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Simulazione contratto preliminare: la decisione

La Corte d’Appello conferma la nullità di un contratto preliminare di vendita, ritenendolo un’operazione fittizia. La decisione si fonda sulla prova per indizi della simulazione del contratto preliminare, orchestrata tra due società con forti legami per sottrarre fondi alla società acquirente, ormai insolvente e prossima al fallimento. Elementi decisivi sono stati l’insolvenza dell’acquirente, i legami tra gli amministratori e le anomalie nei pagamenti della caparra.

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Simulazione Contratto Preliminare: Quando l’Accordo è Solo Apparenza

Nel mondo degli affari, non sempre ciò che appare è reale. Un contratto, pur formalmente perfetto, può nascondere una realtà diversa, voluta dalle parti per scopi illeciti. Questo è il cuore della simulazione contratto preliminare, un’operazione con cui le parti fingono di volere stipulare un accordo di compravendita, ma in realtà non hanno alcuna intenzione di trasferire il bene. Una recente sentenza della Corte di Appello di Salerno offre un’analisi dettagliata degli indizi che possono smascherare un simile accordo fittizio, soprattutto quando una delle società coinvolte è sull’orlo del fallimento. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti del Caso: Un Preliminare Sospetto tra Società Collegate

La vicenda giudiziaria nasce dall’impugnazione, da parte del curatore fallimentare di una società, di un contratto preliminare di compravendita di un immobile commerciale. Secondo il curatore, l’accordo era totalmente simulato. La società fallita figurava come promissaria acquirente, mentre un’altra società, con cui esistevano forti legami, era la promittente venditrice.

Il Tribunale di primo grado aveva già dato ragione al curatore, dichiarando la nullità del contratto. La decisione si basava su una serie di indizi che, nel loro complesso, dipingevano un quadro chiaro: l’operazione non era un vero affare immobiliare, ma un espediente per trasferire l’ultima liquidità rimasta nelle casse della società acquirente (€ 80.000,00 a titolo di caparra) prima che il patrimonio venisse aggredito dai creditori o da provvedimenti giudiziari.

La società venditrice ha presentato appello, sostenendo la genuinità del contratto e contestando la valutazione degli indizi fatta dal primo giudice. La Corte d’Appello è stata quindi chiamata a riesaminare l’intera questione.

Le Motivazioni: L’Analisi della Corte sulla Simulazione Contratto Preliminare

La Corte d’Appello ha rigettato l’appello, confermando in toto la sentenza di primo grado. Il ragionamento dei giudici si è concentrato sulla valutazione complessiva degli elementi indiziari, ritenuti gravi, precisi e concordanti nel dimostrare la natura fittizia dell’accordo. Vediamo i punti chiave.

La Condizione Finanziaria Reale della Società Acquirente

Il primo gruppo di indizi riguardava lo stato economico-patrimoniale della società che avrebbe dovuto acquistare l’immobile. Sebbene la società appellante avesse prodotto un bilancio dell’anno precedente che mostrava un’azienda solida, la Corte ha guardato alla situazione reale al momento della stipula del preliminare. Emergeva un quadro di totale insolvenza: la società era priva di beni mobili e immobili significativi, aveva conti correnti con saldi negativi e debiti per oltre sei milioni di euro. Disponeva unicamente di una liquidità di € 80.000,00, esattamente l’importo che è stato trasferito alla venditrice come caparra. Per la Corte, era illogico che un’impresa in tali condizioni potesse seriamente impegnarsi ad acquistare un immobile, non avendo i fondi necessari per pagare il saldo del prezzo.

Il Legame Indissolubile tra le Due Società

Un altro elemento decisivo è stato il profondo legame tra le due società, riconducibile alle figure chiave che le gestivano: un padre e un figlio. Il padre era l’amministratore unico della società venditrice, mentre il figlio era l’amministratore della società acquirente (e socio di entrambe). La Corte ha accertato che il padre non era un estraneo alla gestione della società del figlio; al contrario, aveva un ruolo di co-gestore di fatto. Disponeva della carta di credito aziendale, aveva pieni poteri per operare sul conto corrente e si era occupato personalmente dei rapporti con le banche. Questa stretta interconnessione dimostrava che la società venditrice era perfettamente a conoscenza dello stato di dissesto dell’acquirente, rendendo l’operazione ancora più sospetta.

Le Palesi Anomalie nei Pagamenti e nelle Tempistiche

Il terzo gruppo di indizi, forse il più schiacciante, riguardava le modalità di pagamento della caparra. I due bonifici da € 40.000 ciascuno erano stati effettuati in date successive a quella indicata nel contratto preliminare. Inoltre, il contratto conteneva una clausola anomala in cui si attestava di aver già ricevuto la somma, cosa non vera al momento della firma. Questo trasferimento di denaro è avvenuto pochi giorni prima che i conti della società acquirente venissero sottoposti a sequestro penale. Per la Corte, questa concatenazione di eventi non era casuale, ma confermava che l’unico, vero scopo del contratto era quello di svuotare le casse della società insolvente per sottrarre i fondi ai creditori.

Le Conclusioni: La Conferma della Nullità e il Principio di Tutela dei Creditori

La Corte d’Appello ha concluso che la valutazione unitaria di tutti questi elementi non lasciava spazio a dubbi: il contratto preliminare era assolutamente fittizio. Non c’è mai stata una reale volontà di compravendere l’immobile. L’intera operazione era un mero ‘escamotage giuridico’ finalizzato a distrarre fondi a danno dei creditori della società fallita. La sentenza riafferma un principio fondamentale: nel contesto di una crisi d’impresa, gli atti che appaiono formalmente legittimi ma che in realtà celano intenti fraudolenti possono essere dichiarati nulli per proteggere il patrimonio aziendale e garantire la par condicio creditorum.

Quando un contratto preliminare di vendita può essere considerato simulato?
Un contratto preliminare può essere considerato simulato quando un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti dimostra che le parti non avevano alcuna reale intenzione di concludere la compravendita, ma hanno creato solo un’apparenza contrattuale per raggiungere altri scopi, come in questo caso sottrarre fondi ai creditori.

Quali elementi possono provare la simulazione di un contratto tra due società?
Secondo la sentenza, gli elementi chiave sono stati: 1) la comprovata insolvenza e l’incapacità economica della società acquirente di far fronte all’impegno preso; 2) i profondi legami personali e gestionali tra gli amministratori delle due società, che dimostrano la consapevolezza dello stato di crisi; 3) le anomalie oggettive come la tempistica dei pagamenti, effettuati subito prima di un sequestro, e le false dichiarazioni contenute nel contratto stesso.

Il curatore fallimentare può usare presunzioni per provare la simulazione?
Sì. La sentenza chiarisce che il curatore fallimentare, agendo a tutela dei creditori, è considerato un terzo rispetto al contratto simulato. Pertanto, ai sensi dell’art. 1417 c.c., può fornire la prova della simulazione con ogni mezzo, senza limiti, incluse le presunzioni e le prove testimoniali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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