Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 35259 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 35259 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1878/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOMECOGNOME, elettivamente domiciliate in FIRENZE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO COGNOME NOME INDIRIZZO , INDIRIZZO (STUDIO COGNOME), presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 2322/2021 depositata il 01/12/2021; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/12/2024
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME agirono nel 1996 contro NOME COGNOME ed NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Firenze per: (a) far dichiarare inesistente qualsiasi servitù di passo sulla stradella insistente sul loro fondo sito in Lastra a Signa (in catasto a foglio 31, p.lla 325) in favore del limitrofo fondo dei convenuti (p.lla 329) o, in subordine, per accertarsene la natura solo pedonale e agricola; (b) far rimuovere tubazioni di acqua dai convenuti posizionate sulla stradella, col risarcimento dei danni
NOME COGNOME ed NOME COGNOME si costituirono per resistere, sostenendo che (a) esistevano in favore del proprio fondo sia servitù di passo, sia servitù di attingimento di acqua (con diritto dunque alla posa di tubazioni funzionali al suo esercizio), costituite per contratto (rogito notaio COGNOME del 27.12.1986 col quale avevano acquistato l’immobile da NOME COGNOME e NOME COGNOME), o, comunque, per destinazione del padre di famiglia o per usucapione; (b) in subordine, sussistevano comunque le condizioni per altrettante servitù coattive di passaggio e di acquedotto, che il giudice avrebbe dovuto costituire.
2.1 NOME COGNOME e NOME COGNOME chiamati in garanzia da COGNOME e COGNOME, si costituirono, chiedendo il rigetto di ogni domanda.
Il Tribunale di Firenze, istruita la causa con documenti, prove orali e c.t.u., con sentenza n. 2381/2005 del 13.6.2005, accolse la negatoria degli attori, ma anche, parzialmente, la
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riconvenzionale subordinata dei convenuti, costituendo in favore del loro fondo servitù di acquedotto
3.1 La sentenza di primo grado fu gravata: (a) in via principale da COGNOME e COGNOME, e in via incidentale da COGNOME e COGNOME,
La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 1236/2011 del 28.9.2011: (a) dichiarò inammissibile l’appello principale contro COGNOME e COGNOME: ad avviso della corte, per quanto ancora rilevi, COGNOME e COGNOME non avevano interesse a chiedere l’accertam ento negoziale della servitù di acquedotto, avendola comunque avuta costituita coattivamente; (b) rigettò l’appello principale contro COGNOME e COGNOME; (c) rigettò l’appello incidentale;
COGNOME e COGNOME proposero ricorso per cassazione
COGNOME e COGNOME resistettero con controricorso, mentre non svolsero difese COGNOME e COGNOME.
Questa Corte, con sentenza n. 23531/2017 depositata il 9.10.2017, ha, per quanto qui rilevi, cassato la sentenza d’appello in relazione: (a) al terzo motivo dei ricorrenti, che avevano censurato la declaratoria d’inammissibilità dell’appello laddove era diretto a ottenere il riconoscimento della servitù d’acquedotto per contratto, anziché per costituzione coattiva: la corte di legittimità, rimarcata la diversità fra domanda di costituzione di servitù coattiva e domanda di accertamento di una servitù per convenzione, ha affermato il pieno interesse di COGNOME e COGNOME a riproporre la domanda di accertamento che la servitù di acquedotto derivava dal rogito Romoli del 27.12.1986; (b) al quinto motivo dei ricorrenti, che avevano denunziato omessa pronuncia sulla domanda di riconoscimento della servitù di passo per destinazione del padre di famiglia o per usucapione: la corte di legittimità,
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constatava che quella domanda era stata ritualmente coltivata con l’appello, e convalidava l’esistenza del vizio.
Riassumevano la causa a seguito del rinvio disposto dalla S.C., NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo che: (a) fosse dichiarata esistente per usucapione o per destinazione del padre di famiglia la servitù di passo pedonale e carrabile; (b) fosse accertato che la servitù di acquedotto era stata costituita per contratto e, in particolare, col rogito Romoli del 27.12.1986.
Si costituivano NOME COGNOME e NOME COGNOME.
NOME COGNOME e NOME COGNOME, pur ritualmente citati, venivano dichiarati contumaci.
La Corte d’Appello di Firenze, decidendo nel giudizio di rinvio disposto dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 23531/2017 del 4.4/9.10.2017, dichiarava che sul fondo di proprietà di NOME COGNOME e NOME COGNOME sito in Lastra a Signa (in catasto a foglio 31, p.lla 325) gravava per convenzione servitù di acquedotto in favore del vicino fondo di proprietà di NOME COGNOME e NOME COGNOME (in catasto a foglio 31, p.lla 329), come da contratto di compravendita per atto pubblico rogato il 27.12.1986 dal notaio NOME COGNOME di Firenze (rep. 9261, fasc. 4371), richiamante il contratto di compravendita per atto pubblico rogato il 21.2.1986 dal notaio NOME COGNOME di Firenze (rep. 14498, racc. 5818), dichiarava che sul fondo di proprietà di NOME COGNOME e NOME COGNOME sito in Lastra a Signa (in catasto a foglio 31, p.lla 325) gravava per destinazione del padre di famiglia servitù di passo esclusivamente pedonale, esercitata sulla stradella poderale ivi esistente, in favore del vicino fondo di proprietà di NOME COGNOME e
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NOME COGNOMEin catasto a foglio 31, p.lla 329); rigettava ogni altra domanda proposta dagli attori in riassunzione contro i convenuti.
In particolare, per quel che ancora rileva la Corte d’Appello riteneva fondata la domanda di costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia nei limiti del riconoscimento di una servitù di passo solo pedonale, in quanto le prove raccolte permettevano di concludere che, nel momento in cui il fondo originariamente unico era stato frazionato, la conformazione dei luoghi era tale da manifestare, sì, l’asservimento dell’una porzione all’altra ma di permettere , però, solo un passaggio a piedi.
Allo stesso modo per l’usucapione abbreviata mancava ogni indicazione della suddetta servitù nel titolo.
Il rogito COGNOME del 27.12.1986 invocato dai ricorrenti mancava dei requisiti per assurgere a titolo idoneo perché ivi non vi era costituzione o trasmissione di servitù carrabile: vi si menzionava solo il passaggio sulla viottola poderale che insisteva in parte sul terreno catastalmente distinto dalla particella 325, la quale, d’altra parte era da identificare con la stradella che esisteva a quell’epoca, della quale, per le prove già esaminate, si era esclusa l’idoneità fisica al passaggio con automezzi .
La esistenza della stradella oggetto di lite e la sua funzione di collegamento fra la via vicinale di Naiale e tutte le porzioni dell’originario unico fondo, fra le quali anche quello oggi di Susini/Nardi, era stata confermata, con accertamento non contestato, dal c.t.u. NOME COGNOME il quale non solo ne aveva trovato traccia nelle mappe catastali sin dell’impianto del Nuovo Catasto (anni 1936/39), ma l’ aveva anche individuata nelle
aerofotogrammetrie del 1954 e del 1982, fra sé pressoché sovrapponibili, rilevate presso l’Istituto Geografico Militare .
Si era accertato che nel 1954 come poi nel 1982 -e dunque già prima del rogito Acquaro del 1986, che frazionò il fondo in origine unico -la stradella esisteva, era visibile dall’alto (pur con la correlata approssimazione dovuta alla distanza, ma con inequivocabile percezione di insieme) e aveva l’evidente funzione di collegare via di Naiale con tutte le aree del terreno che essa raggiungeva , all’epoca unite sotto un unico titolare, fra le quali quella poi divenuta di Susini/Nardi.
La domanda di usucapione abbreviata della servitù carrabile per effetto del contratto di acquisto del 27.12.1986, invece, era infondata. Il contratto, e in particolare la clausola invocata dagli attori in riassunzione, mancava di quei requisiti per assurgere a titolo idoneo, perché ivi non vi era costituzione o trasmissione di servitù carrabile: vi si menzionava solo il passaggio sulla viottola poderale insistente in parte sul terreno catastalmente distinto dalla particella 325, la quale coincideva con la stradella già evidenziata e inidonea al passaggio con automezzi.
COGNOME NOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso.
COGNOME NOMECOGNOME NOME hanno resistito con controricorso.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ric. 2023 n. 1878 sez. S2 – ud. 11/12/2024
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione dell’art. 1363 c.c. e dell’art. 12 Preleggi per aver l’impugnata sentenza omesso l’esame di una clausola contrattuale contenuta alla pagina 3 dell’atto Notaio Acquaro 21/2/1986 rep. 14.498 racc. n. 5.618 con conseguente errata interpretazione di altra clausola contenuta alla pagina 4 dello stesso contratto.
L’errore dell’impugnata sentenza sarebbe evidente perché la clausola contenuta nella pagina 5 dell’atto notaio COGNOME (doc. 1 allegato G -alla Consulenza Tecnica d’Ufficio) richiamata nell’impugnata sentenza (punto 3.3.1.b) per escludere la esistenza di una servitù di passo con mezzi meccanici – non si riferirebbe alla stradella interpoderale per cui è causa ma ad altra porzione di terreno e segnatamente alla strada vicinale di Naiale o di terreno, rappresentato nel foglio di mappa n. 31 part. n. 329, con accesso da una stradella interpoderale che inizia dalla INDIRIZZO Naiale e termina in corrispondenza della particella n. 322, sul percorso di un’altra stradella interpoderale che congiung e la INDIRIZZO Naiale con INDIRIZZO; la stradella oggetto del diritto di passo sarebbe posta nel foglio di mappa n. 31 tra le particelle n. 325 e la particella n. 217 da una parte, e le part. 324 e n. 329 dall’altra .
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. per aver l’impugnata sentenza omesso l’esame delle prove orali espletate nel primo grado del giudizio e aventi ad oggetto un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. Dalle suddette deposizioni testimoniali poteva affermarsi che la stradella interpoderale era sempre stata percorsa con mezzi meccanici.
Tutti i testi, anche quelli indotti da parte attrice, avevano affermato che il transito sulla viottola interpoderale (stradella) avveniva anche con mezzi meccanici.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. per aver l’impugnata sentenza omesso l’esame degli allegati alla Consulenza Tecnica d’ufficio aventi ad oggetto fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti.
La larghezza di mt. 2,00 si riferisce alla parte di strada che ricade nella particella 325 ovvero alla porzione che ricade nella proprietà COGNOME e non all’intera larghezza della stessa che è invece è di mt. 3,75 (larghezza più che sufficiente al passaggio di veicoli). La strada vicinale di Naiale (ovvero la strada che consente di accedere all’abitazione di NOME COGNOME ed NOME COGNOME, a quella di NOME COGNOME ed NOME COGNOME e a tutti gli altri immobili che su detta strada vicinale si affacciano) ha in alcuni punti ha la stessa larghezza della stradella interpoderale per cui è causa cosicché l’esame di tale elaborato avrebbe consentito di affermare che anche la stradella interpoderale ben poteva essere percorsa con mezzi meccanici.
La proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. è di inammissibilità e/o manifesta infondatezza del ricorso per le seguenti ragioni: «Primo, secondo e terzo motivo: inammissibili, o comunque manifestamente infondati, in quanto attingono la valutazione del fatto e delle prove operata dal giudice di merito, il quale ha ritenuto l’esistenza di una servitù di passaggio solo pedonale, sia in base alle deposizioni dei testimoni che in forza delle evidenze documentali e degli accertamenti tecnici svolti sullo stato dei luoghi. Il ricorrente
contrappone, alla ricostruzione del fatto e delle prove prescelta dal giudice di merito, una lettura alternativa del compendio istruttorio, senza tener conto che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui ‘L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330). Nel caso di specie, infine, la motivazione della sentenza impugnata non risulta viziata da apparenza, né appare manifestamente illogica, ed è idonea ad integrare il cd. minimo
costituzionale e a dar atto dell’iter logico argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830)».
Il ricorrente, con la memoria depositata in prossimità dell’udienza, pur insistendo nella richiesta di accoglimento del ricorso, non offre alcuna ulteriore argomentazione a sostegno delle sue censure.
Il ricorso è inammissibile.
Alle motivazioni già evidenziate in sede di proposta deve aggiungersi che la censura di violazione delle norme di interpretazione del contratto è inammissibile perché la Corte sulla base dell’istruttoria espletata anche utilizzando le dichiarazioni testimoniali ha ritenuto che la strada interessata dalla servitù per destinazione del padre di famiglia fosse percorribile solo a piedi sicché nulla aggiunge il contratto rispetto a tale elemento.
La Corte d’Appello, infatti, ha affermato che Il rogito Romoli del 27.12.1986 manca di quei requisiti per assurgere a titolo idoneo, perché ivi non v’è costituzione o trasmissione di servitù carrabile: vi si menziona solo il passaggio sulla viottola poderale che insiste in parte sul terreno catastalmente distinto dalla particella 325, la quale, d’altra parte è da identificare con la stradella che esisteva a quell’epoca, della quale, per le prove già esaminate, si è esclusa l’idoneità fisica al passaggio con automezzi. I testi COGNOME COGNOME uditi sulla memoria istruttoria ex art. 184 c.p.c. dep. 11.12.1998, hanno scarsissima forza dimostrativa su questo specifico punto .
La sentenza impugnata, dunque, fa esplicito riferimento alla strada già oggetto della decisione relativa alla domanda principale
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di costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia in relazione alla quale si è accertato, anche sotto il profilo dell’apparenza, che la strada era costituita solo da un viottolo e ne era esclusa l’idoneità fisica al passaggio con automezzi.
Risulta inammissibile, pertanto, la prima censura posta sotto il profilo della violazione delle norme di interpretazione del contratto e segnatamente dell’art. 1363 c.c. in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.
Peraltro, in sede di legittimità l’ accertamento di fatto sull’inidoneità al passaggio di automezzi non è suscettibile di sindacato.
Quanto ai motivi restanti si ribadiscono le considerazioni formulate in sede di proposta accelerata.
La Corte di merito ha effettuato una valutazione complessiva delle risultanze istruttorie, sufficientemente e logicamente argomentata, fondando il proprio convincimento in base alle risultanze complessive dell’istruttoria compresa la CTU, sicché le censure proposte mirano ad una impropria revisione del giudizio di fatto precluso in sede di legittimità. Come si è detto la valutazione delle prove, il giudizio sull’attendibilità dei testi e la scelta, tra le varie risultanze istruttorie, di quelle più idonee a sorreggere la motivazione involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di formare il suo convincimento utilizzando gli elementi che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti, essendo limitato il controllo del giudice della legittimità alla sola congruenza della decisione dal punto di vista dei principi di diritto che regolano la prova (Cfr. Cass., Sez. 1,
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sentenza n. 11511 del 23 maggio 2014, Rv. 631448; Cass., Sez. L, sentenza n. 42 del 7 gennaio 2009, Rv. 606413; Cass., Sez. L., sentenza n. 2404 del 3 marzo 2000, Rv. 534557).
Le censura proposte con i motivi secondo e terzo, pertanto, sono inammissibili risolvendosi espressamente nella richiesta di rivalutazione degli elementi istruttori, mentre per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 115 c.p.c. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove” (Cass. n. 11892 del 2016, Cass. S.U. n. 16598/2016). Inoltre, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il
suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione. (Sez. U – , Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 02).
Il ricorso è rigettato con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente, liquidate come in dispositivo.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 9 6 cod. proc. civ., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma – nei limiti di legge in favore della cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un
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ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge;
condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., al pagamento, in favore della parte controricorrente, della ulteriore somma pari ad euro 3.500,00, nonché al pagamento della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende;
dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda