SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA N. 1272 2025 – N. R.G. 00000051 2022 DEPOSITO MINUTA 15 07 2025 PUBBLICAZIONE 15 07 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA
PRIMA SEZIONE CIVILE
La Corte d’Appello di Bologna nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME Consigliere dott.ssa NOME COGNOME Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento in grado di appello iscritto al n. R.G. 51/2022 promosso da:
(C.F. e P. IVA
) in persona
del l’amministratore pro tempore , con sede in Ravenna, INDIRIZZO, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente tra loro, dall ‘ Avv. NOME COGNOME del foro di Ravenna e dall’ Avv. NOME COGNOME del foro di Piacenza, con domicilio eletto presso e nello studio del primo sito in Ravenna al INDIRIZZO
APPELLANTE
contro
(C.F. e P. IVA ) in persona del Sindaco pro tempore , con sede in Ravenna, INDIRIZZO rappresentato e difeso dall’ Avv. NOME COGNOME del l’Avvocatura Comunale , con domicilio eletto presso e nel la sede dell’Avvocatura Comunale in Ravenna alla INDIRIZZO; P.
APPELLATO
IN PUNTO A: appello avverso la sentenza a verbale ex art. 281 sexies c.p.c. n. 893/2021 del l’1 dicembre 2021 del Tribunale di Ravenna, avente ad oggetto servitù;
CONCLUSIONI: All’udienza del 25 marzo 2025, sostituita dal deposito telematico di note di trattazione scritta, l’appellante insistendo preliminarmente per
P.
l’ammissione delle prove non ammesse in primo grado come indicate nell’atto di citazione in appello, precisava le sue conclusioni chiedendo: ‘ In via principale e nel merito: RIFORMARE la Sentenza del Tribunale di Ravenna 1 dicembre 2021 (d.ssa COGNOME, n. 893 notificata in data 9 dicembre 2021; DICHIARARE per l’effetto l’inesistenza di un qualche diritto di occupazione dell’area di cui in narrativa da parte del ; ORDINARE per l’effetto al la cessazione di qualsivoglia turbativa al legittimo esercizio del diritto di proprietà da parte dell’attore e in particolare dell’occupazione dell’area di cui in premessa, nel rispetto della servitù di pubblico transito di cui all’atto del notaio 8 luglio 1935; CONDANNARE il alla restituzione delle somme versate dal in ragione della sentenza del Tribunale maggiorate di interessi; Con vittoria delle spese e degli onorari di causa per entrambi i gradi ‘ ; l’appellato nel ribadire tutto quanto dedotto, eccepito e documentato, insisteva per l’accoglimento delle conclusioni indicate nella comparsa e memoria di costituzione ovvero: ‘ Codesta Ecc.ma Corte d’Appello adita Voglia, contrariis rejectis, dichiarare l’inammissibilità dell’impugnativa avversa e/o Voglia respingerla in toto, ivi comprese tutte le richieste istruttorie in essa formulate e, per l’effetto, Voglia confermare la sentenza oggetto di gravame, con vittoria di spese, comprese quelle forfettarie, a favore dell’Amministrazione Comunale appellata ‘ .
LA CORTE
udita la lettura delle conclusioni prese dai procuratori delle parti;
letti ed esaminati gli atti e i documenti del processo, ha così deciso:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con atto di citazione ritualmente notificato e depositato in data 09.08.2020, il
in persona dell’amministratore in carica, d’ora in avanti più brevemente il premesso di essere ubicato in Ravenna tra le INDIRIZZO e la , che sul lato prospiciente la piazza il condominio sviluppa, sin dalla sua costruzione, un porticato aperto al pubblico passaggio, che questa situazione trova il suo fondamento nell’atto a ministero notaio del giorno 8 luglio 1935 con il quale il di Ravenna vendette all un’area prospiciente l’attuale con l’impegno alla realizzazione di un edificio porticato destinato a sede dell’istituto, prevedendo in particolare che ‘ i portici saranno soggetti a servitù di pubblico transito ‘, che tale servitù veniva riportata nei successivi atti di compravendita con i quali l cedeva l e unità immobiliari ricavate nell’edificio e con i successivi passaggi di proprietà, che l’area attualmente è bene comune non censibile facente parte della particella 240 del foglio 76 del Catasto Fabbricati del Comune di Ravenna, così come risultante dagli atti di compravendita rogati anche in tempi recenti, che il nel tempo aveva
ovviamente eseguito una serie di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, come previsto dal titolo originario, lavori, questi, che, al di là della necessità di mantenere lo stato dell’edificio, hanno anche sempre consentito l’esercizio del passaggio mantenendo l’edificio in buono stato di conservazione , che il contesto era mutato da quando il aveva iniziato a promuovere iniziative di natura commerciale, come i mercatini dell’antiquariato, di natale e simili, poiché i banchi degli espositori occuperebbero completamente il porticato, con conseguente logoramento e dissesto dell’area e spossessamento della proprietà dell’area da parte del
, che una tale situazione è illegittima, poiché il porticato è di proprietà del ed è gravato dalla sola servitù, costituita con il citato atto del 1935, limitata al solo pubblico transito, e il
consentendo l’occupazione con banchetti o iniziative simili , avrebbe assunto un comportamento incompatibile tanto con lo stato di diritto della cosa, quanto con il diritto di proprietà condominiale, rendendo difficile per i proprietari accedere all’ingresso del condominio e limitando il transito da parte della coll ettività e che la mediazione intrapresa non aveva dato esito positivo, tutto ciò premesso, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Ravenna il in persona del Sindaco pro tempore al fine di sentire dichiarare l’inesistenza di un qualche diritto di occupazione dell’area di cui in narrativa da parte del e ordinare al medesimo la cessazione di qualsivoglia turbativa al legittimo esercizio del diritto di proprietà da parte d ell’attore e in particolare dell’occupazione dell’area di cui in premessa, nel rispetto della servitù di pubblico transito di cui all’atto del notaio 8 luglio 1935, con vittoria delle spese e degli onorari di causa.
Si costituiva in giudizio il convenuto deducendo che da tempo il portico oggetto della controversia è parzialmente e temporaneamente utilizzato dal comune per iniziative ed eventi, quali mostre e mercatini dell’antiquariato aventi lo scopo di valorizzare il centro storico cittadino, richiamando un pubblico sempre più numeroso. I banchetti, peraltro, non precludono il passaggio pedonale e, al termine di ogni evento, vengono prontamente rimossi; l ‘allocazione dei banchi, inoltre, viene studiata al fine di consentire il transito sotto il porticato, del resto, evidenzia il se il transito dei pedoni fosse realmente ostacolato dai potenziali acquirenti, le esposizioni non avrebbero avuto alcun successo. Tali iniziative promozionali, ad avviso della parte convenuta, non risulterebbero in contrasto con la servitù di uso pubblico pacificamente gravante sul porticato, atteso che, dalla disamina dell’atto costitutivo del relativo titolo, non si ricava alcun limite. La servitù in questione costituisce una rilevante limitazione del diritto di proprietà, tanto che lo stesso , qualora volesse occupare autonomamente, in tutto o in parte il porticato, dovrebbe munirsi della relativa concessione/autorizzazio ne, conformemente al regolamento sulla tassa ‘Tosap’. Costituendo tale servitù, il avrebbe abdicato a parte del contenuto del diritto di proprietà, in favore dell’interesse pubblico preminente della comunità a poter fruire del medesimo porticato, comunità che vede nel Comune, ex lege , il proprio ente esponenziale. Chiedeva pertanto il convenuto il rigetto delle domande di parte attrice.
Assegnati alle parti i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c. per il deposito delle memorie ivi previste, la causa era istruita solo documentalmente, non essendo state ammesse le prove orali in quanto i capitoli formulati erano superflui, generici, documentali o di contenuto valutativo e subito rinviata per la decisione. All’udienza allo scopo fissata, fatte precisare le conclusioni e sentita la discussione orale, il Giudice pronunciava sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. con la quale – osservato preliminarmente non essere contestata l’esistenza di servitù di pubblico passaggio sul porticato oggetto del presente giudizio, come risultante dall’atto costitutivo del 1935 a ministero notaio e riportata nei successivi atti di compravendita immobiliare, risultando invece oggetto di disputa tra le parti l’interpretazione dell’ampiezza del diritto di proprietà di parte attrice e del corretto esercizio della servitù da parte del comune di Ravenna, osservato altresì, richiamando i criteri di cui agli artt. 1362 e ss. per l’interpretazione del titolo e , in mancanza di specifiche indicazioni nella convenzione, i criteri di legge di cui al combinato disposto degli artt. 1063, 1064 e 1065 c.c., come nel caso di specie sul porticato di proprietà del gravi una servitù di pubblico transito e dunque una servitù costituita in favore della collettività per il transito di un numero indeterminato di persone, che ente esponenziale a livello locale della collettività è l’amministrazione comunale e che la servitù di pubblico transito insistente sul porticato di proprietà del attore si differenzia pertanto dalla servitù prediale, di natura privata e presuppone un interesse pubblico, facente capo ad una comunità di persone, rappresentate, a livello locale, dall’amministrazione comunale, e considerate alla stregua non già di singoli individui, bensì di cittadini, i quali la possono utilizzare per il passaggio , ritenuto come il consentire, da parte dell’amministrazione comunale, ai commercianti di collocare in una parte del porticato alcuni banchetti espositivi di merce di pubblico interesse, quali mobili ed oggettistica di antiquariato o articoli natalizi e simili, non costituisca una spoliazione del diritto di proprietà dell’attore, né un abuso del diritto di servitù da parte del convenuto, considerato peraltro che il transito dei cittadini anche durante i mercatini natalizi o dell’antiquariato sotto il porticato è mantenuto e tutelato, anche perché l’ostacolarlo o renderlo impossibile andrebbe in senso opposto all’interesse sotteso alle manifestazioni che vedono i banchetti collocati sul porticato stesso, reputato dunque che non sia ravvisabile nella condotta del convenuto la dedotta spoliazione del diritto di proprietà di parte attrice, né un abuso del diritto di servitù di pubblico transito – rigettava le domande proposte dal attore, con condanna alle spese di lite in favore del convenuto liquidate in euro 5.5534,00 per compenso professionale ed euro 830 per spese oltre ad oneri di legge.
2.- Con appello ritualmente notificato e depositato in data 12.01.2022, il
ha impugnato detta sentenza chiedendone l ‘integrale riforma , in particolare, laddove è stata rigettata la sua domanda volta a vedere dichiarata l’inesistenza di un qualche diritto di occupazione dell’area di cui alla narrativa dell’atto di citazione da parte del e ordinato al predetto di cessare qualsivoglia turbativa al legittimo esercizio del diritto di proprietà da parte dell’attore e in particolare l’occupazione dell’ area in questione nel rispetto della servitù di pubblico transito di cui all’atto notarile dell’ 8
luglio 1935, e nella parte in cui il è stato condannato al pagamento delle spese di lite, ritenendo detto provvedimento viziato, non corretto e quindi meritevole di riforma. Lamenta in primo luogo l’appellante violazione dell’art. 1065 c.c. da parte del Giudice di prime cure il quale, dopo averne correttamente richiamato il contenuto, sosterrebbe inspiegabilmente che l’attività di vendita e di esposizione di oggetti come quella che si svolge nei fine settimana sarebbe ‘a norma del titolo’. Ad avviso del il con la concessione a terzi della possibilità di posizionare banchetti e oggetti da esposizione nell’area di proprietà del , ha violato l’art. 1065 c.c., posto che, come già argomentato in primo grado, l’occupazione dei portici con i banchetti dei mercatini ‘ è cosa oggettivamente diversa d al pubblico transito della generalità dei cittadini sotto di essi ‘ , in questo caso, quindi, se da un lato non sussiste dubbio sulle modalità di esercizio della servitù, dall’altro è chiaro che l’esercizio della servitù può consistere solo nel pubblico transito. Peraltro, sottolinea il in un caso pressoché analogo, la Suprema Corte ha avuto modo di affermare che l’Amministrazione comunale, titolare di una servitù di pubblico passaggio su un’area privata, può su di essa esercitare i soli poteri che siano rivolti a garantire e disciplinare l’uso generale da parte della collettività, nell’ambito del pubblico interes se a giustificazione della servitù stessa; dunque, ove non sia espressamente permesso dal titolo, l’Ente territoriale non può conceder e al singolo usi eccezionali e particolari su porzioni di detto immobile, come quello derivante dalla installazione di un chiosco per vendita di fiori. In altri termini, non è possibile addivenire a conclusioni diverse in presenza di un titolo chiaro senza prevaricare la proprietà del fondo servente. Quale secondo motivo di gravame, il si duole di un asserito travisamento dei fatti e del titolo della servitù da parte del Giudice del Tribunale di Ravenna. La sentenza risulterebbe problematica anche sotto questo secondo profilo collegato in realtà al primo motivo di appello, in quanto connesso alla interpretazione del titolo costitutivo della servitù. Secondo consolidata giurisprudenza, citata anche nella sentenza impugnata, il è l’Ente esponenziale, a livello locale, di una collettività, ma non coincide con la collettività dei cittadini per il conseguimento di fini di pubblico interesse. Dunque il non può esercitare diritti, iure proprio , sull’area oggetto della servitù e d è parimenti escluso che possa consentire l’esercizio di diritti diversi dal transito a chicchessia ; anche la giurisprudenza amministrativa non avrebbe una impostazione differente, analogamente in più occasioni affermando che i poteri della Pubblica Amministrazione restano l imitati a quelli intesi a garantire l’uso del bene da parte della collettività in conformità ai dettami del pubblico interesse. Non sarebbe quindi corretto quanto evidenziato al riguardo dal Giudice di prime cure nel prendere in considerazione la possibilità che il possa in qualche modo disporre del bene di proprietà del in modo diverso da quanto
previsto dal titolo.
Da ultimo, deduce l’appellante contraddittorietà interna della sentenza e violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. non comprendendosi, al di là della mancanza di connessione tra titolo e facoltà accordate al quale sia stato il percorso logico che ha condotto a questa conclusione. Secondo il , il Giudice infatti
argomenta sulla base di premesse corrette – ovvero il è soggetto a una servitù di pubblico transito a favore di un numero indeterminato di persone, la servitù è destinata al passaggio di un numero indeterminato di persone in quanto parte di una collettività -, per poi concludere affermando che consentire a commercianti di collocare in una parte del porticato alcuni banchetti espositivi di merce ‘di pubblico interesse’ non risulta costituire una spoliazione del diritto di proprietà dell’attore, né un abuso del diritto di servitù da parte del convenuto. Il Tribunale quindi non spiegherebbe perché dal diritto di passaggio possa conseguire un diritto per il di concedere a terzi diritti non suoi, in quale modo il diritto di passaggio possa comprendere anche il diritto all’occupazione e in che maniera possano essere qualificate di interesse pubblico esposizioni finalizzate alla vendita di beni come gli oggetti di antiquariato o quelli dei mercatini natalizi. La illegittimità del comportamento del sarebbe resa evidente anche dal fatto che il posizionamento delle bancarelle occupa illegittimamente il porticato in questione.
Tanto dedotto, l’appellante chiede alla Corte , in totale riforma della sentenza n. 893/2021 del Tribunale di Ravenna, previa ammissione delle prove orali formulate in primo grado e disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, di:
●dichiarare l’inesistenza di un qualche diritto di occupazione dell’area di cui in narrativa da parte del comune di Ravenna e ordinare per l’effetto al comune di Ravenna la cessazione di qualsivoglia turbativa al legittimo esercizio del diritto di proprietà da parte dell’attore e in particolare dell’occupazione dell’area di cui in premessa, nel rispetto della servitù di pubblico transito di cui all’atto de l notaio 8 luglio 1935;
● condannare il alla restituzione delle somme versate dal in ragione della sentenza del Tribunale di Ravenna maggiorate di interessi;
Con vittoria delle spese e degli onorari di causa per entrambi i gradi.
3.- Con comparsa di risposta depositata il 24 marzo 2022, si è regolarmente costituito l’appellato
facendo rilevare preliminarmente come oggetto di causa sia solo il porticato ‘prospiciente la
e non gli altri portici posti ai diversi lati dell’edificio condominiale come impropriamente vorrebbe fare credere anche ora il appellante , di fatto disconoscendo così l’inequivoca delimitazione spaziale che esso avrebbe impresso alla propria originaria domanda giudiziale.
Ha poi contestato decisamente l’avverso gravame in quanto infondato in fatto ed in diritto, la sentenza di primo grado meriterebbe integrale conferma. Più specificamente, deduce il comune di Ravenna come la collocazione di alcune bancarelle sul portico che si affaccia sulla durante lo svolgimento di iniziative promozionali quali mercatini dell’an tiquariato, natalizi o simili non possa ritenersi in contrasto con la ‘servitù di uso pubblico’ pacificamente gravante sul porticato di cui è causa posto che, dalla disamina del relativo titolo costitutivo, non si ricaverebbe assolutamente che questa ‘servitù’ abbia dei limiti per quanto concerne il numero dei passanti che transitano sotto al porticato e che spesso vi sostano, sedendo attorno ai tavolini dei pubblici esercizi ivi presenti oppure guardando le vetrine dei negozi o le antichità esposte in
occasione delle cosiddette mostre dell’antiquariat o. Il Giudice di prime cure avrebbe quindi esattamente inquadrato il diritto spettante al sul portico in argomento, il quale non si identifica con quello di una comune servitù prediale, per la cui esistenza è necessaria la presenza di un fondo dominante intercluso che invece, nel caso concreto, manca del tutto. Nella fattispecie solo impropriamente, si potrebbe parlare di ‘servitù’ , trattandosi piuttosto di un ‘peso’ imposto sulla proprietà del a beneficio della comunità, di conseguenza, ad avviso della parte appellata, sarebbe del tutto fuorviante ipotizzare, come invece erroneamente suggerisce la controparte, che la pronuncia oggetto di gravame sia viziata per violazione dell’art. 1065 c.c., trattandosi di un articolo riguardante le servitù prediali e come tale non applicabile al caso in esame. Parte avversa, nella propria impugnativa, non terrebbe nella dovuta considerazione la circostanza che la ‘servitù’ alla quale è sottoposto il porticato costituisce una rilevante limitazione (un peso) a carico della proprietà – i titolari degli esercizi pubblici e commerciali posti sotto al portico devono infatti munirsi di un apposito titolo comunale per poter occupare, con sedie e tavoli o altro arredo, l’area sottostante al porticato e ciò sarebbe logico poiché solo l’Amministrazione Comunale, quale unica titolare della servitù pubblica di cui trattasi, può valutare se il posizionamento di tale mobilio può pregiudicare o meno il libero transito pedonale sotto allo stesso portico. Con la costituzione de lla ‘servitù’ in parola, il avrebbe abdicato a esercitare gran parte delle prerogative comunemente spettanti al proprietario, in funzione del soddisfacimento dell’interesse pubblico (preminente) che ha la comunità a fruire del porticato oggetto di controversia , comunità locale di cui il è ex lege l’ente esponenziale . Trattasi di una limitazione che è coerente con il dovere di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost., nonché con l’esigenza di favorire un utilizzo del diritto di proprietà che ne assicuri la funzione sociale ai sensi dell’art. 42 Cost.
La pronuncia del Tribunale di Ravenna risulta coerente con i suddetti principi costituzionali e anche per tale ragione non potrebbe essere riformata. Né la stessa sentenza potrebbe essere censurata per un presunto travisamento dei fatti e del negozio in base al quale la ‘servitù’ di cui è causa è stata istituita, né per alcuna contraddizione interna alla motivazione contenuta nella medesima pronuncia, la quale, invece, secondo il si caratterizza per la sua intrinseca coerenza logica, fattuale e giuridica.
La parte appellata chiede quindi alla Corte di:
● dichiarare l’inammissibilità dell’ avversa impugnazione o comunque respingerla in toto, ivi comprese tutte le richieste istruttorie in essa formulate, con conseguente conferma della sentenza di primo grado, con vittoria di spese, comprese quelle forfettarie, a favore dell’Amministrazione Comunale appellata.
4.All’udienza del lo 03.05.2022 sostituita dal deposito telematico di note di trattazione scritta, le parti si sono riportate ai rispettivi atti e alle istanze e conclusioni ivi formulate, chiedendo fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni e la Corte, con ordinanza resa nella medesima data, ha rinviato la causa per la precisazione delle conclusioni.
All’udienza allo scopo fissata e da ultimo svoltasi in data 25.03.2025 in modalità cartolare, le parti hanno precisato le rispettive conclusioni come riportate in epigrafe e la causa è stata trattenuta in decisione, concedendo i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti conclusivi.
5.- Ciò premesso in ordine allo svolgimento del processo e sempre in via preliminare, devono essere rigettate le istanze istruttorie riproposte dall’appellante in quanto superflue ai fini della decisione, tenuto conto della documentazione tutta versata in atti e delle allegazioni e deduzioni difensive di entrambe le parti. Passando ora al merito, reputa la Corte in primo luogo come debba essere precisata l’ effettiva estensione della domanda avanzata dal – o meglio il suo contenuto – e dunque se la richiesta declaratoria di accertamento di inesistenza di un diritto di occupazione da parte del con le bancarelle durante i mercatini riguardi l’intero porticato di proprietà del , dunque quello che si sviluppa lungo le INDIRIZZO, e davanti alla , o solo quello che si affaccia sulla piazza, non essendosi formato alcun giudicato al riguardo, né esplicito, né implicito – il Giudice di prime cure non si è infatti pronunciato sul punto e nelle memorie istruttorie ex art. 183 comma 6 c.p.c. e negli scritti conclusivi le parti hanno insistito nelle rispettive diverse posizioni e domande in merito, il deducendo che la propria domanda ha ad oggetto l’intero porticato, il rilevando che la controparte ha nell’atto introduttivo e nella successiva memoria istruttoria chiaramente limitato la propria domanda al porticato prospiciente la .
Orbene, ritiene la Corte come la domanda avanzata dal davanti al Tribunale di Ravenna e per il cui accoglimento insiste anche nel presente grado riguardi unicamente la parte del porticato che si affaccia sulla . È infatti appena il caso di evidenziare che alla pagina 1 dell ‘atto di citazione , nelle ‘Premesse’, l’attore scrive espressamente al punto 1: ‘ Il condominio di a Ravenna si trova compreso tra le INDIRIZZO e la , sul lato prospiciente la piazza il condominio sviluppa, sin dalla sua costruzione, un porticato aperto al pubblico passaggio (doc. 1)’ e al punto 2: ‘Questa situazione trova la sua origine nell’atto a ministero del notaio del giorno 8 luglio 1935 (doc. 2) con il quale il C omune di Ravenna vendeva all un’area prospiciente l’attuale con l’impegno alla realizzazione di un edificio porticato d estinato a sede dell’istituto. In particolare nell’atto (p. 9), all’art. 10, si prevede che ‘ i portici saranno soggetti a servitù di pubblico transito ”. Detta limitazione emerge con chiarezza dalla disamina della fotografia prodotta dalla parte attrice quale doc. n. 1. Trattasi di una veduta aerea sulla quale il porticato in questione, avente in pianta forma rettangolare, è stato delimitato con una linea di colore rosso. Lo stesso porticato è quello che si affaccia sulla . Peraltro, nello stesso documento n. 1 accanto alla figura geometrica sopra citata, è stata apposta anche la dicitura ‘area del portico’ ad ulteriore specificazione della circostanza che solo questa porzione del portico condominiale costituisce oggetto della domanda. Vero è che nella narrativa dell’atto di citazione il espone ulteriormente come l’area costituisca ‘ bene comune non censibile facente
parte della particella 240 del foglio 76 del catasto fabbricati del Comune di Ravenna, cosi come risultante dagli atti di compravendita rogati anche in tempi recenti ‘ (area che comprende l’intero porticato) e nelle conclusioni domanda dichiararsi ‘l’inesistenza di un qualche diritto di occupazione dell’area di cui in narrativa da parte del , cionondimeno nella narrativa dell’atto di citazione si riferisce in modo chiaro al portico prospiciente la piazza e richiama il documento n. 1, il cui contenuto non pare lasciare spazio a dubbio alcuno e nella prima memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c. non ha modificato la propria domanda.
Così precisata l’effettiva ampiezza della domanda svolta dal in primo grado e quindi anche nel presente grado di appello, reputa la Corte come i primi due motivi di appello possano essere trattati congiuntamente, concernendo entrambi in buona sostanza il contenuto del diritto di servitù in capo al
Ora, se è pacifico tra le parti in quanto documentalmente provato e comunque non oggetto di contestazione alcuna che sul porticato prospiciente la piazza insiste una servitù di pubblico passaggio, controversa è invece l ‘esistenza o meno di una facoltà per il di occupare l’area in questione, durante lo svolgimento di mercatini dell’antiquariato, natalizi o simili , con bancarelle o meglio di concedere l’autorizzazione a terzi (commercianti) ad installare le proprie bancarelle. Ora, come correttamente ricordato dal giudice di prime cure, secondo il disposto dell’art. 1065 c.c., colui che abbia un diritto di servitù non può usarne se non a norma del suo titolo o del suo possesso e che nel dubbio circa l’este nsione e le modalità di esercizio, la servitù deve ritenersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante col minor aggravio del fondo servente. Sempre nella sentenza impugnata condivisibilmente si scrive che la servitù di pubblico passaggio in questione è costituita in favore della collettività per il transito di un numero indeterminato di persone, collettività il cui ente esponenziale è a livello locale il e che la servitù di pubblico transito insistente sul porticato di proprietà del attore si differenzia dalla servitù prediale, di natura privata, e presuppone un interesse pubblico, facente capo ad una comunità di persone, rappresentate, a livello locale, dall’amministrazione comunale, e considerate alla stregua non già di singoli individui, bensì di cittadini, i quali la possono utilizzare per il passaggio. Non condivisibili risultano invece, ad avviso della Corte, le successive osservazioni e conclusioni cui perviene il Giudice di primo grado il quale ritiene che ‘il consentire, da parte dell’amministrazione comunale, ai commercianti, di collocare in una parte del porticato alcuni banchetti espositivi di merce di pubblico interesse …… non costituisca una spoliazione del diritto di proprietà dell’attore, né un abuso del diritto di servitù da parte del convenuto ‘ e che ‘ il transito dei cittadini, peraltro, anche durante i mercatini natalizi o dell’antiquariato, sotto il porticato, è mantenuto e tutelato, anche perché l’ostacolarlo o renderlo impossibile andrebbe in senso opposto all’interesse sotteso alle manifestazioni che vedono i banchetti collocati sul porticato stesso ‘.
Ora, nella fattispecie che occupa, come risulta dagli atti di compravendita versati in atti, il porticato di proprietà del è gravato da ‘servitù di pubblico transito’. Già ad una semplice lettura dei rogiti , risulta costituita servitù concernente appunto il solo pubblico passaggio ovvero il transito delle persone anche solo
per recarsi da un luogo ad un altro o passeggiare o visionare le vetrine degli esercizi commerciali e non l’occupazione dell’area tramite bancarelle o altro . Non risulta conforme alla natura della servitù o comunque alla finalità cui è sotteso il peso imposto al fondo di proprietà del quale risultante dai contratti di compravendita, la facoltà in capo al di occupare l’area in questione tramite bancarelle . Del resto, in un caso non dissimile, la Suprema Corte ha avuto modo di affermare che ‘…. l’amministrazione comunale, titolare di una servitù di pubblico passaggio su un’area privata, può su di essa esercitare i suoi poteri rivolti a garantire e a disciplinare l’uso generale da parte della collettività nell’ambito del pubblico interesse giustificativo della servitù medesima e pertanto, ove non sia espressamente consentito dal titolo, non può concedere al singolo usi eccezionali o particolari su porzioni di detto immobile (come quello derivante, nella specie, dall’erezione di un chiosco per la vendita di fiori) ‘ (Cass. civ. S.U. 08.07.1998, n. 6633 ); similmente anche la giurisprudenza amministrativa ha ribadito il principio per cui l’amministrazione titolare di una servitù di uso pubblico su beni privati ‘ può esercitare su di essi i poteri intesi a garantire la loro pubblica fruizione da parte della collettività, ma non anche le facoltà che le spetterebbero se il bene avesse natura demaniale; in particolare, sulle strade private soggette ad uso pubblico, la p.a. può realizzare tutti gli interventi volti a garantirne l’uso generale da parte della collettività, ma non può autorizzare un uso eccezionale in favore di singoli cittadini (come ad esempio, la costruzione di una edicola) ‘ (così T.A.R. Milano Sez. III, 11.02.2011, n. 466) affermando altresì ch e ‘ l’Amministrazione comunale, allorquando risulti titolare di una servitù di uso pubblico su un’area privata, può esercitare solamente i poteri che risultino preordinati a disciplinare l’uso generale della stessa da parte della collettività, non potendo, per converso, concedere a terzi usi eccezionali o particolari su di essa ove ciò non sia espressamente consentito dal titolo….anche se gravata da servitù di uso pubblico, un’area privata resta sempre nella disponibilità dei legittimi proprietari e questi possono opporsi se la p.a. che gode della servitù emette provvedimenti che, costituendo un uso eccezionale del bene, esulano dallo scopo dell’esistenza della servitù stessa, ossia garantire e disciplinare l’uso del bene gravato da servitù da parte del pubblico ‘ (vedasi Consiglio di Stato Sez. II, 12.05.2020, n. 2999). Ma, a ben guardare, vi è di più. Il comune di Ravenna non ha allegato in modo specifico, né tantomeno ha dimostrato il possesso della servitù così come dallo stesso intesa, ovvero come comprendente anche la facoltà di occupare il porticato con bancarelle, e quindi l’acquisizione del diritto per intervenuto decorso del tempo; in altri termini non ha dato idonea prova che l ‘area in questione sia stata utilizzata in questo modo nel necessario lasso di tempo. Sul punto la parte appellata, costituendosi in primo grado, afferma infatti in modo generico che da tempo il portico in questione è parzialmente e temporaneamente utilizzato dal per lo svolgimento di eventi e iniziative quali mostre e mercatini del l’antiquariato e non si mette in prova al fine di dimostrare il possesso – a fronte dell’esposizione della parte attrice che dà conto di un mutamento della situazione di fatto nel godimento della servitù intervenuto negli ultimi tempi tale da rendere nece ssario l’esperimento del tentativo di mediazione nel 2019. Privo di pregio risulta l’assunto difensivo della parte appellata laddove si afferma che dall’analisi del
titolo costitutivo della servitù di pubblico transito non potrebbe ricavarsi in alcun modo che questa ‘servitù’ abbia dei limiti per quanto concerne il numero dei passanti che transitano sotto al porticato e che spesso vi sostano, guardando le vetrine dei negozi o le antichità esposte in occasione delle cosiddette mostre dell’antiquariato , posto che oggetto di causa non è costituito dal numero delle persone che transitano o passeggiano sotto il portico ma l’installazione da parte di terzi commercianti di ba ncarelle lungo il portico, previa concessione da parte del Non coglie nel segno pure l’ulteriore argomentazione difensiva del
condivisa di fatto nella sentenza gravata, volta a sostenere che la collocazione dei banchetti sul portico non sarebbe oggettivamente idonea ad impedire il transito delle persone che sarebbe mantenuto e tutelato, posto che, in primo luogo, un siffatto comportamento sarebbe non compatibile con l’interesse pubblico sotteso alla costituzione del peso sul fondo e in secondo luogo il permettere a terzi di allestire banchetti non può ritenersi compreso, per quanto sopra esposto, nella servitù di pubblico transito.
Ne discende che i primi due motivi di gravame sono fondati e meritano accoglimento. Il terzo motivo concernente una asserita contraddittorietà della motivazione è evidentemente assorbito. In riforma della sentenza del Tribunale di Ravenna, va dunque dichiarata l’inesistenza da parte del di un qualche diritto all’occupazione dell’area del porticato – sopra descritta ed individuata – durante lo svolgimento dei mercatini dell’antiquariato , natalizi e simili tramite l’allestimento ed installazione di banchetti. Deve essere accolta anche la domanda proposta dal di restituzione delle somme versate al in esecuzione della sentenza impugnata, richiesta, questa, non oggetto di contestazione alcuna. Il
va quindi dichiarato tenuto e condannato a restituire al appellante le somme da questo eventualmente versate in esecuzione della sentenza di primo grado, oltre ad interessi nella misura legale dal versamento sino al soddisfo.
Le spese di lite di primo e secondo grado, in applicazione del principio della soccombenza, sono poste a carico dell’appellato e si liquidano nel dispositivo, secondo i parametri di cui al D.M. n. 55 del 10.03.2014, così come aggiornati dal D.M. n. 147/2022, avuto riguardo al valore indeterminabile della controversia, all’attività difensiva concretamente espletata, all’assenza di attività istruttoria in sede di appello, nonché al livello di complessità delle questioni trattate (valore indeterminabile – complessità bassa, importo medio per le fasi di studio e introduttiva e minimo per quella istruttoria e decisionale quanto al primo grado, importo medio per le fasi di studio, introduttiva e decisionale per il secondo grado).
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone, in riforma della sentenza n. 893/2021 del Tribunale di Ravenna:
TABLE
dell’area del porticato descritta in parte motiva durante lo svolgimento dei mercatini dell’antiquariato, natalizi e simili tramite l’allestimento ed installazione di banchetti/bancarelle;
II- DICHIARA TENUTO e CONDANNA l’appellato alla restituzione, in favore del delle somme da questo eventualmente versate in esecuzione della sentenza di primo grado, oltre ad interessi nella misura legale dal pagamento sino all’effettivo soddisfo;
III- CONDANNA l’appel lato in persona del Sindaco pro tempore alla rifusione, in favore di in persona del l’amministratore pro tempore , delle spese di lite che si liquidano per il primo grado in € 545,00 per spese ed € 5.261,00 per compenso professionale, oltre al 15% rimborso forfettario spese generali, C.P.A. ed IVA come per legge, e per il secondo grado in € 804,00 per spese e in € 6.946,00 per compenso professionale, oltre ad oneri di legge;
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile della Corte di Appello di Bologna in data 11.07.2025.
Il Presidente (Dott. NOME COGNOME)
Il Consigliere est. (Dott.ssa NOME COGNOME