Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5638 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5638 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13013/2020 R.G. proposto da: dall’avvocato
COGNOME NOME rappresentato e difeso COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 18/2020 depositata il 18/05/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME citava innanzi al Tribunale di Ancona NOME COGNOME per sentire accertare il di lui (asserito) inadempimento in relazione alla compravendita immobiliare disposta ex art. 2932 c.c. con sentenza n. 892 del 25.5.2010 dallo stesso Tribunale e per l’effetto pronunciare la risoluzione della compravendita con condanna del COGNOME alla restituzione e/o al pagamento di €. 20.000 oltre interessi dal 3.4.2007 nonché al risarcimento del danno nella misura di € 23.872.
Il COGNOME si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda di risoluzione ed avanzando domanda riconvenzionale di condanna della COGNOME al pagamento del prezzo.
Il Tribunale di Ancona rigettava la domanda dell’attrice ed accoglieva quella riconvenzionale del convenuto, condannando l’attrice stessa, a cui carico poneva definitivamente gli oneri delle CTU, a pagare allo stesso convenuto la somma di € 175,000,00, oltre interessi legali dal 14 novembre 2011 al saldo.
NOME COGNOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME si costituiva in giudizio contestando la fondatezza dell’impugnazione e chiedendone il rigetto.
La Corte d’Appello di Ancona accoglieva il gravame e, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava risolto il rapporto tra le parti per inadempimento dell’appellato che condannava a pagare € 20.000 a titolo di restituzione indebito, oltre intere ssi legali come da motivazione, respingendo la domanda risarcitoria.
La Corte d’Appello, richiamata la giurisprudenza di legittimità circa la possibilità di proporre domanda di risoluzione di un contratto di compravendita costituito da una pronuncia giudiziale
ex art. 2932 c.c., evidenziava che il Tribunale in motivazione aveva precisato che: ‘L’accordo delle parti, per quanto riguarda l’oggetto del contratto, si era perfezionato sull’estensione e sulle caratteristiche dell’appartamento risultanti dalle indicate planimetrie’. Con tale formula il Tribunale aveva preso chiara posizione sull’oggetto contrattuale di talché doveva ritenersi che il trasferimento fosse stato giudizialmente attuato nei confronti di un oggetto contrattuale specifico corrispondente per estensione e caratteristiche alla planimetria allegata al preliminare.
In tal modo doveva intendersi la consistenza dell’immobile: sotto il profilo quantitativo (estensione) e sotto il profilo qualitativo (caratteristiche).
A conferma del fatto che la pronuncia in esame avesse avuto ad oggetto il bene risultante dalla planimetria potevano segnalarsi due ulteriori passaggi in motivazione : (a) quello in cui il Tribunale aveva escluso che la COGNOME avesse accettato le modifiche apportate all’immobile da controparte con ‘il progetto esecutivo’ , (b) quello in cui il Tribunale aveva rilevato l’insindacabilità della scelta della COGNOME di non accettare le modifiche progettuali ideate dal COGNOME anche se migliorative.
Secondo la Corte l’azione di risoluzione proposta dall’appellante oltre ad essere ammissibile era anche fondata data l’esistenza delle gravi difformità tra il bene oggetto di trasferimento e quello offerto dal venditore, come desumibile dalla esauriente analisi compiuta dal Ctu Ing. COGNOME nella relazione peritale depositata in primo grado da condividersi integralmente.
Le difformità riscontrate riguardavano: a) la presenza di una colonna portante nel soggiorno con i pregiudizi di cui alle pagg. 16-
17 della Ctu; b) la diversa conformazione dell’ingresso con i pregiudizi di cui alle pagg. 17-18 della Ctu; c) la diversa dislocazione della cucina con i pregiudizi di cui alla pag. 18 della Ctu; d) la mancanza della cabina guardaroba in camera con i pregiudizi di cui alla pag. 19. della Ctu.
Gli esiti della Ctu confermavano in definitiva che il bene offerto dal venditore in adempimento dell’obbligo di consegnare un immobile conforme alla pronuncia di trasferimento era diverso – per rilevanti aspetti qualitativi e per profili urbanistici che lo rendevano incommerciabile -da quello contemplato in preliminare ed in sentenza. Si configurava così un inadempimento del venditore la cui gravità si desumeva dagli elementi offerti dal Ctu. Il grave inadempimento comportava l’accoglimento della domanda d i risoluzione del rapporto proposta dall’appellante con obbligo di restituzione della somma di euro 20.000,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di sei motivi di ricorso.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza per omessa pronuncia su eccezione di parte e/o per nullità della sentenza ex att. 132, 2° co. n. 4 c.p.c
I ricorrenti evidenziano di aver eccepito l’erronea applicazione degli art. 1491 c.c. e l’art. 2932 c.c. in quanto nel momento in cui controparte ha agito ed ottenuto il trasferimento dell’immobile con la sentenza ex art. 2932 c.c. (sentenza aventi effetti reali) ha deciso di accettare comunque l’immobile nello stato in cui era, con
le «difformità» già evidenziate rispetto al preliminare. Nel giudizio non ha proposto alcuna azione di riduzione del prezzo per una asserita diminuzione del valore. La stessa controparte assolutamente consapevole di ciò ha sostenuto in primo grado che la sentenza ex art. 2932 c.c. avrebbe avuto effetti obbligatori (sic !) e dall’altro lato che non si sarebbe in presenza di vizi ma difetti di qualità. Su tale decisiva questione non vi sarebbe alcun passaggio motivazionale nella sentenza impugnata.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: I n subordine articolo art. 360 1° co. n. 5 c.p.c. omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
La censura è ripetitiva della precedente sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
2.1 I primi due motivi di ricorso sono fondati.
La Corte d’Appello ha accolto l’appello di NOME COGNOME ritenendo fondata la sua domanda di risoluzione avente ad oggetto l’adempimento degli obblighi nascenti dal trasferimento immobiliare disposto ex art. 2932 c.c. con sentenza del Tribunale di Ancona passata in giudicato.
L’errore compiuto dalla Corte d’Appello è stato quello di non distinguere tra gli obblighi derivanti dal contratto preliminare intercorso tra le parti che erano stati oggetto del precedente giudizio conclusosi con la sentenza ex art. 2932 c.c. dagli obblighi derivanti da tale sentenza costitutiva del contratto definitivo.
Deve precisarsi che le sentenze di “esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto”, per definizione sono destinate a produrre “gli effetti del contratto non concluso”,
sostituendo la decisione del giudice alla volontà delle parti, una delle quali abbia omesso di manifestarla, pur essendovi tenuta. Ne consegue che le prestazioni eventualmente imposte con il provvedimento costituiscono il contenuto di obbligazioni di carattere prettamente negoziale, ancorché stabilite in forma di accertamento, di condanna, o di condizione di efficacia.
Il mancato pagamento del prezzo che è l’ipotesi più frequente nella prassi ma anche la consegna del medesimo bene oggetto della sentenza, non perdono la natura di prestazione corrispettiva, destinata ad attuare il sinallagma contrattuale, sicché l’eventual e inadempimento può essere fatto valere dall’altra parte, ricorrendone i presupposti, come ragione di risoluzione.
Si è detto, infatti, che in caso di sentenza di accoglimento della domanda del promissario acquirente per l’esecuzione specifica di un preliminare di vendita, il pagamento del prezzo cui è subordinato il trasferimento della proprietà del bene, costituisce la condizione per il verificarsi dell’effetto traslativo medesimo, senza con ciò rendersi incompatibile con la natura di prestazione essenziale del contratto, con la conseguenza che il mancato versamento del prezzo può comportare la risoluzione del contratto stesso con riferimento alla gravità dell’inadempimento a norma dell’art. 1455 c.c. ( ex plurimus Sez. 2, Sent. n. 8164 del 2023 Rv. 667503 – 01).
Nella specie, invece, è stata accolta la domanda di risoluzione per l’inadempimento di obblighi derivanti dal contratto preliminare : infatti, l’immobile oggetto del preliminare non ha subito alcuna modifica dopo la sentenza ex art. 2932 c.c. e le difformità del bene rispetto a quello promesso in vendita nel contratto preliminare erano già state oggetto di discussione nel precedente giudizio e la
parte già le conosceva al momento in cui ha chiesto l’esecuzione in forma specifica del contratto e poteva farle valere in quella sede sia per chiedere la risoluzione che la riduzione del prezzo.
Infatti, nel giudizio avente ad oggetto l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 dell’obbligo di trasferire il bene il promissario acquirente ha la facoltà di chiedere in alternativa la risoluzione del contratto o anche la riduzione del prezzo.
La giurisprudenza di questa Corte è ormai stabilmente e univocamente orientata nel senso che il promissario acquirente non resta soggetto alla sola alternativa della risoluzione del contratto o dell’accettazione senza riserve della cosa viziata o difforme, ma può esperire l’azione di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo e, cumulativamente, proporre un’ actio quanti minoris per vizi della cosa, chiedendo l’eliminazione delle accertate difformità o la riduzione del prezzo; in tal caso, l’offerta del prezzo, ex art. 2932, comma 2, c.c., non è necessaria, ove il pagamento non sia esigibile prima della conclusione del contratto definitivo. (Sez. 2, Ordinanza n. 36241 del 23/11/2021, Rv. 662945 – 01).
Dopo il passaggio in giudicato della sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., dunque, l’immobile che si trasferisce per volontà del promissario acquirente è quello oggetto del giudizio e nelle condizioni da questi conosciute e l’obbligo del promittente alie nante è quello di consegnare il suddetto bene dietro il pagamento del prezzo cui è obbligata la controparte.
Nel giudizio di rinvio la Corte d’Appello dovrà dare applicazione al seguente principio di diritto: la sentenza ex art. 2932 cod. civ., produce gli effetti del contratto non concluso dal momento del suo passaggio in giudicato, dando luogo ad un rapporto che è distinto
da quello derivante dal preliminare e che è, a sua volta, suscettibile di risoluzione per inadempimento, ma per ragioni inerenti al nuovo sinallagma venuto in essere, sicché la pronuncia di risoluzione del contratto non può che riguardare le obbligazioni da esso nascenti (vedi anche Sez. 2, Sentenza n. 26233 del 02/12/2005, Rv. 585216 – 01).
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 2932 e 2909 c.c. e 1491 c.c. nonché in correlazione agli artt. 1175 e 1375 c.c.
Il ricorrente solleva la censura di violazione dell’art. 1491 c.c. qualora si ritenga che l’eccezione proposta sia stata comunque trattata dalla Corte di Appello e superata in motivazione per effetto dell’accoglimento della domanda.
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: errata interpretazione e/o applicazione dell’art. 1455 c.c.
Sarebbe erronea la valutazione dell’importanza dell’inadempimento rispetto all’interesse della parte adempiente.
Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: art. 360 n. 3 c.p.c. mancata applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. e del principio dell’abuso del diritto, anche in relazione alla applicazione dell’art. 1455 c.c
Il principio di diritto affermato dalla giurisprudenza in ordine alla possibilità del promissario acquirente di cumulare actio quanti minoris e azione ex art. 2932 c.c., porterebbe ad escludere che possa considerarsi legittima e fondata un’azione postuma del promissario acquirente a fronte di vizi e difetti ricondotti allo stato dell’immobile antecedente alla pronuncia della sentenza.
6. Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: art. 360 1° co. n. 4 c.p.c. violazione dell’art. 183 c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c.
La Corte di Appello ha ritenuto, sulla base della CTU, che l’appartamento presenti irregolarità urbanistiche, che determinano un costo di € 5.000,00 per la loro eliminazione.
La contestazione di controparte non era in alcun modo contenuta nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado e sarebbe stata dedotta per la prima volta nella prima memoria ex art. 183 c.p.c. e dunque sarebbe inammissibile.
I motivi dal terzo al sesto sono assorbiti dall’accoglimento dei primi due.
Il giudice di rinvio ( Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione) farà applicazione del citato principio di cui alla sentenza n. 26233 del 02/12/2005 e provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione