbe richiesto l’esistenza di una controdichiarazione scritta, nella fattispecie del tutto carente.
3. -Con il secondo motivo i ricorrenti contestano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1199, 1324, 1414, 1417, 2697, 2700,
2722, 2725, 2726, 2729, secondo comma, 2730, 2732 e 2735 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto erroneamente che, nella specie, non vi fosse prova dell’avvenuta soddisfazione della pretesa creditoria di parte venditrice, attribuendo rilievo, ai fini di negare la valenza probatoria di tale quietanza, alle dichiarazioni rese dal COGNOME nel verbale di assunzione di informazioni del 21 febbraio 2000, dinanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli.
Osservano, altresì, gli istanti che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente sostenuto che il prezzo della compravendita ammontava a vecchie lire 200.000.000, pur in assenza di una prova in tal senso e della controdichiarazione sottoscritta dalle parti contraenti, necessaria ai fini della dimostrazione della simulazione del prezzo.
Né le dichiarazioni rese dal COGNOME al Pubblico Ministero avrebbero avuto valenza confessoria, poiché non si sarebbe tenuto conto dell’intero contesto di tali dichiarazioni, da cui sarebbe emerso che era stata corrisposta, a titolo di prezzo, la somma di vecchie lire 75.000.000, mentre l’affermazione circa il fatto che il COGNOME non avesse preteso il pagamento dell’appartamento avrebbe dovuto essere delimitata al mancato incasso dei tre assegni, per il complessivo importo di vecchie lire 50.000.000.
3.1. -I due motivi che precedono -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -sono fondati.
Essi attengono rispettivamente ai due aspetti: A) dei limiti probatori prescritti per la dichiarazione di simulazione dell’atto di
vendita quanto alla misura del prezzo; B) della valenza dimostrativa della quietanza rilasciata e riportata nel corpo del rogito notarile di vendita.
A) Sul primo profilo, la Corte d’appello ha sostenuto che la prova del prezzo effettivamente concordato sarebbe stata rinvenibile nel complesso dei documenti prodotti, da cui emergeva univocamente che il corrispettivo stabilito ammontava a vecchie lire 200.000.000. E ciò nonostante la carenza di alcun atto scritto che documentasse, in via diretta, tale simulazione tra le parti.
Ebbene, quanto alla simulazione del prezzo, cui si riferisce la sentenza impugnata, questa Corte ha costantemente sostenuto che la pattuizione con cui le parti di un negozio soggetto al vincolo della forma scritta abbiano convenuto un prezzo diverso da quello indicato nell’atto scritto soggiace, tra le stesse parti, alle limitazioni della prova testimoniale stabilite dall’art. 2722 c.c., avendo la prova ad oggetto un elemento essenziale del contratto che deve risultare per iscritto (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3234 del 18/02/2015; Sez. 2, Sentenza n. 21442 del 19/10/2010; Sez. U, Sentenza n. 7246 del 26/03/2007; nello stesso senso Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10459 del 22/04/2025; Sez. 2, Ordinanza n. 21130 del 29/07/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 37189 del 20/12/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 22978 del 22/07/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 21426 del 06/07/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 24914 del 15/09/2021; Sez. 2, Sentenza n. 2619 del 04/02/2021).
Si tratta, dunque, di simulazione relativa parziale, che coinvolge un elemento essenziale inerente all’oggetto del contratto. Pertanto, la prova per testimoni e per presunzioni della pattuizione atta a celare una parte del corrispettivo di un
contratto incontra, fra le parti, i limiti dettati dall’art. 1417 c.c. e contrasta col divieto posto dall’art. 2722 c.c., in quanto una tale pattuizione deve essere equiparata all’ipotesi di dissimulazione del contratto ( contra l’ormai superato orientamento di Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4901 del 02/03/2007).
Ora, in tema di simulazione di un contratto formale (tra cui ricade la vendita immobiliare di specie), la prova per testi (e per presunzioni) soggiace a limitazioni diverse a seconda che si tratti di simulazione assoluta o relativa.
Nel primo caso l’accordo simulatorio, pur essendo riconducibile tra i patti per i quali opera il divieto di cui all’art. 2722 c.c., non rientra tra gli atti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem , menzionati dall’art. 2725 c.c., avendo natura ricognitiva dell’inesistenza del contratto apparentemente stipulato, sicché la prova testimoniale è ammissibile in tutte e tre le ipotesi contemplate dal precedente art. 2724 c.c.
Nel secondo caso occorre distinguere, in quanto se la domanda è proposta da creditori o da terzi -che, essendo estranei al negozio, non sono in grado di procurarsi le controdichiarazioni scritte -la prova per testi o per presunzioni non può subire alcun limite; qualora, invece, la domanda venga proposta (come nella fattispecie) dalle parti o dagli eredi, la prova per testi o per presunzioni, essendo diretta a dimostrare l’esistenza del negozio dissimulato, del quale quello apparente deve rivestire il necessario requisito di forma, è ammessa soltanto nell’ipotesi di cui al n. 3 dell’art. 2724 citato, cioè quando il contraente ha, senza colpa, perduto il documento ovvero quando
la prova è diretta a fare valere l’illiceità del negozio (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 11525 del 30/04/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 1122 del 11/01/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 23526 del 02/08/2023; Sez. 2, Sentenza n. 33367 del 11/11/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 31272 del 24/10/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 22978 del 22/07/2022; Sez. 3, Sentenza n. 18434 del 08/06/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 10933 del 05/04/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 36283 del 23/11/2021; Sez. 2, Sentenza n. 10240 del 04/05/2007; Sez. 2, Sentenza n. 16021 del 14/11/2002; Sez. 2, Sentenza n. 2906 del 27/02/2001; Sez. 2, Sentenza n. 4704 del 21/07/1981).
D’altronde, in tema di simulazione relativa oggettiva, ai fini della prova del contratto dissimulato che avrebbe dovuto rivestire forma scritta ad substantiam , deve escludersi che la confessione possa supplire alla mancanza del requisito formale rappresentato dalla controdichiarazione scritta, necessaria per il contratto diverso da quello apparentemente voluto (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10933 del 05/04/2022; Sez. 2, Sentenza n. 8804 del 10/04/2018; Sez. 2, Sentenza n. 6262 del 10/03/2017; Sez. 3, Sentenza n. 3869 del 26/02/2004; Sez. 2, Sentenza n. 1011 del 30/01/1992; Sez. 2, Sentenza n. 13584 del 17/12/1991; Sez. 2, Sentenza n. 2998 del 16/04/1988; nello stesso senso Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 38360 del 03/12/2021).
Senonché, nel caso di specie, il giudice di merito non avrebbe potuto desumere tale simulazione (relativa) del prezzo attraverso un ragionamento inferenziale, ricavato all’esito della complessiva disamina dei documenti prodotti, in assenza di una specifica controdichiarazione sul punto, né dalle dichiarazioni rese
da uno degli acquirenti ad un terzo (con asserita valenza confessoria).
B) Con riferimento al secondo profilo, la Corte territoriale ha ritenuto che la valenza confessoria della quietanza di cui all’atto di vendita fosse ‘neutralizzata’ dalle dichiarazioni rese da COGNOME NOME COGNOME il 21 febbraio 2000 al Pubblico Ministero, in esito alle indagini penali svolte dopo il sequestro dell’immobile, da cui sarebbe emerso che gli acquirenti non avevano corrisposto (e il venditore non aveva ricevuto) alcunché per il titolo dedotto in causa (ossia a titolo di prezzo della vendita immobiliare).
Ora, in ordine al superamento della valenza probatoria della quietanza rilasciata e contenuta nel corpo del rogito, si rileva che l’indicazione del venditore, contenuta nell’atto notarile di compravendita, che il ‘pagamento del prezzo complessivo è avvenuto contestualmente alla firma del presente atto’, non è coperta da fede privilegiata ex art. 2700 c.c., ma ha natura confessoria, con la conseguenza che colui che ha rilasciato quietanza non è ammesso alla prova contraria per testi o per presunzioni, salvo che dimostri, in applicazione analogica dell’art. 2732 c.c., che il rilascio della quietanza è avvenuto per errore di fatto o per violenza o salvo che se ne deduca la simulazione; quest’ultima, nel rapporto tra le parti, deve essere provata mediante controdichiarazione scritta (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 10526 del 22/04/2025; Sez. 2, Sentenza n. 28418 del 05/11/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 21130 del 29/07/2024; Sez. 1, Ordinanza n. 13258 del 14/05/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 33200 del 10/11/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 24841 del 17/08/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 40760 del 20/12/2021; Sez. 2, Ordinanza n.
23875 del 03/09/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 20520 del 29/09/2020; Sez. U, Sentenza n. 19888 del 22/09/2014).
Inoltre, la confessione stragiudiziale del creditore può essere superata dall’opposta confessione giudiziale del debitore, che ammetta, nell’interrogatorio formale, di non aver corrisposto la somma quietanzata, dal momento che l’art. 2726 c.c. limita, quanto al fatto del pagamento, la prova per testimoni e per presunzioni, non anche la prova per confessione (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13258 del 14/05/2024; Sez. 6-3, Ordinanza n. 19283 del 15/06/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 10933 del 05/04/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 27400 del 08/10/2021; Sez. 2, Ordinanza n. 598 del 14/01/2019; Sez. 2, Sentenza n. 8804 del 10/04/2018; Sez. 2, Sentenza n. 23971 del 22/10/2013).
Occorre verificare, a questo punto, il precipitato dell’applicazione di detti precetti rispetto al caso di specie.
Non senza avere previamente chiarito che, costituendo la confessione una dichiarazione di scienza, ossia un atto giuridico in senso stretto, l’accertamento di fatto è limitato all’esistenza della dichiarazione confessoria e al contenuto della stessa. Se tale contenuto debba effettivamente essere apprezzato come confessione stragiudiziale costituisce, invece, un giudizio di diritto (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 24695 del 16/08/2023).
Ebbene, nel caso in esame, la Corte ha ritenuto che, a fronte della quietanza rilasciata per il pagamento di vecchie lire 72.200.000 dal venditore nell’atto di compravendita, costituisse confessione stragiudiziale del mancato pagamento della somma indicata la dichiarazione, resa da uno dei due coniugi acquirenti davanti al Pubblico Ministero, avendo -in tale occasione -il
ricorrente NOME COGNOME -da un lato -confermato di avere pagato l’immobile circa vecchie lire 75.000.000, come da dichiarazione notarile, e -dall’altro attestato che l’acquisto era avvenuto previa concessione di un mutuo da parte del Banco Ambrosiano Veneto di vecchie lire 150.000.000, bloccato ed estinto anticipatamente, senza che il venditore avesse mai preteso il pagamento del prezzo della vendita dell’appartamento, in attesa della risoluzione delle vicende penali che lo riguardavano.
In conseguenza, nel corpo delle doglianze esposte, i ricorrenti hanno espressamente contestato la valenza confessoria di tali dichiarazioni.
Ed invero esse -oltre ad essere state rilasciate nei confronti di un terzo, con la conseguente loro libera apprezzabilità (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 29231 del 12/11/2024; Sez. 3, Ordinanza n. 20879 del 26/07/2024; Sez. 3, Ordinanza n. 24468 del 04/11/2020; Sez. L, Ordinanza n. 11898 del 18/06/2020; Sez. 1, Sentenza n. 10215 del 11/04/2019; Sez. L, Sentenza n. 29316 del 15/12/2008) -effettivamente non rientrano nello schema tipico della confessione stragiudiziale, la quale, secondo la giurisprudenza di qu esta Corte, richiede un’esplicita dichiarazione della parte o del suo rappresentante in ordine alla verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte e, pur potendo desumersi da un comportamento o da fatti concludenti, non può consistere in una dichiarazione solo implicitamente o indirettamente ammissiva dei fatti in discussione, che è utilizzabile quale elemento meramente presuntivo od indiziario; infatti, la dichiarazione, intanto può essere qualificata come confessione, in quanto consti di un elemento soggettivo,
consistente nella consapevolezza e volontà di riconoscere la verità di un fatto a sé sfavorevole e favorevole all’altra parte, e di un elemento oggettivo, che è configurabile quando, dall’ammissione non controversa di un fatto, derivi un concreto pregiudizio all’interesse del dichiarante e un vantaggio corrispondente per il destinatario della dichiarazione (Cass. Sez. L, Sentenza n. 12798 del 23/05/2018; Sez. U, Sentenza n. 7381 del 25/03/2013; Sez. 1, Sentenza n. 11412 del 06/07/2012; Sez. 5, Sentenza n. 2851 del 24/02/2012; Sez. L, Sentenza n. 23495 del 19/11/2010; Sez. 2, Sentenza n. 13212 del 06/06/2006).
Da tanto deriva che, nella fattispecie, il giudice di rinvio dovrà rivalutare, nel loro complesso, la portata confessoria di tali dichiarazioni, come riportate nella sentenza impugnata -secondo cui, a fronte dell’affermazione circa il fatto che NOME NOME non aveva mai preteso il pagamento della vendita dell’appartamento, in attesa della soluzione di tutti i ‘problemi’, NOME aveva altresì riferito di avere pagato l’immobile circa vecchie lire 75.000.000, come da dichiarazione notarile -, ai fini di ponderare se da tali dichiarazioni, rese ad un terzo, possa ricavarsi -alla stregua delle direttrici innanzi delineate -un’efficacia derogatoria della valenza della quietanza riportata nel rogito notarile.
4. -Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697, 2907 c.c., 24 Cost., 81, 112, 115, 167, secondo comma, e 345 c.p.c., per avere la Corte distrettuale considerato tardiva l’eccezione relativa al difetto di legittimazione di NOME e NOME NOME, in difetto della dimostrazione della loro qualità di eredi del venditore NOME NOME, benché la
censura fosse stata sollevata già nel giudizio di primo grado e comunque fosse eccepibile in ogni stato e grado del giudizio.
Deducono gli istanti che sarebbe mancata la prova della loro qualità di eredi del de cuius .
4.1. -Il motivo è infondato.
Ed invero la Corte distrettuale ha sostenuto che NOME e NOME NOME, pacificamente, per ammissione degli stessi appellanti, erano i figli del de cuius .
A fronte della specifica ammissione degli appellanti, odierni ricorrenti, circa il rapporto di discendenza, non può essere censurato in questa sede il difetto della qualità di eredi del venditore degli agenti che hanno chiesto il pagamento del prezzo, in quanto tale ammissione esonerava gli stessi dall’onere della prova di tale successione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 390 del 08/01/2025; Sez. 1, Ordinanza n. 20199 del 22/07/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 8560 del 27/03/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 19091 del 14/06/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 11202 del 28/04/2021; Sez. L, Ordinanza n. 558 del 14/01/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 23167 del 22/10/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 6745 del 19/03/2018; Sez. 3, Sentenza n. 22223 del 20/10/2014).
5. -Con il quarto motivo i ricorrenti prospettano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata e del procedimento, con la violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., nonché, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, anche con riferimento all’art. 116 c.p.c., con motivazione perplessa e apparente, per avere la Corte del gravame tralasciato di considerare le contestazioni sulla
ricostruzione del fatto operata dal Tribunale, alla luce della documentazione prodotta, in ordine: – alla mancata sottoscrizione di alcun modulo rilasciato dall’agenzia immobiliare; -alla formulazione di una proposta di acquisto per il prezzo di vecchie lire 200.000.000, inferiore a quello richiesto dal venditore, subordinata a determinate condizioni, tra cui la stipulazione del rogito entro il termine essenziale del 9 dicembre 1998; – alla mancata accettazione di tale proposta da parte del venditore, ai fini della stipula del preliminare; – alla mancata previsione del rilascio di un mutuo fondiario; – al difetto di alcun accordo sulla determinazione del prezzo nella misura di vecchie lire 200.000.000; alla rideterminazione del prezzo nell’importo di vecchie lire 122.200.000.
5.1. -Il motivo è inammissibile.
Infatti, la doglianza si consacra nella mera deduzione di circostanze dedotte nel corpo degli atti processuali, senza che sia stato esplicitato il rapporto di tali circostanze con l’esito decisorio.
Non si tratta, dunque, di fatti decisivi in tesi omessi, in ordine ai quali sia denunciabile il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
Al riguardo, questa Corte ha precisato che l’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83/2012, conv. dalla legge n. 143/2012, prevede l’ ‘omesso esame’ come riferito ad ‘un fatto decisivo per il giudizio’, ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, non assimilabile in alcun modo a ‘questioni’ o ‘argomentazioni’ che, pertanto, risultano irrilevanti, con la conseguente inammissibilità delle censure
irritualmente formulate (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10557 del 23/04/2025; Sez. 6-1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Sez. 1, Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018; Sez. 2, Sentenza n. 14802 del 14/06/2017; Sez. 5, Sentenza n. 21152 del 08/10/2014; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
6. -Con il quinto motivo i ricorrenti censurano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1175, 1375, 2697, 1197 e 1199 c.c., per avere la Corte d’appello eluso le risultanze emergenti dal rogito notarile in ordine alla pattuizione del prezzo della vendita in complessive vecchie lire 72.200.000, di cui il venditore aveva rilasciato ampia quietanza a saldo.
Aggiungono gli istanti che, quand’anche si fosse ritenuto che il prezzo della compravendita ammontava a circa vecchie lire 120.000.000, lo stesso sarebbe risultato completamente pagato dall’acquirente, giusta quietanza per vecchie lire 72.200.000 e la consegna di tre assegni al Sica per un totale di vecchie lire 50.000.000, sicché sarebbe ricaduto sulla controparte l’onere di dimostrare il mancato incasso di tali assegni.
6.1. -Il motivo è assorbito dall’accoglimento delle prime due censure, in quanto ricalca i temi già affrontati della ricorrenza della simulazione del prezzo e della valenza della quietanza rilasciata.
7. -Con il sesto motivo i ricorrenti adducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 81, 100 c.p.c. nonché degli artt. 1414,
1415 e 2697 c.c., per avere la Corte partenopea disatteso l’eccezione di carenza di legittimazione passiva di NOME
All’uopo, gli istanti evidenziano che, benché l’atto di compravendita fosse stato firmato anche dalla COGNOME, la proposta di acquisto per l’importo di vecchie lire 200.000.000 era stata firmata solo dal COGNOME, con l’effetto che la Miccù sarebbe stata estranea ad ogni questione attinente alla simulazione del prezzo.
7.1. -Il motivo è infondato.
Ed invero la Corte di merito ha riconosciuto la legittimazione passiva di NOME NOME, per avere acquistato l’immobile unitamente al NOME, assumendo conseguentemente tutte le obbligazioni derivanti dal contratto.
In ragione dell’assunzione della qualità di compratore unitamente al coniuge -, dunque, anche la COGNOME è tenuta a corrispondere il prezzo e -come tale -doveva essere evocata in causa per contraddire alle domande spiegate dagli eredi del venditore, indipendentemente dalla sua partecipazione alle trattative.
8. -Con il settimo motivo i ricorrenti si dolgono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 100, 324, 329 e 342 c.p.c. nonché dell’art. 2909 c.c., per avere la Corte di secondo grado rilevato la formazione del giudicato interno sul rigetto della domanda riconvenzionale di risarcimento danni, benché, attraverso l’atto di gravame, il rigetto di tale domanda fosse stato integralmente impugnato sulla scorta delle stesse ragioni già fatte valere nel giudizio davanti al Tribunale.
Assumono gli istanti che nessun addebito di omessa diligenza avrebbe potuto imputarsi ragionevolmente agli acquirenti, avendo questi fatto legittimo affidamento sulle dichiarazioni rese dal venditore nel rogito notarile, sicché sarebbe stata ascrivile al solo alienante la realizzazione dell’abuso edilizio che aveva impedito di acquisire la disponibilità del cespite.
8.1. -Il motivo è inammissibile.
La Corte d’appello ha, nell’ordine, osservato: – che la sentenza di primo grado non era stata ritualmente censurata dagli appellanti in ordine alla negazione della responsabilità del venditore, sicché, sul punto, si era formato il giudicato; – che, peraltro, gli stessi appellanti avevano addebitato, nella ricostruzione della vicenda in fatto, l’indisponibilità dell’immobile, non già ad un comportamento dell’alienante, ma ai tempi giudiziari per il dissequestro, che non erano stati brevi, non potendo negarsi che spettasse agli acquirenti proprietari attivarsi per ottenere il dissequestro dell’appartamento, la cui piena regolarità, sotto il profilo amministrativo, sussisteva certamente già dall’aprile 2000.
La contestazione delle circostanze in fatto che hanno indotto, in via subordinata, la Corte del gravame a ritenere che la mancata disponibilità dell’immobile, all’esito del perfezionamento della vendita, non fosse addebitabile all’alienante (alla stregua dei fatti addotti) non può avvenire in questa sede, in quanto detta rivalutazione è preclusa in sede di legittimità (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez.
6-5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
9. -L’ottavo motivo del ricorso investe, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., del d.m. Giustizia n. 140/2012 e del d.m. Giustizia n. 55/2014, aggiornato dal d.m. Giustizia n. 37/2018, per avere il Giudice di seconde cure regolamentato le spese di lite con la disposizione della condanna degli appellanti in favore di ciascuno degli appellati, benché le parti si trovassero nella stessa situazione processuale e le loro difese fossero omologhe, il che avrebbe giustificato un’unica liquidazione.
9.1. -Il motivo è assorbito dall’accoglimento delle prime due doglianze, che comporta -per l’effetto espansivo interno ex art. 336, primo comma, c.p.c. -la caducazione del capo dedicato alla regolamentazione delle spese di lite (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 1725 del 24/01/2025; Sez. 2, Sentenza n. 32953 del 17/12/2024; Sez. 2, Sentenza n. 27152 del 22/09/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 10941 del 26/04/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 7618 del 16/03/2023; Sez. 1, Sentenza n. 3204 del 08/10/1969; Sez. 2, Sentenza n. 312 del 26/01/1966).
10. -In definitiva, il primo e il secondo motivo del ricorso devono essere accolti, nei sensi di cui in motivazione, mentre il terzo, il quarto, il sesto e il settimo motivo vanno respinti e i restanti motivi sono assorbiti.
La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi di diritto e tenendo
conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso, nei sensi di cui in motivazione, rigetta il terzo, il quarto, il sesto e il settimo motivo, dichiara assorbiti i rimanenti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda