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Scrittura privata compravendita: vale come vendita?

Una sentenza della Corte d’Appello analizza il valore di una scrittura privata di compravendita immobiliare in una disputa familiare. La Corte ha stabilito che, se il testo manifesta la volontà di trasferire immediatamente il bene, il contratto è definitivo e non preliminare. Di conseguenza, l’azione per l’accertamento dell’autenticità delle firme è imprescrittibile. La Corte ha rigettato l’appello della venditrice, che sosteneva la natura preliminare dell’atto e la simulazione, confermando il trasferimento di proprietà al compratore.

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Scrittura Privata di Compravendita: Trasferimento Immediato o solo Promessa?

Quando si acquista o si vende un immobile, la forma del contratto è fondamentale. Spesso le parti firmano una scrittura privata di compravendita, ma cosa significa esattamente? Questo atto trasferisce subito la proprietà o è solo una promessa di vendita futura? Una recente sentenza della Corte d’Appello di Roma ha fatto chiarezza su questo punto cruciale, analizzando una complessa vicenda familiare e stabilendo principi importanti sulla distinzione tra contratto definitivo e preliminare, sulla simulazione e sulla prescrizione.

I Fatti di Causa: una Scrittura Privata tra Fratello e Sorella

La controversia nasce da una scrittura privata del 2001, con la quale una sorella vendeva al fratello (un avvocato) un compendio immobiliare a Roma. Il prezzo era stato in parte già versato e in parte doveva essere saldato tramite l’accollo, da parte dell’acquirente, del residuo mutuo fondiario.

L’accordo prevedeva anche la successiva stipula di un atto notarile (rogito) entro una certa data. Tuttavia, la venditrice non ha mai adempiuto a tale obbligo. Anni dopo, il fratello si è rivolto al Tribunale per ottenere l’accertamento dell’autenticità delle firme sulla scrittura privata e, di conseguenza, il riconoscimento della sua titolarità sugli immobili.

La Decisione del Tribunale e i Motivi dell’Appello

In primo grado, il Tribunale di Roma ha dato ragione all’acquirente. Ha qualificato la scrittura privata come un contratto di compravendita definitivo e, accertata l’autenticità delle sottoscrizioni, ha dichiarato l’avvenuto trasferimento della proprietà.

La sorella ha impugnato la sentenza davanti alla Corte d’Appello, sostenendo tre motivi principali:
1. Erronea qualificazione del contratto: A suo dire, la scrittura era un mero contratto preliminare, non una vendita definitiva. Di conseguenza, l’azione del fratello per ottenere il trasferimento (ex art. 2932 c.c.) sarebbe stata prescritta, essendo trascorsi più di dieci anni.
2. Natura simulata dell’operazione: La venditrice ha sostenuto che le parti non avevano mai voluto realmente trasferire la proprietà. Ha richiamato precedenti dichiarazioni confessorie del fratello, rese in un altro giudizio, che avrebbero provato l’esistenza di un accordo diverso e dissimulato.
3. Mancato pagamento e possesso: Ha contestato che il fratello avesse mai pagato integralmente il prezzo (in particolare le rate di mutuo) e che fosse mai entrato in possesso dell’immobile.

L’Analisi della Corte d’Appello sulla Scrittura Privata Compravendita

La Corte d’Appello ha rigettato l’impugnazione, confermando integralmente la sentenza di primo grado. L’analisi dei giudici offre spunti fondamentali per comprendere il valore di una scrittura privata di compravendita.

Distinzione tra Contratto Definitivo e Preliminare

Il punto centrale della decisione è la qualificazione del contratto. La Corte ha stabilito che per distinguere tra un contratto definitivo e uno preliminare, bisogna guardare alla volontà effettiva delle parti come espressa nel testo.

Nel caso specifico, l’uso di espressioni come “la Sig.ra […] vende all’Avv. […] che acquista per sé” e la qualificazione delle parti come “parte venditrice” e “parte acquirente” indicavano chiaramente una volontà di trasferire immediatamente la proprietà. La previsione di un successivo rogito notarile non cambia la natura del contratto. Secondo la Corte, tale atto successivo non era finalizzato a manifestare un nuovo consenso, ma solo a formalizzare l’accordo già perfetto in una forma (l’atto pubblico) necessaria per la trascrizione nei registri immobiliari e per renderlo opponibile a terzi.

Di conseguenza, l’azione promossa dal fratello non era un’azione per l’esecuzione di un preliminare (soggetta a prescrizione decennale), ma un’azione di mero accertamento dell’autenticità delle firme su un contratto di vendita già concluso, la quale è imprescrittibile.

L’Accusa di Simulazione e l’Onere della Prova

Anche l’argomento della simulazione è stato respinto. La Corte ha ricordato che, per provare la simulazione di un contratto che richiede la forma scritta (come una compravendita immobiliare), non è sufficiente una confessione. È necessaria una prova scritta, la cosiddetta “controdichiarazione”, ovvero un documento in cui le parti attestano la loro reale volontà.

Le dichiarazioni confessorie del fratello, rese in un altro processo, non potevano supplire alla mancanza di tale controdichiarazione scritta. Pertanto, in assenza di prove adeguate, l’ipotesi della simulazione è stata scartata.

le motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione basandosi sull’interpretazione del contratto secondo il tenore letterale delle espressioni usate (art. 1362 c.c.), che non lasciavano dubbi sulla volontà delle parti di concludere una vendita definitiva. La clausola relativa al futuro rogito è stata interpretata come un impegno a ripetere il contratto in forma pubblica per fini di trascrizione, una pratica comune e perfettamente compatibile con l’effetto traslativo immediato della scrittura privata. Inoltre, la Corte ha valorizzato le prove prodotte dall’acquirente, come gli assegni e i bonifici, che dimostravano l’avvenuto pagamento di parte del prezzo tramite l’accollo del mutuo, confermando ulteriormente la serietà e l’effettività dell’impegno contrattuale. La reiezione dell’eccezione di prescrizione è una diretta conseguenza logica della qualificazione del contratto come definitivo e dell’azione come di mero accertamento.

le conclusioni
In conclusione, la sentenza conferma un principio di fondamentale importanza pratica: una scrittura privata che esprima in modo inequivocabile la volontà di trasferire un bene immobile costituisce un contratto di compravendita definitivo e non un semplice preliminare. L’impegno a stipulare un successivo atto notarile serve solo a rendere l’acquisto opponibile ai terzi, ma non a perfezionare il trasferimento, che è già avvenuto tra le parti. Per chi intende contestare la validità di un simile atto sulla base della simulazione, è indispensabile fornire una prova scritta (controdichiarazione), non essendo sufficienti altri elementi come la confessione. Questa decisione rafforza la certezza dei rapporti giuridici e chiarisce gli strumenti di tutela a disposizione delle parti in una compravendita immobiliare.

Una scrittura privata di compravendita ha effetto immediato di trasferimento della proprietà?
Sì. Secondo la sentenza, se dal testo del documento emerge una chiara e inequivocabile volontà delle parti di trasferire il bene (usando termini come ‘vende’ e ‘acquista’), il contratto è da considerarsi definitivo e produce l’immediato effetto traslativo della proprietà tra le parti, anche se è prevista la futura stipula di un rogito notarile.

L’azione per far accertare l’autenticità delle firme su una scrittura privata di compravendita si prescrive?
No. La Corte ha chiarito che, quando la scrittura privata costituisce un contratto definitivo, l’azione legale non è finalizzata a ottenere l’esecuzione di un obbligo (come nel caso del preliminare), ma è un’azione di mero accertamento dell’autenticità delle sottoscrizioni. In quanto tale, questa azione è imprescrittibile.

Come si può provare che un contratto di compravendita immobiliare è simulato?
Per provare che una compravendita immobiliare è simulata, non è sufficiente la confessione di una delle parti. La legge richiede una prova scritta, nota come ‘controdichiarazione’, ossia un documento firmato dalle parti in cui si attesta che il contratto apparente non corrisponde alla loro reale volontà.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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