Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 7176 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 7176 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3716/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliata digitalmente all’indirizzo ‘ ‘, rappresentata e difesa da ll’avvocato AVV_NOTAIO;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , domiciliata digitalmente all’indirizzo
‘
‘, rappresentata e difesa ex
lege dall’ RAGIONE_SOCIALE;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE n. 235/2022, depositata il 15/12/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso affidato a due motivi, la RAGIONE_SOCIALE ha impugnato la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (TSAP), resa pubblica in data 15 dicembre 2022, che ne rigettava il gravame avverso la decisione del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche (RAGIONE_SOCIALE) presso la Corte di appello di Milano che, a sua volta, ne aveva respinto il ricorso volto all ‘ accertamento e alla declaratoria (previo espletamento di consulenza tecnica d ‘ ufficio) dell ‘ esatta linea di delimitazione tra i fondi dei quali era proprietaria (censiti nel catasto del Comune di Costa Volpino, al foglio 112-114) e le ulteriori porzioni di terreno prospicienti il Lago di Iseo (il cui zero idrometrico era stato fissato dal d.m. n. 13614/1934 a quota 185,98 s.l.m.) da essa società da tempo occupati e delimitate dal decreto dell ‘ 8 luglio 1998 emesso dalla Prefettura di Bergamo ai sensi del r.d. n. 726/1895, la cui operata delimitazione della zona demaniale rispetto a quella privata non corrispondeva alla ‘reale altezza dell’alveo’ come ‘emergeva dalla sovrapposizione della mappa su ortofoto’.
-Il TSAP, a fondamento della decisione (e per quanto ancora rileva in questa sede), osservava che: a ) la censura svolta dall ‘ appellante con il primo motivo di gravame (che denunciava violazione della legge n. 34/1994 e dell ‘ art. 941 c.c., nonché erroneità e contraddittorietà della motivazione della pronuncia del RAGIONE_SOCIALE, per aver ritenuto possibile la sdemanializzazione tacita solo tramite ‘specifica procedura’, essendo sufficiente, invece, l’ inerzia della P.A. ‘sintomatica della volontà di non fruire dei terreni, … occupati ed utilizzati da essa società da ben prima del 1994’) non coglieva, anzitutto, la ratio decidendi della sentenza impugnata,
che aveva comunque escluso che vi fosse stata sdemanializzazione tacita ‘in ragione del decreto adottato dalla prefettura di Bergamo ai sensi del R.D. dell ‘ 1.12.1895 dell ‘8 luglio 1998’; a.1 ) né, comunque, la medesima censura, che evocava a sostegno la sentenza n. 7739/2020 delle Sezioni Unite civile, era fondata, non avendo detta pronuncia affermato, ‘anche con riguardo al demanio idrico, la possibilità di sdemanializzazione tacita’, invece espressamente esclusa; a.2 ) era, quindi, corretta la decisone del RAGIONE_SOCIALE che aveva ‘escluso di potere ridelimitare la linea di confine fra terreni di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE e quelli demaniali sulla base di una sdemanializzazione tacita connessa a fatti pacificamente anteriori all ‘ anno 1994 -e, dunque, all ‘ entrata in vigore della l. n. 37/1994 come acclarato dallo stesso RAGIONE_SOCIALE … -ma non per questo idonei a consentire, in materia di demanio idrico, il passaggio al patrimonio indisponibile delle aree interessate’; b ) era, poi, inammissibile l ‘ ulteriore censura svolta dall ‘ appellante (che lamentava il travisamento dei presupposti di fatto e di diritto e il vizio di motivazione della sentenza del RAGIONE_SOCIALE nel ‘ritenere non proposta la domanda di intervenuta questa titolo originario del diritto di proprietà e i sensi dell ‘art. 941 c.c.’, avendo ‘tralasciato di considerare la presentazione dell’ istanza del 7 novembre 1996 all ‘ ufficio di Cremona del Magistrato del Po, con la quale era stato chiesto il riconoscimento della proprietà per intervenuta cessione dei terreni di nuova formazione’), giacché essa, facendo riferimento ad istanza presentata ‘fuori dal giudizio ed antecedentemente alla proposizione del ricorso’ innanzi al RAGIONE_SOCIALE, non coglieva la ratio decidendi della pronuncia impugnata, avendo il RAGIONE_SOCIALE escluso che nel giudizio innanzi a sé promosso non fosse mai stata avanzata una domanda ai sensi dell ‘ art. 941 c.c.; b.1 ) peraltro, come in precedenza evidenziato, era ‘in ogni caso esclusa la sdemanializzazione tacita (art. 947 c.c.) e la volontà di demanializzazione non mai stata, essendosi anzi
manifestato un intento diametralmente opposto con il già ricordato decreto prefettizio 1998’.
-Per la cassazione di tale sentenza ricorre la RAGIONE_SOCIALE affidando la sorte dell ‘ impugnazione a due motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso l ‘ RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione della legge n. 37/1994 e dell ‘ art. 941 c.c., per aver il TSAP ritenuto che la disciplina introdotta dalla legge n. 37/1994 -la quale, modificando l ‘ art. 947 c.c., ha escluso la sdemanializzazione tacita per il demanio idrico fosse applicabile ‘alle situazioni che hanno esaurito i propri effetti prima della sua entrata in vigore’, essendo stato accertato in sede di giudizio di merito che i terreni di cui ai mappali da 98349837, 9839 e 9876 ‘risultano almeno parzialmente abbandonati dalle acque correnti in modo sensibile e stabile … per fenomeni avvenuti prima del 1994’ ed avendo il provvedimento amministrativo di declassificazione solo natura dichiarativa.
Sicché, il TSAP avrebbe male interpretato anche la sentenza n. 7739/2020 delle Sezioni Unite, che ‘non entra nel merito della disciplina antecedente l ‘ entrata in vigore della legge n. 37/1994, applicabile al caso concreto’, non rivestendo, dunque, alcun rilievo ‘l’adozione del Decreto della Prefettura di Bergamo’ dell’ 8 luglio 1998, ‘in quanto è intervenuto in epoca successiva la sdemanializzazione tacita delle aree in questione’.
Sarebbe, dunque, erronea la decisione del TSAP ‘nella parte in cui afferma che i terreni marcati dalla linea rossa nella figura 11 (della relazione peritale) non possono essere ascritti a titolo originario all ‘ odierna ricorrente per effetto delle norme che lo
stesso giudice di appello riconosce come vigenti all ‘ epoca dei fatti (ovvero ante 1994 …) ed applicabili alla fattispecie de qua ‘.
-Con il secondo mezzo è dedotto, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., omesso esame di circa un fatto decisivo per il giudizio, ‘con riferimento all’ istanza datata 7 novembre 1996, con la quale si formulava domanda di acquisto della proprietà dei terreni in questione’.
Premesso che «i terreni oggetto di causa devono intendersi acquisiti al patrimonio dello Stato sin dalla loro formazione a fronte della normativa vigente all ‘ epoca dei fatti e, dunque, prima del 1994, risultando perfezionata la cd. ‘sdemanializzazione tacita’», il TSAP ha rigettato l ‘appello in forza della ‘supposta assenza di una domanda di intervenuto acquisto a titolo originario delle aree de qua in relazione al decreto poi emesso dalla Prefettura di Bergamo … nel 1998’, quale circostanza che, però, sarebbe ‘inequivocabilmente smentita dall’ istanza datata 7 novembre 1996 … presentata dalla società ricorrente … al Magistrato del Po, chiedendo per l ‘ appunto il riconoscimento in capo a quest ‘ ultima della proprietà, per intervenuta accessione, dei terreni di nuova formazione (riconosciuta dal C.T.U. antecedente al 1994) in Costa Volpino, oggetto della presente causa’.
-I motivi, che vanno scrutinati congiuntamente per essere tra loro connessi, non possono trovare accoglimento.
3.1. -La sentenza impugnata si fonda su due autonome rationes decidendi , ciascuna delle quali idonea a sorreggere, di per sé, la decisione adottata dal TSAP di rigetto dell ‘ appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE
La prima ratio decidendi si fonda sull ‘ affermazione relativa alla mancata sdemanializzazione tacita dei terreni occupati e utilizzati dalla società ricorrente per effetto di fenomeni accaduti ben prima del 1994 e ciò ‘in ragione del decreto adottato dalla prefettura di Bergamo ai sensi del R.D. dell ‘ 1.12.1895 dell ‘ 8 luglio
1998′ . Ratio , questa, che trova ulteriore chiarimento nell ‘ argomentazione adottata dal TSAP in chiusura dell ‘ esame del secondo motivo di gravame, là dove -richiamando quanto ‘già detto a proposito del primo motivo’ -precisa che ‘la volontà di demanializzazione non c ‘ è mai stata, essendosi anzi manifestato un intento diametralmente opposto con il già ricordato decreto prefettizio 1998’ .
La seconda ratio decidendi è incentrata sul rilievo che la RAGIONE_SOCIALE non ha proposto, in sede giudiziale, alcuna domanda di acquisto dei terreni oggetto di contenzioso per alluvione ai sensi dell ‘ art. 941 c.c., essendosi limitata a richiedere al RAGIONE_SOCIALE ‘l’esatta linea di delimitazione tra i fondi’ privati e quelli del demanio lacustre occupati e utilizzati .
3.2. -I motivi non colgono le anzidette rationes decidendi , che, pertanto, non risultano idoneamente impugnate.
3.2.1. -Le censure veicolate con il primo motivo insistono sulla irretroattività della modifica normativa recata dalla legge n. 34/1994 all ‘ art. 947 c.c., con l ‘ introduzione del divieto di ‘sdemanializzazione tacita dei beni del demanio idrico’ e, tuttavia, mancano di aggredire l ‘ argomentazione -decisiva nell ‘ economia della decisione -secondo cui il decreto prefettizio del 1998 avrebbe manifestato un intento della P.A. ‘diametralmente opposto’ alla ‘volontà sdemanializzare’.
Argomentazione che si salda coerentemente con il principio -enunciato in più di un ‘ occasione da questa Corte e, segnatamente, anche in controversia in parte analoga alla presente, promossa dalla stessa società odierna ricorrente, allora nella forma di RAGIONE_SOCIALE. (Cass., S.U. n. 12062/2014; analogamente si vedano: Cass., S.U., n. 11101/2002; Cass. n. 3742/2007; Cass. n. 14269/2023) –
secondo cui nel regime anteriore a quello introdotto all ‘ art. 4 della legge 5 gennaio 1994, n. 37 (che, nel sostituire il testo dell ‘ art. 947 cod. civ., ha espressamente escluso, per il futuro, tale eventualità), la sdemanializzazione tacita dei beni del demanio idrico non può desumersi dalla sola circostanza che un bene non sia più adibito anche da lungo tempo ad uso pubblico, ma è ravvisabile solo in presenza di atti e fatti che evidenzino in maniera inequivocabile la volontà della RAGIONE_SOCIALE. di sottrarre il bene medesimo a detta destinazione e di rinunciare definitivamente al suo ripristino, non potendo desumersi una volontà di rinunzia univoca e concludente da una situazione negativa di mera inerzia o tolleranza.
3.2.2. -La doglianza proposta con il secondo motivo è anch ‘ essa -prima ancora che infondata -inammissibile per mancata impugnazione dell ‘ ulteriore ratio decidendi che sorregge la pronuncia del TSAP.
La RAGIONE_SOCIALE insiste nel rappresentare che il TSAP non avrebbe esaminato l ‘ istanza da essa presentata al Magistrato del Po nel 1996 al fine di vedersi riconoscere la proprietà dei terreni, oggetto della presente controversia, ai sensi dell ‘ art. 941 c.c. e, tuttavia, la decisione impugnata non solo ha esaminato il fatto della presentazione di detta istanza, ma lo ha ritenuto irrilevante, giacché la domanda giudiziale proposta dalla società non verteva affatto sull ‘ accertamento dell ‘ avvenuto acquisto di detti terreni, bensì sul diverso petitum (sorretto da una congruente causa petendi , non concernente il titolo proprietario) relativo all ‘ accertamento di uno stato di fatto del territorio (terreni privati e terreni del demanio lacustre) diverso da quello oggetto del precedente assetto, per essere ‘la linea di delimitazione della zona demaniale rispetto a quella privata non corrisponde, ormai da tempo, alla reale altezza dell ‘ alveo così come stabilita dal D.M. n. 13614 del 29 gennaio 1929’.
La ricorrente, dunque, non ha affatto criticato tale ragione giustificativa; ciò che avrebbe dovuto fare evidenziando, nel rispetto delle disposizioni di rito (art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6, c.p.c.), che l ‘ atto introduttivo del giudizio presentava un contenuto pertinente allo svolgimento di una pretesa proprietaria riconducibile al paradigma dell ‘ art. 941 c.c.
3.2.3. -Il motivo è, in ogni caso, infondato.
Il vigente (e applicabile ratione temporis ) art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. introduce nell ‘ ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all ‘ omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (Cass. S.U., n. 8053/2014).
Nella specie, come già evidenziato, il TSAP ha esaminato il fatto storico della presentazione, da parte della società odierna ricorrente, di un ‘ istanza all ‘ ufficio di Cremona del Magistrato del Po, in data 7 novembre 1996, ‘con la quale era stato chiesto il riconoscimento della proprietà per intervenuta cessione dei terreni di nuova formazione’ , ma ha dato a tale fatto storico una rilevanza diversa da quella pretesa dalla RAGIONE_SOCIALE
Dunque, nessuna omissione denunciabile ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. è dato ravvisare nella sentenza impugnata quanto all ‘ esame del fatto storico dedotto dalla ricorrente.
-Il ricorso va, dunque, rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida in euro 4.000,00, per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni