Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23480 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23480 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° NUMERO_DOCUMENTO del ruolo generale dell’anno 2022 , proposto da
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE) residente in INDIRIZZO, ed elettivamente domiciliato, giusta sentenza della Corte di Cassazione SS.UU. n. 10143 del 20/06/2012, in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, C.F. C.F. CODICE_FISCALE, pec EMAIL, FAX NUMERO_TELEFONO, del Foro di RAGIONE_SOCIALE, per procura in calce al ricorso.
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , c.f. CODICE_FISCALE, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (c.f. CODICE_FISCALE) dell’RAGIONE_SOCIALE, come da procura speciale in atti del pct, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo Studio dell’AVV_NOTAIO (CRO CODICE_FISCALE). Il difensore dichiara di voler ricevere le comunicazioni ai seguenti numeri di fax: NUMERO_TELEFONO o per p.e.c.: EMAIL; EMAIL.
RAGIONE_SOCIALE
Intimata
avverso la sentenza della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n° 1444 depositata il 29 dicembre 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 .- Con la sentenza indicata in intestazione la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in riforma della decisione del Tribunale, accoglieva l’impugnazione proposta dal RAGIONE_SOCIALE di quella città e dichiarava NOME COGNOME debitore del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Cosap) relativo al 2017 per l’intercapedine e due bocche di lupo che insistono per mq 48,93 su INDIRIZZO e per mq 1,46 su INDIRIZZO.
2 .- Per quello che qui ancora rileva, ed in estrema sintesi, osservava la Corte preliminarmente che doveva confermarsi il rilievo del difetto di legittimazione passiva dell’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, trattandosi di controversia che attiene al merito del canone reclamato e che del tutto correttamente il primo Giudice non aveva esteso la propria cognizione alla contestazione della legittimità di una seconda intimazione di pagamento notificata al COGNOME nel corso del giudizio di primo grado, stante la novità di tale domanda.
Nel merito, osservava che la concessione rilasciata dal RAGIONE_SOCIALE su istanza dell’amministratore del RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, non volturata dopo lo scioglimento del predetto RAGIONE_SOCIALE (avvenuto nel 2014), non costituiva acquiescenza o riconoscimento delle ragioni dell’RAGIONE_SOCIALE territoriale.
nonché
Dal rogito del 14 gennaio 1937, col quale il terreno di sedime era stato compravenduto tra privati, emergeva che l’area privata comprendeva anche quella destinata a sede stradale.
Nondimeno, pur non essendo stato prodotto il successivo atto di alienazione delle aree stradali di INDIRIZZO e di INDIRIZZO al RAGIONE_SOCIALE, non era contestato in causa che all’RAGIONE_SOCIALE territoriale tali aree fossero state cedute in proprietà e che la parte cedente non si fosse riservata -né avesse ottenuto dal RAGIONE_SOCIALE -diritti reali o personali giustificativi dell’occupazione di suolo pubblico.
La Corte dichiarava pertanto dovuto dal COGNOME il canone di occupazione per l’anno 2017.
3 .- Ricorre per cassazione quest’ultimo, affidando il gravame a quattro motivi illustrati da memoria.
Resiste il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che conclude per la reiezione dell’impugnazione con controricorso illustrato da memoria.
La RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata, nonostante la regolare notificazione del ricorso.
Dopo la reiezione dell’istanza di rimessione della causa alle Sezioni Unite, formulata dal ricorrente, essa è stata assegnata per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .-Preliminarmente osserva il Collegio che questa Corte, con ordinanza n° 25965/2024, ha già definito altra e parallela lite tra il COGNOME ed il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto la debenza del Canone di occupazione (Cosap) per gli anni 2014 e 2015 relativo al medesimo immobile condominiale.
Nel prosieguo della presente decisione si farà, dunque, riferimento, per quello che qui rileva (si veda il successivo paragrafo n° 12), a quanto già statuito con tale precedente.
5 .- Col primo motivo il ricorrente eccepisce la nullità del procedimento e della sentenza che lo ha concluso per mancanza di integrità nel contraddittorio, nonché per violazione o falsa applicazione dell’art. 14 del Dlgs n° 546/1992.
Al giudizio non avrebbero preso parte gli altri comproprietari del basso fabbricato di INDIRIZZO, e cioè i signori NOME COGNOME, proprietario del locale sito nel seminterrato titolare della vetreria ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, NOME COGNOME, proprietario dell’unità immobiliare sita nel seminterrato sede del locale caldaie, titolare della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, e RAGIONE_SOCIALE
La richiesta di pagamento del Cosap 2017 coinvolgerebbe nella sua unicità costitutiva tutti i comproprietari, come pure l’opposizione ad essa sarebbe diretta a negare i presupposti oggettivi del Canone e non a contestare aspetti soggettivi dell’obbligazione.
6 .- Il mezzo è infondato.
Si è già chiarito nell’ordinanza n° 25965/2024 che, secondo l’orientamento di questa Corte in tema di obbligazioni solidali -pur se di regola, ai sensi dell’art. 1306 cod. civ., la solidarietà passiva non determina una situazione di litisconsorzio necessario, nemmeno in sede di impugnazione, in quanto i rapporti giuridici restano distinti, anche se fra loro connessi, rimanendo perciò sempre possibile la scissione del rapporto processuale -quando le controversie siano tra loro dipendenti, ovvero quando le distinte posizioni dei coobbligati presentino obiettiva interrelazione, viene a configurarsi una situazione di inscindibilità di cause e, quindi, di litisconsorzio processuale necessario ( ex multis : Cass. 34899/2022, con menzione di altri precedenti).
Per ciò che concerne poi il processo tributario, si è anche chiarito (Cass., Sez. Un., 18 gennaio 2007, n° 1057) che l’inscindibilità cui si riferisce l’art. 14 del d.lgs. 31 dicembre 1992 n° 546 non deriva dall’obbligazione solidale che eventualmente lega i vari
contribuenti, ma dalla titolarità di un diritto reale su porzioni di un cespite unitario, il cui valore è stato determinato dall’Ufficio fiscale unitariamente, con la conseguenza che la decisione sul tributo va necessariamente a coinvolgere la tassazione della quota di diritto reale spettante agli altri contribuenti.
Nulla di tutto ciò ricorre nella presente vicenda, nella quale, da un lato, si tratta della possibilità per l’RAGIONE_SOCIALE territoriale, nel caso di occupazione attribuibile a più soggetti (punto della decisione che non è stato impugnato), di recuperare il canone da uno solo degli occupanti, conformemente a quanto previsto dal Regolamento Cosap del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che prevede la facoltà dell’RAGIONE_SOCIALE locale di agire contro un solo coobbligato, salvo il regresso di quest’ultimo verso gli altri (come statuito in Cass. n° 25965/2024); dall’altro, l’applicazione del Canone non dipende affatto dall’estensione del diritto reale dei singoli Condomini, ma dall’occupazione del suolo pubblico e cioè, da un fatto, con la conseguenza che l’obbligo appare commisurato a tale elemento, senza alcuna influenza sull’estensione del diritto dominicale di ciascun Condomino.
7 .- Col secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 183, comma 1, n° 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., 1° comma, n° 3, ovvero in via di estremo subordine in relazione all’art. 360 c.p.c., 1° comma n. 5.
Egli aveva impugnato l’intimazione di pagamento n° 6220170002340, avente ad oggetto il Canone per l’anno 2017, ma nel corso del giudizio gli sarebbe stata notificata una seconda ingiunzione portante il n° 8220170002340, anche questa per il Cosap 2017.
Trattandosi di due intimazioni ‘ indistinguibili ‘, il COGNOME aveva quindi correttamente chiesto al Tribunale di estendere la cognizione a questa seconda intimazione.
Tuttavia, il primo Giudice aveva respinto tale richiesta e la Corte aveva confermato tale statuizione in ragione della novità della domanda.
Tale conclusione sarebbe erronea, sia perché l’introduzione della domanda nuova sulla seconda ingiunzione sarebbe teleologicamente ‘ complanare ‘ (nel senso di Cass. 18546/2020) alla prima domanda; sia perché la motivazione della Corte sulla novità della domanda sarebbe apodittica.
8 .- Il mezzo è inammissibile, non avendo il COGNOME interesse a proporlo.
L’oggetto del presente giudizio non consiste nell’accertamento della legittimità dell’intimazione di pagamento, ma nello stabilire se sia dovuto il Canone di occupazione per l’anno 2017.
Tanto premesso, è evidente che, avendo il ricorrente allegato, a sostegno della domanda, una situazione di fatto non suscettibile di mutamento da un anno all’altro, l’accertamento negativo dell’obbligo per l’anno 2017 è destinato a esplicare efficacia di giudicato in relazione ad entrambe le intimazioni, senza che la mancata inclusione della seconda nella presente causa sia di pregiudizio allo obbligato.
Com’è noto, infatti, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo nell’autonomia dei periodi in cui essi eventualmente si articolano, in quan-
to l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo, e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi, assumono carattere tendenzialmente permanente (Cass. Sez. U, n. 13916/2006; Cass. sez. 5, n. 8291/2025).
9 .- Col terzo mezzo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360 n° 3 cod. proc. civ., della violazione dell’art. 100 dello stesso codice.
La Corte avrebbe erroneamente ritenuto il difetto di legittimazione passiva della società incaricata della RAGIONE_SOCIALE, poiché la società di RAGIONE_SOCIALE, se non partecipa al giudizio, potrebbe opporre la propria estraneità al risultato giudiziale, con la conseguenza che il cittadino sarebbe costretto, onde evitare l’aggressione al proprio patrimonio da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, a dar inizio ad un secondo giudizio nei confronti di quest’ultimo.
Inoltre, la società di RAGIONE_SOCIALE avrebbe comunque un interesse a resistere alla lite, in ragione dell’aggio che essa percepisce sulle operazioni di RAGIONE_SOCIALE.
10 .- Il mezzo è inammissibile, in quanto il ricorrente non ha interesse a proporlo, ed è comunque infondato.
Anzitutto, la sentenza gravata ha confermato la sussistenza dell’obbligo di pagamento del Canone per il 2017: pertanto della pronuncia declinatoria della legittimazione passiva potrebbe semmai dolersi la RAGIONE_SOCIALE e non il COGNOME.
Inoltre, come già chiarito, l’oggetto del presente giudizio consiste nello stabilire se sia dovuto il Canone di occupazione per l’anno 2017.
La RAGIONE_SOCIALE, pertanto, si pone, nella presente vicenda, come soggetto deputato al mero recupero del credito, in quanto la pretesa impositiva proviene dal RAGIONE_SOCIALE e non dalla società di esazione.
Volta che si accerti la non debenza del Canone, è chiaro che la RAGIONE_SOCIALE non potrebbe recuperare un credito del quale il RAGIONE_SOCIALE non è più titolare (sul che si veda Cass., sez. V, 2 dicembre 2024, n° 30792).
11 .- Col quarto motivo il COGNOME lamenta, ai sensi dell’art. 360 n° 3 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 2697 cod. civ.
In estrema sintesi, il ricorrente deduce che era a carico del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE provare non solo di aver acquisito la strada in questione, INDIRIZZO, marciapiede compreso, ma di averla ricevuta libera da ogni peso, mentre la Corte lo avrebbe gravato di un onere non spettantegli, ossia di dimostrare che, nel trasferimento della proprietà della strada al RAGIONE_SOCIALE, i proprietari degli immobili si fossero riservati (o avessero ottenuto dal RAGIONE_SOCIALE) diritti di natura reale o personale.
12 .- Questo mezzo è fondato.
La premessa dalla quale è patita la Corte d’appello è che occorra ‘ verificare, nello specifico, non tanto se l’intercapedine e le bocche di lupo siano state realizzate prima della cessione del terreno poi divenuto sedime di INDIRIZZO e INDIRIZZO, con i relativi marciapiedi, ma se emerga, dagli atti negoziali relativi alla cessione, il riconoscimento o l’attribuzione di diritti, reali o personali, al RAGIONE_SOCIALE e/o ai singoli condomini da parte del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, contestuali o successivi all’acquisizione del diritto di proprietà in capo a sé ‘.
A tale premessa la Corte ha poi aggiunto che non era stato nemmeno allegato (oltre a non emergere documentalmente) ‘ che la proprietà degli immobili già costituenti il RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO INDIRIZZO si sia riservata o abbia ottenuto dal RAGIONE_SOCIALE sulle aree destinate ad essere sedime stradale diritti di natura reale
o personale, giustificanti il mantenimento dell’occupazione di quello che diveniva con la cessione suolo pubblico con i manufatti di cui è causa ‘ e che fin dall ‘introduzione del giudizio il COGNOME aveva ‘ giustificato le proprie ragioni nei confronti del RAGIONE_SOCIALE sottolineando la preesistenza dell’occupazione rispetto all’edificazione della strada costituente la INDIRIZZO, circostanza che, per quanto sopra esposto, appare di per sé non significativa ‘.
Tuttavia, come già deciso nel parallelo giudizio definito con Cass. n° 25965/2024, l’art. 1062 cod. civ. -regula iuris suscettibile di applicazione anche d’ufficio, a fronte della tempestiva allegazione attorea di fatti rilevanti -prevede che la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consti, mediante qualunque genere di prova, che due fondi, attualmente divisi erano stati posseduti dallo stesso proprietario e costui ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù, purché (art. 1061, comma 2, cod. civ.) vi siano opere permanenti e visibili destinate al suo esercizio.
Il secondo comma dell’art. 1062 cod. civ. aggiunge che, se i due fondi cessano di appartenere allo stesso proprietario, senza alcuna disposizione relativa alla servitù, questa si intende costituita attivamente e passivamente a favore e a carico dei fondi separati.
Tanto premesso, è evidente che l’accertamento dell’eventuale preesistenza dei manufatti alla cessione al RAGIONE_SOCIALE delle aree, comunque avvenuta (con atto di cessione non prodotto o mediante dicatio ad patriam , o ancora altrimenti), non è affatto una circostanza priva di rilievo.
Posto, infatti, che le opere in questione sono evidentemente manufatti permanenti e visibili destinate all’esercizio della servitù in modo oggettivo, il silenzio del titolo di acquisto da parte del RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto, in caso di effettiva preesistenza dei manufatti, essere risolto favore dell’attuale ricorrente, e non contro di lui, per la presunzione sancita dalla norma citata.
Il rogito del 1937 è stato poi menzionato dalla Corte solo per desumerne che in un momento immediatamente precedente l’edificazione degli immobili e pure antecedente la cessione delle aree integranti le INDIRIZZO Trecate era già prevista la destinazione del sedime a sede stradale: si trattava però di mero impegno tra privati, a cui era estraneo il RAGIONE_SOCIALE, e non della cessione effettiva, secondo il contenuto dell’atto e quanto la stessa Corte di appello espone.
13 .- In conclusione, in accoglimento del quarto motivo, la sentenza va cassata e la causa va rimessa alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE per nuovo esame.
Alla medesima Corte va pure rimessa la liquidazione delle spese del presente giudizio.
p.q.m.
la Corte dichiara infondato il primo motivo ed inammissibili i motivi secondo e terzo. In accoglimento del quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma il 27 giugno 2025, nella camera di consi-