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Sentenza ex art. 2932 c.c.: quando si può risolvere?

La Corte di Cassazione interviene sul tema della risoluzione del contratto di compravendita immobiliare perfezionato tramite sentenza ex art. 2932 c.c. La Corte ha stabilito che, se il compratore era a conoscenza dei vizi dell’immobile prima di ottenere la sentenza di trasferimento, non può successivamente chiedere la risoluzione del contratto per quegli stessi vizi. Tali difformità dovevano essere fatte valere nel primo giudizio, ad esempio tramite una richiesta di riduzione del prezzo. La sentenza costitutiva crea un nuovo rapporto giuridico, risolvibile solo per inadempimenti successivi alla sua formazione.

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Contratto da Sentenza ex art. 2932 c.c.: si può risolvere per vizi preesistenti?

Quando si acquista un immobile tramite una sentenza ex art. 2932 c.c. perché il venditore si è rifiutato di firmare il rogito, cosa succede se l’immobile presenta dei difetti già noti? È possibile, in un secondo momento, chiedere la risoluzione del contratto? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un chiarimento fondamentale, tracciando una netta distinzione tra le obbligazioni del contratto preliminare e quelle nascenti dalla successiva sentenza costitutiva.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un contratto preliminare di compravendita immobiliare. A fronte dell’inadempimento del promittente venditore, il promissario acquirente si rivolgeva al Tribunale per ottenere una sentenza che tenesse luogo del contratto non concluso, come previsto dall’art. 2932 del codice civile. Ottenuto il trasferimento coattivo della proprietà, l’acquirente intentava una nuova causa, questa volta per chiedere la risoluzione del contratto appena sorto, lamentando gravi difformità dell’immobile rispetto a quanto pattuito nel preliminare. Tali difformità includevano la presenza di una colonna portante non prevista nel soggiorno, una diversa disposizione degli spazi interni e la mancanza di una cabina armadio.

La Decisione della Corte d’Appello Riformata

Inizialmente, il Tribunale rigettava la domanda di risoluzione, ma la Corte d’Appello ribaltava la decisione. I giudici di secondo grado, basandosi su una consulenza tecnica, riconoscevano la gravità delle difformità e dichiaravano risolto il contratto per inadempimento del venditore, condannandolo alla restituzione di una somma versata. Secondo la Corte d’Appello, il bene consegnato era diverso da quello promesso, giustificando la risoluzione.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del venditore, cassando la sentenza d’appello e delineando un principio di diritto cruciale. L’errore della Corte d’Appello è stato quello di non distinguere tra due rapporti giuridici separati e distinti:

1. Il rapporto nascente dal contratto preliminare: Questo rapporto si esaurisce con il giudizio volto a ottenere la sentenza di trasferimento.
2. Il rapporto nascente dalla sentenza ex art. 2932 c.c.: Questa sentenza, una volta passata in giudicato, crea un nuovo rapporto contrattuale, sostitutivo del contratto definitivo mai stipulato.

La Suprema Corte ha chiarito che il promissario acquirente, al momento di agire in giudizio per il trasferimento coattivo, era già a conoscenza delle difformità dell’immobile. In quella sede, egli avrebbe avuto a disposizione diversi rimedi:

* Chiedere la risoluzione del contratto preliminare.
* Chiedere l’esecuzione specifica e, contestualmente, una riduzione del prezzo (actio quanti minoris) per compensare i vizi.

Scegliendo di chiedere e ottenere la sentenza ex art. 2932 c.c. senza sollevare eccezioni sui vizi, l’acquirente ha di fatto accettato di acquistare l’immobile nello stato in cui si trovava. Di conseguenza, le difformità preesistenti e note non possono più essere utilizzate come motivo per risolvere il nuovo contratto sorto dalla sentenza. Quest’ultimo potrà essere risolto solo per inadempimenti successivi alla sua formazione, come il mancato pagamento del saldo del prezzo o la mancata consegna del bene.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica. Chi si appresta ad acquistare un immobile e si scontra con l’inadempimento del venditore deve valutare attentamente la strategia legale. Se l’immobile presenta vizi o difformità, non è possibile prima ottenere il trasferimento forzoso e poi, in un secondo momento, lamentarsi di quegli stessi difetti per sciogliere il contratto. La scelta di procedere con l’azione ex art. 2932 c.c. implica l’accettazione del bene nelle sue condizioni note, salvo chiedere contestualmente una riduzione del prezzo. La sentenza costitutiva, infatti, cristallizza la situazione e dà vita a un nuovo contratto, le cui sorti non possono essere rimesse in discussione sulla base di questioni che dovevano essere affrontate e risolte nel primo giudizio.

È possibile chiedere la risoluzione di un contratto costituito tramite una sentenza ex art. 2932 c.c. per difformità dell’immobile già note prima della sentenza stessa?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che le difformità note al momento in cui si chiede l’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare devono essere fatte valere in quel giudizio, ad esempio chiedendo una riduzione del prezzo. Una volta ottenuta la sentenza che trasferisce la proprietà, essa crea un nuovo rapporto contrattuale che non può essere risolto per vizi preesistenti e già conosciuti.

Quali rimedi ha il promissario acquirente se l’immobile promesso in vendita presenta vizi o difformità?
Il promissario acquirente non è costretto a scegliere solo tra la risoluzione del contratto preliminare e l’accettazione del bene così com’è. Può agire per l’esecuzione in forma specifica (ex art. 2932 c.c.) e, contestualmente, chiedere la riduzione del prezzo (actio quanti minoris) o l’eliminazione dei vizi.

Quando può essere risolto un contratto nato da una sentenza ex art. 2932 c.c.?
Un contratto nato da tale sentenza può essere risolto per inadempimenti relativi alle obbligazioni sorte da quel nuovo rapporto. Ad esempio, il mancato pagamento del prezzo da parte dell’acquirente o la mancata consegna del bene da parte del venditore, ma non per ragioni (come vizi preesistenti) che riguardavano il rapporto del contratto preliminare, ormai superato dalla sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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