ORDINANZA TRIBUNALE DI VENEZIA – N. R.G. 00007734 2025 DEPOSITO MINUTA 04 08 2025 PUBBLICAZIONE 05 08 2025
(c.f.
dall ‘ avv. NOME COGNOME
(c.f.
C.F.
in punto: sequestro conservativo.
MOTIVI
Con ricorso depositato in data 12.3.2025 la Giudiziale (di seguito: Liquidazione Giudiziale, o, con riferimento alla società in bonis, ) esponeva che: C
-la società era stata costituita in data 23.1.1991, aveva quale oggetto sociale l ‘ attività di lavorazione, trasformazione e commercializzazione all ‘ ingrosso di cereali e proteoleaginose e disponeva di un capitale sociale di euro 5.000.000,00, interamente appartenente alla società (di seguito: );
-aveva un capitale sociale di euro 95.625,00, appartenente in quote uguali del 25% ai signori (padre), (madre), (figlio) e (figlia) ed era proprietaria degli immobili nei quali esercitava la propria attività; C
-aveva concesso in godimento ad tali immobili con tre diversi contratti di locazione, uno avente ad oggetto i locali ad uso uffici e magazzino ubicati a Bagnoli di Sopra (PD) -sede legale anche di -e due aventi ad oggetto i capannoni e il terreno situati ad Arre (PD); C
C.F.
N. 7734/2025 R.G.
Il Tribunale, nella persona del giudice dott. NOME COGNOME a scioglimento della riserva assunta in data 8.5.2025, ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel procedimento cautelare iscritto al n. 7734/2025 R.G., promosso con ricorso ex art. 671 c.p.c. in data 12.3.2025 da
(c.f. ), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall ‘ avv. NOME COGNOME P.
ricorrente,
contro
, rappresentato e difeso dall
‘
avv. COGNOME e
), rappresentata e difesa dall
‘
avv. COGNOME resistenti,
–
e erano sempre state amministrate dai componenti della famiglia , con ruoli che via via erano variati e si erano interscambiati; C
–
era sempre stata amministrata da e quantomeno dal 2014, poiché dal 19.6.2014 al 14.6.2022 gli stessi erano stati gli unici componenti dell ‘ organo amministrativo, per poi assumere la carica di consiglieri assieme ad altri soggetti dal 14.6.2022 al 1.12.2022 e ricoprire nuovamente la carica di unici componenti del Consiglio di Amministrazione dal 9.1.2023 al 28.12.2023 e dal 12.2.2024 alla data di apertura della liquidazione giudiziale; C
-e erano stati componenti dell ‘ organo amministrativo di dal 13.1.2023 al 28.1.2023 e dal 12.2.2024 erano divenuti rispettivamente Presidente e Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione;
-dall ‘ anno 2022 si era trovata in una conclamata situazione di crisi, tanto che nei primi mesi del 2023 era emerso che il patrimonio netto era negativo; C
-in data 19.7.2023 aveva depositato una richiesta di accesso alla procedura di composizione negoziata della crisi, a cui aveva fatto seguito in data 31.7.2023 la nomina dell ‘ esperto; C
-in data 29.2.2014 l ‘ esperto aveva depositato un’ istanza preliminare di archiviazione della procedura, dimettendo la propria relazione finale in data 3.4.2024, dando atto che nel febbraio 2024 un revirement improvviso di e aveva fatto sfumare il tentativo di risanamento, che contemplava la messa a disposizione da parte di di tutti gli immobili di sua proprietà e l ‘ acquisto dell ‘ azienda e degli immobili da parte della società RAGIONE_SOCIALE;
-AG, quindi, aveva depositato in data 1.3.2024 domanda di accesso ad un procedimento unitario di soluzione della crisi d ‘ impresa prospettando un piano concordatario che implicava la vendita dell ‘ azienda e degli immobili di ;
-in data 31.7.2024 l ‘ istanza di concordato era stata dichiarata inammissibile dal Tribunale di Padova, che con sentenza del 23.9.2024 aveva aperto la procedura di liquidazione giudiziale;
–
del 24.5.2023, del 30.6.2023 e del 18.7.2023;
e quali amministratori di , avevano eseguito dei pagamenti in violazione del principio della par condicio creditorum, che avrebbe dovuto essere osservato in ragione dello stato di crisi in cui versava , come raccomandato dai consulenti della società dott. e avv. e dai componenti del collegio sindacale alle sedute del Consiglio di Amministrazione C C
-in particolare, e
da gennaio a dicembre 2023 avevano prelevato puntualmente e mensilmente dai conti correnti somme per il pagamento dei propri compensi di amministratore per l ‘ importo complessivo di euro 313.000,00,
pur trattandosi di crediti chirografari;
tra maggio e luglio 2023 e aprile e giugno 2024 avevano corrisposto ad la somma complessiva di euro 218.830,96 per canoni di locazione -peraltro del tutto incongrui -nonostante il privilegio di cui gode questa tipologia di crediti ex art. 2764 c.c. fosse di grado ben inferiore a quello di cui godono i crediti di cui all ‘ art. 2751-bis c.c.;
in data 10.8.2023 avevano versato alla società rumena (di seguito: ), di proprietà della famiglia , la somma di euro 30.000,00, nonostante avesse nei confronti della stessa un credito scaduto superiore ad euro 800.000,00; C C C
-tali condotte avevano sottratto all ‘ attivo fallimentare delle somme consistenti che avrebbero dovuto essere destinate alla soddisfazione dei numerosi creditori privilegiati di grado poziore;
-si era, inoltre, al cospetto di operazioni compiute in palese conflitto di interesse, in quanto i pagamenti erano stati fatti dai in favore di loro stessi o di società comunque a loro riconducibili;
-in secondo luogo, dal 2018 al 2022 e avevano corrisposto ad dei canoni di locazione di importo sproporzionato rispetto a quello di mercato;
-in particolare:
il contratto avente ad oggetto lo stabilimento produttivo di Arre prevedeva un canone annuo di euro 240.000,00, oltre rivalutazione annuale ISTAT, cosicché tra il 2015 e il 2022 aveva versato ad un canone annuo compreso tra euro 240.000,00 ed euro 255.050,64 a fronte di un canone di mercato annuo massimo compreso tra euro 153.187,20 ed euro 162.793,72, con conseguente eccesso di circa euro 100.000,00 per anno; C
il contratto avente ad oggetto l ‘ area edificabile ove poi aveva edificato un impianto per lo stoccaggio e la conservazione dei cereali sui silos prevedeva un canone annuo di euro 159.660,00, oltre rivalutazione ISTAT, cosicché tra il 2018 e il 2022 aveva corrisposto ad un canone annuo compreso tra euro 172.532,81 ed euro 188.083,92 a fronte di un canone di mercato annuo massimo compreso tra euro 14.627,73 ed euro 15.673,66, con conseguente eccesso di circa euro 160.000,00 per anno; C C
-il valore di mercato emergeva da una perizia redatta dall ‘ ing. , cui aveva incaricato di valutare i suoi beni immobili;
-l ‘ incongruità dei canoni di locazione, peraltro, era stata riconosciuta dalla medesima , giacché, proprio sulla base delle risultanze della perizia dell ‘ ing. , l ‘ organo amministrativo della stessa nella seduta del 5.4.2024 aveva deliberato la riduzione del canone di locazione mensile di cui ai contratti in essere con da euro 45.000,00 ad euro 15.000,00, oltre IVA, con decorrenza dal 1.1.2024, conferendo a C
C
–
ogni necessario potere per la definizione e la formalizzazione con di tale riduzione; nonostante tale delibera, tuttavia, i non avevano mai formalizzato detta riduzione e, anzi, con missiva del 4.12.2024 avevano ribadito alla Liquidazione Giudiziale che il credito in prededuzione vantato da nei confronti di per canoni di locazione maturati fino a dicembre 2024 avrebbe dovuto ritenersi pari ad oltre euro 800.000,00, di cui euro 445.000,00 maturati da gennaio a ottobre 2024, per circa euro 47.000,00 mensili, oltre IVA; C
-il danno maturato era pari alla differenza tra i canoni corrisposti e quelli congrui di mercato ed essa si limitava in questa sede a chiedere a titolo di danno esclusivamente quello relativo alla locazione del terreno, pari ad euro 821.000,00;
-e dunque, tenendo conto dei pagamenti eseguiti in violazione della par condicio creditorum e dei canoni corrisposti in misura superiore a quella di mercato, avrebbero dovuto risarcire la somma di euro 1.382.000,00;
-essa, dunque, intendeva proporre un ‘ azione di responsabilità ex art. 255 c.c.i. ed ex art. 2393, 2394 e 2043 c.c. nei confronti dei ;
-nondimeno, essa temeva di perdere la garanzia patrimoniale generica, poiché:
in data 30.11.2023 aveva sostanzialmente donato al proprio figlio una villetta situata a Conselve (PD), poiché, pur trattandosi di una compravendita, era stato previsto che il prezzo sarebbe stato pagato dall ‘ acquirente con l ‘ accollo del mutuo residuo di circa euro 160.000,00, ma senza prevedere né l ‘ adesione della banca mutuante né la liberazione di che restava l ‘ unica debitrice;
restava proprietaria della quota del 50% della piena proprietà di un immobile situato a Bagnoli di Sopra e di un piccolo appartamento ubicato a Villasimius;
era proprietario di un immobile ad uso abitativo situato ad Agna e gravato da ipoteca volontaria;
entrambi i ricorrenti erano proprietari, inoltre, ciascuno della quota del 25% di e vi era il fondato timore che essi ne disponessero;
era priva di attività lavorativa, cosicché era verosimile che ella liquidasse i propri beni per conservare immutato il proprio tenore di vita;
i avevano dimostrato di essere propensi a sacrificare l ‘ interesse dei creditori per salvaguardare l ‘ integrità della propria sfera patrimoniale e di quella di , come comprovato dalle condotte tenute sia prima sia dopo l ‘ apertura della procedura di liquidazione giudiziale.
La ricorrente concludeva chiedendo di essere autorizzata, anche inaudita altera parte, a procedere al sequestro
conservativo dei beni mobili e immobili e dei crediti appartenenti ai sino alla concorrenza della somma di euro 1.382.000,00.
Con decreto inaudita altera parte del 13.3.2025 il sequestro conservativo veniva autorizzato fino alla concorrenza della somma di euro 870.000,00.
si costituiva in giudizio, osservando che:
-i compensi erano dovuti per l ‘ attività di amministratore che egli aveva prestato;
-la situazione di crisi di AG era imputabile al momento di sventura in cui era incappato il settore agricolo, anche a causa dello scoppio della guerra in Ucraina;
-egli aveva operato sempre in modo assolutamente congruo per far fronte a tali eventi, peraltro assolutamente straordinari e imprevedibili;
-l ‘ incongruità dei canoni di locazione praticati da ad non era stata dimostrata, poiché la perizia dimessa dalla Liquidazione Giudiziale era assai contestabile, essendo fondata su valutazioni soggettive per nulla condivisibili; C
-non ricorreva il requisito del periculum in mora, sia perché la ricorrente non aveva allegato il compimento di atti dispositivi da parte sua sia perché, comunque, egli si limitava ad utilizzare le sue risorse per il proprio sostentamento quotidiano, senza compiere operazioni anomale o sospette.
Chiedeva, dunque, il rigetto dell ‘ istanza di sequestro conservativo.
Infine, si costituiva in giudizio anche osservando che:
-AG si era trovata ad affrontare una situazione di tensione finanziaria dovuta al contingente concorso di fattori esogeni, quali l ‘ esplosione dei costi per l ‘ energia causati dalla guerra in Ucraina, il crollo dei prezzi e l ‘ innalzamento abnorme dei costi;
-ella era immune da colpa, poiché aveva tempestivamente denunciato l ‘ emersione di tale situazione e aveva immediatamente assunto ogni più opportuna iniziativa volta al risanamento aziendale, quale darne atto nelle sedute dell ‘ organo amministrativo, il conferimento di incarico agli advisor della società per accedere ai rimedi previsti dal c.c.i., il monitoraggio e il contenimento dei costi, l ‘ informativa ai creditori, l ‘ accesso alla procedura di composizione negoziata, la ricerca di soluzioni funzionali al salvataggio dell ‘ impresa con la continuità aziendale diretta o indiretta, l ‘ adozione di una procedura per l ‘ esecuzione degli atti e dei pagamenti, la segnalazione all ‘ esperto e all ‘ organo di controllo dei pagamenti mensili in programma tra cui i compensi degli amministratori e l ‘ invio di comunicazioni ai creditori sull ‘ andamento della società;
-proprio in ragione di ciò il Tribunale di Padova aveva concesso la proroga delle misure protettive, a comprova della praticabilità del progetto di risanamento ipotizzato;
-dopo l ‘ archiviazione della procedura di composizione negoziata ella aveva continuato a cercare soluzioni
negoziali, rappresentando puntualmente agli organi della procedura la situazione patrimoniale ed economico-finanziaria di ; C
-il pagamento dei compensi amministratore non era un atto in conflitto d ‘ interessi, poiché l ‘ ammontare degli emolumenti era congruo e dovuto per l ‘ attività prestata;
-non era insolvente ma si trovava soltanto in uno stato di tensione finanziaria, seppur grave, che non imponeva né di astenersi dall ‘ assumere nuovi rapporti giuridici con ulteriori vincoli né di provvedere al pagamento dei crediti scaduti funzionali all ‘ esercizio dell ‘ impresa ma obbligava a gestire l ‘ impresa in modo tale da evitare pregiudizio alla sostenibilità economica-finanziaria dell ‘ attività e all ‘ integrità del patrimonio; C
-durante lo stato di crisi dovevano ritenersi ammesse perdite incrementali coerenti al progetto di risanamento;
-ella si era attenuta a tale canone di diligenza, poiché aveva tempestivamente rilevato la situazione di squilibrio finanziario anche grazie all ‘ adeguatezza degli assetti approntati, ne aveva esaminato le cause, aveva predisposto un piano industriale di breve-medio periodo con l ‘ assistenza di advisor qualificati, aveva raccolto le manifestazioni d ‘ interesse di terzi disponibili ad entrare nel capitale e/o ad acquistare l ‘ azienda e aveva gestito l ‘ impresa mirando a salvaguardare la sostenibilità economico-finanziaria della stessa;
-nel primo semestre 2023 la società aveva regolarmente provveduto al pagamento dei dipendenti, delle imposte e dei contributi previdenziali e non era interessata da ingiunzioni di pagamento, da protesti o da istanze di apertura di procedure concorsuali;
-aveva concordato con l ‘ esperto una specifica procedura per l ‘ esecuzione di atti e di pagamenti, rappresentando anche il versamento dei compensi in favore dei propri amministratori, in ossequio all ‘ art. 21 c.c.i. e senza che lo stesso esperto avesse mai segnalato l ‘ incompatibilità dei pagamenti rispetto alle prospettive di risanamento dell ‘ impresa o un possibile pregiudizio ai creditori sociali o avesse iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese; C
-nel corso della composizione negoziata non sarebbe impedito ogni pagamento, poiché l ‘ imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell ‘ impresa e l ‘ art. 18, comma 1, c.c.i. precisa che, a fronte del divieto di azioni esecutive, non sono inibiti i pagamenti e che resta affidato all ‘ imprenditore stesso, sotto l ‘ ombrello delle misure protettive, il compito di assumere i comportamenti strategici finalizzati a salvaguardare i propri margini economici in funzione delle trattative e ciò vale, a maggior ragione, soprattutto laddove la situazione di crisi appaia reversibile;
-il D.M. 28.9.2021 indica come ragionevolmente coerenti con l ‘ andamento delle trattative i pagamenti delle retribuzioni dei dipendenti, dei debiti fiscali e contributivi, delle provvigioni agli agenti e dei compensi dei collaboratori coordinati e continuativi dell ‘ impresa;
-non si poteva, pertanto, escludere la liceità del pagamento dei compensi degli amministratori, soprattutto perché essi erano stati straordinariamente impegnati non solo nella gestione corrente dell ‘ impresa, ma anche nella ricerca di soluzioni adeguate alla salvaguardia della sostenibilità economica e finanziaria dell ‘ attività della stessa;
-per le stesse ragioni doveva escludersi l ‘ illiceità del pagamento dei canoni di locazione ad nel periodo da maggio a luglio 2023, poiché anche questi versamenti erano strumentali alla salvaguardia della sostenibilità economica e finanziaria dell ‘ azienda, nella prospettiva della sua cessione;
-una volta attivato lo strumento di regolazione della crisi, gli organi della procedura erano stati puntualmente informati del pagamento dei canoni di locazione relativi al periodo da aprile a luglio 2024 e anche tali operazioni dovevano ritenersi obiettivamente funzionali alla prosecuzione dell ‘ attività e alla cessione della stessa a terzi;
-la contestazione di incongruità dei canoni di locazione pagati ad tra il 2018 e il 2022 era infondata perché basata su una perizia di parte che conteneva conclusioni non condivisibili;
-in particolare, l ‘ ammontare dei canoni doveva ritenersi in linea con i valori di mercato perché gli immobili concessi in locazione da dovevano essere valutati come un complesso unitario ed erano funzionali allo sviluppo di un ‘ attività produttiva altamente specializzata;
-la delibera del 5.4.2024 del consiglio di amministrazione di non poteva essere invocata a fondamento della doglianza di incongruità dei canoni di locazione, poiché la riduzione di questi ultimi era stata decisa al solo fine di favorire la conclusione delle trattative in corso per la cessione dell ‘ azienda, previa concessione in affitto della stessa;
-in particolare, era in corso una trattativa con la società la cui proposta contemplava l ‘ impegno ad assumere temporaneamente l ‘ azienda in affitto condizionato alla riduzione del canone di locazione ad euro 15.000,00;
-difettava il requisito del periculum in mora, poiché l ‘ atto dispositivo relativo all ‘ immobile di Conselve era effettivamente una compravendita e non una donazione, in considerazione del fatto che il compratore si era anche lui obbligato nei confronti dell ‘ istituto di credito mutuante ed aveva regolarmente provveduto al pagamento delle rate del mutuo che si era accollato;
-la banca che aveva erogato il mutuo, accettando i pagamenti eseguiti dal compratore, aveva implicitamente aderito all ‘ accollo e comunque aveva approfittato dello stesso, rendendolo così irrevocabile;
-non rispondeva al vero che ella non svolgesse alcuna attività lavorativa, perché ella era componente dell ‘ organo amministrativo di ed era titolare di un ‘ impresa individuale tramite la quale svolgeva l ‘ attività di consulenza e intermediazione nel settore agricolo.
Concludeva chiedendo in via principale il rigetto dell ‘ istanza cautelare e, in via subordinata, la riduzione del sequestro alla minor somma di euro 30.000,00, pari al pagamento eseguito in favore di Co
Le parti scambiavano note autorizzate di replica, quindi la causa veniva trattenuta in riserva all’esito dell’udienza dell’8.5.2025.
*
Nel merito, va osservato che la concessione del sequestro conservativo presuppone in primo luogo la sussistenza della prova del credito e quindi, nello specifico caso in esame, la ragionevole probabilità di accoglimento della domanda di risarcimento del danno.
In punto di diritto, deve essere ricordato in punto di diritto che -analogamente e in linea di continuità con quanto affermato dalla giurisprudenza con riferimento all ‘ azione di responsabilità proposta dal curatore fallimentare ai sensi dell’ art. 146 l. fall. -l ‘ azione di responsabilità proposta dal curatore della liquidazione giudiziale ex art. 255 c.c.i. compendia sia l ‘ azione sociale di responsabilità prevista dall ‘ art. 2393 c.c. sia l ‘ azione di responsabilità proponibile dai creditori ai sensi dell ‘ art. 2394 c.c. contro gli amministratori ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della società fallita, patrimonio visto unitariamente come garanzia sia per i soci che per i creditori sociali.
Ne consegue che il curatore della liquidazione giudiziale, nel proporre l ‘ azione di responsabilità contro gli amministratori, potrà senz ‘ altro invocare le agevolazioni probatorie che derivano dalla natura contrattuale della responsabilità degli amministratori verso la società, e quindi limitarsi a dimostrare il fatto costitutivo della pretesa (ossia che il soggetto ha ricoperto la carica di amministratore nel periodo in cui è avvenuto il fatto illecito) e ad allegare specificamente la violazione, essendo poi onere dell ‘ amministratore dimostrare di aver adempiuto ai propri obblighi di diligenza.
La qualità di amministratori di dei resistenti emerge per tabulas dalla visura storica dimessa dalla ricorrente sub doc. n. 2 e comunque non è contestata dai . C
Come si è esposto in narrativa, la Liquidazione Giudiziale lamenta innanzitutto l’ esecuzione di pagamenti in violazione della par condicio creditorum.
La sussistenza di tali versamenti non è contestata dai , che si difendono sostanzialmente in punto di diritto con argomentazioni che, però, non appaiono convincenti.
Invero, non sono in discussione né la congruità dei compensi che i resistenti si sono autoliquidati quali amministratori né le cause che hanno portato all’apertura della liquidazione giudiziale, per cui le deduzioni svolte dai resistenti sul punto sono irrilevanti.
Non appaiono dirimenti nemmeno le difese di in merito al fatto che non si trovasse in stato di insolvenza ma soltanto di crisi/tensione finanziaria , all’intervenuta comunicazione ai creditori, all’esperto e C
agli organi della procedura dei pagamenti eseguiti, alla mancata opposizione da parte dell’esperto al compimento degli atti e alla mancata iscrizione sempre da parte dell’esperto del dissenso nel registro delle imprese.
Invero, è pacifico e comunque documentale che all’inizio del 2023 gli amministratori avessero rilevato che aveva perso il proprio capitale sociale, perché il patrimonio netto era divenuto negativo (cfr. docc. nn. 17, 18 e 19 ricorrente) e tale situazione era di per sé sufficiente a far scattare l’obbligo per gli amministratori di operare nel rispetto della par condicio creditorum , come d’altronde era stato raccomandato agli stessi dagli advisor e dai componenti del collegio sindacale nelle sedute dell’organo amministrativo del 24.5.2023, del 30.6.2023 e del 18.7.2023 (cfr. docc. nn. 20, 21 e 22 ricorrente). C
Tale obbligo, inoltre, non poteva dirsi venuto meno per effetto dell’accesso della società alla procedura di composizione negoziata della crisi, poiché nel corso di tale procedura l’imprenditore (e quindi gli amministratori nelle società) deve gestire il patrimonio nell’interesse prioritario dei creditori ed evitare di compiere atti che ne sacrifichino ingiustamente gli interessi (cfr. artt. 4, comma 2, lett. c), 16, comma 4 e 21, comma 1, c.c.i.).
In quest’ottica, il rispetto della par condicio creditorum costituisce un canone di condotta da osservare proprio nell’interesse dei creditori, onde evitare che i titolari di crediti che hanno diritto ad essere soddisfatti con preferenza rispetto ad altri subiscano un pregiudizio alle loro ragioni.
Ne consegue che il dovere di gestire l’impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico -finanziaria dell’attività e all’integrità del patrimonio richiamato da non poteva certamente giustificare l’esecuzione di pagamenti in violazione della par condicio creditorum, poiché il dovere sopra richiamato deve essere perseguito pur sempre nel rispetto dell’interesse prioritario dei creditori.
Per quanto concerne la mancata opposizione ai pagamenti da parte dell’esperto e la mancata iscrizione da parte dello stesso del dissenso nel registro delle imprese, va osservato da un lato che dalla documentazione di causa emerge che l’esperto era stato informato esclusivamente del pagamento dello stipendio degli amministratori di novembre 2023 e non anche degli altri versamenti censurati dalla Liquidazione Giudiziale (cfr. doc. n. 4
e dall’altro che, in punto di diritto, tali circostanze non hanno di per sé alcuna valenza esimente sul piano della responsabilità degli amministratori.
È significativo, peraltro, che i pagamenti di cui si discute siano stati effettuati dai resistenti in favore di sé stessi o di società nelle quali essi avevano partecipazioni e/o erano amministratori, come e , a dimostrazione del fatto che i hanno preferito tutelare le posizioni di credito proprie e di società ad essi riconducibili rispetto a quelle di creditori terzi, che per giunta avrebbero dovuto essere soddisfatti con precedenza. C
Rispetto, inoltre, al pagamento eseguito in favore di , costituisce ulteriore profilo di grave negligenza il fatto che i resistenti avevano versato a tale società euro 30.000,00 nonostante vantasse nei confronti di un credito ben più consistente e scaduto da tempo, superiore ad euro 800.000,00 (doc. n. 28 ricorrente). C C C
Per quanto concerne la quantificazione del danno, come si è già esposto nel decreto inaudita altera parte, lo stesso non coincide necessariamente con la somma oggetto di versamento, ma è pari alla differenza tra l’importo sborsato e la somma che il creditore avrebbe percepito laddove l’amministratore avesse fatto corretta applicazione del principio della par condicio creditorum (cfr. Trib. Venezia, sez. impresa, ord. 21 marzo 2019; Trib. Venezia, sez. impresa, 4 marzo 2025, n. 1099).
La ricorrente, nel ricorso, non aveva esplicitato tale calcolo, cosicché in sede di emissione di decreto inaudita altera parte il sequestro non era stato concesso in relazione ai pagamenti preferenziali, se non nei limiti della somma di euro 30.000,00, ma sotto il diverso profilo dell’irragionevolezza del versamento di tale somma a per la concorrente esistenza di un credito di importo ben più elevato di verso la stessa C C
Liquidazione Giudiziale, nondimeno, nelle note autorizzate dimesse in data 18.4.2025 ha meglio specificato e comprovato il pregiudizio derivante dall’addebito in esame, dimostrando che l’attivo fallimentare dato dal denaro in cassa e dall’azienda, anche nella migliore delle ipotesi prospettabili (ossia di vendita dell’azienda e non atomistica dei singoli beni), ha un valore comunque inferiore all’importo complessivo dei creditori che godono di un grado poziore rispetto ai crediti dei quali amministratori, di e di (cfr. pagg. 5 e 6 della memoria autorizzata, nonché docc. nn. 23, 35, 36, 37 e 38 ricorrente). [.. C
Ciò significa che, laddove fosse stata fatta corretta applicazione del principio della par condicio creditorum da parte dei resistenti, questi ultimi quali amministratori, e non avrebbero avuto diritto a percepire alcuna somma e che, dunque, per quanto concerne l’addebito in questione il danno è pari all’intero importo dei pagamenti censurati dalla ricorrente, ossia euro 561.830,96, oltre interessi e rivalutazione. C
In secondo luogo, la Liquidazione Giudiziale censura l’ erogazione a di canoni di locazione sproporzionati rispetto al valore di mercato nel periodo tra il 2018 e il 2022, sia pure poi quantificando il danno prendendo a riferimento esclusivamente i canoni versati in tale lasso di tempo per la locazione del terreno situato ad Arre (PD) e censito al Catasto Terreni del medesimo Comune al foglio n. 7, particella n. 685 e la differenza tra questi ultimi e quelli ritenuti congrui sulla base di una perizia di parte redatta dall’ing. (cfr. docc. nn. 31 e 41 ricorrente).
Le risultanze di quest’ultima perizia di parte sono state contestate dai resistenti sulla base di una perizia redatta dall’arch. (cfr. docc. nn. 12 e 27 , mentre per converso non è stato contestato l’ammontare dei canoni versati ad .
La sommarietà della cognizione tipica del presente giudizio impedisce di disporre una C.T.U. estimativa, per cui
è necessario stabilire quale delle due perizie di parte sia maggiormente condivisibile.
A tal proposito, appare maggiormente convincente l’apprezzamento dell’ing. , in quanto fondato su parametri che, ancorché aventi valore orientativo, sono comunque verificabili, come la Banca dati delle quotazioni immobiliari dell’Agenzia delle Entrate e il sito www.borsinopro.it.
Diversamente, l’arch. calcola il rapporto tra il valore totale dei canoni di locazione e il valore totale degli immobili nel 12% e si limita ad affermare che quest’ultimo sarebbe ‘ congruo per la particolarità dell’utilizzazione dei beni oggetto di locazione nel ciclo produttivo, in quanto commisurati tenendo in considerazione i rischi specifici potenziali, tra i quali assumono particolare rilievo il rischio di mercato e il rischio del mancato ripristino dello stato dei luoghi, come in effetti si potrebbe verificare nella fattispecie concreta ‘, senza però fornire riscontri a tale affermazione e, in particolare, senza indicare sulla base di quali parametri è giunto alla conclusione della congruità del saggio del 12%, che invece è smentita dai dati riportati nelle osservazioni dell’ing. .
Sul piano logico, infine, appare corretta l’osservazione della ricorrente secondo cui ai fini della stima della congruità del canone di locazione non possono essere presi in considerazione i manufatti eretti dalla stessa sul terreno oggetto di godimento, in quanto si tratta di beni di proprietà di che non sono stati concessi in locazione. C C
Ne consegue che, allo stato, può dirsi sufficientemente dimostrata l’incongruità dei canoni di locazione corrisposti da ad e la sussistenza del danno prospettato dalla Liquidazione Giudiziale in euro 821.000,00, oltre interessi e rivalutazione. C
In conclusione, il requisito del fumus boni juris appare ricorrere, sussistendo ragionevoli elementi per ritenere che la ricorrente sia titolare nei confronti della resistente di un credito risarcitorio di euro 1.382.830,96 -arrotondato per difetto dalla Liquidazione Giudiziale in euro 1.382.000,00 -oltre interessi e rivalutazione.
La rivalutazione va calcolata sull’importo dei singoli esborsi, con decorrenza dalla data di effettuazione di ciascun pagamento sino alla pronuncia della presente ordinanza.
Gli interessi vanno calcolati al tasso legale sull’importo dei singoli versamenti progressivamente rivalutati come sopra (Cass., SS.UU., n. 1712/1995) e sempre con decorrenza dalla data di effettuazione di ciascun pagamento sino alla pronuncia della presente ordinanza.
Infine, gli importi in sorte capitale, maggiorati della rivalutazione e degli interessi calcolati come sopra, saranno produttivi di interessi legali dalla data della pubblicazione del presente provvedimento sino al saldo effettivo.
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In relazione al presupposto del periculum in mora, è noto che il sequestro conservativo presuppone la sussistenza del fondato timore del creditore di perdita della garanzia patrimoniale generica e che quest ‘ ultimo
può desumersi dalla sussistenza sia di elementi oggettivi, come la sproporzione tra il patrimonio del debitore e l ‘ ammontare del credito, sia di elementi soggettivi, come il compimento da parte del debitore di atti distrattivi del proprio patrimonio; tali elementi, dunque, si pongono in rapporto di alternatività e non di concorrenza necessaria, cosicché per la concessione del sequestro conservativo è sufficiente che vi sia anche solo uno di essi (cfr., ex multis, Trib. Venezia, sez. impresa, ord. 15 giugno 2023, richiamando sul punto Cass. n. 3563/1996 e n. 2139/1998).
Per quanto concerne, poi, il requisito oggettivo, va ulteriormente precisato che, nel caso di obbligazioni solidali, come quella di cui si discute nel presente giudizio (cfr. artt. 1292 e 2055 c.c.), non va presa a riferimento la somma dei patrimoni di tutti i coobbligati.
Come noto, la solidarietà passiva ha lo scopo di garantire il creditore rendendo più sicura e agevole la soddisfazione del credito giacché consente al soggetto attivo del rapporto obbligatorio di rivolgersi anche soltanto ad uno solo dei condebitori, evitandogli il disagio di esercitare una pretesa per ciascun debitore e limitatamente alla quota di pertinenza di ciascuno.
Il creditore di un ‘ obbligazione solidale, infatti, può ai sensi dell ‘ art. 1292 c.c. chiedere l ‘ adempimento per l ‘ intero a ciascuno dei condebitori, con la conseguenza che la garanzia patrimoniale generica di cui all ‘ art. 2740 c.c., grava sul patrimonio di ciascun coobbligato, separatamente e per l ‘ intero credito.
Se l ‘ azione di merito tesa all ‘ adempimento dell ‘ obbligazione e la successiva procedura esecutiva possono essere promosse contro il singolo debitore e questi risponde per l ‘ intero con il suo patrimonio, allora il medesimo principio deve ritenersi valevole per il procedimento cautelare strumentale a garantire la fruttuosità dell ‘ azione di adempimento e della successiva esecuzione, ossia il sequestro conservativo, i cui presupposti dovranno essere valutati dunque considerando la consistenza del patrimonio del condebitore solidale contro cui il creditore agisce.
Diversamente opinando, d ‘ altronde, si andrebbe contro la ratio sopra delineata del meccanismo di solidarietà, che è proprio quella di agevolare la soddisfazione della pretesa del creditore (cfr., ex multis, Trib. Venezia, sez. impresa, ord. 16 novembre 2017; id., ord. 15 giugno 2023; id., ord. 30 gennaio 2025).
Ciò chiarito, nel caso di specie il requisito del periculum in mora può ritenersi sussistente innanzitutto sul piano oggettivo, in considerazione della sproporzione tra l’ammontare del credito risarcitorio, come sopra accertato in via sommaria, e il presumibile valore dei beni immobili, delle quote societarie e dei redditi dei resistenti.
Va aggiunto che l’immobile di è gravato da ipoteca volontaria (cfr. doc. n. 13 ricorrente) e che alcuni degli altri beni appaiono di difficile smobilizzo, in particolare la quota di comproprietà della casa di abitazione di (doc. n. 14 ricorrente), che appare difficilmente appetibile sul mercato, e le quote
di , giacché quest’ultima è comunque una società a base familiare e dunque è lecito presumere che difficilmente un terzo estraneo alla famiglia sarà disposto ad acquistare le quote di e
per restare in società con i genitori di questi ultimi, peraltro in quote equivalenti e dunque con una situazione di potenziale stallo decisionale.
Il presupposto del periculum in mora appare, infine, sussistente anche sotto il profilo soggettivo, in considerazione della natura degli addebiti gestori e della condotta tenuta dei resistenti durante la composizione negoziata, posto che essi non avevano ottemperato alle richieste documentali e informative inviate dall’esperto e, dopo aver acconsentito alla nomina di un amministratore con funzioni di Presidente del Consiglio di Amministrazione nella persona del sig . e alla cessione dell’azienda ad un terzo nella prospettiva di un risanamento della società, avevano improvvisamente mutato opinione, revocando il e l’incarico agli advisor.
Sotto quest’ultimo profilo, la tempistica e le circostanze del revirement appaiono significative, posto che i avevano mutato opinione dopo che il legale incaricato da quale consulente aveva depositato il proprio parere circa la sussistenza di profili di loro responsabilità. C
I resistenti, inoltre, avevano invitato il e i consulenti nominati per la procedura di composizione negoziata ad astenersi dal trasmettere a chiunque tale parere e qualsiasi atto a nome di e e avevano così determinato la rinuncia all’incarico da parte degli advisor, i quali avevano ritenuto che, attraverso la diffida predetta, i avessero impedito loro di svolgere l’incarico in maniera indipendente ; anche il collegio sindacale, peraltro, aveva stigmatizzato la pretestuosità di tale condotta degli amministratori (cfr. la relazione dell’esperto dimessa dal ricorrente sub doc. n. 8, in particolare la pag. 6 e le pagg. da 26 a 38 e 54) C
Tali elementi, invero, inducono a dubitare della capacità dei resistenti di conservare il proprio patrimonio in attesa dell ‘ esito del giudizio di merito e dunque a ritenere sussistente il periculum in mora, posto che i hanno dato prova di anteporre la tutela dei propri interessi personali a quelli dei creditori (cfr. Trib. Venezia, sez. impresa, ord. 16 maggio 2024 e ord. 27 gennaio 2025, nonché, più in generale, Trib. Venezia, sez. impresa, ord. 24 marzo 2022 e ord. 17 aprile 2024: ‘ la gravità degli illeciti gestori costituisce un elemento che induce a ritenere verosimile che gli amministratori non dedicheranno miglior cura a preservare i propri patrimoni al fine di soddisfare le ragioni di credito della società ‘).
Ciò è sufficiente per ritenere sussistente il periculum in mora e dunque appare superfluo interrogarsi sulla reale natura della compravendita intercorsa tra e il figlio con l’accollo da parte di quest’ultimo del mutuo contratto dalla resistente di cui al doc. n. 12 ricorrente.
In conclusione, si ritiene che il sequestro conservativo possa essere autorizzato fino alla concorrenza della
somma di euro 1.382.000,00, oltre interessi, rivalutazione e spese.
Il decreto inaudita altera parte -emesso sul presupposto che non fosse stato dimostrato il danno derivante dai pagamenti preferenziali che successivamente è stato meglio allegato e dimostrato dalla Liquidazione Giudiziale -deve, pertanto, essere modificato nel senso sopra indicato.
Non ricorrono, allo stato, i presupposti per procedere alla riduzione del sequestro come richiesto da
poiché i soli beni immobili appaiono di valore insufficiente rispetto al presumibile ammontare del credito della ricorrente.
Si provvede sin da ora a nominare il custode delle quote di AG intestate ai resistenti per l’ipotesi in cui la Liquidazione Giudiziale intenda sottoporre a sequestro conservativo anche queste ultime.
La statuizione sulle spese di lite va rinviata all ‘ esito del giudizio di merito, trattandosi di misura cautelare conservativa che deve essere necessariamente seguita dalla proposizione dell ‘ azione in sede di cognizione piena.
P.Q.M.
ogni altra diversa domanda ed eccezione respinta, a modifica del decreto inaudita altera parte del 13.3.2025, autorizza la Liquidazione Giudiziale a procedere al sequestro conservativo di tutti i beni mobili, immobili e crediti di e fino alla concorrenza dell ‘ importo di euro 1.382.000,00, oltre interessi, rivalutazione (da calcolarsi come in motivazione) e spese di lite; nomina custode delle quote di di titolarità di e per l’eventualità in cui la intenda estendere il sequestro anche a tali beni, la dott.ssa , iscritta all’Albo dei C.T.U. del Tribunale di Padova;
rinvia al giudizio di merito la statuizione sulle spese di lite.
Si comunichi.
Venezia, 4 agosto 2025
Il Giudice dott. NOME COGNOME