Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8995 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8995 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16355/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME
PRINETTO;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME e NOME COGNOME NOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di TORINO n. 2089/2018 depositata il 10/12/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, dichiarandosi proprietario dei fondi siti in Marentino (TO) Fg. 6 nn. 51 e 59, contigui a quelli nn. 50 ,e 52, un tempo di sua proprietà e ora di proprietà di NOME COGNOME e NOME COGNOME a seguito di acquisto nell’ambito di un’azione esecutiva promossa nei confronti dello stesso attore, proponeva: 1) actio negatoria servitutis sui fondo n. 51, volta a impedire il transito dei COGNOME e COGNOME su una strada che insisteva su detto mappale e collegava originariamente i fondi del COGNOME, dopo che i primi avevano esperito azione possessoria per ottenere il possesso di tale facoltà di transito; 2) azione di risarcimento danni per le molestie al legittimo esercizio di un libero diritto di proprietà su quel fondo; 3) actio finium regundorum tra i vari fondi citati, con conseguente ripristino della situazione quo ante, stante l’incertezza del confine dal momento che i convenuti, a seguito dell’acquisto nell’esecuzione forzata promossa da terzi avverso l’attore, avevano unilateralmente apposto una recinzione e un cancello che non rispettavano il confine.
Si costituivano in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME, contestando le pretese attoree e rivendicando per contro: 1) l’acquisto della servitù di passaggio “per destinazione del padre di famiglia” (art. 1062 c.c.); o, in subordine, in via coattiva ex art. 1051 c.c.; o, in estremo subordine, ex art. 1052 c.c.; 2) i danni per aver il COGNOME impedito l’esercizio del loro presunto legittimo diritto di passaggio; 3) il mantenimento dei confini dagli stessi determinato con la realizzazione di una precaria recinzione, nonché
l’ampliamento RAGIONE_SOCIALE aree così recintate, a scapito RAGIONE_SOCIALE proprietà confinanti dei sigg. COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che si presumevano avessero sconfinato e che si chiedeva di poter quindi citare in giudizio.
Nessuno dei terzi così chiamati si costituiva e il giudizio proseguiva nella contumacia degli stessi.
In sede istruttoria più volte veniva tentata, ma invano, la conciliazione.
All’esito dell’istruttoria, il Tribunale di Torino pronunciava sentenza con la quale, nello stabilire i confini tra i fondi, condannava NOME COGNOME e NOME COGNOME a rilasciare ad NOME COGNOME una porzione di terreno (tratteggiata in rosso nella planimetria di comparazione allegata al n. 3 alla consulenza tecnica), condannava NOME COGNOME a rilasciare a NOME COGNOME e NOME COGNOME altra porzione di terreno tratteggiata in blu nella citata planimetria di comparazione; condannava NOME COGNOMEnicola a rilasciare a NOME COGNOME e NOME COGNOME la porzione di terreno tratteggiata in verde nella citata planimetria di comparazione; rigettava le domande proposte da NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME; dichiarava che il fondo sito in Marentino e identificato al Catasto Terreni al foglio 6, particella 51, di proprietà di NOME COGNOME era gravato da servitù di passaggio pedonale e carraio per l’utilità del fondo di cui al foglio 6, particella 50, di proprietà di NOME COGNOME e NOME COGNOME da esercitarsi sulla strada interna di cui alla planimetria di comparazione allegata al n. 3 alla consulenza tecnica; condannava NOME COGNOME a cessare turbative e molestie all’esercizio di tale servitù; condanna NOME COGNOME a
pagare a NOME COGNOME e NOME COGNOME/COGNOME €. 1.000,00, oltre interessi legali dalla data della presente sentenza al saldo.
Avverso la suddetta sentenza interponeva appello NOME COGNOME.
Resistevano al gravame NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Le restanti parti rimanevano contumaci.
La Corte d’Appello rigettava il gravame.
Per quel che ancora rileva la Corte d’Appello riteneva sussistenti le tre condizioni per la costituzione della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia: a) possesso dei fondi da parte di un unico proprietario prima della divisione; b) opere visibili e permanenti che rivelino in modo non equivoco la relazione di subordinazione tra i fondi; c) l’assenza di una manifestazione univoca di volontà contraria all’atto del negozio con cui si attua la separazione.
Il primo presupposto era costituito dal fatto che i fondi erano stati posseduti, prima della loro divisione, dall’unico proprietario; e l’unicità del diritto dominicale sui fondi collegati dalla relazione di servizio non era venuta meno nel caso di specie, di più proprietari in comunione fra loro. Di conseguenza, la questione relativa alla comproprietà, pur sollevata soltanto in sede di gravame, era da ritenersi superata per essere infondata nel merito. Inoltre, anche sulla base della giurisprudenza di legittimità, la costituzione di servitù (per destinazione del padre di famiglia) poteva avvenire, come nel caso di specie, anche con il decreto di trasferimento del giudice in sede di esecuzione forzata di disposizione della cessione – e quindi della divisione del fondo.
Sussisteva anche il requisito dell’apparenza come rilevato dal CTU e da altri elementi istruttori mentre era irrilevante la non interclusione del fondo dominante.
Ai fini della prova dell’esercizio del passaggio attraverso il sedime doveva rilevarsi come il COGNOME fosse unico proprietario del fondo poi acquistato dalla coppia COGNOME e come lo stesso accedesse attraverso quell’accesso alla strada pubblica denominata INDIRIZZO.
La circostanza relativa all’utilizzo del sedime di cui si tratta da parte del proprietario-titolare del fondo non era stata soltanto confermata dallo stesso COGNOME in sede di istruttoria per l’interdetto possessorio ma anche da due testi. Peraltro, come rilevato in sede di sopralluogo dallo stesso CTU, nella specie, era stata riscontrata anche “la presenza di elementi apparenti chiaramente riconducibili all’asservimento del mappale 51 a favore del mappale 50. Infine, in base alle fotografie prodotte dalla difesa degli appellati, nessun dubbio poteva sussistere sul fatto che il COGNOME avesse interposto una serie di ostacoli sul sedime stradale, ostacoli quali il cancello, dei fili trasversali con appesi due cartelli con scritta e simbolo di divieto di accesso e dei tubi in cemento armato. Il Tribunale, di conseguenza, aveva valutato in modo corretto la ricorrenza di tutti i presupposti richiesti per la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia mentre era del tutto irrilevante che i NOMECOGNOME potessero avere accesso al loro fondo attraverso una altra strada privata peraltro impraticabile.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso.
NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME resistito con controricorso
Il Consigliere delegato ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti.
A seguito di tale comunicazione, la parte ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
14 . Fissata l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza COGNOME insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio risultanti dagli atti di causa, già oggetto di discussione tra le parti, in particolare il reale contenuto del primo motivo di appello; violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in specie degli art. 112, 115, 116 c.p.c., e dell’art. 111 Cost. (con conseguente nullità della sentenza impugnata), in violazione dell’art. 360 c. 1, nn. 3 e 4 c.p.c. per aver il giudice ricostruito il predetto motivo omettendo di considerare il reale contenuto della doglianza, come formulata effettivamente dall’appellante, con conseguente travisamento dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo e conseguente enunciazione decisionale articolata su argomentazioni oggettivamente incomprensibili o perplesse.
Il ricorrente lamenta che il suo primo motivo d’appello aveva in realtà contenuto diverso rispetto a quanto ricostruito dalla Corte Territoriale. Inoltre, la Corte Territoriale avrebbe chiaramente mal
interpretato -con motivazione manifestamente perplessa e contraddetta dagli atti – le risultanze della CTU.
In particolare, lo sconfinamento ricostruito dal CTU in capo al COGNOME stesso in danno dei sigg. COGNOME e COGNOME in realtà non sarebbe stato da lui praticato e le recinzioni sarebbero state tutte apposte unilateralmente dai convenuti.
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in specie dell’art. 1062 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., oltre che degli artt. 3 e 111 Cost. (con conseguente nullità della sentenza impugnata), in violazione dell’art. 360 c. 1, nn. 3 e 4, c.p.c. per avere la Corte Territoriale ritenuto sussistente il presupposto dell’appartenenza di uno o più fondi ad un unico proprietario ai fini della costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia ex art. 1062 c.c. sulla base, però, dell’applicazione di principi di diritto validi per la disciplina di fattispecie diverse da quella del caso concreto; e dunque per aver quindi deciso con considerazioni prive del requisito dell’omogeneità del giudizio e caratterizzate da argomenti oggettivamente incomprensibili o, comunque, perplessi.
Il ricorrente lamenta l’errore della CTU e il conseguente errore del giudice circa l’unicità della sua proprietà del fondo servente che invece era in comproprietà con la moglie, NOME COGNOME. Tale circostanza farebbe venir meno uno dei requisiti in fatto per l’operatività delia fattispecie dell’art. 1062 c.c.; e l’errore del CTU, fatto proprio dal giudice di primo grado, avrebbe determinato l’erronea decisione. In sostanza, i fondi in favore dei quali ora si vorrebbe invocare l’acquisto della servitù di passaggio, in origine non appartenevano solo al COGNOME, bensì per la quota di 1/2 anche
alla di lui moglie, NOME COGNOME; per contro i fondi nn. 51 e 59, sul primo dei quali si vorrebbe oggi ritenere costituita la servitù di passaggio per destinazione del padre dì famiglia, sono sempre appartenuti al solo COGNOME per l’intero.
Il ricorrente cita la giurisprudenza di legittimità e sostiene che nella fattispecie non è possibile affermare l’esistenza di una servitù per destinazione del padre di famiglia.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in specie dell’art. 1062 c.c e dell’art. 112 c.p.c., oltre che dell’art. 111 Cost. (con conseguente nullità della sentenza impugnata), in violazione dell’art. 360 c. 1, nn. 3 e 4 c.p.c., per avere il giudice dato vita a una motivazione apparente sul secondo profilo di doglianza di cui al secondo motivo di appello del Cimoliln e per aver violato il dovere decisorio di cui al l’ art. 112 c.p.c. e il principio del giusto processo con effetti di nullità insanabile della pronuncia.
Secondo il ricorrente, essendo la costituzione di servitù (per destinazione del padre di famiglia) frutto di volontà negoziale non potrebbe costituirsi nel caso in cui la cessione – e quindi la divisione del fondo – sia stata disposta dal Giudice in sede di esecuzione forzata con un decreto di trasferimento dei fondi”.
La proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. è la seguente:
Inammissibilità e/o manifesta infondatezza, del ricorso avverso rigetto domanda di actio negatoria e regolamento dei confini (doppia conforme), per le seguenti ragioni:
1° motivo: inammissibile, per doppia conforme, con riguardo all’art. 360 n. 5 c.p.c. (Sez. 2, n. 7724 del 9 marzo 2022; Sez. 6 –
3, n. 15777 del 17 maggio 2022; Sez. L, n. 24395 del 3 novembre 2020). Inammissibile, con riguardo agli artt. 115 e 116 c.p.c.: per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Sez. U. n. 20867 del 30 settembre 2020).
2° e 3° motivo, da trattare unitariamente perché riferiti alla pretesa violazione RAGIONE_SOCIALE stesse norme: inammissibili, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, i motivi mirano, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Sez. U., n. 34476 del 27 dicembre 2019; Sez. 1, n. 5987/21).
Inoltre, la servitù per destinazione del padre di famiglia può sorgere, ai sensi dell’art. 1062 c.c., pure se la divisione del fondo sia stata disposta, anziché dal proprietario, dal giudice dell’esecuzione con il decreto di trasferimento dei lotti risultanti dal frazionamento del terreno in sede di vendita forzata (Sez. 2, n. 14481 del 6 giugno 2018).
5. Il ricorrente con la memoria depositata in prossimità dell’udienza, insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso e in sostanziale replica alle conclusioni della proposta osserva che:
Non si è in presenza di una doppia conforme perché la sentenza della Corte Territoriale, impugnata in cassazione, non si si è fondata sulla base RAGIONE_SOCIALE stesse ragioni di fatto del giudice di prime cure: in effetti, il Tribunale di Torino aveva semplicemente accertato che dalla perizia del CTU, AVV_NOTAIO, erano emersi reciproci sconfinamenti e che per questo le parti (reciprocamente tra loro) erano tenute al rilascio RAGIONE_SOCIALE parti appartenenti all’altra, nel mentre l’iter motivazionale della Corte d’Appello è stato incentrato, in primis , sul rigetto del primo motivo di appello sul presupposto che ‘ ogni domanda non proposta in primo grado deve ritenersi inammissibile in sede di gravame .
Anche il riferimento alla Ctu sarebbe riferito a diversi percorsi motivazionali.
Il ricorrente insiste nella censura di violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.), in quanto lo sconfinamento era attribuibile solo alla controparte che era l’unica che doveva essere condannata al ripristino e che non aveva formulato alcuna domanda di restituzione. Solo in relazione a tali aspetti si sarebbe lamentata la lesione dei principi di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c., essendo fatto incontestato che i sigg. COGNOME e COGNOME COGNOME solo chiesto la reintegrazione dei confini così come da loro unilateralmente disegnati.
Inoltre, quanto alla violazione dell’art. 1062 c.c. il ricorrente ribadisce che egli era unico proprietario dei fondi serventi su cui i sigg. COGNOME avevano chiesto (e ottenuto) fosse
riconosciuta la servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia) ma non era anche unico proprietario dei fondi dominanti, dal momento che lo stesso aveva acquistato questi ultimi con atto notarile in comproprietà con la moglie.
Infine, pur prendendo atto dell ‘ultimo arresto di legittimità secondo cui l’art. 1062 si applica anche quando la divisione del fondo sia stata disposta, anziché dal proprietario, dal giudice dell’esecuzione con il decreto di trasferimento dei lotti derivanti dal frazionamento in sede di vendita forzata, il ricorrente evidenzia come della lettera dell’art. 1062 c.c. siano state rese dalla stessa Suprema Corte diverse decisioni, chiaramente contrastanti con il principio esposto (Cass. civ. n. 4956/1978).
Il Collegio condivide le conclusioni formulate con la proposta di definizione accelerata mentre la memoria della parte ricorrente non offre argomenti idonei a modificare tali conclusioni.
6.1 In particolare, quanto alla ricorrenza di un’ipotesi di doppia conforme deve ribadirsi che: la «doppia conforme» ricorre, ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 7724 del 09/03/2022, Rv. 664193 – 01).
D’altra parte , non è ammissibile il motivo di ricorso ex art. 260, comma 1, n. 5, c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo quando il fatto che si asserisce omesso non è un fatto storico bensì attiene all’interpretazione della domanda o come nel caso in esame al motivo di appello proposto dal COGNOME. Peraltro, deve ribadirsi che: Nel giudizio di legittimità va tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne ha dato il giudice del merito. Nel primo caso, si verte in tema di violazione dell’articolo 112 c.p.c. e si pone un problema di natura processuale, per la soluzione del quale la RAGIONE_SOCIALE ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiesta. Nel secondo caso, invece, poiché l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, in sede di legittimità va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Sez. 6 -5, Ord. n. 30684 del 2017).
Per quanto riguarda la dedotta violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato la censura è infondata in quanto a seguito della delimitazione corretta del confine la Corte ha accertato il reciproco sconfinamento e, dunque la reciproca soccombenza e ha ordinato il rilascio RAGIONE_SOCIALE porzioni illegittimamente detenute da entrambe le parti.
La censura proposta quanto alla violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. pertanto è manifestamente inammissibile risolvendosi espressamente nella richiesta di rivalutazione degli elementi istruttori, mentre per dedurre la violazione del paradigma dell’art.
115 c.p.c. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Sez. U – , Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 01). Inoltre, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione. (Sez. U – , Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 02).
6.2 Per ciò che attiene alla costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia ex art. 1062 cod. civ., un indirizzo consolidato di questa Corte afferma che essa trova
applicazione non solo nell’ipotesi del singolo proprietario ma anche di comproprietari nel loro insieme, giacché anche in questo caso si configura l’estremo essenziale della unicità del diritto dominicale sui fondi collegati da rapporto di fatto di subordinazione, che dà poi luogo con la separazione giuridica dei fondi stessi alla costituzione della servitù (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6884 del 18/06/1991; conf da: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3773 del 1996: «… anche nell’ipotesi – rilevante nella specie – di appartenenza dei fondi, poi divisi, ai due fratelli, in comunione tra loro (oltre che in quella dell’appartenenza all’unico “pater”) ricorre l’estremo essenziale dell’unicità del diritto dominicale sui fondi il cui rapporto, di subordinazione di fatto, viene in considerazione per il tempo della loro giuridica separazione». Più di recente: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10662 del 22/05/2015, Rv. 635421 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16842 del 20/07/2009, Rv. 609319 -01).
6.3 Lo stesso ricorrente prende atto con la memoria del l’orientamento di questa Corte indicato nella proposta secondo cui : La servitù per destinazione del padre di famiglia può sorgere, ai sensi dell’art. 1062 c.c., pure se la divisione del fondo sia stata disposta, anziché dal proprietario, dal giudice dell’esecuzione con il decreto di trasferimento dei lotti risultanti dal frazionamento del terreno in sede di vendita forzata, salvo che il giudice stesso manifesti una volontà a ciò contraria anche tramite l’ordine di rimozione RAGIONE_SOCIALE opere o dei segni apparenti che avrebbero integrato il contenuto della detta servitù, sostituendosi egli, in tale caso, al “dominus” – padre di famiglia (Sez. 2, Sentenza n. 14481 del 06/06/2018, Rv. 649067 – 02).
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma – nei limiti di legge in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P. Q. M.
La Corte Suprema di RAGIONE_SOCIALEzione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 terzo e quarto comma cod. proc. civ., al pagamento, in favore della parte controricorrente, della ulteriore somma pari ad euro 3.500,00, nonché al pagamento della somma di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE;
dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda