Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12324 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12324 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 432/2023 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliata in PADOVA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in PADOVA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA n. 1965/2022 depositata il 15/09/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conveniva innanzi al Tribunale di Padova NOME COGNOME per sentir dichiarare la simulazione assoluta del contratto di compravendita notarile intercorso tra le parti riguardante un immobile sito a Cervarese Santa Croce occupato da parte attrice. In via subordinata, chiedeva che venisse accertata la sua piena proprietà del medesimo bene, contrariamente a quanto risultante dal medesimo atto notarile.
Sosteneva l’attrice che NOME COGNOME aveva agito in sede monitoria contro di lei per la soddisfazione di un credito, accertato in corso di giudizio, scaturente da una dichiarazione debitoria da quest’ultima rilasciata, inserita in una complessa vicenda di «truffa internazionale»; contestualmente, il COGNOME agiva contro le odierne parti per ottenere la declaratoria di simulazione della compravendita dell’immobile di cui è causa, al fine di non vedersi opposto il trasferimento della proprietà del bene, in vista di una esecuzione a tutela del suo credito litigioso.
Concludeva, dunque, l’attrice che l’operazione asseritamente simulata sarebbe stata posta in essere tra lei e COGNOME per proteggere l’immobile di cui si discute dall’azione esecutiva del COGNOME.
Si costituiva il convenuto, eccependo il giudicato di altro giudizio intercorso tra le parti ed il terzo, NOME COGNOME con il quale il Tribunale di Padova e la Corte d’Appello di Venezia avevano accertato, con decisione passata in giudicato, la non opponibilità al terzo del contratto per simulazione.
1.1. Il Tribunale adìto rigettava le domande attoree, affermando l’ inopponibilità della compravendita al terzo COGNOME, comunque non utilizzabile come giudicato esterno in ragione del differente regime dell’onere della prova della simulazione che vige tra le parti dell’accordo, e tra queste ultime e i terzi . Riteneva inammissibili le istanze istruttorie introdotte per la prima volta solo con la seconda memoria, nella quale l’attrice aveva fornito una terza ricostruzione dei fatti per come svoltisi rispetto a quelle prospettate nel corso del primo giudizio davanti al Tribunale. Dichiarava, infine, priva di alcuna prova la dedotta simulazione assoluta.
Impugnava la pronuncia di primo grado NOME COGNOME innanzi la C orte d’Appello di Venezia, che con la sentenza in epigrafe – rigettava il gravame così argomentando:
con la seconda memoria istruttoria cui fa riferimento il giudice di prime cure, NOME COGNOME aveva allegato «una complessa operazione ‘ transnazionale ‘ di investimento di cui si sarebbe occupato il marito NOME. COGNOME NOME, in Slovenia», operazione nella quale il COGNOME, unitamente ad altre persone avrebbe «investito» consistenti somme nell’affare, consegnandole a NOME COGNOME, e non all’appellante. Tale operazione si rivelava essere, a detta dell’appellante, una enorme truffa. A giudizio della Corte d’Appello, con questa versione dei fatti la sig.ra COGNOME aveva modificato in termini inammissibili la causa petendi ;
-in ogni caso, al di là della tardività ed inammissibilità dell’allegazione di quest’ultima versione, peraltro completamente inverosimile, si osserva che le eccezioni al divieto di prova testimoniale, tra gli asseriti «simulati contraenti», come nel caso che ci occupa, nell’ipotesi di «simulazione assoluta» erano esclusivamente quelle di cui all’art. 2724 cod. civ.: principio di prova scritta, impossibilità
materiale e/o morale di procurarsi lo scritto, perdita incolpevole del documento preesistente. Nessuno di questi casi si era verificato nella fattispecie in esame;
correttamente, dunque, il Giudice del primo grado aveva ritenuto che l’asserita «simulazione assoluta» fosse rimasta priva di alcun riscontro probatorio, non essendo ammissibili le prove dedotte e sopra richiamate;
-quanto ai presupposti necessari per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, revocato dal giudice di prime cure, riteneva il Collegio di confermare la decisione del Tribunale che aveva reputato manifestamente infondata la domanda, atteso che nessuna controdichiarazione era stata prodotta con l’atto introduttivo, idonea a scardinare il divieto di prova orale di cui agli artt. 2721, 2724 e 1417 cod. civ.
La suddetta pronuncia veniva impugnata dal NOME COGNOME per la cassazione, e il ricorso affidato a quattro motivi.
Resisteva NOME COGNOME depositando controricorso illustrato da sintetica memoria.
A séguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, la ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380bis , comma 2, cod. proc. civ.
E’ utile precisare che, a séguito della decisione di questa Corte resa a Sezioni Unite (Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024), e per le ragioni ivi chiarite, la partecipazione del Consigliere Delegato proponente, in qualità di componente del Collegio che definisce il presente giudizio, non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su uno o più punti decisivi della controversia. La ricorrente censura l’impugnata sentenza in quanto ritiene del tutto insufficiente e contraddittoria la motivazione volta a chiarire la singolare posizione assunta dalla Corte Veneziana circa la possibilità che la fattispecie per cui è causa possa essere definita in maniera significativamente diversa ( rectius : opposta) rispetto alla controversia composta attraverso la causa civile definita dal Tribunale di Padova (e confermata in sede di appello) che aveva statuito la simulazione del contratto di vendita dell’immobile di cui si discute nei confronti del terz o creditore COGNOME. L’orientamento della Corte di legittimità citato in sentenza (Cass. Civ. n. 4371/1995) si inserisce -spiega la ricorrente – in un contesto dell’azione di simulazione promossa dal terzo in cui le parti contraenti sostengono la realtà del negozio impugnato, verificandosi in queste ipotesi quella «convergenza di interessi per sostenere la validità e l’efficacia del negozio impugnato» tra le parti contraenti che non consente di estendere l’efficacia del giudicato formatosi sulla simulazione nei confronti delle stesse parti contraenti. Questo ragionamento non potrebbe valere nelle diverse ipotesi, come quella che ci occupa, in cui le parti contraenti hanno ammesso la natura simulata del contratto, ove deve riconoscersi l’estensione anche alle parti contraenti dell’efficacia del giudicato della sentenza che accerta la natura simulata del contratto nei confronti del terzo. Argomentando diversamente, si consentirebbe un insanabile contrasto di giudicati, in ragione del quale il simulato venditore sarebbe da un lato chiamato a rispondere verso il terzo in ragione della accertata perduranza in capo a sé della proprietà del bene simulatam ente compravenduto, ma, dall’altro, gli risulterebbe negato quel medesimo diritto di proprietà proprio in virtù del quale egli ha
soddisfatto le pretese del terzo. Inoltre, aggiunge la ricorrente che la motivazione apodittica resa dalla Corte d’Appello veneziana riguarderebbe anche l’asserita tardività delle memorie istruttorie nonché l’affermazione della sussistenza di mutatio libelli .
1.1. Il primo motivo è inammissibile.
C on esso si lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di uno o più punti della controversia. Sul tema, va ribadito che, ormai dal 2012, «non sono più ammissibili le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (per tutte: Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022, Rv. 664120).
Ora, pur in assenza di espresso riferimento al n. 5) dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., la censura chiaramente ad esso si riferisce, laddove ritiene che la Corte territoriale abbia omesso di spiegare l’ammissibilità di un contrasto tra giudicati. L’inammissibilità deriva dal fatto che si verte in u n’ipotesi di «doppia conforme» prevista dall’art. 360, comma 4, cod. proc. civ., in virtù del quale il ricorrente per cassazione, al fine di evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5) cod. proc. civ. per difetto di specificità, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( ex plurimis : Sez. 6-2, n. 8320 del 2022-Rv.
664432 – 01; Sez. 3, 14.07.2022, n. 22244; Sez. L, 20.07.2022, n. 22782; Sez. 6-2, 15.03.2022, n. 8320; Sez. L, 06.08.2019, n. 20994). Nella specie, la ricorrente non ha indicato le ragioni di diversità fra le due pronunce.
La questione riguardante la tardività delle istanze istruttorie e la mutatio libelli sarà esaminata appresso, costituendo oggetto del secondo mezzo di gravame.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione ed errata applicazione della norma di diritto, ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in relazione alla norma di cui all’art. 183 , comma 6, n. 2) cod. proc. civ. La Corte d ‘ Appello di Venezia avrebbe omesso di applicare nel modo corretto il disposto di cui all’art. 183 , comma 6 n. 2, codice di rito, ritenendo inammissibili per tardività le istanze istruttorie avanzate dall’appellante COGNOME nella propria seconda memoria istruttoria , in quanto asseritamente afferenti ad una presunta «terza versione» (relativa alla «truffa internazionale»). In tesi, a giudizio della ricorrente, la Corte lagunare avrebbe errato nel ritenere che le istanze istruttorie avanzate dall’appellante consistessero in una modificazione della causa petendi : la vicenda della truffa internazionale – peraltro racchiusa in 3 dei 15 capitoli di prova -rappresenta la narrazione di un fatto secondario, antefatto a monte della situazione che ha determinato le parti in causa a procedere alla vendita simulata, dedotto in giudizio con esclusiva funzione probatoria , al fine di dimostrare l’esistenza dei fatti principali esposti nell’atto di citazione.
2.1. Il motivo è infondato.
Va premesso che, nel caso che ci occupa, l’erronea interpretazione delle domande non è censurabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., perché non pone in discussione il significato della norma ma la sua concreta applicazione operata dal giudice di merito, il cui
apprezzamento, al pari di ogni altro giudizio di fatto, può essere esaminato in sede di legittimità soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione, entro i limiti in cui tale sindacato è ancora consentito dal vigente art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. ( ex plurimis : Sez. 61, n. 31546 del 03.12.2019).
In tal caso, il dedotto errore del giudice non si configura come error in procedendo , ma attiene al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte (Cass. n. 20718 del 13 agosto 2018).
Tuttavia, per le ragioni sopra indicate (punto 1.1.) , il n. 5) dell’art. 360 del codice di rito non può trovare applicazione al caso di specie.
2.2. Ciò detto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la qualificazione giuridica della domanda spetta al giudice del merito sulla base dei fatti dedotti dall’attore.
E’ stato, infatti, ripetutamente affermato che il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante, mentre incorre nel vizio di omesso esame ove limiti la sua pronuncia alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell’effettivo suo contenuto sostanziale (cfr. Sez. 6 – 1, n. 118 del 07/01/2016 (Rv. 638481; Sez. 3, n. 26159 del 12/12/2014 Rv. 633524; Sez. 2, n. 7322 del 14/03/2019 Rv. 652943; Sez. 1, n. 23794 del 14/11/2011 Rv. 620426).
2.2.1. Nel caso che ci occupa, la Corte territoriale ha esaminato i fatti narrati nella causa promossa nei suoi confronti da NOME COGNOME
ove la convenuta opponeva la revocatoria della compravendita immobiliare intervenuta tra Fasolo e Lattenero, dapprima sostenendo la piena e completa verità dell’operazione di vendita degli immobili in Cervarese S. Croce al Lattenero, per poi successivamente ammettere di avere ricevuto la somma di almeno € . 350.000,00 «in prestito» da quest’ultimo, di avere sottoscritto un preliminare di vendita e conferito una procura allo stesso come «garanzia» della restituzione.
Ha, poi, contrapposto detti fatti ad un’ulteriore versione , contenuta nella seconda memoria istruttoria del primo grado del presente procedimento (apparsa alla Corte territoriale come implausibile e tardiva), ove l’attrice allegava una «complessa operazione transnazionale» di investimento, rivelatasi un’enorme truffa (v. sentenza p. 8, punti 13-15).
Dal complesso delle vicende dedotte, il giudice di seconde cure ha tratto il convincimento che il contenuto sostanziale della pretesa si risolvesse in una mutatio libelli : convincimento non sindacabile in questa sede, in quanto scevro da incongruenze logico-giuridiche.
3. Con il terzo motivo si deduce violazione ed errata applicazione della norma di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., in relazione alla norma di cui all’art. 2724 n. 2 cod. civ. Con il mezzo di gravame v iene contestata la mancata o l’errata applicazione della norma di cui all’art. 2724 n. 2 cod. civ.: ove la Corte veneziana avesse ammesso le prove per interpello e testi, sarebbe emerso che parte dei capitoli di prova (non ammessi dal Tribunale prima e dalla Corte d’appello poi) erano diretti a comprovare il rapporto di amicizia esistente all’epoca tra la Fasoli e il Lattenero , tale da non consentire alla prima di procurarsi la c.d. «controscrittura» utile ai fini della prova della simulazione. Detto rapporto personale costituiva il presupposto richiesto dal secondo comma dell’art. 2724 cod. civ. ai fine di poter
invocare un’eccezione al divieto di prova testimoniale, ovvero la sussistenza di un impedimento morale al procurarsi una prova scritta della simulazione.
3.1. Il motivo è inammissibile, in quanto la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili (per tutte: Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330 – 01).
Come rilevato supra , punto 2.2.1 la Corte territoriale si è soffermata sul contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, e da tanto ne ha tratto l’insussistenza dell’impossibilità morale e/o materiale per l’appellante di procurarsi la controdichiarazione . Convincimento che, come già evidenziato, esclude il sindacato di questa Corte, in quanto congruamente e logicamente motivato.
Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione (art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.) dell’art. 126 D.P.R. 30.05.2002, n. 116. La sentenza del giudice di seconde cure viene qui impugnata nella parte in cui ha deciso di non ammettere NOME COGNOME al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, revocandolo, con conseguente rigetto dell’istanza di liquidazione, avendo riten uto la domanda manifestamente infondata, non risultando in atti la controdichiarazione necessaria per superare il divieto di prova orale. Obietta la ricorrente che sin dal principio le domande promosse dall’allora parte attorea ben si fondassero principalmente sull ‘istanza di accertamento della sussistenza della proprietà dell’immobile in capo alla stessa COGNOME, sulla base dell’efficacia del sopravvenuto giudicato della sentenza del Tribunale di Padova n. 8508/2008, il cui
procedimento aveva interessato tanto l’odierna ricorrente quanto la parte resistente.
4.1. Il motivo è infondato.
Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che è motivo di revoca dell’ammissione al patrocinio sia l’aver agito o resistito in giudizio con dolo o colpa grave, sia la rivalutazione giudiziale dell’iniziale giudizio prognostico sulla stessa manifesta infondatezza della pretesa (cfr. Cass. Sez. 2, 17/10/2018, n. 26060), dipendente dall’avere agito senza la necessaria cauta diligenza che la legge impone, ove si voglia stare in giudizio a spese dell’erario, e implica, di necessità, la ricorrenza della colpa grave, spettando al giudice di merito che procede stabilire se la manifesta infondatezza vi sia oppure no (Sez. 6 – 2, n. 27203 del 2020, Rv. 659909 – 01; Sez. 6, n. 24109 del 27/9/2019, Rv. 655453).
4.2. Da quanto sopra, risulta chiara la posizione della Corte territoriale , che ha escluso la ricostruzione dell’appellante mirante a far valere la simulazione della vendita, anche per la tardività e comunque per l’inverosimiglianza dei fatti dedotti a fondamento; da tanto derivando il convincimento sulla manifesta infondatezza della pretesa.
5. In definitiva, il ricorso merita il rigetto.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagame nto dell’ulteriore somma ex art. 96, comma 4 cod. proc. civ., come liquidata in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della
somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. in favore della Cassa delle Ammende: Cass. S.U. n. 27195/2023).
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 10.500,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%;
condanna la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3 cod. proc. civ., al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di €. 10.500,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ., a l pagamento della somma di €. 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda