Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12813 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12813 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
R.G.N. 9792/2019
C.C. 24/04/2024
VENDITA
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 9792/2019) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona dei liquidatori legali rappresentanti pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato materialmente allegato al ricorso, dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, INDIRIZZO;
–
ricorrente – contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso, dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO;
– controricorrente –
e
NOME;
– intimata – avverso la sentenza della Corte di appello di Bari n. 115/2019 (pubblicata il 18 gennaio 2019);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 aprile 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
1. Con atto di citazione notificato nel maggio 2008, COGNOME NOME esponeva che, con precedente atto citazione del giugno 1999 (la cui domanda era stata trascritta il successivo 14 novembre 2002) aveva convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Foggia la RAGIONE_SOCIALE per ottenere sentenza ex art. 2932 c.c. con riferimento al contratto preliminare stipulato tra le parti il 3 novembre 1997, con il quale la citata società aveva promesso in vendita al COGNOME l’unità immobiliare ubicata in Foggia fra la INDIRIZZO e la INDIRIZZO (al primo piano, scala INDIRIZZO, int. INDIRIZZO), domanda che era stata accolta con sentenza del suddetto Tribunale n. 517/2003 (emessa in data 4 marzo 2003), confermata all’esito del giudizio di appello.
Sulla base di tale premessa il COGNOME, dopo aver più volte chiesto alla menzionata società la consegna dell’indicato immobile, a seguito di un’ispezione ordinaria delle trascrizioni e annotazioni presso la Conservatoria dei RR.II. era venuto a conoscenza che il suddetto immobile oggetto del preliminare era stato alienato, nel corso del giudizio di primo grado (e precisamente mediante atto pubblico del 2 luglio 2001, trascritto l’11 luglio 2001), dalla società promittente venditrice in favore di tale NOME.
Sulla scorta di ciò, con successivo atto di citazione -ritenendo che il suddetto atto di vendita, da considerarsi simulato o dolosamente preordinato allo scopo di sottrarre allo stesso l’immobile promesso in vendita -adiva lo stesso Tribunale di Foggia per far accertare l’illiceità di tale condotta e, quindi, dichiarare, la simulazione assoluta, ovvero, ai sensi dell’art. 2901 c.c., la nullità del relativo atto di compravendita sopravvenuto tra la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, con la derivante declaratoria di inefficacia delle relativa trascrizione, autorizzando lo stesso attore a proporre sul bene alienato l’opportuna azione esecutiva in forza dei titoli esecutivi in suo possesso, nonché a dichiarare la sua disponibilità a versare alla stessa società RAGIONE_SOCIALE il residuo prezzo di euro 45.481,12, ancora dovuto per il trasferimento della titolarità del diritto di proprietà sull’immobile controverso, oltre che al risarcimento
dei danni subito per effetto della sua ritardata consegna e dall’impedimento frapposto alla formale trascrizione della sentenza costituiva ex art. 2932 c.c.
Nella costituzione di entrambe le parti convenute (che instavano per il rigetto della domanda), l’adito Tribunale di Foggia, con sentenza n. 1416/2016, rigettava la domanda revocatoria ordinaria formulata in via principale dal COGNOME NOME per intervenuta prescrizione, accogliendo, per contro, la domanda di simulazione assoluta, ai sensi dell’art. 1414 c.c., con la conseguente dichiarazione di nullità dell’atto pubblico del 2 luglio 2011 concluso tra le due convenute avente ad oggetto la vendita della piena proprietà dell’immobile che aveva già costituito oggetto del preliminare di vendita tra la RAGIONE_SOCIALE e lo stesso attore ed in relazione al quale era intervenuta sentenza ex art. 2932 c.c., divenuta irrevocabile.
2. Decidendo sull’appello interposto, in via principale, dalla COGNOME NOME e nella costituzione di ambedue gli appellati (i quali proponevano, a loro volta, appello incidentale, il COGNOME in via condizionata), la Corte di appello di Bari, con sentenza n. 115/2019 (pubblicata il 18 gennaio 2019), rigettava l’appello principale e quello incidentale avanzato dalla società RAGIONE_SOCIALE e condannava la RAGIONE_SOCIALE e la citata società al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore del COGNOME.
A sostegno dell’adottata decisione, la Corte barese -disattesa l’eccezione pregiudiziale del COGNOME per asserita violazione dell’art. 342 c.p.c. -rilevava, innanzitutto, che l’azione di simulazione (assoluta e relativa) e quella revocatoria, pur diverse per contenuto e finalità, possono essere, tuttavia, proposte nello stesso giudizio in forma alternativa fra loro o anche, eventualmente, in via subordinata l’una rispetto all’altra, senza che la possibilità di esercizio dell’una preclu da la proposizione dell’altra.
Ciò chiarito e sul presupposto che il COGNOME NOME avesse, con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, dedotto che l’atto di compravendita intervenuto tra la RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE si sarebbe
dovuto ritenere affetto da simulazione assoluta (al fine di sottrare l’immobile al trasferimento in favore dello stesso COGNOME, che lo aveva chiesto ed ottenuto in virtù del vittorioso esperimento di altra precedente azione dal medesimo instaurata ai sensi dell’art. 2932 c.c.), la Corte territoriale ravvisava la correttezza della pronuncia di prime cure, che aveva rilevato la dedotta simulazione del citato atto di compravendita sulla scorta di plurimi elementi presuntivi tra loro convergenti.
In particolare, la sentenza di appello valorizzava, ritenendoli sufficienti a confermare la pronuncia di prime cure, quelli relativi: – alla mancata dimostrazione certa dell’intervenuto pagamento del prezzo prima della stipula della vendita (non essendo idonei i dedotti riscontri riconducibili agli assegni prodotti in causa); – alla mancata allegazione di una plausibile spiegazione delle ragioni per cui le parti avevano dichiarato nell’atto notarile di esser si accordate per un prezzo inferiore a quello che sarebbe stato in realtà corrisposto; -alla circostanza della contiguità temporale della rivendita del bene, prima al COGNOME e poco dopo alla NOME; – alla inusitata dilazione del pagamento del prezzo, senza garanzie, a decorrere dal dicembre 1999, ovvero ancor prima della dedotta immissione in possesso da parte della NOME e senza nessun documento di impegno tra le parti; all’inesistenza di un qualsivoglia contratto di comodato o di locazione o di promessa di vendita, nonostante la dichiarata trasmissione del possesso in favore della NOME prima che fosse avvenuta la stipula dell’atto pubblico di vendita.
Alla stregua di tutti tali elementi la Corte distrettuale confermava il convincimento già raggiunto dal primo giudice che la NOME avesse proceduto all’acquisto per effetto della simulazione, nel senso che, accordandosi con la società proprietaria, aveva inteso favorire la simulata alienante, per consolidare rispetto ai terzi lo scopo pratico perseguito con la simulazione, il che portava ad escludere -nella fattispecie -che potesse porsi un problema di tutela dell’affidamento
dell’acquirente sulla validità del titolo di acquisto, ancor più che il soggetto che aveva contestato la definitività dell’acquisto aveva agito in qualità di terzo pregiudicato dalla simulazione.
Contro la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione. Ha resistito con controricorso il solo intimato COGNOME NOME, mentre la
NOME non ha svolto attività difensiva in questa sede.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il proposto motivo, la ricorrente ha denunciato -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. -la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1417 e 2729 c.c. in relazione agli artt. 1414 e 1470 c.c.
In particolare, la società ricorrente ha inteso sostenere che -nella vicenda dedotta in causa -vi erano, pur volendosi convenire sulla ritenuta (e non ingiustificata) insufficienza della prova sul pagamento del prezzo, plurimi fatti incompatibili con l’asserita volontà delle parti di porre in essere un’alienazione solo fittizia dell’immobile, quali: -l’eccepito inadempimento del COGNOME avverso la sua domanda formulata ai sensi dell’art. 2932 c.c.; – la tardiva trascrizione di quest’ultima (avvenuta quattro anni e mezzo dopo la sua proposizione); -l’immissione in possesso dell’immobile in favore della NOME due anni e mezzo prima della suddetta trascrizione; la vendita dell’immobile alla stessa NOME un anno e mezzo prima della trascrizione della sua domanda da parte del COGNOME e due anni prima dell’accoglimento della domanda stessa; – la proposizione della domanda revocatoria o, in subordine, di simulazione assoluta della compravendita ad opera dello stesso COGNOME cinque anni dopo aver ottenuto la sentenza a lui favorevole emessa in applicazione del citato art. 2932 c.c.
Pertanto -aggiunge la ricorrente -il Tribunale di Foggia, prima, e la Corte di appello, poi, non avrebbero potuto ritenere raggiunta la prova della simulazione assoluta del contestato atto di compravendita intercorso tra la stessa e la NOME, deducendo che -al limite -gli elementi valorizzati nella sentenza impugnata avrebbero potuto
suffragare la possibile fondatezza dell’azione pauliana, tuttavia prescritta.
Il motivo non è fondato.
E’ importante, in via preliminare, sottolineare che -mediante la sua formulazione -la ricorrente non ha specificamente dedotto un vizio riconducibile al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., sotto il profilo dell’omesso esame di fatti decisivi che avrebbero potuto condurre alla conclusione dalla stessa perorata, ma solo una violazione di legge relativa agli articoli sopra indicati, così cercando di confutare il ragionamento presuntivo adottato dalla Corte di appello per giungere a ritenere la simulazione assoluta dell’atto di compravendita successivamente intercorso tra la stessa società ricorrente RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, richiedendo, perciò, nella sua essenza, una rivalutazione di merito degli elementi probatori complessivamente apprezzati dalla Corte di appello, ancorché -secondo la sua prospettazione – in modo non sufficiente.
In ogni caso, al di là della potenziale rilevanza dei fatti indicati con il motivo, la Corte di appello ha ricostruito comunque un complessivo quadro indiziario riconducibile alle distinte e plurime circostanze -tra loro coordinate e non parcellizzate – riportate in narrativa, tale da supportare plausibilmente la simulazione assoluta del contratto di compravendita intervenuto tra la società ricorrente e la RAGIONE_SOCIALE, ragion per cui non può ritenersi che la sentenza sia incorsa nelle violazioni di legge denunciate.
Nello specifico, la Corte salentina -confermando il convincimento già raggiunto dal giudice di primo grado -ha valorizzato, apprezzandone la convergenza e la univocità, tutta una serie di circostanze dalle quali ha desunto la simulazione assoluta dell’impugnato contratto, riconducibili alla mancata allegazione di una plausibile spiegazione delle ragioni per cui le parti avevano dichiarato nell’atto notarile di essere accordati per un prezzo inferiore a quello che sarebbe stato in realtà corrisposto, alla circostanza della contiguità temporale della rivendita del bene, prima al
NOME e poco dopo alla NOME, alla ingiustificata dilazione del pagamento del prezzo, senza la previsione di apposite garanzie, a decorrere da una data antecedente alla dedotta immissione in possesso da parte della NOME e senza nessun documento di impegno tra le parti, alla mancata allegazione di prova circa la conclusione di qualsivoglia contratto di comodato o di locazione o di promessa di vendita, nonostante la dichiarata trasmissione del possesso in favore della NOME prima che fosse avvenuta la stipula dell’atto pubblico di vendita.
Di contro, con una valutazione di merito sempre ispirata ad un criterio di sufficiente logicità ed adeguatezza, la Corte leccese ha, con motivazione del tutto plausibile, spiegato perché gli assegni a cui ha posto riferimento l’odierna ricorrente non potessero in difetto di ulteriori riscontri probatori -considerarsi propriamente idonei a comprovare l’effettiva corresponsione, da parte della NOME, di somme in favore della società oggi ricorrente, a titolo di corrispettivo per la compravendita dell’immobile dedotto in controversia, così come l’irrilevanza di altri elementi secondari addotti dalla società RAGIONE_SOCIALE.
Il collegio, poi, rileva che la circostanza allegata dalla ricorrente (di cui adduce l’omessa valutazione da parte dei giudici di merito) circa il mancato adempimento del pagamento del saldo, da parte del COGNOME, a cui era stata condizionato l’effetto del trasferimento dell’immobile con la sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c., non poteva certo assumere, di per sé e da sola, una significatività per legittimare la vendita successiva -da parte della ricorrente – dello stesso immobile in favore di un terzo, potendo, evidentemente, la società RAGIONE_SOCIALE avvalersi degli appositi rimedi giudiziali per ottenere l’adempimento integrale dell’obbligazione da parte del COGNOME o chiedere la risoluzione per inadempimento del rapporto giuridico legittimamente instauratosi a seguito dell’emanazione della suddetta sentenza costitutiva.
E’ appena il caso, infine, di ricordare che costituisce principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 28224/2008 e Cass. n. 22801/2014) che, in tema
di simulazione assoluta del contratto, nel caso in cui la relativa domanda sia proposta da terzi estranei al negozio, spetta al giudice del merito valutare l’opportunità di fondare la decisione su elementi presuntivi, da considerare non solo analiticamente ma anche nella loro convergenza globale, a consentire illazioni che ne discendano secondo l'”id quod plerumque accidit”, restando il relativo apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico, come venutosi a verificare nel vicenda in questione.
In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
Nulla va disposto sulle spese con riferimento al rapporto processuale tra la ricorrente e l’intimata COGNOME NOME, non avendo quest’ultim a svolto attività difensiva in questa sede.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P .R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano, in complessi euro 4.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P .R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della