Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21938 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 21938 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentate e difese dall’Avvocat o NOME COGNOME
Ricorrenti
contro
COGNOME Diego , rappresentato e difeso da ll’Avvocato
NOME COGNOME Controricorrente-Ricorrente incidentale
e
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME
Controricorrente
e
COGNOME.
Intimato
avverso la sentenza n. 790/2020 della Corte di appello di Lecce, depositata il 19.8.2020.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27.6.2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. ssa NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, assorbito l’incidentale condizionato .
Udite le difese svolte dall’Avvocato NOME COGNOME per le ricorrenti principali.
Fatti di causa
Con sentenza n. 790 del 19.8.2020 la Corte di appello di Lecce, accogliendo gli appelli proposti da NOME e COGNOME Diego, in totale riforma della decisione di primo grado, rigettò la domanda proposta da COGNOME NOME, vedovo di NOME NOME, cui erano subentrate nel corso del processo le eredi COGNOME NOME e COGNOME NOME, volta a dichiarare la simulazione assoluta del contratto con cui, in data 23.3.2001, NOME, quale procuratrice della madre NOME aveva venduto a COGNOME NOME un immobile sito in Lecce per il prezzo di euro 152.000,00, con conseguente accertamento che il predetto bene era compreso nell’asse ereditario della moglie.
La Corte motivò la sua decisione affermando che non era stata data prova della simulazione del contratto di vendita, risultando, al contrario, che l’alienazione del bene era stata effettivamente voluta dai contraenti, essendo stato dimostrato il pagamento del prezzo, versato mediante assegni emessi in favore di NOME e dalla stessa girati alla figlia NOME che li aveva incassati, nonché l ‘esecuzione del contratto, essendo stato il bene immobile consegnato all’acquirente, che vi era andato a vivere insieme alla stessa NOME NOME e vi aveva stabilito la propria residenza.
Per la cassazione di questa sentenza hanno proposto ricorso COGNOME NOME e COGNOME NOME affidato a cinque motivi.
COGNOME NOME e NOME NOME hanno notificato distinti controricorsi ed il primo anche ricorso incidentale condizionato, sulla base di quattro motivi. COGNOME NOME non ha svolto attività difensiva.
Il P.M. e le parti controricorrenti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1.Il primo motivo del ricorso principale proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOME denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e degli artt. 1414, 2722-2729 e 2697 c.c..
Premesso che parte attrice rivestiva rispetto alla domanda di simulazione la posizione di terzo, con conseguente possibilità di provare l’apparenza del contratto anche mediante presunzioni, si assume che la valutazione del compendio probatorio condotta dalla Corte di appello si è concentrata solo su due elementi di prova, peraltro non decisivi, il pagamento del prezzo ed il trasferimento del possesso del bene, trascurando invece una serie di elementi e circostanze che, se esaminate, avrebbero dimostrato la simulazione del contratto. Il giudice di merito avrebbe invece dovuto fare ricorso alla prova per presunzione, valutando sia singolarmente che unitariamente tutte le circostanze emerse dall’istruttoria.
Nello specifico, la Corte di appello ha omesso di considerare e di dare appropriato rilievo ai seguenti elementi di fatto: gli assegni bancari con cui si assume il prezzo sia stato pagato erano stati girati da NOME alla figlia NOME e da questa incassati, senza che la relativa somma sia mai entrata nel patrimonio della venditrice; il bene compravenduto risultava abitato dalla stessa NOME NOME, che vi conviveva con COGNOME NOME; il pagamento non era stato effettuato in unica soluzione, ma con otto assegni bancari, aventi data precedente sia alla vendita che alla procura a vendere, ad eccezione di uno che era successivo all’atto notarile; il bene era stato venduto ad un prezzo notevolmente inferiore alla stima del suo valore di mercato di euro 237.630,75, effettuata dal consulente tecnico d’ufficio; il legame di convivenza tra la procuratrice NOME e l’acquirente; la circostanza che l’atto di vendita fosse stato stipulato il giorno successivo a quello di rilascio della procura a vendere e poco prima del decesso di NOME; la precisazione, contenuta nell’atto di vendita , che il prezzo era stato già pagato alla parte acquirente, la quale ne aveva rilasciato quietanza; il fatto che il pagamento del prezzo non avesse carattere effettivo e satisfattorio, essendo avvenuto dietro semplice rilascio di assegni di conto corrente privi di provvista, atteso che il
giorno stesso in cui erano stati addebitati dalla banca COGNOME aveva ricevuto un bonifico di pari importo; l ‘ assenza, dopo la morte di NOME, dei mobili e degli arredi dell’appartamento; l’avere la vendita sottratto al patrimonio della venditrice l’unico bene posseduto.
Il secondo motivo del ricorso principale denuncia, in via subordina rispetto al precedente, violazione e falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c. e 2727, 2729 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto provato il pagamento del prezzo dell a compravendita, senza che fosse dimostrata l’effettiva acquisizione e permanenza del corrispettivo nel patrimonio della parte alienante, tale da far ritenere che il pagamento suddetto fosse reale e non fittizio.
Il terzo motivo del ricorso principale denuncia vizio di omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, costituiti dalle circostanze già indicate nel primo motivo.
I primi tre motivi del ricorso principale, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione oggettiva, sono in parte inammissibili e per il resto infondati. La Corte di appello ha rigettato la domanda diretta ad accertare la simulazione assoluta del contratto di vendita stipulato da NOMECOGNOME quale procuratrice di COGNOME NOMECOGNOME e COGNOME Diego sulla base del rilevo che non era stata dimostrato che le parti stipulanti non avessero voluto il trasferimento dell’immobile e che , al contrario, emergeva la prova che le parti avessero voluto effettivamente vendere ed acquistare, tenuto conto che il prezzo era stato pagato e che il contratto aveva avut o esecuzione, avendo l’acquirente COGNOME preso possesso materiale del bene, destinandolo a propria abitazione e fissandovi la residenza.
La motivazione della decisione costituisce una risposta diretta al thema decidendum introdotto dalla parte attrice con l’azione proposta , tenuto conto che la simulazione assoluta di un contratto è riscontrabile nel caso in cui le parti pongano in essere un negozio solo apparente e non voluto, dichiarando formalmente di concludere un contratto ma con l’accordo che esso non produca alcuno degli effetti che l’ordinamento gli riconosce. Questa precisazione esercita diretta rilevanza ai fini dell’esame delle censure sollevate dal ricorso, rappresentando la prospettiva corretta, come rilevato in premessa della
motivazione dalla stessa Corte di appello, per lo scrutinio degli elementi di prova acquisiti in giudizio, dovendo essi essere valutati nella misura in cui siano dimostrativi, in via diretta o indiretta, della natura meramente fittizia dell’atto di compravendita impugnato.
Tanto precisato, la censura che lamenta il mancato ricorso da parte del giudice di merito alla prova presuntiva appare inammissibile sotto un duplice profilo.
In primo luogo perché, second o l’indirizzo consolidato di questa Corte, essendo l’utilizzo della prova per presunzione semplice affidato dalla legge alla ‘prudente’ valutazione del decidente (art. 2729 cod. civ.), spetta al giudice di merito valutare la possibilità di fare ricorso a tale tipo di prova, scegliere i fatti noti da porre a base della presunzione e le regole d’esperienza tramite le quali dedurre il fatto ignoto, e la ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge; trattandosi di apprezzamento affidato alla valutazione discrezionale del giudice di merito, esso è sottratto al sindacato di legittimità (Cass. n. 2482 del 2019; Cass. n. 101 del 2015; Cass. n. 8023 del 2009).
In secondo luogo, dovendosi evidenziare che il ricorso a tale tipo di prova presuppone la presenza di elementi di fatto dotati dei requisiti di gravità, di precisione e di concordanza , capaci di giustificare l’ inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota ( Cass. S.U. n. 1785/2018; Cass. n. 9054 del 2022; Cass. n. 18611 del 2021; Cass. n. 19485 del 2017; Cass. n. 17535 del 2008 ). Si è in proposito precisato che la gravità allude ad un concetto logico, in forza del quale la presunzione si deve fondare su un ragionamento probabilistico, per cui dato un fatto A noto appare probabile che si sia verificato il fatto B, secondo un criterio di normalità, senza che occorra che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale (Cass. n. 3513 del 2019; Cass. n. 22656 del 2011).
Sulla base di questi principi, il giudizio della Corte di appello, che non ha riconosciuto agli argomenti addotti dalla parte attrice valenza probatoria del fatto che le parti non abbiano voluto la vendita, cioè il trasferimento della proprietà dell’immobile all’acquirente COGNOME costituisce non solo un accertamento di fatto, come tale di competenza esclusiva del giudice di merito, e non sindacabile, per tale ragione, in sede di giudizio di legittimità, ma si sottrae anche alle
censure di violazione dell’art. 2729 c.c. e di omesso esame di fatti decisivi. Le circostanze dedotte nei motivi, infatti, appaiono prive del requisito di gravità, necessario per fondare il ragionamento presuntivo invocato dal ricorso e, conseguentemente, di quello della decisività richiesto ai fini della cassazione della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.5 c.p.c.. Nessuno di essi ha valenza anche indiziaria del fatto costitutivo della domanda di simulazione, rappresentato, come sopra evidenziato, dalla mera apparenza e fittizietà del trasferimento della proprietà del bene. Nessun rilievo sotto tale profilo può infatti attribuirsi al fatto che il prezzo di vendita fosse inferiore al valore reale dell’immobile, al rapporto di convivenza tra NOME e l’acquirente, al fatto che gli assegni non vennero versati sul conto della venditrice ma da questa girati alla figlia, che li aveva incassati, ovvero alla prossimità temporale tra la procura e il rogito notarile. Anche le altre circostanze dedotte appaio prive di forza indiziaria. Significativamente il ricorso non illustra le ragioni per cui esse, singolarmente ovvero unitariamente considerate, dovrebbero portare a dimostrare che il trasferimento del bene non era voluto dalle parti e che tra loro vi era accordo per una vendita solo fittizia. La stessa prospettazione di alcuni passi del ricorso, che evocano quale intento dell’atto quello di sottrarre il bene al patrimonio della venditrice e quindi ai suoi futuri eredi, confermano, al contrario, che la vendita è stata effettivamente voluta dalle parti. Sotto tali profili il motivo è generico ed anche contraddittorio e si risolve in una mera ed apodittica ricostruzione alternativa dei fatti.
Anche le censure in ordine al pagamento del prezzo ed alla trasmissione del possesso dell’immobile in capo all’acquirente, dedotte sotto il profilo della violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non sono in grado di superare il preliminare vaglio di ammissibilità, in quanto investono accertamenti di fatto svolti dal giudice di merito, che ha affermato che gli assegni dati in pagamento risultavano incassati e che, a seguito della vendita, l’acquirente aveva preso possesso della casa, abitandovi e fissandovi la propria residenza. La questione della acquisizione definitiva del prezzo di vendita è estranea all’accertamento richiesto mediante l’azione di simulazione assoluta, una volta considerato che, come precisato dalla decisione impugnata, la girata degli assegni da parte della
venditrice costituisce atto di disposizione dei titoli, che devono pertanto ritenersi entrati nel patrimonio dell’alienante.
E ‘ noto, del resto, che, in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c. è deducibile solo quando il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, mentre la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. un. n. 20867 del 2020).
3. Il quarto motivo del ricorso principale denuncia nullità della sentenza per contraddittorietà della motivazione e travisamento della prova, per avere la Corte di appello affermato, da un lato, che l’acquirente COGNOME aveva , per effetto della vendita, acquisito il possesso dell’immobile e, dall’altro, che in esso vi abitava NOME, convivente con lo stesso COGNOME.
Il motivo è infondato.
Come già evidenziato, la Corte di appello ha motivato la sua decisione di rigetto della domanda di simulazione anche sul rilievo che il contratto di vendita aveva avuto esecuzione, avendo l’acquirente preso possesso dell’immobile, abitandovi insieme a NOME NOME e fissandovi la sua residenza. La circostanza evidenziata che anche la COGNOME , convivendo con COGNOME, abitasse l’appartamento da lei venduto in qualità di procuratrice della madre, non configura alcuna contraddizione, ma costituisce una mera precisazione di fatto,
che non contrasta con l’affermata acquisizione del possesso dell’immobile da parte de ll’ acquirente.
4. Il quinto motivo del ricorso principale denuncia violazione dell’art. 115 c.p.c., censurando la decisi one per avere ritenuto che l’acquirente aveva acquisito il possesso dell’immobile venduto, in mancanza di alcun riscontro probatorio sull’esercizio dei poteri previsti in capo al possessore dall’art. 1140 c.c..
Anche quest’ultimo motivo è manifestamente infondato.
La Corte di appello ha ritenuto che l’acquirente aveva preso possesso dell’immobile acquistato, risultando pacifico che lo abitasse ed avesse ivi stabilito la propria residenza, circostanze che, a ll’evidenza , manifestano l’esercizio del possesso sulla cosa.
5. Il ricorso principale va pertanto respinto. Il ricorso incidentale, proposto in via condizionata, va dichiarato assorbito.
Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti principali , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale , dichiara assorbito l’incidentale; condanna le ricorrenti principali COGNOME NOME e COGNOME NOME al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge, per ciascuna parte controricorrente.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti principali , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2025.