Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7598 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7598 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 24573-2021 proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, INDIRIZZO, nello studio dell’AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO
– ricorrenti –
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 617/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 24/02/2021;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 25.2.2015 COGNOME NOME e COGNOME NOME evocavano in giudizio NOME innanzi il Tribunale di Pavia, invocando l’accertamento dell’esistenza del diritto di servitù di passaggio pedonale sul fondo di proprietà del convenuto, acquisito per usucapione, e la condanna del predetto a rimuovere gli ostacoli frapposti al suo esercizio.
Nella resistenza del convenuto il Tribunale, con sentenza n. 1264/2016 rigettava la domanda.
Con sentenza n. 4365/2017 la Corte di Appello di Milano dichiarava inammissibile il gravame proposto dagli originari attori avverso la decisione di prima istanza per difetto di specificità dei motivi ex art. 342 cpc.
Detta sentenza veniva cassata con rinvio dalla sentenza n. 24967/2019 della Corte di Cassazione e la Corte di Appello di Milano, in sede di rinvio, con la sentenza n. 617/2021, oggi impugnata, rigettava l’impugnazione, confermando la decisione di prime cure.
Propongono ricorso per la cassazione di tale pronuncia COGNOME NOME e COGNOME NOME, affidandosi a cinque motivi, accompagnati dalla formulazione di quesiti di diritto.
Resiste con controricorso NOME.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va rilevata l’inutilità della formulazione di quesiti di diritto, stante l’intervenuta abrogazione – ormai da tempo – dell’art. 366 bis c.p.c., per effetto di quanto previsto dall’art. 47, primo comma, lettera d), della Legge n. 69 del 2009, applicabile, in base all’art. 58, alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con ricorso in Cassazione sia stato pubblicato o depositato successivamente all’entrata in vigore della predetta novella.
Passando all’esame dei motivi di ricorso, con il primo di essi la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 1158 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’usucapione del diritto di servitù di passaggio pedonale oggetto di causa.
Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano il vizio di motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe rigettato il gravame da loro proposto sulla base di una motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria, fondata su una interpretazione erronea delle risultanze istruttorie.
Con il terzo motivo, i ricorrenti denunziano la violazione degli artt. 2721 c.c., 183, 184, 188 e 244 e ss. c.p.c., complessivamente indicati nell’epigrafe della censura come ‘varie norme codicistiche’ e dell’art. 24 Cost., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente denegato l’ammissione di alcune istanze istruttorie.
Con il quarto motivo, invece, i ricorrenti si dolgono della violazione degli artt. 810 e ss., 832 e 840 c.c. complessivamente indicati nell’epigrafe del motivo come ‘varie norme codicistiche’ e dell’art. 42 Cost., perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente escluso la natura emulativa degli atti posti in essere dall’odierno controricorrente, che avrebbe scelto, nel compiere gli interventi realizzati, modalità
esecutive idonee a creare danno ingiusto a carico degli odierni ricorrenti, senza alcun apprezzabile vantaggio per l’esecutore.
Le censure, esaminabili congiuntamente, sono tutte inammissibili.
In disparte ogni considerazione sulla ritualità di motivi proposti con indicazione generica della violazione di ‘varie norme’ , dettagliate poi soltanto nello svolgimento della censura, va osservato che l’accertamento della sussistenza, in concreto, per il riconoscimento dei presupposti per l’usucapione, come pure della natura emulativa delle condotte poste in essere dal proprietario, si esauriscono in un giudizio di fatto che rientra nella sfera riservata al giudice di merito.
Inoltre, il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, dedotto con il secondo motivo, è sin dal 2012 estraneo al paradigma del vizio motivazionale utilmente deducibile in sede di legittimità. Nel caso di specie, poi, la motivazione resa dalla Corte di Appello consente di identificare il percorso logico-argomentativo seguito dal giudice di merito e soddisfa il cd. minimo costituzionale, per cui non si configura alcun profilo di omessa motivazione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639) .
In particolare, la Corte di seconde cure, confermando la decisione del Tribunale, ha ritenuto che gli odierni ricorrenti non avessero fornito la prova di aver esercitato il passaggio sul fondo del vicino a fini diversi da quelli di eseguire opere di manutenzione del prospiciente muro dell’edificio di loro proprietà (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata) ed ha comunque escluso il conseguimento della prova circa l’esistenza, sul fondo NOME, di opere apparenti a servizio del dedotto diritto di passaggio, o anche soltanto di un sentiero insistente su detto appezzamento (cfr. pag. 8). Trattasi di apprezzamento di fatto, fondato sulla valutazione delle risultanze istruttorie, non sindacabile in sé in
sede di legittimità. Va ribadito, sul punto, che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui ‘L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. NUMERO_CARTA).
Con il quinto ed ultimo motivo, i ricorrenti contestano, peraltro in modo generico, il governo delle spese di lite, che la Corte di Appello ha regolato, sia per il giudizio di rinvio che per quello di legittimità, in applicazione del criterio generale della soccombenza.
La censura è inammissibile perché si risolve in un cd. ‘non motivo’ . Essa, infatti, non contiene specifiche doglianze, ma contesta soltanto
che sia stata pronunciata la condanna alle spese in assenza di motivazione. In effetti, la motivazione della condanna alle spese è da rinvenirsi nel rigetto del gravame, per cui la statuizione, coerente con il criterio generale della soccombenza previsto dall’art. 91 c.p.c., è immune da censure.
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile (per la formula decisoria, cfr. Cass. SSUU n. 7155/2017).
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P .R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
PQM
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di quella controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 2.200,00 di cui € 200,00 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali in ragione del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, addì 06 febbraio 2024.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME