Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2765 Anno 2024
sul ricorso n.3804/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato AVV_NOTAIO;
-ricorrenti –
contro
Banca Popolare di Milano Spa e NOME;
– intimati –
nonchè contro
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2765 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/01/2024
Fallimenti di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e del socio accomandatario COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME;
avverso la sentenza n. 2715/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 22/7/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che: 3804/2021
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 22 luglio 2020, in parziale accoglimento di appello principale presentato da NOME COGNOME e di appello incidentale presentato dai fallimenti rispettivamente di RAGIONE_SOCIALE e del suo socio accomandatario NOME COGNOME avverso sentenza n. 1624/2018 pronunciata dalla settima sezione civile fallimentare del Tribunale di Napoli, confermando che il COGNOME come acquirente e i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME quali alienanti avevano stipulato una compravendita di immobile in termini di simulazione assoluta, riduceva l’importo della restituzione dei frutti civili alla curatela fallimentare cui era stato condannato il COGNOME, rideterminando anche la relativa superficie dell’immobile da considerare, e rigettava il resto.
Hanno proposto ricorso, composto di cinque motivi, NOME e NOME COGNOME, eredi del padre NOME COGNOME, deceduto nelle more; si sono difesi con controricorso i due fallimenti. I ricorrenti hanno depositato memoria.
Considerato che:
1.1 Con il primo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c. in relazione a quanto è previsto sulla produzione di nuovi documenti in appello.
Si lamenta (si vedano le pagine 25- 27 del ricorso) la mancata ammissione in appello di alcuni documenti, che non sarebbero neppure documenti nuovi.
In sintesi, nel motivo scorrono argomentazioni alquanto varie, peraltro nessuna di loro essendo idonea ad affrontare quel che il giudice d’appello spiega al riguardo (si veda a pagina 5 della sentenza), ovvero che la documentazione avrebbe potuto essere prodotta tempestivamente in primo grado. Su questa specifica ratio decidendi il motivo appunto tace, così da incorrere nella inammissibilità (cfr., p. es., Cass. sez. 3, 18 aprile 2019 n.10815 e Cass. sez. 1, ord. 14 agosto 2020 n.17182).
Con il secondo motivo si denuncia, ancora ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., e falsa applicazione degli articoli 25 Cost. e 158 c.p.c. in ordine alla costituzione del giudice, in quanto la causa durante il primo grado venne a passare, sempre nel Tribunale di Napoli, da una sezione civile ordinaria alla sezione fallimentare.
La questione è stata in effetti attentamente esaminata e correttamente decisa dal giudice d’appello (si vedano le pagine 5-6 della sentenza), il quale si è avvalso di argomenti non confutabili: il giudicante che ha trattato la causa, ovvero quello cui fu affidata originariamente e in seguito quello della sezione fallimentare, appartengono al medesimo ufficio giudiziario – il Tribunale di Napoli -, per cui effettivamente non si è verificata la violazione degli articoli 25 Cost. e 158 c.p.c. denunciata nella presente censura, né si è configurato alcun allontanamento dal giudice naturale, dovendosi ritenere appunto unico il giudice in quanto unico è l’ ufficio giudiziario in cui è incardinato.
Il motivo, pertanto, è privo di ogni fondatezza.
Con il terzo motivo si denuncia, sempre in riferimento al l’ articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., ‘ violazione e falsa applicazione dei documenti in fotocopia ex art. 2719 c.c.’.
Ictu oculi , il motivo – presentato nelle pagine 30- 32 del ricorso – è palesemente inammissibile in quanto non vi si chiarisce quando questo tema sarebbe stato oggetto di appello, il che assorbe ogni altro profilo.
Con il quarto motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., ‘ violazione e falsa applicazione della simulazione assoluta ‘ di cui agli articoli 1414 e 1415 ss. c.c.
La censura, posta nelle pagine 32- 35 del ricorso, a una prima percezione sembrerebbe diretta invece -pertanto non conformemente con quanto esposto nella rubrica – a criticare l’utilizzo delle presunzioni gravi e precise e concordanti effettuato sia dal Tribunale (e quindi come se la censura potesse investire anche la sentenza di primo grado) sia dal giudice d’appello.
Tuttavia il vero oggetto della doglianza, a ben guardare, consiste in censure relative ai fatti che sarebbero stati accertati e agli elementi probatori utilizzati: il che risulta doppiamente inammissibile, aggiungendosi alla violazione del perimetro indicato dall’articolo 360 c.p.c. per il ricorso dinanzi al giudice di legittimità l’ulteriore violazione, essendo stati conformi i giudici di merito nelle loro decisioni, dell’articolo 348 ter, ultimo comma, c.p.c., qui ratione temporis ancora applicabile in quanto la soppressione dell’articolo 348 ter operata dall’articolo 3 d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 dispiega effetto nelle impugnazioni avverso sentenze depositate soltanto dopo il 28 febbraio 2023.
Con il quinto motivo, rapportato all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., si denuncia ‘ violazione e falsa applicazione dei principi per l’applicazione delle presunzioni semplici ‘ di cui agli articoli 2727 e 2729 c.c.
Si tratta di una censura del tutto analoga a quella precedente nella sua sostanza di perseguimento di un terzo grado di merito.
Invero, dopo richiami alla giurisprudenza attinente alle presunzioni, si passa (a partire da pagina 38 del ricorso) a confutare direttamente valutazioni probatorie e ad argomentare in ordine a quelli che in questa causa costituiscono semplici fatti, come protesti e stipulazione di contratto di locazione del bene.
Si giunge pertanto alla inammissibilità.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi di € 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater , d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 5 ottobre 2023