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Sequestro conservativo amministratori: quando scatta

Il Tribunale di Venezia ha concesso un sequestro conservativo sui beni personali di ex amministratori di una società in liquidazione giudiziale. La decisione si fonda sull’azione di responsabilità promossa dal curatore per gravi atti di mala gestio, tra cui pagamenti preferenziali a sé stessi e a società collegate, in violazione della par condicio creditorum, e la stipula di contratti di locazione a canoni sproporzionati. Il provvedimento conferma che, in caso di crisi aziendale conclamata, la condotta gestoria grave può giustificare il sequestro per il timore che gli amministratori disperdano il proprio patrimonio a danno dei creditori.

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Sequestro conservativo amministratori: la responsabilità per pagamenti preferenziali

L’ordinanza in esame offre un’analisi dettagliata dei presupposti per l’applicazione del sequestro conservativo amministratori, una delle misure più incisive a tutela dei creditori sociali. Il Tribunale di Venezia ha autorizzato il sequestro dei beni personali di due ex amministratori, ritenendo fondata l’azione di responsabilità promossa dalla liquidazione giudiziale della società da loro gestita. La decisione si concentra su due pilastri: la violazione del principio della par condicio creditorum e la sussistenza di un concreto pericolo di dispersione del patrimonio personale degli amministratori.

I Fatti del Caso: La Gestione Societaria Sotto Accusa

La vicenda trae origine dal ricorso depositato dal curatore di una società operante nel settore cerealicolo, posta in liquidazione giudiziale. Il curatore ha contestato agli ex amministratori una serie di condotte gestorie dannose, poste in essere quando la società versava già in una palese situazione di crisi, con un patrimonio netto divenuto negativo.

Le principali accuse erano:
1. Pagamenti preferenziali: Gli amministratori avevano disposto pagamenti a favore di sé stessi a titolo di compensi e a favore di una società immobiliare a loro riconducibile per canoni di locazione. Tali pagamenti sono stati eseguiti in violazione del principio di parità di trattamento dei creditori (par condicio creditorum), privilegiando i propri crediti chirografari rispetto a quelli di altri creditori con grado superiore.
2. Canoni di locazione sproporzionati: Per anni, la società aveva corrisposto alla predetta società immobiliare canoni di locazione per immobili strumentali all’attività d’impresa a valori ritenuti notevolmente superiori a quelli di mercato, depauperando così il patrimonio sociale.
3. Pagamento ingiustificato a un debitore: Era stato effettuato un pagamento di 30.000 euro a una società estera, nonostante questa vantasse un debito scaduto di oltre 800.000 euro nei confronti della società in crisi.

Sulla base di queste contestazioni, il curatore ha chiesto l’autorizzazione a procedere con un sequestro conservativo sui beni mobili e immobili degli ex amministratori per un valore complessivo di quasi 1,4 milioni di euro.

La Decisione del Tribunale e il Sequestro Conservativo degli Amministratori

Il Tribunale ha accolto integralmente le richieste della liquidazione giudiziale, autorizzando il sequestro conservativo per l’intero importo richiesto. La decisione si fonda sulla valutazione di due requisiti fondamentali previsti dalla legge: il fumus boni juris (la parvenza di fondatezza del diritto) e il periculum in mora (il pericolo che il ritardo nel giudizio possa pregiudicare il soddisfacimento del credito).

Le Motivazioni della Decisione: Fumus Boni Iuris e Periculum in Mora

Il giudice ha ritenuto sussistenti entrambi i presupposti per la concessione della misura cautelare.

La Violazione della Par Condicio Creditorum

Per quanto riguarda il fumus boni juris, il Tribunale ha stabilito che, dall’inizio del 2023, la società aveva perso il proprio capitale sociale, trovandosi in una situazione che imponeva agli amministratori di gestire il patrimonio sociale nell’interesse prioritario dei creditori. In tale contesto, l’obbligo di rispettare la par condicio creditorum diventa inderogabile. I pagamenti eseguiti a favore proprio o di società collegate, a fronte di crediti non privilegiati, costituiscono una grave negligenza e una chiara violazione di tale principio. Il fatto che tali condotte fossero state sconsigliate anche dagli advisor e dal collegio sindacale ha ulteriormente aggravato la posizione degli amministratori.
Anche la questione dei canoni di locazione è stata ritenuta fondata, sulla base di una perizia che dimostrava la loro palese incongruità rispetto ai valori di mercato, configurando un ulteriore danno per la società.

La Sussistenza del Periculum in Mora

Il Tribunale ha ritenuto presente anche il periculum in mora, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo.

* Profilo oggettivo: È stata riscontrata una significativa sproporzione tra l’ammontare del credito risarcitorio (quasi 1,4 milioni di euro) e il valore presumibile dei beni degli amministratori. Inoltre, alcuni di questi beni (come un immobile gravato da ipoteca e quote di una società a base familiare) sono stati considerati di difficile liquidazione, rendendo incerta la futura esecuzione.
* Profilo soggettivo: Decisiva è stata la valutazione della condotta degli amministratori. Il giudice ha evidenziato come la gravità degli illeciti gestori induca a ritenere ‘verosimile che gli amministratori non dedicheranno miglior cura a preservare i propri patrimoni al fine di soddisfare le ragioni di credito della società’. Il loro comportamento durante la procedura di composizione negoziata, caratterizzato da un improvviso e ingiustificato cambio di rotta dopo aver ricevuto un parere legale sulla loro potenziale responsabilità, è stato interpretato come un tentativo di anteporre i propri interessi personali a quelli dei creditori.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per gli Amministratori

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del diritto societario e fallimentare: quando un’impresa entra in crisi, il dovere di diligenza degli amministratori si trasforma in un obbligo di protezione dell’integrità del patrimonio sociale a garanzia di tutti i creditori. Qualsiasi atto che violi la parità di trattamento, specialmente se avvantaggia gli stessi amministratori o parti a loro correlate, può fondare non solo un’azione di responsabilità, ma anche una misura cautelare aggressiva come il sequestro conservativo amministratori. La gravità della condotta gestoria diventa essa stessa un indice del pericolo di dispersione del patrimonio, legittimando il ‘congelamento’ dei beni personali in attesa della definizione del giudizio di merito.

Quando un amministratore è obbligato a rispettare il principio della par condicio creditorum?
Secondo l’ordinanza, l’obbligo scatta in modo inderogabile quando la società si trova in una situazione di crisi conclamata, come la perdita del capitale sociale e l’emersione di un patrimonio netto negativo. In questo scenario, l’interesse prioritario da tutelare diventa quello dei creditori e non più quello dei soci.

La gravità della cattiva gestione può da sola giustificare il periculum in mora per un sequestro conservativo?
Sì. Il Tribunale afferma che la gravità degli illeciti gestori costituisce un elemento che ‘induce a ritenere verosimile che gli amministratori non dedicheranno miglior cura a preservare i propri patrimoni al fine di soddisfare le ragioni di credito della società’. Pertanto, la condotta passata è un forte indicatore del rischio futuro di dispersione del patrimonio.

Il mancato dissenso dell’esperto nella composizione negoziata può giustificare i pagamenti preferenziali?
No. Il giudice ha chiarito che il mancato dissenso dell’esperto, soprattutto se non informato di tutti i pagamenti, non esonera gli amministratori dalla loro responsabilità. L’obbligo di rispettare la par condicio creditorum durante la crisi prevale e spetta agli amministratori garantirlo, indipendentemente dalle circostanze esterne.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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