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Segnalazione Centrale Rischi: quando è legittima?

Una società sanitaria ha citato in giudizio una banca per una presunta illegittima segnalazione Centrale Rischi, sostenendo che le avesse impedito di ottenere finanziamenti. La Corte d’Appello di Firenze ha respinto la richiesta, stabilendo che la segnalazione era legittima. La Corte ha verificato che la banca aveva correttamente informato il cliente prima della segnalazione e che la decisione si basava su uno stato di insolvenza persistente e non su un semplice ritardo. Di conseguenza, non sussistendo alcun illecito, la domanda di risarcimento è stata respinta.

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Segnalazione Centrale Rischi: Quando è Legittima? L’Analisi della Corte d’Appello

La segnalazione Centrale Rischi è uno strumento di fondamentale importanza per la stabilità del sistema finanziario, ma può avere impatti significativi sulla reputazione e sull’accesso al credito di un’impresa. Una recente sentenza della Corte di Appello di Firenze ha offerto chiarimenti cruciali sui presupposti di legittimità di tale segnalazione, analizzando il caso di una società sanitaria che lamentava danni ingenti a causa di una presunta condotta illecita da parte di una banca. Vediamo nel dettaglio i fatti e le conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso: un Progetto Imprenditoriale Interrotto

Una società operante nel settore sanitario aveva avviato un’azione legale contro un istituto di credito e la società cessionaria del suo debito. L’accusa era di aver subito un’illegittima segnalazione a sofferenza presso la Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Secondo la società, questa segnalazione era avvenuta senza la necessaria comunicazione preventiva e senza un’adeguata valutazione della sua situazione patrimoniale complessiva.

A causa di ciò, l’impresa sosteneva di non aver potuto ottenere i finanziamenti necessari per l’acquisto di nuove attrezzature mediche, come un apparecchio per la densità ossea (MOC) e una risonanza magnetica di ultima generazione. Tale impossibilità avrebbe bloccato il suo piano di sviluppo industriale, causando un danno patrimoniale quantificato in oltre 140.000 euro per mancati utili.

Il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda, non per l’illegittimità della segnalazione, ma per il mancato assolvimento dell’onere della prova riguardo al danno subito. La società ha quindi presentato appello, contestando la decisione.

La Legittimità della Segnalazione Centrale Rischi secondo la Corte

La Corte d’Appello, a differenza del giudice di primo grado, ha deciso di riesaminare nel merito la questione centrale: la legittimità della condotta della banca. L’analisi dei giudici ha smontato la tesi della società appellante, basata su quello che è stato definito un “errore percettivo e logico-deduttivo”.

La società sosteneva che la segnalazione fosse avvenuta prima della lettera di comunicazione del 24 ottobre 2016, con cui la banca revocava gli affidamenti e annunciava la classificazione a sofferenza. Tuttavia, l’esame dei report della Centrale Rischi ha dimostrato il contrario:

1. Tempistica Corretta: La segnalazione per il mese di ottobre 2016 (periodo in cui è stata inviata la lettera) è diventata disponibile solo a partire dal 2 dicembre 2016. Nei mesi precedenti, come settembre 2016, non risultava alcuna segnalazione a sofferenza.
2. Comunicazione Adeguata: La lettera del 24 ottobre 2016 conteneva l’informativa richiesta dalla circolare della Banca d’Italia n. 139/1991, informando il cliente in occasione della prima segnalazione. Non trattandosi di un consumatore, non era richiesto un preavviso con finalità di sollecito al pagamento.

La Valutazione dello Stato di Insolvenza

La Corte ha inoltre stabilito che la banca aveva correttamente valutato la situazione patrimoniale della società. La segnalazione non è scaturita da un ritardo isolato, ma da un inadempimento per scoperto di conto corrente che si protraeva da oltre un anno. Già in una lettera del 2015, la banca aveva segnalato la situazione debitoria e invitato a un rientro, precisando che le linee di credito dovevano intendersi “a graduale smaltimento”.

L’aumento dell’esposizione debitoria nei mesi successivi confermava un’incapacità non transitoria di adempiere alle obbligazioni, giustificando pienamente la classificazione a sofferenza. La segnalazione, pertanto, non è stata un atto arbitrario ma il risultato di una valutazione ponderata e conforme alla normativa.

Le Motivazioni della Corte d’Appello

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che il fondamento della richiesta di risarcimento, ovvero l’illecito della banca, era del tutto inesistente. Poiché la segnalazione a sofferenza è stata effettuata nel pieno rispetto delle procedure e sulla base di una concreta valutazione dello stato di insolvenza del cliente, non può sorgere alcuna responsabilità in capo all’istituto di credito. I giudici hanno chiarito che la lettera inviata dalla banca costituiva la corretta informativa richiesta dalla normativa di settore per i clienti non consumatori. L’analisi fattuale ha dimostrato che la situazione debitoria della società era grave e persistente, legittimando quindi la decisione della banca di procedere con la segnalazione. La pretesa della società si basava su un’errata interpretazione della sequenza temporale degli eventi, un errore che ha invalidato l’intera impalcatura accusatoria.

Le Conclusioni

La Corte di Appello di Firenze ha rigettato l’appello, confermando la decisione di primo grado ma con una motivazione differente e più radicale. La sentenza riafferma un principio chiave: per ottenere un risarcimento danni, è necessario prima dimostrare l’illegittimità della condotta che avrebbe causato il pregiudizio. In questo caso, la banca ha agito legittimamente, rispettando sia gli obblighi informativi sia i criteri di valutazione sostanziale previsti dalla Banca d’Italia. La decisione sottolinea come un’attenta analisi documentale sia fondamentale prima di intraprendere un’azione legale e come la prova dell’illecito costituisca il presupposto indispensabile per qualsiasi richiesta risarcitoria in materia di segnalazioni bancarie.

Una banca deve comunicare preventivamente la segnalazione a sofferenza in Centrale Rischi?
Sì, ma le modalità cambiano. Per un cliente non consumatore, come nel caso analizzato, la normativa (Circolare Banca d’Italia n.139/1991) richiede che l’informativa sia fornita in occasione della prima segnalazione, come avvenuto con la lettera di revoca fidi e classificazione a sofferenza. Non è richiesto un preavviso finalizzato a sollecitare il pagamento.

Un semplice ritardo nel pagamento giustifica una segnalazione a sofferenza?
No. La sentenza chiarisce che la segnalazione a sofferenza non può derivare da singoli eventi, come uno o più ritardi. Deve basarsi su una valutazione complessiva della situazione finanziaria del cliente che riveli un’incapacità non transitoria di adempiere alle proprie obbligazioni. Nel caso specifico, l’inadempimento si protraeva da oltre un anno.

Se un’azienda subisce un danno per una segnalazione, chi deve provare l’illegittimità della condotta della banca?
L’onere della prova spetta all’azienda che lamenta il danno. Come stabilito dalla Corte, prima ancora di dimostrare l’esistenza e l’ammontare del danno, l’attore deve provare che la condotta della banca (la segnalazione) sia stata illegittima. Se la banca ha agito correttamente, non esiste il presupposto per il risarcimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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