Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26264 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26264 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 5315 – 2020 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in Napoli, presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
COGNOME e COGNOME
– intimati – avverso la sentenza n. 4219/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, pubblicata il 7/12/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/1/2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 431/2015 il Tribunale di Napoli, in accoglimento della domanda proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, dichiarò la simulazione dell’atto di compravendita immobiliare per notar NOME COGNOME del 18/7/2013, con cui questa società aveva ceduto al convenuto COGNOME l’immobile sito in Pozzuoli, distinto in catasto al fg. 76, p.lla 691, sub 8, loro promesso in vendita con precedente preliminare; quindi, preso atto del versamento, da parte degli attori promissari acquirenti, del complessivo importo di euro 67.100,00, dispose, in loro favore, il trasferimento coattivo dello stesso immobile, subordinandolo al pagamento del saldo del prezzo nella misura di euro 23.900,00, da versarsi entro trenta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza.
2. Con sentenza n.4219/2020, la Corte d’appello di Napoli rigettò l’appello di NOME COGNOME. Per quel che qui ancora rileva, escluse la carenza di interesse ad impugnare di NOME e NOME COGNOME, eccepita da COGNOME -e riproposta come motivo di impugnazione -sul rilievo della mancanza di data certa del preliminare azionato dagli attori appellati; rimarcò, infatti, sul punto che l’anteriorità del preliminare azionato era provata dalla certa anteriorità, rispetto al contratto simulato, della diffida a d adempiere l’obbligo di concludere il definitivo e rilevò in diritto che in ogni caso la questione non incideva sull’interesse ad agire.
Confermò pure la sussistenza dei plurimi indizi di simulazione come rilevati dal Tribunale e, in particolare, il rapporto societario intercorrente tra l’amministratore della società RAGIONE_SOCIALE venditrice e COGNOME, già socio amministratore, nonché i tempi di redazione del rogito, di poco successivo alla diffida ad adempiere dei promissari acquirenti COGNOME, la mancanza di prova della dazione del prezzo, la qualità di socio unico di Acocella fino al 18/4/2013, la misura del prezzo
di vendita dell’immobile inferiore al prezzo di acquisto pagato dalla società e «di gran lunga inferiore» a quello del preliminare con i Granito.
Avverso questa sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi. NOME COGNOME e NOME COGNOME non si sono costituiti con tempestivo controricorso, ma hanno depositato una memoria e chiesto di partecipare all’eventuale discussione. RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve darsi atto che l’avvocato ricorrente ha dichiarato in ricorso che la sentenza sarebbe stata pubblicata in data 7/10/2020 e notificata, al fine della decorrenza del termine breve, in data 15/10/2020.
In realtà, risulta dalla copia della decisione depositata con il ricorso e asseverata come conforme, che la sentenza è stata depositata in data 7/12/2020, cioè due mesi dopo la data indicata.
Questo Collegio ritiene, allora, che la dichiarazione di avvenuta notifica sia stata effettuata per mero errore materiale e che, in questa incertezza di date, non si connoti quale «attestazione di un fatto processuale», secondo la ricostruzione dogmatica operata da questa Corte sul punto (Cass. Sez. 6, n. 15832 del 07/06/2021; Sez. U, n. 21349 del 06/07/2022): non vi è ravvisabile, infatti, alcuna «manifestazione di autoresponsabilità» della parte che l’abbia impegnata a subire le conseguenze di quanto dichiarato, perché la dichiarazione è evidentemente erronea rispetto alla data di pubblicazione della sentenza impugnata come immediatamente riscontrabile dalla stessa produzione del ricorrente.
In conseguenza, la mancata produzione della relata di notifica della sentenza non conduce a un giudizio di improcedibilità posto che
non si conosce neppure se e quando sia effettivamente avvenuta la notifica del provvedimento impugnato.
Deve, quindi, pure rilevarsi preliminarmente l’inammissibilità della memoria depositata da NOME COGNOME e NOME COGNOME sebbene non costituiti con controricorso.
Secondo l’art. 370 cod. proc. civ., nella formulazione precedente la modifica introdotta dall’art. 3, comma 27, lett. f) num. 1) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, con effetto dal 1° gennaio 2023, applicabile alla fattispecie ratione temporis , la parte intimata, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da depositare entro quaranta giorni dalla notificazione del ricorso; in mancanza di tale notificazione, non può presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale. Questa Corte ha già chiarito che nell’ambito del procedimento camerale di cui all’art. 380 bis.1 cod. proc. civ., introdotto dall’art. 1 bis del d.l. n. 168 del 2016, conv. con modif. dalla l. n. 196 del 2016 e con riferimento ai giudizi introdotti con ricorso depositato successivamente all’entrata in vigore della predetta legge di conversione, divenuta la regola la trattazione camerale e quella in udienza pubblica l’eccezione, deve trovare comunque applicazione la preclusione al deposito di memorie prescritta dall’art. 370 cod. proc. civ. per la parte che non si sia difesa con controricorso, salvo il parziale recupero delle difese orali nel caso in cui sia fissata udienza di discussione, sicché venuta a mancare tale udienza alcuna attività difensiva è più consentita (Cass. Sez. L, n. 23921 del 29/10/2020; Sez. 3, n. 4428 del 11/02/2022).
Con il primo motivo, NOME COGNOME ha denunciato, con un primo profilo articolato in relazione al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la v iolazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 2932 cod. civ., per non avere la Corte d’appello pronunciato in riferimento a tutti gli argomenti a sostegno del motivo di impugnazione
dell’accoglimento della domanda di simulazione e, in relazione al n. 5, l’ omesso esame dei fatti evidenziati in appello per contestare l’esistenza di un contratto preliminare tra gli attori appellati RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE in particolare, non avrebbe valutato la mancanza di prova del versamento dell’acconto previsto nel presunto compromesso di Euro 9.000,00, la mancanza di data certa delle quietanze dei pagamenti in contanti, l’essere stato l’unico bonifico con data certa, di euro 12.500,00, effettuato in favore dell’amministratore con causale «conferimento per costituenda società RAGIONE_SOCIALE»; in tal senso la Corte territoriale avrebbe fondato la sua decisione sulla «ragione più liquida», prendendo in esame il compromesso e «non gli elementi che lo caratterizzavano e lo rendevano valido tra le parti, quale il pagamento del prezzo pattuito» (così in ricorso).
1.1. Il motivo è inammissibile in entrambi i profili.
La Corte d’appello ha, al punto 3 delle «ragioni in fatto e in diritto» della sentenza , riportato che l’appellante COGNOME ha, con il primo dei due motivi di impugnazione, lamentato l’inopponibilità del preliminare perché privo di data certa; dopo avere argomentato sulla sussistenza dell’interesse ad agire dei due attori appellati, ha, quindi, al successivo punto 6.4., motivato in merito alla sussistenza di una scrittura privata preesistente al contratto dichiarato simulato.
Ciò precisato, il ricorrente non ha specificamente censurato l’interpretazione dell’atto di appello e dei motivi articolati, neppure nei limiti, peraltro, in cui sarebbe stata sindacabile in questa sede quale giudizio di fatto riservato al giudice di merito: non risulta, infatti, dall’argomentazione del ricorso che non sia stat o riportato un motivo di impugnazione né che non sia stata resa decisione su un motivo.
Il ricorso, invero , di là del generico richiamo in rubrica all’art. 112 cod. proc. civ. (peraltro erroneamente svolto in riferimento al numero 3 e non al numero 4 dell’articolo 360) non contiene affatto una censura
di inosservanza del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato perché COGNOME ha sostanzialmente lamentato che la motivazione di rigetto non abbia investito ogni argomento da lui posto a fondamento del motivo di appello.
Deve, quindi, qui ribadirsi che il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato comporta il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda di merito e deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione, attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del petitum , rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto proponibile soltanto dall’interessato , oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo ( causa petendi ) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda (Cass. Sez. 6 – 1, n. 15255 del 04/06/2019, con numerosi richiami).
In conseguenza, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non è sufficiente la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica, in particolare, quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (Cass. Sez. 3, n. 2151 del 29/01/2021; Sez. 1, n. 10636 del 09/05/2007).
1.2. Il secondo profilo, articolato in riferimento al n. 5, risulta pure inammissibile ex art. 348 ter, comma V, cod. proc. civ., nella formulazione applicabile ratione temporis , introdotta dall’art. 54 d.l. 22
giugno 2012, n. 83, conv., con modif., in l. 7 agosto 2012, n. 134, per essere stato l’appello introdotto nel 201 5: la decisione di secondo grado ha, infatti, sostanzialmente confermato la sentenza di primo grado con una pronuncia doppiamente conforme.
Per principio consolidato, invero, ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», rilevante ex art. 348 ter, commi 4 e 5, cod. proc. civ., non soltanto quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass. Sez. 6 – 2, n. 7724 del 09/03/2022).
Con il secondo motivo, il ricorrente ha denunciato, in relazione al n. 3 del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ., la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. in combinato disposto con l’art. 2729 cod. civ. e dell’ art. 115 cod. proc. civ.: ha rappresentato, in particolare, di avere specificamente contestato l’opponibilità del presunto contratto preliminare di compravendita e delle presunte quietanze di pagamento, l’inopponibilità dei predetti documenti e che, tuttavia, la Corte d’appello ha ugualmente ritenuto provata la domanda.
2.1. Anche questo motivo è inammissibile per più ragioni.
Innanzitutto, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non, invece, laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto
delle prove proposte dalle parti (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18092 del 31/08/2020; Sez. L, n. 17313 del 19/08/2020; Sez. 3, n. 13395 del 29/05/2018).
2.2. Quanto, poi, alla dedotta violazione dell’art. 2729 cod. civ., questa Corte ha già stabilito che il vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo, per essere sindacabile, deve essere prospettato in riferimento all’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, non certamente -come accaduto nella specie -come sola prospettazione di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito che avrebbe potuto essere fondato su un elemento indiziario invece trascurato.
Invero, spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alla presunzione, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge e perciò è escluso, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato da tempo risalente, che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo: la critica, infatti, non può concretarsi nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito, come prospettato in ricorso, anche con il terzo motivo di seguito esaminato (sulla costruzione della censura di legittimità al ragionamento presuntivo, Cass. Sez. 2, n. 9054 del 21/03/2022, con indicazione di numerosi precedenti).
2.3. Infine, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio); la diversa
doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre è, invece inammissibile perché questa attività valutativa è consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. : nell’argomentazione del ricorso in esame non è stata rappresentata alcuna delle ipotesi qui indicate come ammissibili.
Con il terzo motivo, COGNOME ha lamentato, in relazione al n. 3 del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1414, 1415 e 1416 e dell’art. 2697 cod. civ.: la Corte di Appello ha confermato la sentenza di primo grado sulla sussistenza dei plurimi indizi di simulazione assoluta, ma « l’anello mancante per la chiusura del cerchio probatorio coltivato dagli appellati e fatto proprio dalla Corte territoriale per la dimostrazione della simulazione assoluta, è costituito dal mancato riscontro in ordine alla perdurante sfera di dominio e/o di influenza della società sulle sorti del bene immobile» (così in ricorso); avrebbe, inoltre, erroneamente ritenuto rilevante l’anteriorità della diffida ad adempiere e significativi alcuni indizi, riportati, che in effetti non lo erano.
3.1. Il motivo è inammissibile per le ragioni già esposte ai punti 2.1. e 2.2. sulla prospettazione della violazione dell’art. 2697 cod. civ. e sulla formulazione della critica al ragionamento presuntivo: pur denunciando ipotesi di violazione di legge, il ricorrente chiede, in realtà, un riesame dei fatti preclusa in questa sede di legittimità.
Il ricorso è perciò respinto, senza alcuna statuizione sulle spese perché gli intimati non hanno svolto difese.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di Cassazione del 29 gennaio 2025.
La Presidente NOME COGNOME