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Sconti tariffari sanità: no alla retroattività

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 16585/2024, ha stabilito un importante principio in materia di sconti tariffari sanità. Il caso riguardava la pretesa di un’Azienda Sanitaria di applicare retroattivamente sconti a prestazioni fornite da un laboratorio di analisi negli anni 2011 e 2012. La Corte ha accolto il ricorso del laboratorio, affermando che gli sconti, previsti da una legge per il triennio 2007-2009, non possono essere estesi a periodi successivi, tutelando così la stabilità dei rapporti contrattuali e l’affidamento delle strutture private accreditate.

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Sconti tariffari sanità: la Cassazione blocca la retroattività

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 16585 del 13 giugno 2024 affronta un tema cruciale per le strutture sanitarie private che operano in regime di accreditamento: la possibilità per la Pubblica Amministrazione di modificare retroattivamente i corrispettivi pattuiti. La decisione riafferma il principio di stabilità dei contratti e pone un freno al potere unilaterale dell’ente pubblico, offrendo maggiore certezza giuridica agli operatori del settore. La questione centrale riguarda gli sconti tariffari sanità e la loro applicabilità a prestazioni già eseguite.

I Fatti di Causa

Una struttura sanitaria privata, un laboratorio di analisi cliniche, aveva stipulato con l’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP) contratti per l’erogazione di prestazioni sanitarie per gli anni 2011 e 2012. Successivamente, la struttura aveva ceduto i propri crediti a una società di factoring.

Nel 2014, l’ASP richiedeva al laboratorio la restituzione di ingenti somme, sostenendo di aver pagato in eccesso per le prestazioni rese nel biennio 2011-2012. La richiesta si basava sull’applicazione retroattiva di una tariffa ridotta, ripristinata con un decreto regionale del 2013, che a sua volta recepiva una normativa nazionale (Legge 296/2006) che introduceva sconti tariffari per il triennio 2007-2009.

Il laboratorio si opponeva, citando in giudizio l’ASP per far accertare l’inesistenza del debito. Tuttavia, sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello davano ragione all’ente pubblico, qualificando il rapporto come di tipo concessorio e riconoscendo all’ASP il potere di incidere retroattivamente sui termini economici del contratto.

La questione giuridica sugli sconti tariffari sanità

Il cuore della controversia sottoposta alla Corte di Cassazione era stabilire se la Pubblica Amministrazione potesse applicare retroattivamente una riduzione tariffaria a prestazioni sanitarie già eseguite e liquidate sulla base di accordi contrattuali precedenti. In altre parole, un decreto emanato nel 2013 poteva modificare i corrispettivi per gli anni 2011 e 2012, basandosi su una legge che imponeva sconti tariffari sanità solo per il periodo 2007-2009?

La difesa del laboratorio si basava sull’idea che il rapporto con l’ASP avesse natura privatistica e contrattuale, e che quindi le condizioni economiche non potessero essere modificate unilateralmente e retroattivamente dall’ente pubblico, specialmente dopo la completa esecuzione delle prestazioni.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito, accogliendo il ricorso della struttura sanitaria. I giudici hanno esaminato diversi motivi di ricorso, concentrandosi su quello decisivo relativo alla violazione di legge sull’applicazione degli sconti.

Prima di entrare nel merito, la Corte ha respinto un motivo preliminare sollevato dal laboratorio, secondo cui il giudizio di primo grado era nullo per non aver incluso nel processo la società di factoring cessionaria del credito. La Cassazione ha ribadito il principio consolidato secondo cui il rapporto tra cedente (il laboratorio) e debitore ceduto (l’ASP) è autonomo rispetto a quello tra cessionario (la società di factoring) e debitore, escludendo quindi la necessità di un litisconsorzio.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha fondato la sua decisione su un orientamento giurisprudenziale già consolidato (richiamando le ordinanze n. 27007/2021 e n. 10582/2018). Il principio cardine è che lo sconto tariffario previsto dall’art. 1, comma 796, lett. o), della legge n. 296/2006, deve intendersi strettamente limitato al triennio 2007-2009.

La norma stessa, nel suo incipit, fa esplicito riferimento a tale periodo, e la Corte Costituzionale ne ha sottolineato il carattere transitorio. Di conseguenza, qualsiasi atto amministrativo successivo, come il decreto regionale del 2013, non può estendere l’efficacia di tali sconti ad annualità diverse e successive, come il 2011 e il 2012.

L’ASP, quindi, non aveva il diritto di pretendere la restituzione di somme basandosi su un regime tariffario meno favorevole, in quanto tale regime era inapplicabile al periodo in questione. La decisione della Corte d’Appello, che aveva avallato la pretesa dell’ente pubblico, è stata ritenuta errata in diritto.

Le Conclusioni della Corte

In accoglimento del motivo principale, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello e ha rinviato la causa ad un’altra sezione della stessa Corte d’Appello. Il giudice del rinvio dovrà uniformarsi al principio di diritto enunciato, secondo cui gli sconti tariffari sanità previsti per il triennio 2007-2009 non sono applicabili alle prestazioni sanitarie erogate negli anni 2011 e 2012. Questa pronuncia rappresenta una vittoria significativa per la certezza del diritto nei rapporti tra strutture private accreditate e Servizio Sanitario Nazionale, proteggendo gli operatori da modifiche economiche unilaterali e retroattive.

Può la Pubblica Amministrazione applicare retroattivamente degli sconti tariffari a prestazioni sanitarie già eseguite e pagate?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che gli sconti tariffari previsti da una normativa specifica per un determinato triennio (2007-2009) non possono essere estesi retroattivamente ad annualità successive (in questo caso, 2011 e 2012), tutelando così la stabilità dei rapporti contrattuali.

La società di factoring che ha acquistato i crediti deve obbligatoriamente partecipare alla causa tra la struttura sanitaria e l’ente pubblico?
No. La Corte ha chiarito che non sussiste un’ipotesi di litisconsorzio necessario, in quanto il rapporto tra la struttura cedente e l’ente debitore è distinto e autonomo da quello tra la società di factoring (cessionaria) e l’ente debitore.

Qual è la natura del rapporto tra una struttura sanitaria privata accreditata e l’Azienda Sanitaria Provinciale?
La Corte, accogliendo il ricorso, ha implicitamente confermato che i rapporti in questione hanno natura privatistica e contrattuale. Ciò significa che la Pubblica Amministrazione non ha un potere unilaterale di modifica retroattiva delle condizioni economiche, a differenza di quanto avverrebbe in un rapporto di tipo concessorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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