Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7643 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7643 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 13131/2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Controricorrenti –
Nonché contro
RAGIONE_SOCIALE NOME.
Servitù
– Intimato –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 65/2019 depositata il 21/01/2019.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 06 febbraio 2024.
Rilevato che:
la sentenza impugnata così espone i fatti tuttora controversi:
(i) il Tribunale di Macerata, con sentenza n. 89/2012, pronunciando sulla domanda di NOME COGNOME contro NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per il riconoscimento dell’acquisto di servitù di passaggio pedonale e con veicoli a motore per usucapione o, in alternativa, di costituzione di servitù coattiva, o, in subordine, dell’acquisto di servitù per destinazione del padre di famiglia sul fondo di proprietà dei convenuti, in accoglimento della domanda, ha dichiarato la corte dei convenuti, retrostante le parti dell’immobile rispettivamente di NOME COGNOME e dei coniugi COGNOME e COGNOME, gravata, per destinazione del padre di famiglia, da servitù di passaggio pedonale e con piccoli mezzi a motore a favore del fondo dell’attrice, costituito dal fabbricato con frustolo di terreno (catastalmente individuato in atti), servitù dell’ampiezza di un metro da esercitarsi lungo tutta la corte dei convenuti e, segnatamente, costeggiando l’edificio di loro proprietà, passando sulla parte retrostante detto edificio e viceversa; ha condannato i convenuti a rimuovere ogni opera e/o ostacolo all’esercizio del passaggio sulla loro corte da parte dell’attrice;
(ii) interposti rispettivamente appello principale dai coniugi COGNOME e COGNOME e da NOME COGNOME ed appello incidentale da parte dell’attrice (con il quale è stata chiesta la riforma della sentenza di primo grado per non avere ritenuto l’acquisto per usucapione della servitù di passaggio, per non avere statuito in merito alla domanda di costituzione della servitù coattiva, proposta in alternativa alla
domanda principale), la Corte d’appello di Ancona, in riforma della sentenza del Tribunale di Macerata, disatteso l’appello incidentale della sig.ra COGNOME, ha respinto le domande dell’attrice volte ad ottenere la declaratoria dell’esistenza della servitù di passaggio pedonale e con veicoli a motore a favore della corte retrostante la propria abitazione, in INDIRIZZO (in Civitanova Marche), o, in alternativa, la pronuncia costitutiva di servitù di passaggio coattivo sulla corte degli appellanti principali, o, in subordine, la declaratorio dell’esistenza della servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia;
(iii) nello specifico, la Corte di Ancona ha respinto il primo motivo di appello incidentale, con il quale la sig.ra COGNOME lamentava che il Tribunale di Macerata non aveva riconosciuto la decorrenza del ventennio per l’acquisto per usucapione della servitù di passaggio; per converso, ha accolto il primo motivo di appello principale, secondo cui l’attrice non aveva dimostrato il requisito dell’apparenza di cui all’art. 1061, cod. civ., ai fini dell’acquisto della servitù di passaggio per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, dovendosi considerare il transito esercitato sulla corte di loro proprietà come frutto di mera tolleranza ex art. 1444, cod. civ., sul rilievo della mancanza della prova certa del passaggio per il periodo di venti anni prima del 1997, epoca in cui i convenuti avevano realizzato le opere di sistemazione esterna della corte che rendevano impossibile, da parte della sig.ra COGNOME, raggiungere, tramite la corte dei vicini, la parte retrostante il proprio fabbricato.
È stata altresì disattesa la doglianza della sig.ra COGNOME (secondo motivo di appello incidentale) in punto di omessa pronuncia, da parte del Tribunale di Macerata, sulla domanda di costituzione della servitù coattiva. E questo perché, spiega la sentenza d’appello, la domanda è stata genericamente proposta, in primo grado, sulla
base degli artt. 1051 e 1052, cod. civ., senza alcuna deduzione in punto di ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della detta servitù, non essendo a tal fine sufficiente la mera interclusione del fondo.
Inoltre, prosegue la Corte d’appello, l’attrice accede al terreno restrostante passando dalla propria abitazione, ma non può accedervi dalla pubblica via con mezzi agricoli o a motore. Tuttavia, dalla prova testimoniale, è emerso che l’utilizzazione agricola della corte è avvenuta in maniera occasionale.
Infine, in accordo con la relativa censura degli appellanti principali, la sentenza di primo grado ha errato nel dichiarare il fondo di questi ultimi gravato da servitù di passaggio a favore del fondo dell’attrice per destinazione del padre di famiglia, in assenza di prova del requisito dell’apparenza della servitù;
NOME COGNOME ha proposto ricorso, con quattro motivi, per la cassazione della sentenza d’appello.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
NOME COGNOME non ha svolto difese.
Le parti hanno depositato memorie illustrative;
Considerato che:
1. il primo motivo di ricorso -Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1031, 1061 e 1158 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 5 e 4 c.p.c. -censura l’anomalia motivazione o, meglio, la motivazione apparente, perplessa e obiettivamente incomprensibile della sentenza impugnata nella parte in cui afferma che la testimonianza di NOME COGNOME non proverebbe né il transito ventennale né la continuità del passaggio di NOME COGNOME, coniuge e dante causa dell’attrice, quali requisiti necessari ai fini dell’acquis to per usucapione della servitù di passaggio, là dove invece
la ricorrente ha dimostrato l’esercizio del passaggio nel ventennio anteriore al 1997 (epoca della realizzazione, da parte dei controricorrenti, delle opere di sistemazione della loro corte che hanno reso impossibile alla sig.ra COGNOME raggiungere la parte retrostante la propria abitazione), in modo continuo, ininterrotto, pacifico e pubblico, al fine di accedere dal proprio fondo alla pubblica via;
1.1. il motivo articolato in diverse censure è infondato;
1.2. in primo luogo, non sussiste il dedotto error in iudicando .
Costituisce principio di diritto consolidato ( ex multis , Sez. 1 Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 -02; Sez. 1 Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017, Rv. 645538 -03; Sez. L, Sentenza n. 195 del 11/01/2016, Rv. 638425 -01) quello secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità.
Nella fattispecie concreta si è al di fuori del perimetro del vizio e il rilievo critico, per come è formulato, attiene a profili meritali ed investe l’apprezzamento del materiale istruttorio, che è prerogativa del giudice di merito;
1.3. in secondo luogo, non sussiste nemmeno il vizio di motivazione apparente che, per la costante giurisprudenza di legittimità, ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a
far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. tra le tante, Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639 -01, che, in motivazione, menziona Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016 Rv. 641526; Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022 Rv. 664061; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019 Rv. 654145).
Nella fattispecie concreta la motivazione esiste: la Corte di Ancona ha esaminato le dichiarazioni del teste NOME COGNOME e le ha ritenute non decisive ai fini della dimostrazione dell’acquisto della servitù di passaggio per usucapione ventennale, prima che nel 1997 venisse immutato lo stato dei luoghi, in ragione della frequentazione saltuaria dei luoghi di causa da parte del teste, almeno fino al 1986;
2. il secondo motivo -Violazione e falsa applicazione degli artt. 1061 e 1062 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. denuncia l’errore di diritto della sentenza nella parte in cui, al contrario del Tribunale di Macerata, nega che il fondo dei convenuti fosse gravato da servitù di passaggio e con piccoli mezzi a motore per destinazione del padre di famiglia in assenza di opere evidenti dell’asservimento tra i due fondi nell’anno 1973, quando le due proprietà cessarono di appartenere all’unico proprietario NOME COGNOME.
Secondo la prospettazione della ricorrente, la Corte di Ancona ha erroneamente ricostruito lo stato dei luoghi, senza indicare le prove poste alla base del proprio convincimento e trascurando il fatto che, al contrario, le prove assunte in primo grado dimostravano l’esistenza della servitù per destinazione del padre di famiglia.
Sotto altro profilo, soggiunge la ricorrente, la sentenza si è discostata dalla giurisprudenza di legittimità che, a proposito dell’art.
1062, cod. civ., afferma che, in assenza di manifestazione contraria al momento della separazione dei fondi circa lo stato preesistente, quest’ultimo deve ritenersi efficace ai fini della servitù per destinazione del padre di famiglia; a proposito dell’art. 1061, cod. civ., afferma che ai fini della sussistenza del requisito dell’apparenza non è necessario un ‘ opus manu factum ‘, ma è sufficiente un sentiero formatosi naturalmente per effetto del calpestio utilizzato per l’accesso al fondo dominante tramite il fondo servente;
il terzo motivo -Omesso esame circa un fatto decisivo della controversia in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. censura la sentenza impugnata per non avere esaminato il fatto consistente nell’esistenza di un tracciato (sentiero o stradello) in ghiaia attraverso il quale veniva esercitata la servitù di passaggio pedonale e con mezzi meccanici anche all’epoca della cessazione dell’appartenenza dei fondi all’unico proprietario NOME;
3.1. il secondo e il terzo motivo, suscettibili di esame congiunto per connessione, non sono fondati;
3.2. per la giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Sez. 2, Sentenza n. 17380 del 16/06/2023, Rv. 668060 – 01), ai fini del riconoscimento della servitù per destinazione del padre di famiglia, per determinare il momento rilevante ai fini della costituzione della servitù va considerato lo stato di fatto esistente al tempo della cessazione dell ‘ appartenenza dei due fondi al medesimo proprietario.
È stato chiarito che il requisito dell ‘ apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio rivelanti, in modo non equivoco, l ‘ esistenza del peso gravante sul fondo servente, così da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di un preciso onere a
carattere stabile. Ne consegue che, per l ‘ acquisto in base a dette modalità di una servitù di passaggio, non basta l ‘ esistenza di una strada o di un percorso all ‘ uopo idonei, essendo, viceversa, essenziale che essi mostrino di essere stati realizzati al preciso scopo di dare accesso al fondo preteso dominante attraverso quello preteso servente ed occorrendo, pertanto, un ‘ quid pluris ‘ che dimostri la loro specifica destinazione all ‘ esercizio della servitù (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 11834 del 06/05/2021, Rv. NUMERO_DOCUMENTO 01).
Nella specie -detto che, ancora una volta, come già è stato sottolineato in relazione al primo motivo, le censure investono la valutazione delle risultanze istruttorie riservata al giudice di merito la Corte territoriale, attenendosi a questi princìpi di diritto, con insindacabile accertamento di fatto, senza trascurare alcun dato obiettivo, ha negato la sussistenza della prova certa dell’apparenza della servitù poiché la conformazione dei luoghi non evidenziava univocamente l’esistenza di tracce attestanti l’asservimento e la destinazione a passaggio in favore del preteso fondo dominante, trattandosi di area aperta nella quale non era individuato, se non presuntivamente, il tracciato della richiesta servitù.
La Corte distrettuale, inoltre, ha escluso l’esistenza di segni visibili e opere stabili e permanenti costituenti il mezzo per l’esercizio della servitù, preesistenti all’epoca in cui il fondo venne diviso, il che, ha precisato, è accaduto nel 1973, quando il ‘ pater familias ‘ NOME ha venduto ai figli NOME e NOME (cioè, i controricorrenti) il fabbricato in corso di demolizione insistente su area su cui successivamente i NOME edificarono l’edificio destinato ad abitazione;
4. il quarto motivo -Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1051 e 1052 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. censura la sentenza che ha negato l’esistenza dei presupposti per il
riconoscimento della servitù di passaggio coattivo nonostante che le risultanze probatorie (prova per testi e c.t.u.) dimostrassero che la corte dell’attrice era completamente interclusa rispetto alla via pubblica;
4.1. il motivo non è fondato;
4.2. va richiamato il principio di diritto per il quale l’ art. 1052, cod. civ., può essere invocato al fine della costituzione di una servitù coattiva di passo carraio, in favore di un fondo non intercluso, non solo per esigenze dell ‘ agricoltura o dell ‘ industria, ma anche a tutela di esigenze abitative, da chiunque invocabili, emergendo, dopo la pronuncia della Corte costituzionale n. 167 del 1999, un mutamento di prospettiva secondo il quale l ‘ istituto della servitù di passaggio non è più limitato ad una visuale dominicale e produttivistica, ma è proiettato in una dimensione dei valori della persona, di cui agli art. 2 e 3, Cost., che permea di sé anche lo statuto dei beni ed i rapporti patrimoniali in generale. Nell ‘ equilibrata applicazione dell ‘ istituto, peraltro, la domanda, proposta a norma della ricordata disposizione, può essere accolta a condizione che sussista l ‘ assenso dell ‘ autorità di vigilanza sul territorio e che il passaggio imposto non comporti un sacrificio, per il fondo servente, maggiore del beneficio per quello dominante, con possibilità di derogare al limite imposto dall ‘ art. 1051, ultimo comma, cod. civ. (Sez. 2, Sentenza n. 14103 del 03/08/2012, Rv. 623564 – 01).
Nel caso in esame, premesso che la censura riguarda solo il passaggio con riferimento alla corte retrostante, va osservato che la Corte d’appello, con valutazione meritale qui non sindacabile, ha accertato, seppure implicitamente, che il passaggio che l’attrice mira ad ottenere attraverso la proprietà dei convenuti importerebbe un maggior sacrificio per il fondo servente rispetto al beneficio che ne deriverebbe al fondo dominante, nel quale vi è ‘ un solo albero di
ulivo ‘ la cui coltivazione, sempre secondo l’apprezzamento del giudice di merito, non richiede l’utilizzo di mezzi agricoli meccanici (cfr. pag. 11);
il ricorso deve essere quindi rigettato;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
7 . ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto;
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 5.000 ,00, più € 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 6 febbraio 2024.