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Sgravi contributivi: no a gruppi di comodo

La Corte di Cassazione ha negato a un’impresa edile il diritto agli sgravi contributivi, confermando la tesi dell’INPS. È stato accertato che l’azienda faceva parte di un gruppo di società riconducibili a un unico centro decisionale familiare. L’aumento occupazionale dichiarato era fittizio, risultando da meri trasferimenti di personale tra le società collegate e non da un reale incremento netto della forza lavoro. La sentenza sottolinea che, per ottenere gli sgravi contributivi, l’incremento deve essere effettivo e calcolato sull’intero gruppo societario, ribadendo la prevalenza della sostanza sulla forma per prevenire abusi.

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Sgravi Contributivi e Gruppi di Società: Quando l’Aumento Occupazionale è solo Apparente?

Il tema degli sgravi contributivi rappresenta un punto cruciale per le imprese che mirano a espandere il proprio organico. Tuttavia, la legge pone condizioni precise per accedere a tali benefici, prima fra tutte la necessità di un reale e netto incremento occupazionale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 9662/2019, ha ribadito con forza questo principio, negando le agevolazioni a un’azienda che aveva creato un aumento di personale solo fittizio, attraverso un gioco di trasferimenti all’interno di un gruppo di società di fatto.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore dei conglomerati bituminosi si è vista recapitare una cartella esattoriale dall’INPS per il recupero di ingenti somme, relative a sgravi contributivi di cui aveva usufruito. Secondo l’ente previdenziale, l’azienda non aveva diritto a tali benefici perché l’incremento dei dipendenti non era genuino. L’INPS sosteneva, infatti, che la società facesse parte di un più ampio gruppo di imprese, tutte riconducibili alla stessa famiglia, e che i nuovi assunti fossero in realtà lavoratori già impiegati in altre aziende del medesimo gruppo. Si trattava, quindi, di un mero spostamento di personale volto a simulare una crescita occupazionale e a beneficiare indebitamente degli incentivi. La società si è opposta, sostenendo la propria autonomia e la legittimità delle assunzioni, ma sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione all’INPS.

L’Analisi della Corte: Gruppi di Società e Sgravi Contributivi

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso dell’azienda, ha consolidato un principio fondamentale: per valutare il diritto agli sgravi contributivi, non ci si può fermare alla forma giuridica delle singole società. È necessario guardare alla sostanza economica e gestionale. Se più aziende, pur essendo legalmente distinte, operano come un unico centro decisionale e di interessi (il cosiddetto “gruppo di fatto”), l’incremento occupazionale deve essere calcolato a livello aggregato.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto provata l’esistenza di un’unica regia familiare dietro a quattro diverse società. Gli elementi a sostegno di questa tesi erano:
* Unicità del settore produttivo: tutte le aziende operavano nello stesso ambito.
* Comunanza di mezzi: utilizzavano gli stessi numeri di telefono e fax.
* Commistione del personale: diversi dipendenti avevano lavorato, in periodi diversi, per più società del gruppo.
* Unicità della proprietà: le quote societarie erano detenute prevalentemente dal capofamiglia, con partecipazioni minoritarie della moglie e dei figli.

Di fronte a questo quadro, il semplice passaggio di un lavoratore da una società all’altra del gruppo non costituisce un nuovo posto di lavoro e, pertanto, non dà diritto agli incentivi.

L’Onere della Prova negli Sgravi Contributivi

Un altro aspetto chiave chiarito dalla sentenza riguarda la ripartizione dell’onere della prova. La Corte ha stabilito un percorso logico-giuridico preciso:
1. Prova del collegamento (a carico dell’INPS): Spetta all’ente previdenziale dimostrare l’esistenza di un collegamento societario o di un controllo di fatto tra diverse imprese. L’INPS deve fornire indizi gravi, precisi e concordanti che suggeriscano un’unica direzione aziendale.
2. Prova dell’incremento effettivo (a carico del datore di lavoro): Una volta che l’INPS ha provato il collegamento, la palla passa all’azienda. Sarà quest’ultima a dover dimostrare che, nonostante il legame con altre società, l’assunzione ha comunque generato un aumento netto del numero totale di dipendenti, calcolato sull’intera base occupazionale del gruppo.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha rigettato il ricorso dell’impresa basandosi su un ragionamento solido e coerente con la ratio delle norme sugli incentivi all’occupazione. I giudici hanno sottolineato che lo scopo degli sgravi contributivi è promuovere la creazione di posti di lavoro reali, non di premiare operazioni puramente formali che lasciano invariato il livello occupazionale complessivo. Il principio generale, che emerge da diverse normative in materia di lavoro (dalla L. 223/1991 fino al Jobs Act), è quello di contrastare comportamenti elusivi.
Inoltre, la Corte ha respinto la tesi della società secondo cui un precedente verbale della Guardia di Finanza, chiuso con la dicitura “nulla da rilevare”, dovesse precludere l’accertamento dell’INPS. Tale dicitura generica, infatti, non costituisce una formale attestazione di regolarità e non impedisce una successiva ispezione basata su elementi diversi e più approfonditi, come l’analisi dei collegamenti societari.

Conclusioni

Questa ordinanza invia un messaggio chiaro ai datori di lavoro, specialmente a quelli che operano attraverso strutture societarie complesse. La forma giuridica non è uno scudo contro l’accertamento della realtà sostanziale. Per beneficiare degli sgravi contributivi, l’incremento della forza lavoro deve essere autentico e misurabile a livello di gruppo. Le imprese devono essere in grado di dimostrare, con dati alla mano, che le nuove assunzioni hanno effettivamente ampliato l’organico complessivo e non sono il risultato di un semplice spostamento di pedine sulla scacchiera aziendale. La sentenza riafferma la centralità del principio di sostanza sulla forma e rafforza gli strumenti a disposizione degli enti previdenziali per contrastare l’abuso degli incentivi statali.

Un precedente accertamento fiscale con esito “nulla da rilevare” impedisce all’INPS di contestare successivamente la regolarità contributiva per gli stessi periodi?
No. La Corte ha stabilito che la dicitura “nulla da rilevare” non equivale a una formale “attestazione di regolarità” che preclude future verifiche, specialmente se queste si basano sulla scoperta di comportamenti irregolari (come il collegamento societario) non esaminati in precedenza.

In una controversia sugli sgravi contributivi, chi deve provare l’esistenza di un gruppo societario?
Spetta all’INPS (o all’ente previdenziale) l’onere di dimostrare che diverse società sono collegate o fanno capo a un unico centro decisionale. Una volta fornita questa prova, l’onere si sposta sul datore di lavoro.

Cosa deve dimostrare il datore di lavoro una volta che l’INPS ha provato l’esistenza di un collegamento tra società?
Il datore di lavoro deve dimostrare che, nonostante il collegamento, si è verificato un effettivo e netto incremento occupazionale, calcolato non sulla singola società, ma sulla base occupazionale complessiva di tutte le società collegate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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