Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 117 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 117 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28288/2019 R.G. proposto da:
COGNOME domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, e con domicilio telematico, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME e COGNOME
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente – nonché contro
Oggetto: Azione di simulazione -Azione di nullità del contratto per illiceità e frode alla legge
R.G.N. 28288/2019
Ud. 14/11/2023 CC
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in GENOVA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente –
nonché contro
NOME COGNOME
-intimato – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO GENOVA n. 275/2019 depositata il 22/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 14/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 22 febbraio 2019, la Corte d’appello di Genova ha respinto gli appelli separatamente proposti da NOME COGNOME e da NOME COGNOME avverso la sentenza depositata dal Tribunale di Savona in data 1° ottobre 2013, la quale, a propria volta, aveva parzialmente accolto la domanda proposta da NOME COGNOME accertando il carattere assolutamente simulato del contratto con il quale il medesimo NOME COGNOME aveva venduto a NOME COGNOME la nuda proprietà di un immobile in Savona ma respingendo le domande proposte dall’attore nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME -resisi successivamente acquirenti del medesimo diritto, il primo da NOME COGNOME ed il secondo dallo stesso NOME COGNOME -e condannando quindi NOME COGNOME a corrispondere a ll’attore la somma di € 75.000,00 oltre accessori quale risarcimento dei danni.
Riuniti i due appelli, la Corte genovese ha disatteso, in primo luogo, l’appello di NOME COGNOME confermando la valutazione espressa dal giudice di prime cure in ordine al carattere simulato e non fiduciario del contratto di compravendita, alla luce dei contenuti della controdichiarazione prodotta dall’attore.
La Corte d’appello, poi, ha disatteso anche l’appello di NOME COGNOMEil quale veniva a dolersi del mancato accoglimento della domanda formulata nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOMErilevando che non vi era prova adeguata né della partecip azione dei due appellati all’intesa simulatoria intercorsa tra NOME COGNOME e NOME COGNOME né ‘di un pactum sceleris che coinvolga tali soggetti’ .
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Genova ricorre ora NOME COGNOME
Resistono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME
È rimasto intimato NOME COGNOME
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
Tutte le parti costituite hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
2.1. Il primo motivo di ricorso è, testualmente, rubricato:
‘A) Ex art. 360 I o C. N. 4 C.P.C. per error in procedendo in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c. con riguardo alla domanda giudiziale attorea di simulazione assoluta con conseguente dichiarazione di inesistenza e/o nullità radicale dell’atto di vendita di nuda proprietà COGNOME /
COGNOME NOME del 31.3.2004 e dell’atto di compravendita COGNOME NOME / COGNOME NOME del 6.4.2006 di cui alla lettera A) delle conclusioni attoree;
B) Ex art. 360 -I o C. N. 3 C.P.C. per violazione di legge in riferimento agli artt. 1414, 1415, 1416 e 1417 (derivante anche dalla sua pratica disapplicazione) afferenti alla simulazione -nella fattispecieassoluta, dalla quale discende l’inesistenza e/o nullità radicale e /o comunque l’invalidità e l’inefficacia dei due atti di compravendita summenzionati alla lettera A) e quindi la loro inopponibilità all’attore COGNOME;
C) Ex art. 360 -I o C. N. 3 C.P.C. per violazione/falsa applicazione di legge in riferimento agli artt. 2643, 2644, 2652 e 2653 c.c. nel senso che la trascrizione di un rogito di acquisto della proprietà (anche ‘nuda’) inficiato da simulazione assoluta è inefficace/inoperant e a fronte della successiva trascrizione della domanda giudiziale di accertamento di essa simulazione assoluta;
D) Ex art. 360 -I o C. N. 3 C.P.C. per violazione degli artt. 113 e 132 n. 4 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. per anomalia motivazionale costituzionalmente rilevante in quanto il vizio risultante dal testo della sentenza impugnata si concreta nella mancanza assoluta dei motivi sotto l’aspetto materiale e grafico e/o quantomeno in un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte territoriale:
-avrebbe omesso di esaminare e di pronunciarsi su una delle domande formulate dal ricorrente, e cioè la domanda volta ad accertare che i due contratti di vendita tra NOME COGNOME e NOME COGNOME da un lato, e tra NOME COGNOME e NOME COGNOME dall’altro lato, erano autonomamente simulati, avendo la Corte esaminato solo il profilo della
opponibilità ai medesimi NOME COGNOME e NOME COGNOME dell’accertamento del carattere simulato del primo contratto tra il ricorrente e NOME COGNOME
-avrebbe erroneamente ritenuto opponibili al medesimo ricorrente i suddetti contratti di compravendita, nonostante gli stessi, in quanto assolutamente simulati, dovessero ritenersi radicalmente nulli;
-avrebbe erroneamente ritenuto opponibile al ricorrente la trascrizione dei due contratti di compravendita, nonostante l’accertamento della natura simulata del contratto tra il ricorrente stesso e NOME COGNOME
-avrebbe, conseguentemente, adottato una motivazione apparente, caratterizzata da ‘inconciliabile ed illogica contraddittorietà e plateale travisamento dei fatti’ anche perché ‘espellendo la domanda di simulazione assoluta, ha cambiato la fattispecie oggetto di giudizio e quindi elaborato una motivazione incompatibile con la reale ed affettiva materia del contendere’ .
2.2. Il motivo è da ritenersi fondato entro gli specifici limiti che ci si appresta a precisare.
Infatti, come emerge anche dalle conclusioni formulate dal ricorrente in sede di appello e riprodotte nell’epigrafe della decisione impugnata, risulta che l’odierno ricorrente, oltre ad impugnare per nullità -dedotta peraltro in modo eterogeneo e non pienamente determinato sotto i vari profili dell’assenza di causa, della violazione di norme imperative e della frode alla legge -i tre successivi atti di alienazione posti in essere, rispettivamente, dallo stesso ricorrente in favore di NOME COGNOME da ques t’ultimo in favore di NOME COGNOME e, infine, dallo stesso NOME COGNOME in favore di NOME
COGNOME -e ciò deducendo la partecipazione di tutti e tre gli originari convenuti ad un unitario disegno di sottrazione del bene al medesimo ricorrente -ha altresì formulato domanda volta a conseguire l’accertamento del la natura autonomamente (ed assolutamente) simulata di ciascuno dei successivi tre atti di alienazione, laddove -si rammenta -il giudice di merito aveva accolto tale domanda solo relativamente al primo contratto tra NOME COGNOME e NOME COGNOME
Si deve osservare, a questo punto, che la decisione della Corte d’appello di Genova, pur menzionando esplicitamente quest’ultima, distinta, domanda nella sua integralità (pag. 18 della decisione), ha tuttavia di fatto omesso di statuire su di essa.
La Corte genovese, infatti, ha espressamente disatteso sia la domanda volta ad accertare l’opponibilità ex art. 1415 c.c. del l’accertamento della simulazione assoluta della prima alienazione ai successivi terzi acquirenti NOME COGNOME e NOME COGNOME affermando l’assenza di prova della mala fede dei medesimi , sia le ridondanti domande di accertamento della nullità degli ulteriori atti di acquisto, escludendo la sussistenza della prova di un unitario intento fraudolento comune ai tre successivi acquirenti.
La Corte d’appello, invece, non risulta in alcun modo aver esaminato lo specifico profilo del carattere autonomamente simulato degli atti di acquisto, rispettivamente, di NOME COGNOME e NOME COGNOME, sebbene tale profilo fosse evidentemente autosufficiente rispetto a quello -invece analizzato -della complessiva finalità fraudolenta dell’intero complesso delle operazioni di alienazione e sebbene fosse evidente che l’affermata insussistenza di tale ultima finalità non valeva di per sé ad escludere il carattere simulato dei successivi atti di acquisto.
Occorre, infatti, osservare che alla fattispecie della simulazione, assoluta o relativa che sia, le parti interessate possono far ricorso anche per finalità non illecite, potendo la simulazione essere indirizzata a scopi che non contrastano con la legge ma rispondono all’esigenza delle parti di determinare una situazione di apparenza diversa da quella effettiva, per interessi che non si pongono in contrasto con l’ordinamento .
È quindi evidente che la Corte territoriale, pur avendo motivatamente escluso sia l’opponibilità ex art. 1415 c.c. dell’accertamento della simulazione del contratto tra NOME COGNOME e NOME COGNOME ai successivi acquirenti NOME COGNOME e NOME COGNOME sia – nei limiti in cui la stessa poteva dirsi dedotta in modo sufficientemente specifico – la nullità degli atti di acquisto di questi ultimi, avrebbe dovuto, a questo punto, ulteriormente valutare la separata domanda di accertamento della natura autonomamente simulata di detti acquisto.
Di qui la parziale fondatezza del motivo.
Infondati sono, invece, tutti gli ulteriori profili che l’articolato motivo di ricorso viene a dedurre.
In primo luogo, si deve ribadire ancora una volta la necessità -evidenziata dallo stesso ricorrente – di tenere distinto il profilo dell’opponibilità ex art. 1415 c.c. dell’accertamento della simulazione assoluta di un atto di alienazione ai terzi acquirenti dal simulato acquirente dal profilo -ben distinto – del differente ed autonomo accertamento della natura assolutamente simulata anche dei singoli atti di acquisto dei terzi medesimi.
Operata tale puntualizzazione si deve osservare che, mentre in ordine a tale secondo profilo – come appena visto – è inevitabile rilevare una lacuna nella decisione impugnata, per contro, in ordine al primo
profilo restano fermi i principi dettati dall’art. 1415 c.c. e -nel caso dei beni immobili -dall’artt. 2652, n. 4), c.c. , previsioni che appaiono aver ricevuto corretto governo da parte della Corte territoriale, nel momento in cui la stessa ha ritenuto -con accertamento in fatto coerentemente argomentato -che i controricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME dovessero essere considerati acquirenti in buona fede.
Ne discende, a questo punto, l’infondatezza delle deduzioni del ricorrente in ordine:
-alla nullità del contratto simulato proprio in quanto simulato, essendo sufficiente osservare che l’affermazione della nullità del contratto assolutamente simulato (Cass. Sez. 2 -Sentenza n. 7459 del 26/03/2018; Cass. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 9401 del 10/05/2016) deve comunque misurarsi con la tutela dei terzi acquirenti -purché in buona fede -predisposta ex art. 1415 c.c. dallo stesso legislatore, dando prevalenza, in questo caso, alla situazione apparente su quella effettiva;
-alla tesi per cui ‘non è chi non veda che un rogito inesistente per simulazione assoluta o per tale vizio radicalmente nullo, non può diventare efficace a tampoco valido solo per il fatto (del tutto estraneo alla validità ed efficacia e di per sé meramente formale) della trascrizione ex art. 2643 e seguenti c.c.’ (pag. 30 del ricorso) essendo sufficiente osservare che la tesi del ricorrente viene a scontrarsi direttamente con il disposto di cui al già citato 2652, n. 4), c.c. -sempre riferito agli acquirenti in buona fede – oltre a non tenere in alcun modo conto (non nello specifico ma a livello sistematico generale) del meccanismo di c.d.
‘pubblicità sanante’ di cui all’art. 2652, n. 6), c.c., operante nei casi di invalidità del contratto.
Quanto agli ulteriori -non certo sintetici ed a tratti poco perspicui -profili di doglianza dedotti dal ricorrente, gli stessi risultano riferiti a profili di fatto e si traducono in realtà in un inammissibile sindacato della valutazione delle prove operata dalla Corte d’Appello, ponendosi in conflitto con il principio enunciato da questa Corte, per cui, nel procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004).
3.1. Il secondo motivo di ricorso è, testualmente, rubricato:
‘A) Ex art. 360 I o C. N. 3 C.P.C. per violazione/falsa applicazione di legge in riferimento agli artt. 1317, 1318, 1343, 1344 e 1345 c.c. stante la nullità/annullabilità per illiceità della causa e/o per illiceità dei motivi relativi al rogito di vendita della nuda proprietà NOME / COGNOME NOME del 31.3.2004 e al rogito di vendita della nuda proprietà COGNOME NOME / COGNOME NOME del 6.4.2006 con conseguente esclusione che attraverso i rogiti suddetti il COGNOME prima e l’COGNOME dopo abbiano acquisito alcun dir itto di proprietà -anche nudarispetto all’appartamento per cui è causa;
B) Ex art. 360 -I o C. N. 3 C.P.C. per violazione degli artt. 113 e 132 n. 4 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. per anomalia motivazionale costituzionalmente rilevante in quanto il vizio risultante dal testo della sentenza impugnata si concreta nella mancanza assoluta dei motivi
sotto l’aspetto materiale e grafico e/o quantomeno in un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che erroneamente la Corte territoriale ha escluso la sussistenza di una ipotesi di nullità o inesistenza dei due contratti per illiceità dei motivi e frode alla legge, sebbene la ricorrenza di tali ipotesi emergesse in modo univoco dai fatti di causa, e che la Corte territoriale avrebbe adottato una motivazione che sarebbe ‘scollegata ed avulsa dalle realtà (ovviamente contrarie) emerse nel processo e, comunque, da considerarsi GRAFICAMENTE INESISTENTE (…)’ .
3.2. Il motivo è infondato.
Giova rammentare -ma di ciò lo stesso ricorrente si mostra consapevole – che questa Corte a Sezioni Unite ha chiarito che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con Legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si sia tramutata in violazione di legge costituzionalmente rilevante, esaurendosi detta anomalia nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, e risultando invece esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 -Rv. 629830 – 01 e, da ultimo, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Nessuna di dette carenze estreme risulta ravvisabile nella motivazione della decisione impugnata, la quale espone il proprio percorso argomentativo in modo sintetico ma comunque completo, univoco, comprensibile ed immune da affermazioni reciprocamente inconciliabili.
Risulta inevitabile constatare, anzi, che le doglianze del ricorrente si sostanziano in una critica del merito della decisione e, ancora una volta, in una serie di argomentazioni meramente fattuali che investono la valutazione delle prove operata dalla Corte di merito, dovendosi qui ribadire che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017; Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013).
Il ricorso deve quindi essere accolto in relazione al primo motivo, limitatamente al profilo in precedenza individuato, con rigetto dei residui profili del primo motivo e con integrale rigetto del secondo.
P er l’effetto, la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, la quale provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.
I controricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno entrambi sollecitato l’esercizio del potere officioso ex art. 89 c.p.c.
5.1. L’istanza formulata dal controricorrente NOME COGNOME non può trovare accoglimento, essendo formulata in via del tutto generica.
Questa Corte, infatti, ha chiarito che, quando l’istanza di cancellazione provenga dalla parte, la sua idoneità al raggiungimento dello scopo di sollecitare il potere officioso del giudice esige, a pena di nullità, che essa individui, con precisione, le espressioni de quibus (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15137 del 22/07/2016).
5.2. Per quanto concerne l’istanza formulata da l controricorrente NOME COGNOME la stessa rispetta invece il requisito della specificità, ma può essere accolta solo in parte.
Come chiarito da questa Corte, presupposto per l’applicazione dell’art. 89 c.p.c. è che le espressioni contenute negli scritti difensivi siano dettate da un passionale e incomposto intento dispregiativo – così rivelando un intento offensivo nei confronti della controparte -senza mantenere un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, in tal modo eccedendo dalle esigenze difensive (Cass. Sez. L, Sentenza n. 21031 del 18/10/2016; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26195 del 06/12/2011; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10288 del 05/05/2009).
Alla luce di tale principio, deve escludersi, in primo luogo, intento dispregiativo a tutte le espressioni -tra quelle elencate dal controricorrente alle pagg. 18 e 19 del controricorso -che operano un riferimento al concetto di ‘fraudolenza’, avendo il ricorrente dedotto nel merito un profilo di nullità per frode alla legge che, conseguentemente, giustificava il ricorso alle molteplici variazioni linguistiche del concetto.
A similare conclusione si deve pervenire in relazione all’impego dei concetti di ‘truffa’ , atteso che il ricorrente ha, evidentemente, ritenuto -non importa se correttamente sul piano giuridico -che la fattispecie penale della truffa fosse sovrapponibile alla fattispecie civilistica della frode alla legge.
È da escludersi, parimenti, il carattere offensivo di espressioni riferite ai concetti di illiceità ed ai concetti di complicità o collusione, dal momento che dette espressioni si ricollegano alla deduzione -fondata o meno che fosse – di uno stato soggettivo di mala fede dei controricorrenti.
Risultano invece travalicare i limiti delle esigenze difensive traducendosi nell’attribuzione, con finalità dispregiative, di veri e propri reati -le espressioni ‘ladreria’ (pag. 10); ‘furtiva’ e ‘derubando’ (pag. 45); ‘malversazione’ (pag. 47); ‘violenta, furtiva’ (pag. 49) ; ‘ladresco’ (pag. 51); ‘derubare’ e ‘derubando’ (pag. 60); ‘furto’ (pag. 61), in quanto del tutto slegate da una qualificazione -per quanto ampia possibile -della fattispecie prospettata dal ricorrente.
Deve, quindi, ordinarsi la cancellazione delle suddette espressioni contenute nel ricorso.
5.3. Non si ravvisano, invece, i presupposti per disporre l’assegnazione di una somma a titolo di risarcimento del danno.
Rammentato, infatti, che la cancellazione delle espressioni offensive e il risarcimento del danno previsti dall’art. 89 c.p.c. sono sanzioni diverse, distinte ed autonome con la conseguenza che la prima, che non ha alcuna finalità risarcitoria, ma attua un fine preventivo, di polizia generale, impedendo l’immanenza di una causa di danno, può aver luogo senza la seconda e viceversa (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11063 del 26/07/2002 ), si osserva che l’art. 89 c.p.c. subordina l’assegnazione della somma a titolo risarcitorio ‘quando le espressioni offensive non riguardano l’oggetto della causa’ .
Questa Corte ha chiarito che l’uso di espressioni sconvenienti od offensive negli atti difensivi obbliga la parte al risarcimento del danno solo quando esse siano del tutto avulse dall’oggetto della lite, ma non anche quando, pur non essendo strettamente necessarie rispetto alle
esigenze difensive, presentino tuttavia una qualche attinenza con l’oggetto della controversia, e costituiscano perciò uno strumento per indirizzare la decisione del giudice (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14552 del 22/06/2009).
Nel caso in esame, si deve ritenere che anche le espressioni di cui si è ritenuto in questa sede il carattere offensivo o comunque sconveniente riguardino in ogni caso l’oggetto della causa, essendo state le medesime impiegate allo scopo di supportare -anche se impropriamente ed inopportunamente – la tesi, comunque giuridica, che era alla base delle domande dell’odierno ricorrente .
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione e respinto per il resto; rigetta il secondo motivo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, a lla Corte d’appello di Genova in diversa composizione; ordina ex art. 89 c.p.c. la cancellazione delle espressioni contenute nel ricorso indicate in motivazione a pag. 13 della presente decisione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre