Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 731 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 731 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso n.8323/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in confisca, c.f. P_IVA, in persona dell’amministratore giudiziario legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. NOME COGNOME, nel suo studio in INDIRIZZO con indirizzo pec EMAIL
ricorrente
contro
NOME, c.f. SNWNRD66M14Z114S, SNOWDON LINN, c.f. SNWLNN67S49Z114D
intimati avverso la sentenza n.515/2017 della Corte d’Appello di Reggio Calabria, depositata in data 11-9-2017
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5-122023 dal consigliere NOME COGNOME
OGGETTO:
risoluzione di preliminare di compravendita
RG. 8323/2018
P.U. 5-12-2023
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo
FATTI DI CAUSA
1.Con atto di citazione notificato il 27-10-2010 NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero avanti il Tribunale di Locri sezione distaccata di Siderno Bella RAGIONE_SOCIALE chiedendo l’accertamento dell’intervenuta risoluzione in forza di clausola risolutiva espressa del contratto preliminare concluso con la società, la restituzione della somma di Euro 58.000,00 da loro versata in preliminare e il risarcimento dei danni subiti. Dedussero di avere concluso con RAGIONE_SOCIALE contratto preliminare di compravendita di cosa futura, in forza del quale la società si era impegnata a vendere unità immobiliare facente parte del fabbricato D al secondo piano, contrassegnata come appartamento D5 nelle planimetrie orientative e nel capitolato provvisorio allegati al preliminare, in complesso edilizio in località INDIRIZZO nel comune di Bianco su terreno di proprietà di tali eredi NOMECOGNOME in relazione al quale la società promittente venditrice aveva dichiarato di avere in corso trattative con il proprietario. Dichiararono che il corrispettivo pattuito era stato fissato in Euro 110.000,00, di cui Euro 3.000,00 versati come acconto ed Euro 55.000,00 versati e quietanzati con la sottoscrizione del contratto preliminare, che l’art.10 del contratto aveva previsto la conclusione dell’atto pubblico di trasferimento dell’unità immobiliare entro il 30-10-2009, che la società promittente venditrice aveva assunto atteggiamento dilatorio ed essi avevano saputo che il terreno sul quale avrebbe dovuto insistere il complesso edilizio era stato venduto ad altra società, per cui si erano avvalsi della clausola ri solutiva espressa prevista dall’art. 7 del contratto preliminare.
Si costituì la convenuta RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto della domanda per l’impossibilità di adempiere per causa a essa non imputabile.
2.Il Tribunale di Locri sezione distaccata di Siderno con sentenza n. 129 depositata in data 7-22012 accolse le domande e per l’effetto dichiarò risolto il contratto preliminare in forza della clausola risolutiva espressa di cui all’art.7, sulla base dell a considerazione che la società convenuta aveva ammesso espressamente di essersi trovata nell’impossibilità di eseguire la prestazione senza dimostrare le cause che le avevano impedito l’acquisizione del terreno; dichiarò la società convenuta tenuta al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio e la condannò alla restituzione dell’importo ricevuto di Euro 58.000,00 con gli interessi legali e alla rifusione delle spese di lite.
3.RAGIONE_SOCIALE propose appello con atto di citazione notificato il 10-9-2012, deducendo la nullità del contratto per mancanza o indeterminatezza dell’oggetto, contestando la dichiarazione di risoluzione, la condanna alla restituzione e la condanna generica al risarcimento dei danni. Nel corso del giudizio di appello all’udienza del 16 -1-2014 si costituì in giudizio RAGIONE_SOCIALE in amministrazione giudiziaria in quanto sottoposta a sequestro preventivo nel procedimento per applicazione di misure di prevenzione da parte del Tribunale di Reggio Calabria.
Con sentenza n. 515 depositata in data 11-9-2017 la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha rigettato tutti i motivi di appello, così confermando la dichiarazione di risoluzione del contratto in forza della clausola risolutiva espressa e le pronunce di condanna e condannando la società appellante all’ulteriore rifusione delle spese del grado.
4.Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE -sottoposta a sequestro dal Tribunale di Reggio Calabria nell’ambito di procedimento per l’applicazione di misure di prevenzione – ha proposto impugnazione
con ricorso per cassazione notificato il 10-3-2018 e depositato nella stessa data, formulando due motivi di impugnazione.
NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati, nonostante il ricorso sia stato loro ritualmente notificato a mezzo pec all’indirizzo dei difensori domiciliatari EMAIL e EMAIL
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale e in prossimità dell’ udienza la ricorrente ha depositato memoria, deducendo anche in ordine alla sopravvenuta pronuncia definitiva della misura di prevenzione della confisca di RAGIONE_SOCIALE All’esito dell’udienza in camera di consiglio del 4 -5-2023 con ordinanza interlocutoria n. 13523/2023 la Corte ha disposto la trattazione in pubblica udienza in considerazione delle questioni di diritto relative all’applicazione alla fattispecie del rito di cui agli artt. 52 e ss. d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159.
Per l’udienza pubblica fissata al 5 -12-2023 il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte e la ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Entrambi i motivi hanno l’unica rubrica ‘ per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: sottoposizione della soc. RAGIONE_SOCIALE a provvedimento di sequestro del Tribunale misure di prevenzione e conseguente violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto: artt.52, 56, 57, 58, 59 del d.lgs. 159/2011. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c .’.
1.1.Con il primo motivo RAGIONE_SOCIALE lamenta che la sentenza impugnata non abbia esaminato e non abbia accolto la sua eccezione di incompetenza funzionale e improcedibilità della domanda di condanna al pagamento nei confronti di soggetto il cui patrimonio era stato sottoposto a provvedimento di sequestro ai sensi del d.lgs. 6
settembre 2011 n. 159 ai fini dell’applicazione di misura di prevenzione. Evidenzia che in data 15-1-2014 si era costituita nel giudizio di appello RAGIONE_SOCIALE in amministrazione giudiziaria a seguito della misura cautelare del sequestro preventivo disposto dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria con decreto del 192-2013 sollevando tale eccezione, che sequestro ex d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 era stato disposto con decreto del 20-2-2014 del Tribunale di Reggio Calabria Sezione Misure di Prevenzione e che con successivo decreto del 9-3-2017 dello stesso Tribunale era intervenuta confisca ex d.lgs. 159/2011 n. 159. Quindi la ricorrente sostiene dovesse trovare applicazione l’art. 52 co.2 d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, il quale prevede che i crediti di terzi risultanti da atti di data certa anteriori al sequestro devono essere accertati secondo le disposizioni contenute negli artt. 57, 58 e 59 d.lgs. 159/2011, i quali disciplinano una procedura concorsuale da svolgersi avanti al giudice penale, alla quale sono applicabili i principi elaborati nella materia fallimentare in relazione all’improcedibilità in sede ordinaria della domanda di accertamento di credito nei confronti del fallito. Sostiene che la Corte territoriale abbia totalmente omesso l’esame di fatti decisivi per il giudizio, riferiti al dato che la società era stata sottoposta prima alla misura cautelare del sequestro preventivo e poi al sequestro al fine della misura di prevenzione della confisca e che ciò abbia comportato la violazione delle disposizioni degli artt. 52, 56, 57, 58 e 59 d.lgs. 159/2011.
1.2.Con il secondo motivo la società ricorrente censura la sentenza impugnata per avere rigettato il motivo di appello con il quale aveva lamentato la mancanza di prova del pagamento di Euro 58.000,00. Evidenzia come sia in primo grado sia in appello la società avesse rappresentato circostanze di fatto non contestate dalla controparte a norma dell’art. 115 c.p.c., riferite al fatto che il pagamento dell’acconto
di Euro 3.000,00 era stato eseguito a soggetto diverso da RAGIONE_SOCIALE e al fatto che per il pagamento dell’ulteriore importo di Euro 55.000,00 non vi era quietanza, perché il contratto preliminare non conteneva dichiarazione di quietanza. Aggiunge che, a seguito della sottoposizione della società a misura di prevenzione, comunque la quietanza di pagamento riportata nel contratto preliminare, non supportata dalla prova degli strumenti finanziari utilizzati per il pagamento, diveniva inopponibile alla società in amministrazione giudiziaria, per cui lamenta non solo la violazione dell’art. 115 c.p.c., ma anche delle disposizioni di cui agli artt. 52 e ss. d.lgs. 159/2011.
3.Con il primo motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame dei fatti -sottoposizione della società alla misura cautelare del sequestro preventivo e apertura del procedimento per l’applicazione di misura di prevenzione con sottoposizione a sequestro e confisca- suscettibili di dare luogo a violazione di norma processuale e specificamente lamenta l’ error in procedendo consistito nel non avere dichiarato l’improcedibilità della domanda a fronte della competenza funzionale per l’accertamento del credito del Tr ibunale penale ex artt. 52 e ss. d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159. Il vizio lamentato deve essere qualificato come error in procedendo e il motivo di ricorso, formulato in modo ammissibile, è fondato, in quanto la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare l’improcedibilità della domanda nei termini sostenuti dal ricorrente.
La speciale procedura incidentale di verifica dei crediti prevista dal d.lgs. 159/2011 si applica a tutti i crediti vantati nei confronti di soggetti nei cui confronti il procedimento di prevenzione sia iniziato dopo la data di entrata in vigore del decreto, ai sensi dell ‘art. 117 co.1 d.lgs. 159/2011, il quale stabilisce che le disposizioni di cui agli artt. 52 e ss. non si applicano nei procedimenti nei quali, alla data del 13102011 ‘sia già stata formulata proposta di applicazione della misura
di prevenzione’, aggiungendo che ‘in tali casi continuano ad applicarsi le norme previgenti’ (cfr. Corte Cost. 94/2015 e anche Cass. Sez. 3 88-2013 n. 18909 Rv. 627800-01). Quindi il procedimento si applica alla fattispecie, nella quale la proposta per l’applicazione della misura di prevenzione è stata successiva all’entrata in vigore del d.lgs. 159/2011, essendo stata depositata il 23-8-2012. Per questo, la fattispecie oggetto di giudizio si distingue da quella di cui Cass. Sez. 2 24-4-2023 n. 10857 (Rv. 667643-01), nella quale la misura di prevenzione era stata adottata dal giudice penale prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 159/2011 ed è stata dichiarata di spettanza del giudice civile la domanda di condanna del debitore sottoposto a misura di prevenzione.
L ‘art. 52 co.2 d.lgs. 159/2011 , letto nel combinato disposto del comma 1 e in termini rimasti invariati a seguito delle modifiche del comma 1 susseguitesi nel tempo, dispone che i crediti dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro devono essere accertati secondo le disposizioni contenute negli articoli 57, 58 e 59. Le disposizioni di cui agli artt. 57 e ss. d.lgs. 159/2011, secondo quanto è già stato evidenziato da Cass. Sez.6-5 3-2-2022 n. 3356, disciplinano un procedimento concorsuale davanti il giudice penale avente chiaro parallelismo a quello previsto dagli artt. 93 e ss. r.d. 16-3-1942 n. 267 e a quello previsto dagli artt. 205 e ss. r.d. 12-1-2019 n. 14; ciò nel senso che i tre procedimenti sono finalizzati ad assicurare un sistema unitario di accertamento e soddisfazione dei crediti e dei diritti vantati nei confronti di soggetti sottoposti a misura di prevenzione, dichiarazione di fallimento o di liquidazione giudiziale, attraverso una sequenza di fasi articolate secondo un modello uniforme e omogeneo (individuazione e informazione degli aventi diritto, presentazione, verifica e ammissione delle domande, formazione, discussione e approvazione dello stato passivo, impugnazioni, presentazione ed
esame delle domanda tardive), su impulso di organo nominato dal tribunale procedente e sotto il controllo di giudice delegato alla procedura. Quindi, ricorrono i presupposti per applicare all’ipotesi dell’accertamento di un credito nei confronti d i soggetto sottoposto alla misura di prevenzione assoggettato al procedimento di cui agli art. 57 e ss. d.lgs. 159/2011, il principio secondo il quale, ove l’azione sia proposta nel giudizio ordinario di cognizione, deve esserne dichiarata d’ufficio, in ogn i stato e grado, l’improcedibilità, allorch é la misura di prevenzione sia applicata nel corso del giudizio, trattandosi di una questione litis ingressus impedientes preclusa soltanto dal giudicato interno anche implicito (cfr., rispettivamente, Cass. Sez. 3 4-10-2018 n.24156 Rv. 65112601 per l’affermazione del principio in caso di fallimento e Cass. Sez. 1 22-5-2020 n. 9461 Rv. 657683-01 in caso di liquidazione coatta amministrativa). Nella fattispecie non si pone questione di giudicato sul punto perché, allorché è iniziato il procedimento di prevenzione e la società è stata sottoposta al sequestro, la procedura si è costituita nel giudizio di appello chiedendo fosse dichiarata l’inammissibilità e tale richiesta ha riproposto nel ricorso di cassazione.
Nel contempo, in mancanza nel d.lgs. 159/2011 di una previsione analoga a quella di cui all’art. 96 co. 2 n. 3 legge fallimentare, si deve escludere che sussistano i presupposti per applicare l’indirizzo che, sulla base del disposto dell’art. 96 co.2 n.3, ritiene che un credito accertato da sentenza di primo grado possa essere ammesso al passivo con riserva e il giudizio di impugnazione proseguito dalla procedura non diventi improcedibile (cfr. in tal senso Cass. Sez. 3 30-5-2019 n. 14768 Rv. 654096, Cass. Sez. L 22-9-2023 n. 27163 Rv. 668815-01). Ciò in quanto, come già evidenziato da Cass. Sez. L 16-5-2023 n. 13432 Rv. 667703-01, la speciale disciplina dell’accertamento ex art. 57 e ss. d.lgs. 159/2011 si giustifica con l’esigenza di impedire che sui beni
sequestrati vengano fatti valere crediti strumentali all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego; tale esigenza permane e deve essere tutelata in via prevalente rispetto a ogni altra anche nel caso in cui sia stata pronunciata dal giudice civile sentenza di primo grado prima dell’inizio della procedura di prevenzione , in mancanza di una specifica disposizione quale quella dell’art. 92 co.2 n.3 che giustifichi una diversa conclusione. Esattamente il Pubblico Ministero ha evidenziato nelle sue conclusioni scritte che il legislatore ha attrib uito all’autorità giudiziaria un’indagine estesa all’assenza di strumentalità del credito azionato all’attività illecita, in quanto l’art. 52 co. 1 lett. b) d.lgs. 159/2011, invariato sul punto nel tempo, dispone che la confisca non pregiudichi i diritti di credito dei terzi anteriori al sequestro che non siano strumentali all’attività illecit a; come pure evidenziato dal Pubblico Ministero, tale indagine deve essere svolta dal giudice penale, il quale ha conoscenza dei fatti che hanno comportato l’applicazi one della misura di prevenzione.
Pertanto, essendo nella fattispecie il credito da accertare pacificamente anteriore al provvedimento di sequestro del Tribunale di Reggio Calabria, la cognizione dello stesso apparteneva al giudice delegato del procedimento di prevenzione e non al giudice ordinario, con la conseguenza che la Corte d’appello avrebbe dovuto, in riforma della sentenza impugnata, dichiarare improcedibile la domanda nel momento in cui la società debitrice è stata sottoposta al sequestro al fine dell’emissione della misura di prevenzione.
Per le ragioni esposte si impone in questa sede l’ accoglimento del primo motivo di ricorso, che comporta l’ assorbimento del secondo motivo e la cassazione della sentenza impugnata ex art. 382 co.3 cod. proc. civ. senza rinvio, dovendo essere dichiarata l ‘ improcedibilità della domanda.
Si compensano integralmente le spese di lite del giudizio di merito, in considerazione dell’entra ta in vigore delle disposizioni che hanno comportato l’improcedibilità della domanda nel corso del giudizio di primo grado.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa dichiara l’improcedibilità della senza rinvio la sentenza impugnata e domanda; compensa interamente le spese del giudizio di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione