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Servitù di veduta: quando la convenzione non basta

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una proprietaria che lamentava la lesione della sua servitù di veduta a causa di un muro di confine. La Corte ha stabilito che, per l’esistenza di una servitù di veduta, non è sufficiente una generica previsione in una convenzione di lottizzazione (che indicava siepi e non muri), ma è necessario che sia garantito il requisito del ‘comodo affaccio’, ovvero la possibilità di affacciarsi e guardare agevolmente sul fondo vicino. Poiché il regolamento edilizio locale permetteva muri alti 1,50 metri, altezza che impedisce tale affaccio, la Corte ha escluso la costituzione della servitù.

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Servitù di Veduta: Limiti e Condizioni secondo la Cassazione

La servitù di veduta è uno dei diritti reali più discussi nelle aule di tribunale, spesso al centro di accese controversie tra vicini. Avere una bella vista o un panorama suggestivo dalla propria abitazione è un valore aggiunto, ma fino a che punto la legge lo tutela? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i presupposti necessari per il riconoscimento di tale diritto, sottolineando come le previsioni di una convenzione di lottizzazione non siano sempre sufficienti a garantirlo. Il caso analizzato riguarda la pretesa di una proprietaria di veder riconosciuta una servitù di veduta e di panorama, lesa, a suo dire, dalla costruzione di un muro di confine da parte della vicina.

I Fatti di Causa: una Vista Contesa tra Vicini

La vicenda nasce in una nota località di mare, dove la proprietaria di un immobile si oppone alla realizzazione di un muro di confine da parte della vicina. La ricorrente sosteneva che tale muro, sostituendo le siepi originariamente previste da una convenzione di lottizzazione, le impediva di godere della vista e del panorama. A suo avviso, la convenzione stessa, richiamata negli atti di acquisto, aveva dato vita a una vera e propria servitù a vantaggio del suo fondo. Dopo un primo grado di giudizio favorevole, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, dichiarando il fondo della vicina libero da qualsiasi servitù. La questione è quindi approdata dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: la Servitù di Veduta Non Sussiste

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza d’appello. La decisione si fonda su un’attenta analisi dei requisiti necessari per la costituzione di una servitù di veduta, distinguendo tra le previsioni urbanistiche e i diritti privatistici.

Il Ruolo della Convenzione di Lottizzazione

La ricorrente basava gran parte delle sue argomentazioni sulla convenzione di lottizzazione, che imponeva la divisione dei lotti esclusivamente con siepi. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che, sebbene tali convenzioni possano generare servitù prediali, è necessario che le limitazioni siano specifiche e idonee a creare il diritto invocato. Nel caso di specie, la convenzione non specificava l’altezza delle siepi, un dettaglio cruciale.

L’Importanza del ‘Comodo Affaccio’ per la Servitù di Veduta

Il punto centrale della decisione riguarda il requisito del ‘comodo affaccio’, previsto dall’art. 900 del Codice Civile. Per aversi una veduta, non basta poter semplicemente ‘vedere’ sul fondo altrui (inspectio), ma è necessario potersi anche ‘affacciare’ in sicurezza e comodità (prospectio). La Corte ha osservato che il Regolamento Edilizio Comunale permetteva la costruzione di muri fino a 1,50 metri. Un’altezza del genere, secondo i giudici, esclude di per sé la possibilità di un ‘comodo affaccio’, rendendo di fatto impossibile la configurazione di una servitù di veduta. La previsione del regolamento, quindi, prevale sulla generica indicazione della convenzione.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni della Corte si articolano su diversi piani. In primo luogo, viene ribadito che la violazione di prescrizioni urbanistiche, come quelle di una convenzione di lottizzazione, esaurisce la sua rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico con il Comune e non genera automaticamente diritti soggettivi tra privati. In altre parole, il fatto che il muro potesse essere non conforme alla convenzione non era sufficiente a fondare una servitù di veduta.
In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che, per la sussistenza di una servitù di veduta, devono essere presenti entrambi i requisiti della ‘inspectio’ e della ‘prospectio’. La possibilità di guardare oltre un muro di 1,50 metri non integra il requisito del ‘comodo affaccio’, necessario per assoggettare il fondo vicino a una visione mobile e globale. Mancando questo presupposto fondamentale, la domanda della ricorrente non poteva essere accolta. Infine, la Corte ha dichiarato inammissibili altri motivi di ricorso, in quanto introducevano questioni di fatto non trattate nei gradi di merito o erano stati formulati in modo tecnicamente errato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. Dimostra che non basta appellarsi a una convenzione di lottizzazione per rivendicare una servitù di veduta. È fondamentale che le clausole siano formulate in modo tale da garantire esplicitamente i requisiti legali, primo tra tutti il ‘comodo affaccio’. La decisione evidenzia anche la prevalenza delle norme contenute nei regolamenti edilizi locali nel definire i limiti concreti delle costruzioni e, di conseguenza, la possibilità stessa che una servitù di veduta possa sorgere. Per i proprietari, ciò significa che la tutela della vista e del panorama non è un diritto assoluto, ma deve trovare un fondamento solido e specifico in un titolo (contratto, testamento) o in una situazione di fatto consolidata (usucapione), sempre nel rispetto dei requisiti di legge.

Una convenzione di lottizzazione che prevede siepi al posto dei muri crea automaticamente una servitù di veduta?
No. Secondo la Corte, affinché una convenzione di lottizzazione possa costituire una servitù, è necessario che le limitazioni imposte siano specifiche e idonee a creare il diritto. Se la convenzione non specifica l’altezza delle siepi in modo da garantire il ‘comodo affaccio’, non è sufficiente a creare una servitù di veduta.

Perché la Corte ha escluso la sussistenza di una servitù di veduta nonostante le doglianze della ricorrente?
La Corte l’ha esclusa perché mancava il requisito essenziale del ‘comodo affaccio’. Il regolamento edilizio locale permetteva la costruzione di muri alti fino a 1,50 metri, un’altezza che, secondo i giudici, impedisce di affacciarsi comodamente e in sicurezza sul fondo del vicino. Senza questo presupposto, non si può configurare una servitù di veduta ai sensi dell’art. 900 del codice civile.

La violazione di una norma urbanistica da parte del vicino dà automaticamente diritto al risarcimento o alla costituzione di una servitù?
No. La Corte ha precisato che il difetto di conformità di un’opera alla concessione edilizia o alla convenzione di lottizzazione esaurisce la sua rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico (tra il privato e l’amministrazione comunale) e non influisce direttamente sui rapporti di natura privatistica tra vicini, a meno che non leda specifici diritti reali già esistenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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