Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26962 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26962 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3521/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in INDIRIZZO; -ricorrente-
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME e dal l’ avvocato NOME COGNOME, elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrenti- per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2460/2019, depositata il 14 giugno 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 13 giugno 2008, NOME COGNOME conveniva in giudizio, avanti al Tribunale di Venezia, la madre – NOME COGNOME – e il cognato – NOME COGNOME – assumendo: di essere erede del nonno – NOME COGNOME – per rappresentazione della madre, così come accertato dalla sentenza n. 2677/2004 passata in giudicato, resa dal Tribunale di Venezia; che NOME COGNOME, in vita, aveva donato a NOME taluni beni immobili siti in Venezia; che con atto del 21 aprile 1997 detti cespiti erano stati venduti a NOME COGNOME, marito di NOME COGNOME, sorella dell’attore; che la vendita, in realtà, avrebbe simulato una donazione; che il prezzo indicato sarebbe risultato inferiore di circa la metà rispetto al valore reale di mercato, come attestato da una perizia di stima; che l’azione, promossa nell’interesse proprio e in quello più generale della successione, si inquadrava nel contesto di altre azioni simili volte a ricondurre alla successione altri immobili delle donazioni di NOME a NOME; che NOME COGNOME avrebbe dovuto essere condannato anche a corrispondere i canoni di locazione risparmiati. Su tali presupposti, l’attore chiedeva dichiararsi la simulazione e la nullità del contratto stipulato tra NOME e NOME COGNOME; disporsi che l’immobile oggetto del contratto simulato rientri nella proprietà di NOME affinché la parte di esso derivante da donazione di NOME sia disponibile per il conferimento alla successione da parte degli eredi; condannarsi il COGNOME al pagamento della somma di euro 87.342.70, o quella maggiore o minore somma, a titolo di canone di locazione dalla data di stipula dei contratto simulato al 31 maggio 2008, data di prevista notifica del l’ atto; ordinarsi a NOME COGNOME di depositare il corrispettivo delle locazioni mensili riferite all’intero immobile a partire dalla data del 1 giugno 2008, giorno seguente alla notifica dell’atto di citazione, pari a euro 656,71 mensili oltre adeguamento RAGIONE_SOCIALE, secondo le disposizioni contrattuali vigenti o quella maggiore
o minore somma ritenuta di giustizia, sino alla data di esecuzione della sentenza. In ogni caso, imporre al NOME di pagare la differenza di prezzo risultante dall’ atto e il valore commerciale dell’immobile come certificato da perizia, nella misura corrispondente al valore attuale immobiliare comunque non pagato, pari a euro 37.344,83, oltre al corrispondente valore proporzionale di canone mensile di locazione in 280,78 euro al mese, dal 1 giugno 2008 sino all’esecuzione della sentenza.
Si costituivano in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME eccependo l’inammissibilità delle domande svolte per intervenuto giudicato, il difetto di legittimazione attiva, nonché l’infondatezza nel merito delle pretese avversarie.
Il Tribunale di Venezia, con sentenza n. 2328/2011 depositata in data 19 settembre 2011, rigettava le domande, condannando l’attore a rifondere ai convenuti le spese processuali.
–NOME COGNOME proponeva appello.
Si costituivano gli appellati chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
La Corte d’Appello di Venezia rigettava il gravame, disponendo la condanna dell’appellante alla rifusione delle spese di lite.
–NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME si sono costituiti in giudizio.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo del ricorso si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1417 cod. civ. per errata individuazione e qualificazione giuridica. Il ricorrente ritiene di aver inteso provare per interrogatorio formale e testimoni sia l’accordo simulatorio sia la causa simulandi , mentre la Corte d’appello ha ritenuto che le
deduzioni istruttorie offerte non fossero dirette a provare la simulazione ma funzionali solo all’accertamento di una intestazione fittizia, senza dimostrare l’inefficacia del contratto di compravendita. Parte ricorrente deduce che la collocazione dell’interposizione fittizia nell’ ambito della simulazione non è discussa e censura la decisione della Corte d’appello in quanto non poteva escludere de plano ogni analisi della volontà negoziale delle parti e degli elementi costitutivi del contratto (prezzo, rapporti extracontrattuali e condizioni in cui è stato concluso). Evidenzia, dunque, di aver fornito la prova di un complesso di circostanze, anche indiziarie, tali da portare a ritenere che le parti non intendessero concludere un contratto di compravendita ma crearne solo l’apparenza.
Con il secondo motivo del ricorso si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ., per aver la Corte d’appello limitato la propria pronuncia alla sola prospettazione letterale delle domande avversarie, omettendo di ricercarne l’effettivo contenuto sostanziale ed errando, così, nel ritenere la domanda di simulazione svolta in via principale in palese contraddizione con la richiesta di condanna al pagamento della differenza di prezzo della presunta compravendita simulata.
1.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono inammissibili.
Costituisce insegnamento consolidato di questa S.C. che l’interpretazione della domanda giudiziale è operazione riservata al giudice del merito, il cui giudizio, risolvendosi in un accertamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità quando sia motivato in maniera congrua e adeguata, avendo pertanto riguardo all’intero contesto dell’atto, senza che ne risulti alterato il senso letterale e tenendo conto della sua formulazione testuale nonché del contenuto sostanziale, in relazione alle finalità che la parte intende perseguire. (Cass., Sez. L, 20 luglio 2018, n. 19435; Cass., Sez. L, 24 luglio 2012, n. 12944; Cass., Sez. L, 2 novembre 2005, n. 21208).
La Corte d’appello, con motivazione congrua e specifica, esaminando il contenuto degli atti processuali, ha ritenuto che la domanda dell’attore fosse diretta all’accertamento della simulazione assoluta dell’atto di compravendita, mentre le richieste istruttorie erano funzionali all’accertamento della natura fittizia dell’intestazione. Si tratta, evidentemente, di deduzioni tra loro inconciliabili e contraddittorie, per cui non sussiste neppure un vizio attinente all’individuazione del petitum , sotto il profilo della violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (Cass., Sez. V, 6 novembre 2023, n. 30770).
Inoltre, riguardo al mancato accoglimento delle deduzioni istruttorie, va rilevato che in tema di prova spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero a enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (Cass., Sez. L, 21 novembre 2022, n. 34189; Cass., Sez. L, 13 giugno 2014, n. 13485; Cass., Sez. I, 23 maggio 2014, n. 11511; Cass., Sez. L, 15 luglio 2009, n. NUMERO_DOCUMENTO).
Nessuna censura può pertanto considerarsi ammissibile in sede di legittimità sotto i profili denunciati, avendo la Corte d’appello evidenziato come la domanda di simulazione assoluta si pone in contrasto con la richiesta di pagamento della differenza del prezzo, deducendo quindi l’attore l’esistenza di una compravendita.
-Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, d a parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione