Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8453 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8453 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2024
Oggetto: usucapione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19983/2022 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
COGNOME, domiciliata in Roma, INDIRIZZO.
-RICORRENTE –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale in atti.
-CONTRORICORRENTE-
e
VISTAMARE RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO COGNOME, con domicilio digitale in atti.
-CONTRORICORRENTE-
nonché
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME.
-INTIMATI- avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari n. 148/2022, pubblicata IL 12.5.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.3.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’articolo 1054 c.c., per avere la sentenza respinto la domanda volta ad ordinare al convenuto la cessazione di ogni turbativa al pacifico godimento esclusivo della proprietà, trascurando che la situazione di interclusione era stato effetto della stessa attività di modificazione dello stato dei luoghi posta in essere dal convenuto dopo la divisione. La sentenza avrebbe, in proposito, condiviso acriticamente le conclusioni del consulente, in contrasto con la situazione di fatto.
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’articolo 1051 c.c. e 132 n. 4 c.p.c., nonché per vizio di motivazione, per avere la sentenza costituito la servitù di passaggio senza valutare percorsi alternativi, non considerando che il fondo del convenuto confinava con altro immobile rimasto in comproprietà tra tutti i condividenti.
Il quarto motivo denuncia la violazione degli articoli 841, 1051, 2697 c.c., 112,115,116 e 132 n. 4 c.p.c., per avere la sentenza escluso che lo stato di interclusione fosse escluso dall’esistenza di eventuali accessi pedonali, omettendo di considerare che la presenza di tale accesso pedonale rendeva il fondo non intercluso e consentiva esclusivamente la costituzione di un diritto di passaggio necessario, ai sensi dell’art. 1052 c.c., ma non in via coattiva, dato che le unità immobiliari realizzate da ciascuno dei condividenti
godevano dell’accesso pedonale, dovendosi negare una situazione di interclusione sia assoluta che relativa.
Inoltre, il terreno confinante di cui il COGNOME era comproprietario confinava con le unità immobiliari edificate e permetteva il collegamento con la via pubblica, risultando comunque preclusa la costituzione della servitù sul cortile, che era utilizzato per attività funzionali allo svolgimento di momenti di intrattenimento e di attività all’aperto in condizioni di riservatezza.
I quattro motivi, che sono suscettibili di esame congiunto, sono infondati.
Non sussiste, anzitutto, il denunciato vizio di motivazione.
A seguito della nuova formulazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c., il controllo sulla motivazione appare ridotto alla verifica dell’esistenza della motivazione dal punto di vista grafico e materiale, alla sussistenza di affermazioni inconciliabili all’interno della pronuncia o di contraddizioni insanabili tali da non consentire di individuare il percorso logico della decisione o in caso di motivazione apparente (Cass. 5927/2023; Cass. 852/2020).
Sussiste la motivazione apparente se le argomentazioni adottate non siano verificabile nel loro inter logico, siano disancorate dal quadro probatorio e suscettibili di essere applicate, per la loro genericità e l’assenza di riferimenti al caso concreto, ad un numero indefinibile di fattispecie.
In sostanza, la motivazione, benché graficamente esistente, deve esser tale da non rendere percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. Cass. s.u. 2767/2023; Cass. 22232/2016; Cass. S.u. 16599/2016). Nel caso in esame, la sentenza, quanto alla condizione di interclusione del fondo, ha chiaramente indicato le fonti del
convincimento, evidenziando che, dall’atto di divisione e dalle planimetrie allegate dal c.t.u., risultava che le particelle assegnate al convenuto (nn. 1416, 1412, 1395) erano frapposte tra i mappali assegnati alla COGNOME e il mappale numero 1411 rimasto in comproprietà, precisando che tale situazione non era frutto della trasformazione della situazione di fatto realizzata dal convenuto, come comprovato dalle risultanze anche planimetriche.
Appaiono correttamente evidenziati i presupposti per la costituzione del passaggio necessario di cui all’art. 1051 c.c., essendo il fondo circondato da fondi altrui, senza uscita sulla strada pubblica (interclusione assoluta) o trovandosi il titolare nell’impossibilità di procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio (interclusione relativa: cfr. 6184/1994; Cass. 1488/2017; Cass. 30317/2017).
Anche riguardo all’esistenza a confine con la porzione del convenuto di altro fondo rimasto in comunione, la Corte di merito ha spiegato che tale situazione di comproprietà non consentiva di superare lo stato di interclusione, né tantomeno di individuare un percorso alternativo più agevole, in adesione all’orientamento secondo cui ai fini della costituzione della servitù di passaggio non rileva che il proprietario del fondo intercluso sia comproprietario di fondi interposti tra quello di esclusiva proprietà e la via pubblica in quanto il comunista non può asservire il fondo comune al proprio (Cass. 27084/2021; Cass. 7318/2017; Cass. 3702/1989).
La decisione impugnata non ha mancato di sottolineare, a confutazione della censura con cui la ricorrente lamenta che non sia stata verificata la possibilità di costituire la servitù sulla suddetta porzione comune, come non risultasse concretamente possibile la creazione di un passaggio altrettanto agevole per il fondo intercluso con il minor danno per il fondo servente e, anzi, che quel passaggio fosse l’unico possibile, oltre al fatto che già in sede di divisione
fosse stata prevista la costituzione del passaggio in quel punto, a conferma della correttezza delle soluzioni accolte.
Infine, ac certate la situazione e l’origine della situazione di interclusione assoluta, la Corte di merito ha escluso in fatto che la servitù attraversasse un cortile in violazione del regime di esenzione di cui al quarto comma dell’art. 1051 c.c., avendo chiarito che il passaggio veniva ad insistere su una fascia di terreno posta all’esterno del muro di recinzione del fabbricato della ricorrente, come risultante dalle foto allegate alla c.t.u., ed aveva tutte le caratteristiche esteriori di una strada (essendo pavimentato e delimitato su entrambi i lati dalle proprietà finitime soltanto inoltre visibilmente carrabile), confutando le contrarie doglianze della ricorrente.
Molteplici elementi, esposti compiutamente in motivazione, hanno indotto a ritenere che la soluzione prescelta fosse quella meglio rispondente ai criteri di legge, emergendo dalle tavole di progetto e dalla rappresentazioni planimetriche che quel tracciato costituiva il prolungamento della strada già esistente tanto che a tale uso era stata destinato dai condividenti, a conferma del fatto che si trattasse della situazione preferibile, maggiormente rispettosa dello stato dei luoghi con il minor sacrificio per le rispettive quote.
La circostanza che i progetti divisionali prevedessero nel punto in cui è stata costituito il diritto di passaggio la creazione di box auto non risulta esaminata e di cui il ricorso non chiarisce se e quando si a stata dedotta nei gradi di merito; la censura si risolve, comunque, nella richiesta di rivalutazione del merito, inammissibile in cassazione, essendo tale scelta pertinente al giudizio di fatto, logicamente motivato.
L’esistenza del passaggio pedonale sulla porzione in comunione non escludeva l’interclusione quantomeno relativa, consentendo comunque l’imposizione della servitù per il transito veicolare oltre che per quello pedonale, esercitabile in modo non rispondente alle
esigenze del fondo dominate su quello in comunione (Cass. 6009/1982), avendo la sentenza negato che tale passaggio fosse quello più comodo, dato che la presunta maggior convenienza dell’accesso sulla particella 1411 non poteva ricavarsi, come affermato dai ricorrenti, esclusivamente dal fatto di essere in comproprietà.
La c.t.u. aveva indicato come unica soluzione attuabile quella adottata in sentenza, dovendo anche porsi in rilievo che nulla il ricorso contrappone di specifico, mediante l’allegazione di elementi di fatto già introdotti nel giudizio di merito, idonei a dimostrare una maggiore comodità del passaggio sul fondo comune.
Non risulta, per quanto detto, accolta una domanda diversa da quella proposta.
Il quinto motivo denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c. e 132 n. 4 c.p.c., per avere la Corte territoriale respinto la richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica in modo da meglio descrivere lo stato dei luoghi ed eventualmente individuare il percorso più agevole per il fondo dominante e meno gravoso per quello servente.
Il motivo è infondato.
Compete al giudice di merito stabilire se ricorrere meno ad una CTU, così come eventualmente rinnovarla senza che la sentenza possa essere censurata per vizio di motivazione, tanto più che, nel caso di specie, l’argomentata adesione della Corte di merito alle conclusioni raggiunte dal consulente, con la puntuale disamina anche dei rilievi critici mossi dalla parte, consentono di individuare agevolmente i motivi per cui non è stato ritenuto necessario rinnovare le indagini tecniche.
In conclusione, il ricorso respinto, con aggravio delle spese processuali.
Poiché il ricorso è deciso in conformità della proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis, c.p.c., vanno applicati -come previsto dal
terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis, cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96, cod. proc. civ., con conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro nei limiti di legge (non inferiore ad € 500 e non superiore a € 5.000; cfr. Cass. S.u. 27433/2023; Cass. s.u. 27195/2023; Cass. s.u. 27947/2023).
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
respinge il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad € 3.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%, nonché di € 3.000,00 in favore di ciascun controricorrente ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. ; e dell’ulteriore importo di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda