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Sequestro giudiziario: quando il giudice lo nega

Il Tribunale di Venezia ha respinto la richiesta di sequestro giudiziario e conservativo avanzata da alcuni eredi su un’azienda agricola. La decisione si fonda sulla mancata dimostrazione dei presupposti fondamentali: il ‘fumus boni iuris’, ovvero la verosimiglianza del diritto vantato, e il ‘periculum in mora’, cioè il rischio concreto di un danno irreparabile nelle more del giudizio di merito. La controversia riguardava la proprietà e il possesso dei beni facenti parte di un asse ereditario.

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Sequestro Giudiziario: Perché la Sola Controversia non Basta?

Il sequestro giudiziario rappresenta uno strumento cruciale nel nostro ordinamento per tutelare un bene oggetto di contesa. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e richiede la prova rigorosa di specifici presupposti. Una recente ordinanza del Tribunale di Venezia offre un chiaro esempio di come la semplice esistenza di una disputa sulla proprietà non sia sufficiente a giustificare una misura così incisiva. Analizziamo insieme questo caso per comprendere le condizioni necessarie per ottenere un sequestro.

I Fatti del Caso: una Disputa Ereditaria su un’Azienda Agricola

La vicenda nasce da una complessa questione ereditaria. Alcuni eredi, a seguito di una sentenza della Corte d’Appello che dichiarava la nullità di precedenti donazioni, rivendicavano la loro quota sull’asse ereditario del padre. In particolare, la contesa si concentrava su un’azienda agricola, gestita da un altro parente (il resistente) che, a dire dei ricorrenti, la occupava e utilizzava senza alcun titolo legittimo. I ricorrenti chiedevano quindi al Tribunale di disporre sia il sequestro giudiziario dell’azienda e dei beni immobili, sia il sequestro conservativo dei frutti e delle scorte, a garanzia di un presunto credito risarcitorio.

La Difesa del Resistente

Il resistente si opponeva fermamente, fornendo una versione dei fatti differente. Sosteneva di aver rinunciato all’eredità paterna e di gestire i terreni da oltre trent’anni, prima come affittuario e poi, dal 2005, attraverso una propria e distinta attività agricola. Contestava l’accusa di mala gestio, affermando di aver amministrato l’azienda in modo diligente. Riconosceva un debito residuo verso i ricorrenti, ma lo riteneva di importo esiguo rispetto al valore dei beni di cui si chiedeva il sequestro, e comunque non tale da far temere una sua insolvenza.

La Decisione del Tribunale sul Sequestro Giudiziario

Il Giudice ha rigettato entrambe le domande cautelari, ritenendole infondate. La decisione si articola su una valutazione attenta dei due pilastri su cui si regge ogni misura cautelare: il fumus boni iuris e il periculum in mora.

Le motivazioni

Per quanto riguarda il sequestro giudiziario, il Tribunale ha ritenuto insussistenti entrambi i requisiti. In primo luogo, non è apparso sufficientemente provato il fumus boni iuris, ovvero la verosimiglianza del diritto dei ricorrenti sull’azienda in sé. Dagli atti emergeva che l’azienda operante era stata istituita dal resistente nel 2005 e che, anche in precedenza, egli conduceva i terreni in affitto. La controversia sulla proprietà dei terreni non si traduceva automaticamente in una controversia sulla proprietà dell’azienda che vi insiste. In secondo luogo, e in modo ancora più netto, mancava la prova del periculum in mora. I ricorrenti non hanno fornito alcun elemento concreto per dimostrare che la gestione del resistente stesse dissipando o depauperando il patrimonio aziendale. Anzi, la documentazione suggeriva che l’azienda operasse in modo sano e proficuo da anni. Il giudice ha sottolineato che il pericolo deve essere concreto e attuale, non meramente ipotetico.
Anche la domanda di sequestro conservativo è stata respinta. Sebbene il credito di circa 17.000 euro non fosse contestato (sussisteva quindi il fumus), mancava totalmente l’allegazione del periculum, ovvero il fondato timore di perdere la garanzia patrimoniale. I ricorrenti non hanno addotto alcuna prova o indizio di una possibile insolvenza del debitore. La richiesta, secondo il giudice, sembrava piuttosto un tentativo di paralizzare l’attività economica del resistente, snaturando la funzione tipica del sequestro conservativo, che è quella di tutelare il creditore da una generica incapienza del patrimonio del debitore, non di colpire beni specifici.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: le misure cautelari non possono essere utilizzate come strumento di pressione o come un’anticipazione della decisione di merito. Per ottenere un sequestro giudiziario, non è sufficiente dimostrare che esiste una lite sulla proprietà di un bene. È indispensabile provare, con elementi concreti, che esiste un pericolo reale e imminente che tale bene possa essere danneggiato, distrutto o sottratto durante il tempo necessario per definire la causa. In assenza di una prova rigorosa del periculum in mora, la domanda cautelare è destinata al rigetto, con conseguente condanna alle spese legali.

Quali sono i presupposti per ottenere un sequestro giudiziario?
Per ottenere un sequestro giudiziario, secondo l’art. 670 c.p.c., è necessario dimostrare la sussistenza di due requisiti: 1) il ‘fumus boni iuris’, cioè la verosimile esistenza del diritto di proprietà o possesso sul bene conteso; 2) il ‘periculum in mora’, ovvero il pericolo concreto che, in attesa della decisione finale, sia necessario provvedere alla custodia o gestione temporanea del bene per evitare il suo danneggiamento o la sua dispersione.

Perché il giudice ha respinto la richiesta di sequestro giudiziario in questo caso specifico?
Il giudice ha respinto la richiesta perché ha ritenuto mancanti entrambi i presupposti. Il ‘fumus boni iuris’ non era sufficientemente provato, poiché non era chiaro se l’azienda agricola gestita dal resistente fosse effettivamente quella facente parte dell’eredità. Soprattutto, mancava del tutto la prova del ‘periculum in mora’, in quanto i ricorrenti non hanno fornito alcun elemento per dimostrare che la gestione del resistente fosse dannosa o volta a depauperare l’azienda.

Per quale motivo è stata negata anche la richiesta di sequestro conservativo?
La richiesta di sequestro conservativo è stata negata perché, pur essendo pacifico il credito dei ricorrenti (‘fumus boni iuris’), non è stato allegato né provato il ‘periculum in mora’. I ricorrenti non hanno dimostrato il fondato timore che il debitore potesse diventare insolvente, rendendo vana la futura esecuzione. La domanda è stata ritenuta inammissibile anche perché mirava a colpire beni specifici (i frutti dell’azienda) invece di fondarsi sull’esigenza generica di garanzia patrimoniale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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