Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9662 Anno 2019
2018
4031
Civile Ord. Sez. L Num. 9662 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/04/2019
ORDINANZA
sul ricorso 17957-2013 proposto da: da :
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALEF. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME; legale avvocato difende NOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE C.F. P_IVA, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME; dagli NOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3249/2013 RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 16/05/2013 R.G.N. 7436/2009; CORTE R G . N .
Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 3249/2013, ha rigettato l’appello dispiegato da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE nei riguardi RAGIONE_SOCIALEa pronuncia del Tribunale RAGIONE_SOCIALEa stessa città che aveva accolto solo in parte, ovverosia rispetto ad una parziale prescrizione dei crediti ed alla posizione di un addetto (tale NOME COGNOME), l’opposizione a cartella esattoriale per recupero di crediti contributivi proposta dalla società;
la Corte distrettuale, premesso che l’onere RAGIONE_SOCIALEa prova del diritto a fruire degli sgravi spettava al datore di lavoro, riteneva, per quanto qui ancora interessa, l’infondatezza RAGIONE_SOCIALE‘eccezione preliminare con cui COGNOME sosteneva che l’esistenza di un verbale di constatazione RAGIONE_SOCIALEa Guardia di Finanza, riguardante anche i profili previdenziali, ma senza alcun rilievo di inosservanze rispetto ad essi, risultasse ostativa al successivo accertamento oggetto di causa, per effetto RAGIONE_SOCIALE‘art. 3, co. 20, L. 335/1995, norma secondo la quale l’attestata regolarità in sede ispettiva precludeva contestazioni in successive verifiche, salvo quelle determinate da comportamenti omissivi o irregolari del datore di lavoro o conseguenti a denuncia del lavoratore;
sul punto la Corte rilevava come, rispetto alla regolarità contributiva, l’antecedente verbale si era chiuso con la dizione “nulla da rilevare”, che in sé non coincideva con la necessaria espressa validazione RAGIONE_SOCIALEa regolarità RAGIONE_SOCIALEa posizione assicurativa richiesta dalla norma;
nel merito, la Corte riteneva che, anche al di là RAGIONE_SOCIALEa regola sull’onere RAGIONE_SOCIALEa prova, fosse dimostrato l’assunto RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.P.RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE. secondo cui la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, come anche le società RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, facevano capo ad un unico soggetto, NOME COGNOME o quanto meno la sua famiglia, sicché, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 3 co. 6, lett. d) L. 448/1998, l’incremento occupazionale che era presupposto del diritto agli sgravi per le assunzioni, andava misurato sui lavoratori di tutte le predette società e non su quelli RAGIONE_SOCIALEa sola RAGIONE_SOCIALE;
la Corte, al fine di affermare l’esistenza RAGIONE_SOCIALEa prova RAGIONE_SOCIALE‘unicità del referente soggettivo RAGIONE_SOCIALEe società, valorizzava la contiguità produttiva RAGIONE_SOCIALEe attività da esse svolte, la comunanza di numeri di telefono e fax, il fatto che diversi dipendenti avevano lavorato per certi periodi per una e, in altri periodi, per altra società del gruppo ed infine il fatto che il COGNOME fosse partecipe, per ampie quote, di tutte le società, di cui erano quotisti, per il resto, la di lui moglie ed i figli del medesimo; avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con dieci motivi, poi illustrati anche da memoria e resistiti dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE;
il Pubblico Ministero ha depositato memoria con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso di COGNOME, che è stata poi seguita dal deposito di osservazioni scritte, rispetto a quanto ivi argomentato, da parte RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo COGNOME adduce la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 3 comma 20 L. 335/1995, norma secondo la quale «gli accertamenti ispettivi in materia previdenziale e assicurativa esperiti nei confronti dei datori di lavoro debbono risultare da appositi verbali, da notificare anche nei casi di constatata regolarità», con la precisazione, su cui fa leva la ricorrente, che «nei casi di attestata regolarità ovvero di regolarizzazione conseguente all’accertamento ispettivo eseguito, gli adempimenti amministrativi e contributivi relativi ai periodi di paga anteriore alla data RAGIONE_SOCIALE‘accertamento ispettivo stesso non possono essere oggetto di contestazioni in successive verifiche ispettive, salvo quelle determinate da comportamenti omissivi o irregolari del datore di lavoro o conseguenti a denunce del lavoratore»;
in fatto risulta che, nel giugno 2003, l’Ufficio di Benevento RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEe Entrate svolse accertamento nei confronti RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE riguardante le compensazioni di crediti verso l’Erario con altri debiti e la «regolarità RAGIONE_SOCIALEe posizioni lavorative», relativamente ai periodi d’imposta 1999, 2000, 2001 e 2003 e rispetto alla «normativa previdenziale e fiscale»;
il corrispondente verbale fu chiuso, secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata, con la dizione, quanto agli aspetti previdenziali, di «nulla da rilevare»;
la ricorrente sostiene che, essendosi tra l’altro svolto, quell’accertamento, sulla base RAGIONE_SOCIALEa medesima documentazione utilizzata poi rispetto al verbale del 2.9.2006 che è oggetto RAGIONE_SOCIALEa presente causa, l’assenza di rilievi sotto il profilo previdenziale precluderebbe l’azione di recupero, poi impostata con il medesimo verbale del 2006, in relazione ad assunzioni che risalivano anche agli anni 2001 e 2003, cui già si riferiva il precedente e menzionato accertamento fiscalecontri butivo;
la Corte d’Appello ha ritenuto che la dizione «nulla da rilevare» non potesse essere intesa come espressa validazione RAGIONE_SOCIALEe regolarità RAGIONE_SOCIALEa posizione assicurativa, da cui soltanto potrebbe derivare l’effetto preclusivo di cui alla normativa rivendicata;
la posizione giuridica RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale va in sé condivisa, essendo evidente che l’ “attestata regolarità” cui fa riferimento !a norma è integrata solo da una espressa affermazione di conformità RAGIONE_SOCIALEa situazione aziendale rispetto alla normativa contributiva;
d’altra parte l’affermazione che il “nulla da rilevare” di cui al verbale del 2003 non potesse essere inteso come attestazione positiva di regolarità, costituisce oggetto di un apprezzamento non implausibile RAGIONE_SOCIALEa prova documentale che sfugge a censure sotto il profilo del difetto (non assoluto) di motivazione, oramai ammissibili, ai sensi del novellato e qui applicabile rt. 360 n. 5 c.p.c., solo sub specie RAGIONE_SOCIALE‘omesso esame di un fatto;
al di là di ciò, va altresì rilevato come risulti puramente affermato dalla ricorrente che l’accertamento del 2006 avrebbe riguardato la stessa documentazione esaminata nel 2003, mentre, pur essendovi stata (v. pag. 64 e 65 del ricorso per cassazione) trascrizione del verbale del 2003, da essa non emergono i passaggi di tale accertamento, inerente la sola RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in cui si sarebbe altresì, come poi è avvenuto nel 2006, esaminata la posizione anche di altre società, ritenute, sempre con l’accertamento del 2006, facenti capo al medesimo centro direzionale;
ciò comporta la violazione dei criteri di specificità di cui all’art. 366 n. 4 e 6 c.p.c. e non consente dunque di dare ingresso alla corrispondente difesa;
ciò rende altresì non decisivo quanto argomentato con il motivo in esame, in quanto non risulta adeguatamente prospettata l’avvenuta disamina, già nel 2003, di documentazione riguardante altre società la cui valutazione, pacificamente avvenuta nel 2006, rende, da un lato, non sovrapponibili i due accertamenti e integra, dall’altro, l’emergenza di «comportamenti … irregolari del datore di lavoro» (consistenti nella fruizione degli sgravi nonostante il collegamento tra più società determinasse una situazione impeditiva del richiesto incremento occupazionale) che espressamente non permettono alla preclusione di cui all’art. 3, co. 20 cit., di operare;
il primo motivo va quindi rigettato, affermandosi il principio per cui «la preclusione di cui all’art. 3 comma 20 L. 335/1995, norma secondo la quale nei casi in cui gli accertamenti ispettivi in materia previdenziale e assicurativa attestino la regolarità degli adempimenti amministrativi e contributivi i periodi di paga anteriori alla data RAGIONE_SOCIALE‘accertamento ispettivo non possono essere oggetto di contestazioni in successive verifiche, opera solo a fronte RAGIONE_SOCIALE‘espressa validazione da parte del primo verbale, sotto il profilo contributivo o amministrativo, RAGIONE_SOCIALEe risultanze aziendali e comunque essa non si estende a
comportamenti irregolari che siano accertati sulla base di elementi ulteriori rispetto a quelli contemplati nel precedente verbale»;
con il secondo motivo la ricorrente afferma che la Corte d’Appello avrebbe violato e falsamente applicato l’art. 112 c.p.c., nonché l’art. 437 c.p.c. e l’art. 2697 c.c.; RAGIONE_SOCIALE sul punto sostiene che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto, con ciò violando l’art. 112 c.p.c. e l’art. 437 c.p.c., che oggetto del contendere fosse in generale il diritto RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE a godere degli sgravi e non la sola inesistenza del presupposto relativo all’incremento occupazionale, fatto oggetto, da parte RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, di azione di accertamento negativo RAGIONE_SOCIALE‘obbligo contributivo basata sull’erroneità RAGIONE_SOCIALEa pretesa di ricalcolo RAGIONE_SOCIALEa base occupazionale di riferimento;
la ricorrente aggiunge poi che la Corte avrebbe mal applicato gli orientamenti giurisprudenziali consolidati in tema di onere RAGIONE_SOCIALEa prova rispetto agli obblighi contributivi ed il diritto agli sgravi;
il motivo, nelle sue due articolazioni, non può trovare accoglimento;
la questione sulla qualificazione RAGIONE_SOCIALEa domanda è in realtà sterile, in quanto è palese che la Corte territoriale non abbia mai inteso mettere in dubbio presupposti del diritto agli sgravi diversi da quello attinente all’incremento occupazionale su cui si sono spese le contestazioni e difese RAGIONE_SOCIALEe parti e che pertanto era ed è l’oggetto centrale e dirimente del presente contenzioso;
per quanto attiene alla questione sull’onere RAGIONE_SOCIALEa prova è indubbio che, rispetto al diritto di credito alla contribuzione, esso gravi sull’ente previdenziale, con riferimento alla prova RAGIONE_SOCIALEe corresponsione di somme in ragione di un rapporto (di lavoro subordinato o altro titolo) che giustifichi secondo le norme l’obbligo contributivo (Cass. 11 gennaio 2011, n. 461) mentre il datore di lavoro è viceversa onerato di dimostrare che i pagamenti trovino giustificazione in titoli idonei a sottrarli alla contribuzione o che ricorrano altre cause di esonero (Cass. 22 giugno 2018, n. 16579; Cass. 20 febbraio 2012, n. 2419; Cass. 461/2011);
ciò significa che, in tema di sgravi, è sul datore di lavoro che insiste l’onere probatorio dei fatti che giustificano la fattispecie totalmente o parzialmente esonerativa (Cass. 18 gennaio 2018, n. 1157; Cass. 26 ottobre 2010, n. 21898); occupazionale anche ove esso sia l’oggetto del contendere, nel caso di specie, riguarda però il ricorrere di un fatto ostativo del diritto agli sgravi, consistente nell’essersi accertato il mancato rispetto RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore condizione consistente nel fatto che sussista incremento «considerato al netto RAGIONE_SOCIALEe diminuzioni occupazionali in società controllate ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘articolo 2359 del codice civile o
facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto» (art. 3, co. 6, lett. d L. 448/1998);
rispetto al verificarsi di tale fatto, che amplia, con effetto impeditivo rispetto al diritto agli sgravi in capo alla singola impresa, – la platea RAGIONE_SOCIALEe aziende di riferimento, è senza dubbio l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE a dover contestare e dimostrare, in piana applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697, co. 2, c.c., che appunto ricorrano collegamenti societari in senso stretto o le altre fattispecie del controllo di fatto (sulla cui pi precisa definizione si tornerà in prosieguo) richiamate dalla norma;
una volta raggiunta tale prova, spetta però all’impresa che ha applicato gli sgravi addurre e dimostrare elementi tali da far escludere che gli assetti di fatto consentissero, comunque, un controllo di diritto o di fatto (Cass. 3 agosto 2018, n. 20504) oppure a comprovare, su tale più ampia base aziendale, il sussistere RAGIONE_SOCIALE‘incremento occupazionale che, secondo la lettera c del medesimo art. 3 co. 6, è elemento costitutivo RAGIONE_SOCIALEa fattispecie di sgravio, e ciò in applicazione del summenzionato principio secondo il quale spetta a chi intenda godere degli sgravi dimostrare la ricorrenza fattuale RAGIONE_SOCIALEe relative condizioni legittimanti (Cass. 9 aprile 2018, n. 8680);
quanto sopra può essere ulteriormente sintetizzato nel principio (confermativo e di sintesi rispetto ai precedenti citati e già coordinato con quanto si dirà di seguito sulla fattispecie del controllo di fatto) per cui «allorquando RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE contesti e dimostri l’esistenza di un collegamento societario o di altre fattispecie di fatto (quali, ad es. i c.d. assetti proprietari sostanzialmente coincidenti) giuridicamente idonee a imporre di valutare gli incrementi occupazionali utili al godimento degli sgravi sulla base di una base aziendale più ampia di quella riguardante una sola impresa o società, spetta al datore di lavoro dimostrare l’esistenza di ulteriori elementi tali da far escludere la ricorrenza di un controllo di diritto o di fatto o comprovare, su tale più ampia base aziendale, il sussistere comunque RAGIONE_SOCIALE‘incremento occupazionale che sia condizione, come è nel caso RAGIONE_SOCIALE‘art. 3, co. 6, lett. d. I. 448/1998, del diritto alla fruizione degli sgravi stess nel caso di specie, la Corte territoriale ha ritenuto positivamente provato (v. pag. 11 terzultimo periodo ed anche, per ulteriori particolari, infra, quanto si dirà rispetto al sesto motivo di ricorso per cassazione) che l’assetto occupazionale andava valutato considerando tutte le quattro società oggettivamente riconducibili ad un unico centro decisionale (NOME COGNOME o la sua famiglia), sicché spettava alla società dimostrare, come non è avvenuto, che, pur su tale più ampia base di computo, persistevano gli effetti di incremento
RAGIONE_SOCIALE‘occupazione che giustificavano, per la medesima, il godimento degli sgravi sui lavoratori da essa assunti;
quanto qui argomentato manifesta dunque l’infondatezza RAGIONE_SOCIALEa questione attinente all’onere RAGIONE_SOCIALEa prova, sia quale introdotta nell’ambito del motivo qui in esame, sia nei termini, analoghi, in cui essa è stata reiterata nell’ambito di altri motivi del ricorso per cassazione;
infatti, avendo la Corte territoriale ritenuto dimostrato il collegamento societario rilevante al fine di ampliare l’ambito di riferimento per la valutazione RAGIONE_SOCIALE‘incremento occupazionale, non ha fatto per nulla applicazione del criterio RAGIONE_SOCIALE‘onere RAGIONE_SOCIALEa prova, che dunque non può dirsi essere stato violato;
d’altra parte, poiché quelli che qui sul punto si applicano sono principi lineari e consolidati in subiecta materia, non vi è da accogliere l’istanza RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE di rimessione RAGIONE_SOCIALEa causa alla pubblica udienza;
proseguendo la disamina, in ordine logico, va affrontato il sesto motivo, con il quale si lamenta che la Corte territoriale avrebbe violato l’art. 12 RAGIONE_SOCIALEe disposizioni sulla legge in generale e l’art. 8 co. 4-bis L. 223/1991, per essersi fatta applicazione analogica di quest’ultima norma, non ammissibile data la sua natura eccezionale, nonché gli artt. 112 e 345, co. 2, c.p.c., per avere appunto fatto leva sulla fattispecie RAGIONE_SOCIALEa predetta norma sostanziale, di cui si assume l’estraneità rispetto all’originario thema decidendum;
il motivo, la cui disamina consente di affrontare il tema giuridico centrale RAGIONE_SOCIALEa causa, è infondato;
l’art. 8, co. 4-bis, L. 223/1991 (ora abrogato per effetto RAGIONE_SOCIALEa sostituzione del sistema RAGIONE_SOCIALEa mobilità con quello RAGIONE_SOCIALEa c.d. RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e poi RAGIONE_SOCIALEa c.d. RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE) stabiliva che «il diritto ai benefici economici di cui ai commi precedenti inerenti le assunzioni di lavoratori in mobilità, n.d.r. è escluso con riferimento a quei lavoratori che siano stati collocati in mobilità, nei sei mesi precedenti, da parte di impresa RAGIONE_SOCIALEo stesso o di diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli RAGIONE_SOCIALE‘impresa che assume ovvero risulta con quest’ultima in rapporto di collegamento o controllo»;
la Corte d’Appello non ha fatto applicazione analogica di tale norma, ma l’ha semplicemente richiamata quale fondamento di quello che essa efficacemente chiama «un principio veramente consolidato» in tema di sgravi riconnessi ad assunzioni e che consiste nel divieto di fruizione in capo al datore di lavoro il quale, operando sulla base di plurime imprese riferibili in sostanza alla medesima proprietà, operi con modalità tali per cui, attraverso il transito di lavoratori
dall’una all’altra azienda, finisca per non determinare un effettivo incremento di occupazione, con elusione RAGIONE_SOCIALEa ratio RAGIONE_SOCIALEa normativa inerente gli sgravi stessi; a tale principio di sistema palesemente attinge anche l’art. 3, co 6, lett. d), qui da applicare, là ove prevede che condizione per la fruizione degli sgravi sia la sussistenza RAGIONE_SOCIALE‘incremento RAGIONE_SOCIALEa base occupazionale, pur se «considerato al netto RAGIONE_SOCIALEe diminuzioni occupazionali in società controllate ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto», ove la generica dizione di «facenti capo» va intesa appunto come inerente il controllo di fatto svolto da un unico centro di interessi che possa portare, attraverso il gioco di licenziamenti e riassunzioni presso soggetti giuridicamente diversi ma gestiti di fatto attraverso un’unica direzione, all’elusione RAGIONE_SOCIALEa normativa di sostegno all’occupazione al cui interno gli sgravi si inseriscono;
il ragionamento RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale, qui ulteriormente sviluppato, trova del resto fondamento anche nell’evolversi RAGIONE_SOCIALEa normativa che, pur dopo l’abrogazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 8, co. 4-bis, ha mantenuto la regola di esclusione degli incentivi ad assunzioni gravi allorquando l’incremento occupazionale non sussista perché il lavoratore transiti tra aziende caratterizzate da «assetti proprietari sostanzialmente coincidenti» (da intendersi riferita a tutte le situazioni che facciano presumere la presenza di un comune nucleo proprietario, tra l’impresa che effettua le nuove assunzioni e quella che ha proceduto ai licenziamenti, in grado di ideare e fare attuare un’operazione coordinata di ristrutturazione, comportante il licenziamento di taluni dipendenti da un’azienda e la loro assunzione da parte RAGIONE_SOCIALE‘altra: v. Cass. 26 luglio 2011, n. 16288; Cass. 1 luglio 2002, n. 9532) o da un «rapporto di collegamento o controllo» tra imprese, come è previsto dall’art. 2, co. 10-bis, L. 92/2012, per le assunzioni di personale in regime c.d. RAGIONE_SOCIALE e, ora, dall’art. 31 lett. d) del cL Igs. 150/2015 (c.d. jobs act) in cui i medesimi criteri assurgono, significativamente, a “principi generali di fruizione degli incentivi” (così la rubrica RAGIONE_SOCIALE‘art. 31) all’occupazione;
da quanto sopra si desume che effettivamente, in ambito di sgravi contributivi finalizzati all’incentivo RAGIONE_SOCIALE‘occupazione, si è affermato, pur nella diversità dei casi e RAGIONE_SOCIALE‘evolversi RAGIONE_SOCIALEa normativa nel corso del tempo, un principio generale che valorizza non solo il collegamento formale di cui all’art. 2359 c.c., ma anche la centralizzazione direzionale che deriva dal ricorrere, tra più imprese, di assetti proprietari sostanzialmente coincidenti o l’ancor più generico fare capo, di cui alla norma qui da applicare, RAGIONE_SOCIALEe diverse società allo stesso soggetto, anche per interposta persona;
pertanto ad essere indagato non può essere solo il dato formale, ma quello sostanziale del provenire RAGIONE_SOCIALEe decisioni da un medesimo centro direzionale cui risale la possibilità di coordinare le scelte, al fine di eludere la ratio RAGIONE_SOCIALEa disciplina incentivante, attraverso assunzioni e licenziamenti il cui effetto finale resti privo di incidenza positiva sul piano occupazionale;
va quindi affermato il principio per cui «l’art. 3, co 6, lett. d) RAGIONE_SOCIALEa L. 448/1998, secondo un principio generale in tema di sgravi che è comune all’art. 8, co. 4bis, L. 223/1991 e, poi, all’art. 2, co. 10-bis, L. 92/2012 ed all’art. 31 lett. d) de d. Igs. 150/2015 (c.d. jobs act), ove prevede che l’incremento RAGIONE_SOCIALEa base occupazionale venga considerato al netto RAGIONE_SOCIALEe diminuzioni occupazionali in società facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto, va inteso nel senso che rientrano in tale fattispecie anche le ipotesi in cui le diverse società presentino assetti proprietari sostanzialmente coincidenti, ovverosia tutte le situazioni in cui consti la presenza di un comune nucleo proprietario in grado di ideare e attuare operazioni coordinate di assunzione e licenziamento del medesimo personale»;
nel caso di specie, l’unicità di conduzione RAGIONE_SOCIALEe plurime società è stata positivamente ravvisata dalla Corte d’Appello sulla base di un articolato quadro indiziario, in cui è stato valorizzato: il riferirsi RAGIONE_SOCIALEe quattro società, desunto dall risultanze camerali, al medesimo settore produttivo ed attività ad esso complementari ed ausiliarie; l’unitarietà dei mezzi di comunicazione (numeri di telefono e fax) utilizzati; la commistione del personale, tale per cui diversi dipendenti hanno lavorato ora per una ora per l’altra RAGIONE_SOCIALEe compagini ed infine il ricorrere di una unicità proprietaria RAGIONE_SOCIALEe quote, facenti capo tutte a COGNOME NOME o, nelle porzioni minoritarie, a suoi familiari (moglie e figli);
il richiamo all’art. 8, co. 4-bis, cit. ai soli fini RAGIONE_SOCIALEa ricostruzione (giuridica) del sistema giuridico al cui interno si colloca la fattispecie oggetto di causa esclude altresì il verificarsi di alcuna violazione RAGIONE_SOCIALEe norme processuali (art. 112 e 345, co. 2, c.p.c.) menzionate nell’ambito del motivo qui in esame;
con il terzo, quarto, quinto, settimo ed ottavo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE afferma la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 c.c. (terzo motivo) degli artt. 2359 c.c. e 3, co. 6, lett. d) L. 448/1998 e RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 c.c. (quarto motivo) RAGIONE_SOCIALE‘art. 2428, co. 1, 2 e 3 nn. 2,3, 4 c.c. ed ancora degli artt. 2359 c.c. e 3, co. 6, lett. d) L. 448/1998 in combinato disposto con il d. Igs. 127/1991 (quinto motivo), RAGIONE_SOCIALE‘art. 12 RAGIONE_SOCIALEe disposizioni RAGIONE_SOCIALEa legge in generale in relazione al disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 2359 c.c. e 3, co. 6, lett. d) L. 448/1998 (settimo motivo) ed infine (ottavo motivo) il difetto di motivazione, ex art. 360 n. 5, c.p.c., per non
avere pronunciato sul motivo di appello con cui si denunciava l’omesso esame RAGIONE_SOCIALEe risultanze testimoniali di primo grado;
quanto argomentato rispetto al sesto motivo è in sé esaustivo rispetto alle censure che, nei motivi ora in esame, fanno riferimento alla disciplina codicistica (art. 2428 e 2359 c.c.) o speciale (art. 3, co. 6, lett. d L. 448/1998) già in quella sede esaminata, come anche, rispetto all’art. 2697 c.c., basti rinviare a quanto argomentato nel rispondere al secondo motivo di ricorso;
nel resto, i motivi predetti propongono riletture degli esiti istruttori che hanno la sostanza di un’inammissibile istanza di revisione RAGIONE_SOCIALEe valutazioni e del convincimento maturato dal giudice del merito, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148);
in particolare aggiungendosi, con riferimento all’ottavo motivo, che in esso non è neppure riportato, in violazione dei presupposti di specificità propri del ricorso per cassazione (art. 366 n. 4 e 6 c.p.c.), il tenore del sesto motivo di appello sul quale vi sarebbe stata omissione di pronuncia e rammentandosi altresì – onde rispondere in generale sulla questione istruttoria sollevata sempre con l’ottavo motivo – che comunque «l’esame dei documenti esibiti e RAGIONE_SOCIALEe deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e RAGIONE_SOCIALEe risultanze RAGIONE_SOCIALEa prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alc invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento RAGIONE_SOCIALEa propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata» (Cass. 2 agosto 2016, n. 16056);
pertanto, avendo la Corte manifestato in modo chiaro, attraverso il ragionamento presuntivo in precedenza riepilogato, le ragioni del decidere rispetto al punto (cui si riferisce l’ottavo motivo) del collegamento di fatto RAGIONE_SOCIALEe gestioni societarie, non hanno rilievo dirimente le eventuali risultanze testimoniali contrarie;
peraltro tali risultanze testimoniali sono genericamente addotte nel loro complesso attraverso la trascrizione di ampi stralci RAGIONE_SOCIALEe deposizioni di vari
testimoni, in ulteriore violazione dei criteri di specificità propri del ricorso per cassazione;
la predetta modalità espositiva è infatti tale per cui gli asseriti dati istrutto favorevoli alla ricorrente dovrebbero essere ricercati dalla Corte nel coacervo RAGIONE_SOCIALEe deposizioni (che occupano circa sei pagine del ricorso), mentre essi avrebbero semmai dovuto essere evidenziati nell’ambito di un ragionamento che evidenziasse, nella loro pregnanza, gli specifici passaggi ritenuti rilevanti;
neppure può consentirsi che la predetta carenza possa essere surrogata attraverso le plurime sottolineature ed evidenziazioni, con forme grafiche o colorazioni del testo volta a volta diverse, di questo o quel passaggio RAGIONE_SOCIALEe deposizioni stesse, che caratterizza il ricorso e, con esso, anche il motivo in esame, dovendosi, il motivo di ricorso, esprimere attraverso l’uso argonnentativo RAGIONE_SOCIALEa lingua (v. anche art. 122 c.p.c.) e non sulla base di meri e variabili segni grafici;
sussistono dunque plurime ragioni di inammissibilità e infondatezza del motivo testé disaminato;
con il nono motivo COGNOME sostiene la violazione del’art. 345 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto nuovi e dunque inammissibili in appello i fatti con i quali essa aveva inteso addurre che i lavoratori individuati dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE con le note difensive depositate in primo grado il 8.4.2009 erano tutti privi di titoli superiori e quindi svantaggiati e che essi si erano in precedenza dimessi e non erano stati licenziati;
la ricorrente afferma che tali deduzioni troverebbero legittimazione nel fatto che con le predette note difensive, successive alla memoria di costituzione, l’ente previdenziale avrebbe fatto riferimento ad una serie di nuovi nominativi, dei quali non vi era traccia nel verbale di accertamento contro il quale era stata dispiegata l’azione di accertamento negativo;
la ragione giustificativa addotta è tuttavia già indice RAGIONE_SOCIALE‘infondatezza del motivo, in quanto l’indicazione di nuovi lavoratori da parte RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE non avrebbe consentito di ampliare la causa petendi (fissata sulla base del verbale ed eventualmente di quanto indicato nella memoria e- D costituzione in primo grado), sicché non è su tali indicazioni RAGIONE_SOCIALE‘ente previdenziale che può sorreggersi la conseguente controdeduzione rispetto alla quale COGNOME lamenta la censura di tardività operata dal Tribunale prima e dalla Corte territoriale poi;
con il decimo motivo la ricorrente assume che la Corte territoriale avrebbe violato le norme sugli orientamenti in materia di aiuti all’occupazione, in combinato disposto con il punto 4,12 degli orientamenti in materia di aiuti di
Stato a finalità regionale (98/C 74/06), come interpretati dalla Corte di Giustizia in sentenza 2.4.2009, COGNOME, nonché erroneità di calcolo e violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 3 L. 448/1998 e difetto di motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.);
il nucleo centrale del motivo consiste nel rilievo secondo cui il calcolo degli addetti onde stabilire se vi fosse stato incremento o meno RAGIONE_SOCIALE‘occupazione avrebbe dovuto essere svolto confrontando la media degli addetti RAGIONE_SOCIALE‘anno precedente l’assunzione con quella RAGIONE_SOCIALE‘anno successivo e non considerando solo gli occupati nei dodici mesi antecedenti l’assunzione, con calcolo le cui ragioni risultavano peraltro incomprensibili sulla base del verbale di accertamento e del prospetto riepilogativo in esso contenuto;
sui profili indicati nel motivo, la Corte d’Appello non dice espressamente nulla, né riporta tale specifico aspetto come contenuto dei motivi di gravame, pur riepilogati in dettaglio nella motivazione;
ma neppure COGNOME trascrive gli specifici passaggi RAGIONE_SOCIALE‘atto di appello con cui quanto sostenuto sarebbe stato sottoposto alla disamina RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale, né indica in quale punto esatto punto (pagina o altro elemento identificativo di immediata verificabilità) RAGIONE_SOCIALE‘atto di appello la questione fosse stata sollecitata; difatti tale trascrizione o indicazione manca non solo nel contesto RAGIONE_SOCIALEe pagine del ricorso per cassazione destinate al motivo in esame, ma anche nella parte destinata alla narrativa RAGIONE_SOCIALEe vicende processuali di appello, in cui si reperiscono soltanto passaggi narrativi in tal senso (v. alcuni stralci RAGIONE_SOCIALEe pag. 50-56, nonché pagg. 57-58 ove si riassume il contenuto RAGIONE_SOCIALE‘ottavo motivo ed ove non risulta neppure chiaro se il passaggio virgolettato – comunque insufficiente – tra la quartultima e sestultima riga, sia tratto dall’atto di appello o non costituisca soltanto la citazione in quella sede di un profilo inerente gli orientamenti eurounitari in materia di aiuti all’occupazione);
vale dunque il consolidato principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere RAGIONE_SOCIALEa parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità RAGIONE_SOCIALEa censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso ed ai fini del rispetto del principio di specificità di cui all’art. 366 n. 6 c.p.c., di indicare in modo specifico (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675) o trascrivere (Cass. 24 agosto 2016, n. 17315) i passaggi, in questo caso RAGIONE_SOCIALE‘atto di appello, da cui ricavare con immediatezza che il profilo fosse stato oggetto di devoluzione al secondo grado di giudizio;
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viceversa nel caso di specie, per quanto appena detto, l’affermazione e la narrativa di parte mancano di sufficiente certezza, che deve promanare già dal ricorso per cassazione, rispetto all’avvenuta devoluzione in appello RAGIONE_SOCIALEa questione agitata;
in definitiva il ricorso va integralmente disatteso ed a ciò segue la regolazione secondo soccombenza RAGIONE_SOCIALEe spese del grado;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 22.11.2018.
Il Minzionario Giudiziario
Dott.COGNOME –
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