Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 32670 Anno 2024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 32670 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
composta dai signori magistrati:
dott. NOME COGNOME
Presidente relatore
dott. NOME COGNOME
Consigliera
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliera
dott. NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 29884 del ruolo generale dell’anno 2019, proposto da
COGNOME NOME (C.F.: CLC GNM 61B08 H501K)
rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOMEC.F.: CFF VCN 62C20 H501D) e NOME COGNOMEC.F.: TARGA_VEICOLO
-ricorrente-
nei confronti di
COGNOME NOME (C.F.: TARGA_VEICOLO
rappresentata e difesa dall’avvocat o NOME COGNOMEC.F.: TARGA_VEICOLO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di Roma n. 4348/2019, pubblicata in data 26 giugno 2019 (e notificata in data 4 luglio 2019);
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 12 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
NOME COGNOME ha ottenuto un decreto ingiuntivo per l’importo di € 46.000,00 nei confronti di NOME COGNOME sulla base di una scrittura privata con la quale quest’ultimo, in occasione
Oggetto:
RENDITA VITALIZIA PROMESSA DI PAGAMENTO
Ad. 12/11/2024 C.C.
R.G. n. 29884/2019
Rep.
della loro separazione personale, si era impegnato a corrisponderle annualmente la somma di € 4.600,00 .
L’opposizione del COGNOME è stata rigettata dal Tribunale di Velletri.
La Corte d’a ppello di Roma ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorre il COGNOME, sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso la COGNOME.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo del ricorso si denunzia « Art. 360 comma 1° nr. 3 c.p.c. – Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 115, 194, 198 comma 2°, 216, 217, 218 c.p.c. e 2697 c.c. – Nullità della c.t.u. – Mancata verificazione della autenticità della sottoscrizione della scrittura privata del 30/11/2003 – Mancanza assoluta della prova del credito ». Con il motivo di ricorso in esame vengono formulate tre distinte
censure, tutte infondate.
Il ricorrente sostiene:
che avrebbe dovuto essere ritenuta inammissibile l’istanza di verificazione dell’autenticità della sottoscrizione della scrittura privata fatta valere in giudizio nei suoi confronti e da lui disconosciuta, in mancanza di produzione dell’originale della stessa, con conseguente violazione degli artt. 216 e 271 c.p.c.; b) che, comunque, avrebbe dovuto ritenersi nulla la consulenza tecnica di ufficio, in quanto effettuata su un documento non prodotto regolarmente in giudizio, né acquisito con il consenso di tutte le parti e, per giunta, diverso dalla scrittura in
verificazione, con conseguente violazione degli artt. 194, 198, comma 2, e 218 c.p.c.;
c) che, di conseguenza, sarebbero stati violati anche gli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c., essendo stata ritenuta valida ed efficace la dichiarazione negoziale contenuta nella scrittura privata l’autenticità della cui sottoscrizione non poteva ritenersi legittimamente accertata.
1.1 La prima delle censure sopra indicate (quella sub a) è infondata.
Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, che il ricorso non offre argomenti idonei ad indurre a rimeditare, qualora sia fatta valere in giudizio una scrittura privata e sia prodotta la copia fotostatica della stessa, anche se la conformità di tale copia all’originale del documento non sia disconosciuta, la parte contro cui la scrittura è prodotta può comunque disconoscere la propria sottoscrizione in calce alla stessa e, in tal caso, quella che l’ha prodotta ne può chiedere la verificazione, richie sta che è senz’altro ammissibile, mentre l’eventuale mancata acquisizione al giudizio dell’originale del documento prodotto in copia fotostatica incide solo sul possibile concreto esito di tale verificazione (in particolare, mediante perizia grafologica da espletarsi sull’originale del documento) , restando comunque possibile la dimostrazione dell’autenticità della sottoscrizione stessa con ogni mezzo di prova, anche mediante presunzioni (in tal senso, cfr., tra le altre: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 5189 del 11/04/2002, Rv. 553653 -01; Sez. 3, Sentenza n. 4476 del 25/02/2009, Rv. 606996 -01; Sez. 6 – 1, Sentenza n. 13425 del 13/06/2014, Rv. 631388 -01; Sez. 1, Sentenza n. 16551 del 06/08/2015, Rv. 636339 -01; Sez. 2, Ordinanza n. 4053 del 20/02/2018, Rv. 647808 -01).
Di conseguenza, è certamente infondato l’assunto di parte ricorrente, secondo il quale avrebbe dovuto ritenersi di per sé inammissibile l’istanza di verificazione dell’autenticità della
sottoscrizione da lui disconosciuta: sia perché tale istanza come appena chiarito, è da ritenere, in generale, comunque ammissibile, anche in mancanza dell’originale del documento prodotto in copia fotostatica, quanto meno una volta accertata (come avvenuto nella specie) la conformità della copia all’originale; sia perché, in realtà, nella specie, la scrittura privata fatta valere in giudizio, in uno dei suoi originali, è stata regolarmente acquisita agli atti, come meglio sarà chiarito in prosieguo e, di c onseguenza, è stato possibile l’esame grafologico dell’autenticità della sottoscrizione della parte che l’aveva sottoscritta e contro la quale è stata fatta valere nel presente giudizio.
1.2 Anche la seconda censura (indicata sub b ) è infondata.
1.2.1 La scrittura privata posta a base della domanda proposta dalla COGNOME e fatta valere contro il COGNOME risulta pacificamente redatta in tre originali (se ne dà atto nel contenuto della stessa) ed essa, altrettanto pacificamente, risulta essere stata oggetto di registrazione presso l’Agenzia delle Entrate , ufficio che, di conseguenza, è rimasto depositario del l’originale (o, almeno, di uno degli originali) di tale scrittura.
L’opposta COGNOME ha prodotto in giudizio una copia fotostatica della scrittura registrata, copia che, per quanto emerge dalla sentenza impugnata, le sarebbe stata rilasciata dalla stessa depositaria Agenzia delle Entrate e la cui conformità all’originale , comunque, non è stata oggetto di disconoscimento (o, quanto meno, di un disconoscimento sufficientemente specifico), come rilevato dalla corte d’appello (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata), onde tale conformità deve ritenersi fuori discussione.
Avendo, però, il COGNOME disconosciuto la propria sottoscrizione in calce a tale scrittura, ed essendone stata chiesta la verificazione, è stata disposta una consulenza tecnica di ufficio per accertarne l’autenticità.
Poiché la scrittura registrata risultava depositata in originale presso l’Agenzia delle Entrate, il giudice istruttore ha disposto
che tale originale fosse acquisito e l’accertamento grafologico avvenisse su di esso, e ciò pur avendo lo stesso consulente tecnico fatto presente (come riferisce il ricorrente a pag. 6 del ricorso) che « la scrittura privata, recante la firma in verifica, è stata redatta in tre originali e che l ‘ esemplare rinvenuto nel corso dell ‘ accesso effettuato in data 20.12.2016 presso l ‘ Agenzia delle Entrate di Frascati è altro rispetto a quello contenuto in atti in fotocopia e recante la firma disconosciuta ». Con tale affermazione, il consulente parrebbe avere inteso semplicemente segnalare che la copia fotostatica prodotta in giudizio dall’attrice era la riproduzione di un altro dei tre originali: in ogni caso, la questione non ha decisivo rilievo, dal momento che, come già chiarito, la conformità all’originale della scrittura prodotta in copia fotostatica non può ritenersi in discussione, essendo oggetto di contestazione esclusivamente l’autenticità della relativa sottoscrizione.
Il consulente ha, poi, accertato che la sottoscrizione esistente in calce alla scrittura privata registrata e depositata in originale presso l’Agenzia delle Entrate era autentica, cioè che essa era autografa del COGNOME.
1.2.2 Tanto premesso, in primo luogo, deve ribadirsi che, poiché la conformità all’originale della copia fotostatica della scrittura prodotta dalla COGNOME non è in discussione, altrettanto fuori discussione deve ritenersi l’ammissibilità dell’istanza di verificazione della sottoscrizione disconosciuta dal COGNOME per le ragioni già esposte in precedenza.
È opportuno sottolineare, in proposito, che non potrebbe attribuirsi alcun rilievo all’eventuale non coincidenza materiale tra l’originale della scrittura riprodotto nella copia fotostatica prodotta in giudizio dalla COGNOME e quello acquisito dal consulente presso l’Agenzia delle Entrate: esistendo tre originali della scrittura, che devono ritenersi del tutto equivalenti tra loro sotto il profilo dell’effica cia negoziale, qualunque fosse quello da cui era
stata tratta la copia fotostatica prodotta in giudizio, resta accertata la sostanziale conformità di tale copia non solo all’originale di cui essa costituiva la riproduzione fotografica ma, in quanto tra loro equivalenti, anche a tutti gli altri originali, quanto meno sul piano dell’efficacia negoziale .
D’altra parte, dovendo l’accertamento grafologico dell’autenticità della sottoscrizione necessariamente avvenire su un originale della scrittura (non ha importanza, come già ampiamente chiarito, su quale dei tre originali, avendo essi pari efficacia sul piano negoziale) ed essendo, certamente, almeno uno degli originali rimasto depositato presso l’Agenzia delle Entrate, in seguito alla registrazione della scrittura stessa (come risulta sostanzialmente pacifico e, comunque, accertato in fatto dalla corte d’a ppello), non può dubitarsi in alcun modo della legittimità dell’autorizzazione conferita al consulente dal giudice istruttore ad effettuare il suo accertamento grafologico sul predetto originale.
L ‘acquisizione di informazioni (e, quindi, anche di documenti) in possesso di enti pubblici e, in generale, di terzi estranei al giudizio, quanto meno per il consulente tecnico, ai fini dell’espletamento della sua attività, deve ritenersi senz’altro consentita, sulla base delle disposizioni di cui agli artt. 194 e 213 c.p.c..
Il combinato disposto di tali norme, unitamente a quelle desumibili dall’art. 218 c.p.c. (benché tale ultima disposizione si riferisca, in realtà, alle scritture di comparazione), a giudizio di questa Corte, impone di ritenere consentita l’acquisizione dell’originale della scrittura prodotta in copia fotostatica , di cui sia stata accertata in qualunque modo la conformità all’originale, ovvero il suo esame diretto presso il luogo in cui si trova, laddove l’ originale sia custodito presso un depositario pubblico o privato.
1.2.3 Nel caso di specie, è avvenuto esattamente quanto appena esposto, onde va esclusa la sussistenza delle nullità processuali dedotte dal ricorrente, sulla base dei seguenti principi di diritto:
« nel caso in cui sia fatta valere in giudizio una scrittura privata oggetto di registrazione, il cui originale si trovi depositato presso l’Agenzia delle Entrate e di cui sia prodotta la copia fotostatica (la cui conformità all’originale non risulti contest ata ovvero sia comunque accertata), laddove sia necessario verificare l’autenticità della sottoscrizione di detta scrittura di una delle parti, il giudice può autorizzare il consulente tecnico di ufficio nominato a tal fine ad effettuare l’accertamento di rettamente sull’originale depositato presso l’Agenzia delle Entrate, acquisendolo ovvero effettuando i suoi accertamenti presso il luogo di deposito »;
« nel caso in cui una scrittura privata sia redatta in più originali e sia poi oggetto di registrazione, anche se la copia fotostatica prodotta in giudizio (la cui conformità all’originale da cui è tratta non risulti contestata ovvero sia comunque accertata) non sia la riproduzione fotografica de ll’originale depositato presso l’Agenzia delle Entrate ai fini della registrazione, ma di altro dei plurimi originali, ciò non determina né l’inammissibilità dell’istanza di verificazione della sottoscrizione disconosciuta, né la nullità dell’accertamento operato dal consulente tecnico sull’originale depositato presso l’Agenzia delle Entrate , dal momento che ciascuno degli originali della scrittura privata deve ritenersi del tutto equivalente (quanto meno in mancanza di specifiche eccezioni sulla non conformità di essi), sotto il profilo dell’efficacia negoziale e, dunque, l’accertamento della conformità della copia fotostatica prodotta all’originale d i cui essa costituisce la riproduzione fotografica è sufficiente al fine di ritenere possibile la verificazione della autenticità della
sottoscrizione, disconosciuta ai sensi degli artt. 214 e 215 c.p.c., anche su uno qualunque degli altri originali ».
1.3 L’infondatezza delle prime due censure ( indicate sub a e b ) determina, altresì, l’infondatezza anche dell’ultima (quella indicata sub c ), in quanto la scrittura privata fatta valere dalla COGNOME, essendo stata regolarmente accertata l’autenticità della sottoscrizione di essa da parte del COGNOME, è certamente da ritenersi valida, efficace e vincolante per le parti, ai fini del presente giudizio.
Con il secondo motivo si denunzia « Art. 360 comma 1° nr. 3 c.p.c. – Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 1350 comma 1 nr. 10 c.c., 1322, 1323, 1362, 1363, 1872 e 1988 c.c. -Errata qualificazione della scrittura privata del 30/11/2003 come promessa unilaterale di pagamento -Rendita vitalizia -Nullità -Sussiste ».
Il motivo è infondato.
2.1 Secondo il ricorrente COGNOME, la scrittura privata fatta valere dalla COGNOME nei suoi confronti andrebbe qualificata come contratto di costituzione di rendita vitalizia, e tale contratto sarebbe nullo per difetto di forma, ai sensi dell’art. 1872, comma 2, c.c., essendo a suo dire necessaria la forma pubblica, trattandosi, nella sostanza, di un atto di donazione.
La corte d’appello, al contrario, ha escluso che la scrittura privata in questione potesse qualificarsi come contratto di costituzione di rendita vitalizia; l’ha, invece, qualificata come « promessa di pagamento titolata (con indicazione del rapporto fondamentale costituito dai pregressi rapporti patrimoniali tra i coniugi) ».
Il ricorrente contesta tale statuizione, sostenendo che, dallo stesso inequivocabile contenuto letterale della scrittura, emerge che essa regolava rapporti diversi da quelli derivanti dal matrimonio.
2.2 Non vi è dubbio che la scrittura in questione venne redatta in occasione della separazione personale dei coniugi COGNOME e COGNOME per regolare rapporti patrimoniali tra di essi sorti nel corso del matrimonio.
In essa, è, infatti, contenuta la seguente espressa dichiarazione:
«… nel corso del loro matrimonio sono intercorsi rapporti patrimoniali complessi non riconducibili ai normali doveri di collaborazione nella conduzione della vita familiare previsti dai principi generali del diritto. Le Parti intendono regolare tali specifici rapporti patrimoniali distintamente ed autonomamente dalle decisioni prese nell ‘ eventuale pronuncia di divorzio ».
Tanto premesso, può senz’altro condividersi l’assunto del COGNOME, secondo il quale non potrebbero ritenersi oggetto della stipulazione rapporti patrimoniali derivanti direttamente dal matrimonio, avendo le parti fatto espresso riferimento a rapporti derivanti da altra fonte, sorti semplicemente nel corso del matrimonio.
La questione, peraltro, non ha rilievo ai fini de ll’esito della controversia, onde la motivazione della sentenza impugnata va semplicemente corretta con riguardo a tale specifico punto, fermo il dispositivo finale.
L’esatto titolo giuridico dei rapporti patrimoniali oggetto della regolamentazione voluta dalle parti non è, infatti, decisivo ai fini della qualificazione della dichiarazione negoziale del COGNOME in termini di contratto di costituzione di rendita vitalizia ovvero di promessa di pagamento e, tanto meno, ai fini della validità di essa, sotto il profilo del rispetto dei requisiti di forma.
2.3 In effetti, l’esito della presente controversia non muterebbe, anche a qualificare la scrittura privata fatta valere in giudizio dalla COGNOME come un accordo negoziale che costituisce in suo favore una rendita vitalizia, come tale soggetto alle disposizioni di cui agli artt. 1872 e ss. c.c., e ciò per quanto esso
non possa ritenersi, in realtà, rientrare a pieno titolo nel relativo tipo negoziale codicistico, in quanto l’impegno al pagamento di una somma annuale da parte del COGNOME non trova causa né nell’alienazione di un bene immobile né nella cessione di un capitale (e, tanto meno, in un atto di liberalità, come meglio si vedrà).
Anche a voler qualificare l’impegno assunto dal COGNOME sulla base del suo oggetto, quale atto di costituzione di una rendita vitalizia, e a volerlo, quindi, ritenere soggetto (quanto meno per analogia) alle norme che regolano il tipo contrattuale codicistico del contratto di costituzione di rendita vitalizia, deve certamente escludersi che si tratti di un contratto riconducibile alla donazione e, quindi, che esso sia soggetto, ai sensi dell’art. 1872 c.c., comma 2, c.c., ai corrispondenti vincoli di forma.
Nel caso di specie, per quello che emerge inequivocabilmente dalla stessa scrittura privata -e che risulta correttamente colto dalla corte territoriale, la quale, per tale ragione, ha ritenuto sussistere una promessa di pagamento ed ha, pertanto, escluso la necessità della forma pubblica -il riconoscimento della rendita in favore della COGNOME non è frutto di un atto di liberalità operato dal COGNOME in favore di quest’ultima , ma è espressamente considerato una attribuzione patrimoniale destinata a regolare pregressi rapporti patrimoniali insorti tra le parti (rapporti espressamente richiamati, per quanto non descritti nel dettaglio, nella scrittura, salva la precisazione che essi non derivavano direttamente dal rapporto matrimoniale).
Tali rapporti -deve, quindi, ritenersi -avevano dato luogo ad una pretesa della COGNOME che, con la costituzione della rendita in suo favore, il COGNOME ha inteso in qualche modo regolare o estinguere.
In tale ottica, dunque, va intesa la qualificazione in termini di promessa di pagamento data all’atto negoziale dalla corte d’appello.
Del resto, la qualificazione della dichiarazione in questione in termini di promessa di pagamento non esclude che l’oggetto dell’atto negoziale di cui si controverte sia , come afferma la parte ricorrente, la costituzione di una rendita vitalizia, ben potendo, nell’esplicazione della libertà negoziale delle parti (che consente anche di stipulare atti non rientranti nei tipi negoziali codicistici), essere costituita una rendita vitalizia al fine di estinguere una pregressa obbligazione.
2.4 Quanto sin qui osservato ha, in ogni caso, rilievo esclusivamente su di un piano qualificatorio ed astratto.
Ciò che ha realmente rilievo, ai fini della valutazione della fondatezza dell’eccezione di nullità della scrittura in questione sollevata dal COGNOME e, quindi, ai fini dell’esito della presente controversia, è la possibilità di qualificare o meno la dichiarazione negoziale da lui sottoscritta in termini di atto di liberalità o donazione.
Con riguardo a tale questione, anche a prescindere dalla esatta qualificazione della scrittura, non vi è alcun dubbio che il suo stesso contenuto sia tale da escludere in radice che la sua causa possa essere riconducibile ad un atto di liberalità, come sarebbe necessario onde poter affermare la necessità della forma pubblica per la sua stipulazione.
Con la scrittura privata in contestazione, le parti hanno inteso regolare pregressi rapporti patrimoniali esistenti tra di loro, mediante il pagamento di un determinato importo annuale da parte del COGNOME in favore della COGNOME; non vi è alcun elemento che possa indurre a individuare una causa di liberalità alla base dell’attribuzione pat rimoniale operata dal COGNOME in favore della COGNOME.
Pertanto, anche se le parti hanno ritenuto di regolare i loro pregressi rapporti patrimoniali mediante la costituzione di una rendita vitalizia, certamente va escluso che tale rendita sia stata prevista a titolo gratuito e, a più forte ragione, che sia
configurabile alla sua base una causa di liberalità (è, comunque, appena il caso di osservare che, in realtà, anche se si trattasse di costituzione di rendita a titolo gratuito, mancando certamente l’ animus donandi , non sarebbe comunque stato necessario l’atto pubblico e la scrittura privata sarebbe da ritenersi in ogni caso valida , sotto il profilo formale, perché l’atto pubblico è necessario solo in caso di rendita costituita per donazione, cioè se sussiste la causa di liberalità).
2.5 Quanto sin qui esposto è senz’altro sufficiente (anche con la segnalata correzione o integrazione della motivazione della sentenza impugnata, in ordine alla qualificazione del rapporto negoziale) ad escludere la dedotta nullità della scrittura privata fatta valere dalla COGNOME, per difetto di forma pubblica, ai sensi dell’art. 1872, comma 2, c.c..
2.6 Va, infine, fatto cenno alla circostanza che il COGNOME ha, per la prima volta con la memoria depositata in vista dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c., dedotto una pretesa nullità della scrittura privata di cui si discute, in quanto destinata a regolare rapporti di carattere patrimoniale derivanti dal matrimonio al di fuori del giudizio di separazione e di scioglimento del matrimonio stesso.
Si tratta, in primo luogo, di una questione nuova, che richiederebbe nuovi accertamenti di fatto, non ammissibili nella presente sede e, come tale, non potrebbe in nessun caso essere presa in esame, per quanto configurante la deduzione di una pretesa nullità, vizio sempre rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del processo (per l’impossibilità del rilievo della nullità in sede di legittimità nel caso in cui i relativi presupposti di fatto non siano stati già acquisiti al giudizio di merito nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie, cfr.: Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 20438 del 29/07/2019, Rv. 654889 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 4175 del 19/02/2020, Rv. 657007 -01; Sez. 3,
Ordinanza n. 20713 del 17/07/2023, Rv. 668476 -02; Sez. 3, Ordinanza n. 4867 del 23/02/2024, Rv. 670332 -01).
D’altra parte, la prospettazione alla base di tale eccezione è del tutto incompatibile con le difese svolte dallo stesso ricorrente COGNOME con il suo ricorso, avendo quest ‘ultimo , in realtà, sostenuto che emergeva in modo inequivocabile dallo stesso tenore letterale della scrittura fatta valere nei suoi confronti che i rapporti patrimoniali con essa regolati fossero del tutto estranei alle obbligazioni derivanti dal matrimonio.
E tale assunto è, in verità, come già esposto, certamente condivisibile, tanto che sul punto è stata ritenuta necessaria una correzione della motivazione della decisione impugnata.
Ne consegue che l’eccezione (pure inammissibilmente sollevata solo con la memoria finale, quindi tardivamente) sarebbe in ogni caso da ritenere infondata.
Con il terzo motivo si denunzia « Art. 360 comma 1° nr. 3 c.p.c. -Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 1872, 2935, 2946 e 2948 c.c. -Errata identificazione del termine di decorrenza della prescrizione -Prescrizione del diritto di credito -Sussiste ».
Il motivo è fondato.
Indipendentemente dalla qualificazione dell’atto negoziale controverso come atto di costituzione di una rendita vitalizia, è stata correttamente esclusa dalla corte d’appello la fondatezza dell’eccezione di prescrizione decennale del diritto alla rendita stessa: l’ultimo regolare pagamento semestrale da parte del COGNOME, per quanto emerge pacificamente dagli atti, era stato quello del 31 dicembre 2004; di conseguenza, la prima successiva scadenza utile per esercitare il diritto era quella del 30 giugno 200 5; pertanto, la costituzione in mora dell’aprile 2015 deve ritenersi comunque tempestiva, ai fini dell’interruzione della dedotta prescrizione decennale.
D’altronde, essendo stata proposta l’eccezione di prescrizione, deve comunque verificarsi la sussistenza della stessa con riguardo ai singoli ratei della rendita.
Poiché il pagamento doveva avvenire a scadenza semestrale, il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno (e fermo restando che, anche se il pagamento fosse da ritenersi a cadenza annuale, la durata della prescrizione sarebbe la medesima), la prescrizione era effettivamente quinquennale, ai sensi dell’art. 2948, n. 4, c.c..
Deve, conseguentemente, ritenersi maturata la prescrizione, al momento dell’atto di costituzione in mora del 9 aprile 2015, in mancanza di ulteriori atti di interruzione, in relazione a tutti i ratei con scadenza anteriore di almeno cinque anni rispetto a tale data.
La decisione impugnata va, quindi, cassata in relazione alla sola statuizione di rigetto integrale dell’eccezione di prescrizione, affinché, in sede di rinvio, tale eccezione sia nuovamente valutata, sulla base dell’applicazione dei principi di diritto app ena esposti.
Il primo ed il secondo motivo del ricorso sono rigettati; è accolto il terzo e la sentenza impugnata è cassata in relazione al solo motivo accolto, con rinvio alla Corte d’a ppello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Per questi motivi
La Corte:
-rigetta i primi due motivi del ricorso, accoglie il terzo, per quanto di ragione, e cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 12 novembre 2024.
Ric. n. 29884/2019 – Sez. 3 – Ad. 12 novembre 2024 – Ordinanza – Pagina 14 di 15
Il Presidente estensore NOME COGNOME