Servitù di Veduta: Quando il Diritto di Aprire Finestre Sopravvive al Tempo?
La costituzione di una servitù di veduta rappresenta un momento cruciale nei rapporti di vicinato, definendo i limiti e le facoltà dei proprietari di fondi confinanti. Ma cosa accade quando un diritto, concesso decenni prima in termini molto ampi, viene esercitato in modo più esteso solo dopo molto tempo? Un’interessante ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione (n. 25781/2024) affronta proprio questa complessa questione, rimettendo la decisione a una pubblica udienza per la delicatezza dei principi di diritto coinvolti.
I Fatti di Causa
La vicenda trae origine da un lontano contratto di compravendita, con il quale il venditore si obbligava a permettere all’acquirente di aprire ‘luci e finestre a suo piacimento’ sul fondo confinante. In esecuzione di tale accordo, l’acquirente edificava un immobile nel 1958, esercitando per la prima volta questo diritto.
Decenni dopo, nel 1999, la società proprietaria del fondo dominante realizzava una sopraelevazione, aprendo numerose nuove vedute. Il proprietario del fondo servente decideva quindi di agire in giudizio, sostenendo due tesi principali:
1. Il diritto di aprire ulteriori vedute, oltre a quelle realizzate nel 1958, si era estinto per prescrizione decennale.
2. In subordine, la nuova costruzione costituiva un illecito aggravamento della servitù esistente.
Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello respingevano la domanda, ritenendo che l’obbligazione iniziale si fosse trasformata in un diritto reale di servitù pienamente valido e che la sua ampia formulazione non ponesse limiti quantitativi, escludendo così sia la prescrizione parziale che l’aggravamento.
La Questione della Prescrizione della Servitù di Veduta
Il cuore del ricorso per Cassazione, presentato dalla società proprietaria del fondo servente, si concentra sulla violazione e falsa applicazione degli articoli 1029 e 2946 del Codice Civile. Secondo la tesi del ricorrente, il diritto reale di servitù si sarebbe consolidato e limitato esclusivamente alla costruzione del 1958.
La pattuizione originaria, per la parte non esercitata in quel momento, sarebbe rimasta una mera obbligazione contrattuale. Come tale, sarebbe stata soggetta all’ordinaria prescrizione di dieci anni. Di conseguenza, la facoltà di aprire nuove finestre nel 1999 sarebbe venuta meno, rendendo la sopraelevazione illegittima sotto questo profilo.
La Decisione della Corte: Rinvio alla Pubblica Udienza
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria in esame, non fornisce una risposta definitiva, ma riconosce la rilevanza e la complessità della questione. I giudici ritengono che il punto sollevato dal ricorrente abbia un carattere ‘dirimente’ e solleciti ‘valutazioni giuridiche che consigliano la trattazione in pubblica udienza’.
La decisione finale dovrà quindi affrontare un nodo cruciale del diritto immobiliare: definire la natura, l’estensione e la correlazione con la prescrizione di un diritto di servitù nato da un’obbligazione contrattuale e sviluppatosi nel tempo.
Le Motivazioni
La Corte d’Appello aveva stabilito che ‘già nel 1958, il diritto stabilito in via di obbligazione, si è definitivamente trasformato nel diritto reale di servitù’. Inoltre, l’ampiezza della concessione (‘a suo piacimento’) impediva di considerare la successiva sopraelevazione come un aggravio della servitù. Secondo questa interpretazione, il diritto di servitù, una volta costituito, non si ‘consuma’ con il primo esercizio, ma può essere utilizzato in tutta la sua estensione potenziale, a meno che l’atto costitutivo non preveda limiti specifici. Si può estinguere per non uso totale, ma non per il mancato utilizzo di una ‘maggior quantità’ del diritto stesso.
La tesi del ricorrente, invece, propone una scissione: la parte esercitata diventa diritto reale, la parte non esercitata rimane un’obbligazione soggetta a prescrizione. La Cassazione dovrà ora dirimere questo contrasto, stabilendo se un diritto di servitù concesso in termini generici possa essere esercitato in più fasi, anche a distanza di decenni, o se la facoltà non immediatamente sfruttata decada.
Le Conclusioni
L’esito di questo giudizio avrà implicazioni significative. Una decisione a favore del proprietario del fondo dominante confermerebbe che una servitù ampiamente formulata costituisce un diritto duraturo e flessibile, esercitabile secondo le necessità che si presentano nel tempo. Al contrario, una sentenza favorevole al ricorrente imporrebbe una maggiore cautela nella redazione degli atti costitutivi di servitù e sottolineerebbe come le facoltà non esercitate entro il termine di prescrizione possano essere definitivamente perse, anche se originate da un unico patto. La pubblica udienza sarà la sede per approfondire questi delicati bilanciamenti tra la certezza dei diritti reali e la volontà contrattuale originaria.
Come nasce una servitù di veduta in questo caso?
Nasce da un’obbligazione assunta in un contratto di compravendita, con cui una parte si impegnava a permettere all’altra di aprire luci e finestre. Secondo la Corte d’Appello, questa obbligazione si è trasformata in un diritto reale di servitù con la prima edificazione nel 1958.
Il diritto di aprire nuove finestre può estinguersi per prescrizione se non viene esercitato subito?
Questa è la domanda centrale del caso. La Corte d’Appello ha ritenuto di no, sostenendo che la servitù può estinguersi per non uso totale, ma non per il mancato esercizio di una sua ‘maggior quantità’ (cioè il diritto di aprire più finestre di quelle iniziali). La Corte di Cassazione ha giudicato la questione così complessa da meritare un approfondimento in pubblica udienza.
Perché la Corte di Cassazione non ha deciso subito il caso?
La Corte ha emesso un’ordinanza interlocutoria rinviando la causa alla pubblica udienza perché la questione sollevata ha carattere ‘dirimente’ e richiede un’attenta valutazione sulla natura del diritto, sulla sua estensione e sul suo rapporto con l’istituto della prescrizione.
Testo del provvedimento
Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25781 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25781 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/09/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 3449/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo liquidatore e legale rappresentante pro-tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrente –
nonché
COGNOME NOME;
-intimato – avverso la sentenza n. 4780/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
In primo grado venne rigettata la domanda, con la quale NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE avevano chiesto dichiararsi prescritto il diritto di aprire vedute attribuito a suo tempo in favore di RAGIONE_SOCIALE o, in subordine, riconoscersi l’aggravamento della costituita servitù, avendo la proprietaria del fondo dominante realizzato in epoca successiva alla prima edificazione una sopraelevazione munita di numerose vedute.
La Corte d’appello di Napoli rigettò l’impugnazione dei soccombenti attori.
La sentenza d’appello espone che l’appellante aveva insistito nel sostenere che la prescrizione era maturata essendo decorsi dieci anni dall’assunta obbligazione a consentire alla controparte la costituzione di una servitù di veduta. Servitù che era stata costituita con l’edificazione dell’immobile della NOME avvenuta nel 1958, a distanza di circa tre anni dal contratto di compravendita, con il quale parte ricorrente si era obbligata a permettere la costituzione della servitù. Di conseguenza la veduta esercitata dalla controricorrente con l’edificazione di una sopraelevazione, messa in opera solo nel 1999, era illegittima.
La Corte partenopea, riportato il contenuto dell’obbligazione (<> ), afferma che l’ampiezza della concessione impediva di reputare che fossero state imposte limitazioni di numero e qualità delle vedute. Inoltre, <> . L’ampiezza della concessione faceva, del pari, escludere che potesse riscontrarsi un aggravio della servitù con la successiva sopraelevazione. Inoltre,
per non uso avrebbe potuto estinguersi il diritto e non già la maggior quantità di esso non utilizzata dal titolare.
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ricorre sulla base di quattro motivi. RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1029 e 2946 cod. civ.
Si assume che il diritto reale di servitù non poteva che essere limitato alla costruzione completata nel 1958, << mentre la pattuizione obbligatoria resta soggetta alla prescrizione ordinaria e/o comunque si esaurisce con l'edificazione, di talché, siccome spiegato con il relativo motivo d'appello, <>.
3.1. La doglianza, che assume carattere dirimente, sollecita valutazioni giuridiche che consigliano la trattazione in pubblica udienza.
È nodale affrontare il punto riguardante la natura del diritto vantato dalla parte controricorrente, la sua estensione e la correlazione con l’istituto della prescrizione.
P.Q.M.
rimette la causa alla pubblica udienza. Così deciso in Roma il giorno 12 settembre 2024.