Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27763 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27763 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4803/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesio da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) giusta procura in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE giusta procura in calce al controricorso
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rispettivamente Liquidatore Giudiziale e Commissario Giudiziale del Concordato Preventivo della RAGIONE_SOCIALE; PROCURA GENERALE CORTE APPELLO L’AQUILA
-intimati-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 1779/2021 depositata il 10/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte d’Appello di L’Aquila, decidendo in sede di rinvio dalla cassazione, ha accolto il reclamo ex art. 183 legge fall. proposto da NOME COGNOME contro il decreto di omologazione del concordato preventivo della RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE).
La corte del merito ha ricordato in fatto: i) che NOME, promissario acquirente di un immobile della RAGIONE_SOCIALE, aveva convenuto in giudizio la promittente venditrice ai sensi dell’art. 2932 c.c. , onde ottenere una sentenza che tenesse luogo del preliminare cui la convenuta non aveva adempiuto; ii) che tuttavia, in sede di reclamo contro il provvedimento di diniego del G.D., il tribunale aveva autorizzato la RAGIONE_SOCIALE in concordato a sciogliersi dal preliminare, a mente dell’art. 169 bis l. fall.; iii) che col reclamo contro il decreto di omologazione, respinto con la sentenza poi cassata da questa Corte, COGNOME aveva contestato la legittimità del provvedimento di scioglimento e aveva in conseguenza sostenuto che il concordato, nel quale l’immobile figurava fra quelli da liquidare in corso di procedura per un valore pari a circa un terzo dell’attivo complessivo , andasse revocato .
Tanto premesso, la corte aquilana: i) ha ritenuto ‘incidentalmente’ che l’art. 169 bis l. fall. non fosse applicabile al preliminare dedotto in giudizio , che non poteva ritenersi ‘pendente’ , in quanto alla data di apertura della procedura COGNOME aveva già adempiuto alla propria obbligazione, pagando interamente il prezzo dell’immobile promesso in vendita, tanto da essere stato immesso nella sua detenzione; ii) ha revocato il decreto di omologazione del concordato per assoluta inammissibilità della proposta e,
comunque, per infattibilità del piano, rilevando per un verso che la RAGIONE_SOCIALE, richiedendo lo scioglimento dal contratto, aveva agito con scorrettezza e malafede nei confronti di COGNOME, abusando dello strumento concordatario ai danni del promissario acquirente e, per altro verso, che la RAGIONE_SOCIALE non aveva contestato che il valore del cespite in questione corrispondesse a un terzo dell’attivo e che il ricavato dalla sua liquidazione fosse indispensabile per poter soddisfare in qualche misura i creditori, in tempi ragionevoli.
NOME COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, pubblicata il 10.12.2021, affidandolo a un unico motivo illustrato da memoria, cui NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE
E’ infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso , per tardività, sollevata da NOME COGNOME sul rilievo che la sentenza impugnata, emessa il 10.12.2021 e comunicata dalla cancelleria della Corte d’Appello di l’Aquila nella medesima data, sarebbe passata in giudicato il 10.1.2022 applicandosi per l’impugnazione la disciplina di cui a ll’art. 18 legge fall. – mentre il ricorso gli è stato notificato il 10.2.2022.
1.1.Nel caso in esame, come dedotto in memoria dai ricorrenti e secondo quanto emerge dalla stessa lettura della sentenza, il processo davanti al giudice del rinvio è stato celebrato con rito ordinario, tanto che sono stati concessi i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e repliche.
1.2.Le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza n. 20749/2008, hanno affermato che il principio della ultrattività del rito -quale specificazione del più generale principio per cui l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile deve avvenire in base al principio dell’apparenza, cioè con riguardo esclusivo alla qualificazione, anche implicita, dell’azione e del
provvedimento compiuta dal giudice – trova specifico fondamento nel fatto che il mutamento del rito con cui il processo è erroneamente iniziato compete esclusivamente al giudice (Cass. 14/01/2005, n. 682). Pertanto ‘..Poiché il rito, in senso ampio, attiene non solo alla fase procedimentale durante lo specifico grado, ma anche alla fase successiva dell’impugnazione, ritenere che il soggetto soccombente possa adottare in questa seconda fase una forma ed una modalità di impugnazione diverse da quelle impostegli dal rito con cui è stata emessa la sentenza, significa attribuire al soggetto impugnante una facoltà di mutamento, che invece compete esclusivamente al giudice dell’impugnazione (art. 439 c.p.c.). È quindi solo il giudice dell’impugnazione, anche a garanzia delle controparti, che ha il potere di rettificazione del rito, con la possibilità del passaggio al rito speciale o viceversa …’.
I principi enunciati dalle Sezioni Unite sono stati successivamente ribaditi da questa Corte in altre pronunce (vedi Cass. 15897/2014; 20705/2018) nelle quali è stato evidenziato che il principio di ultrattività del rito comporta che se il giudice abbia trattato la causa seguendo un rito errato, il giudizio deve proseguire nelle stesse forme, condizionando anche la valutazione sulla tempestività dell’impugnazione (vedi su quest’ultimo punto Cass. 28519/2019).
1.3.Nella specie, pertanto, nonostante la sentenza impugnata sia stata effettivamente comunicata alle parti a mezzo pec a cura della cancelleria in data 10.12.2021, ai fini della verifica della tempestività del ricorso trova applicazione la disciplina ordinaria sulle impugnazioni: e poiché COGNOME ha notificato la sentenza alla controparte il 14.1.2022, il ricorso, notificato nel rispetto del termine breve di cui all’art. 325 1° comma c.p.c., decorrente dalla predetta data, risulta tempestivo.
Con l’unico motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 384 comma 2° , 112, 394 cod. proc. civ., 169 bis e 72 l. fall., nella formulazione vigente alla data dell’1.8.2014.
I ricorrenti sostengono in primo luogo che la c orte d’ appello non avrebbe potuto valutare, neppure incidentalmente, la legittimità del provvedimento ex art. 169 bis l. fall., già accertata da questa Corte nella sentenza rescindente, che aveva evidenziato come l’autorizzazione allo scioglimento fosse ormai definitiva e assorbita nel giudizio di reclamo: accertamento di cui, del resto, il giudice del rinvio avrebbe preso atto là dove ha dichiarato irrimediabilmente sciolto il preliminare.
Deducono, quindi che l’unica indagine rimessa al giudizio rescissorio atteneva agli eventuali profili di abuso dello strumento concordatario derivanti dalla richiesta, rivolta prima al G.D. e poi al collegio, di autorizzazione allo scioglimento del contratto preliminare, e contestano l’accertamento operato sul punto dalla corte d’appello, rilevando che alla data del 15.12.2014, di presentazione della domanda di concordato (che già conteneva la previsione di scioglimento e riconosceva a COGNOME un credito pari al prezzo dell’immobile promesso in vendita) era pacifico che si potesse avanzare l’istanza ex art. 169 bis l. fall. in relazione a tutti i preliminari, ritenuti, in mancanza di stipula del definitivo, contratti ‘in corso di esecuzione’ , a maggior ragione nel caso, quale quello di specie, di loro inopponibilità alla massa stante la trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica solo dopo l’iscrizione al R.I. di quella di concordato.
Aggiungono che alla data del 10.7.2015, di deposito della richiesta di autorizzazione allo scioglimento, il d.l. n. 83/2015 (che, fra l’altro, h a modificato l’art. 169 bis cit., inserendovi la proposizione ‘contratti pendenti’ in luogo di quell a ‘ contratti in corso di esecuzione’ sino allora contenuta nella norma ) era stata appena emanato e nessuno ne conosceva l’effettiva portata applicativa, chiarita per la prima volta solo da Cass. n. 11524/020.
Osservano, ancora, che la domanda di scioglimento era accoglibile in quanto funzionale alla migliore regolazione della crisi, dovendo
l’interesse dei creditori concordatari essere ritenuto prevalente rispetto all’interesse del promissario acquirente alla stipula del definitivo.
Assumono in conclusione, richiamati numerosi precedenti di questa Corte, che non può ritenersi in mala fede ‘ chi si conforma non solo alla lettera della legge ma anche alla dominante giurisprudenza di vertice e di merito ‘,
Il ricorso, in parte infondato in parte inammissibile, deve essere respinto.
2.1. Va innanzitutto rilevato che nell’ordinanza rescindente (Cass. n. 26568/2020) questa Corte non ha mai affermato che il provvedimento di autorizzazione allo scioglimento dal contratto preliminare fosse legittimo e definitivo: al contrario, in sede di esame del primo motivo del ricorso proposto da COGNOME (dichiarato inammissibile perché volto a contestare la misura dell’indennità riconosciutagli dalla RAGIONE_SOCIALE in concordato e dunque a sollevare una questione che avrebbe dovuto formare oggetto di accertamento in un separato giudizio a cognizione piena e non nell’ambito del giudizio di omologazione), il collegio decidente ha richiamato la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in ipotesi di autorizzazione (o diniego) da parte del G.D. allo scioglimento dei contratti, a norma dell’art. 169 bis l. fall., la parte non soddisfatta può adire il giudice e contestare la ritenuta sussistenza (o insussistenza) dei presupposti dello scioglimento attraverso una domanda da proporsi anch’essa in un giudizio a cognizione piena (fra le tante, la già citata Cass. 11524/2020, nonché, da ultimo, Cass. 18019/2024), in quanto il provvedimento assunto (anche in sede di reclamo) sulla relativa istanza è inidoneo a produrre effetti sostanziali con efficacia di giudicato (Cass. 17520/2015, 18830/2018).
Dopodiché, ad ulteriore smentita dell’assunto dei ricorrenti, il collegio decidente: i) ha accolto il terzo motivo di ricorso di COGNOME
osservando in primis che il ridetto art. 169 bis non può trovare applicazione quando uno dei contraenti abbia adempiuto la propria prestazione; ii) ha enunciato a riguardo apposito principio di diritto; iii) ha affermato che nella specie era indubitabile che il promissario acquirente non solo avesse completamente adempiuto la propria obbligazione, ma si fosse anche formalmente attivato per conseguire la controprestazione; iv) ha infine precisato ciò che era ovvio, ovvero che (la sicura) fondatezza della censura svolta sul punto dall’allora ricorrente avrebbe potuto avere rilevanza nel giudizio di omologazione solo se decisiva ai fini dell’accoglimento del reclamo, aspetto sul quale però la sentenza della corte d’appello impugnata non si era pronunciata .
2.2.In altri termini, l’illegittimità del provvedimento di scioglimento del preliminare non avrebbe dovuto formare oggetto di delibazione nel giudizio rescissorio non certo per la ragione indicata dai ricorrenti, ma perché già accertata da questa Corte con l’ordinanza rescindente; al giudice del rinvio (che, pur dando atto di ciò alla pag. 4, 2° par. della sentenza, ha inutilmente riaffermato che il decreto autorizzativo era illegittimo, dichiarandolo poi impropriamente ‘irrevocabile’ nonostante si tratti di provvedimento inidoneo al giudicato e che può avere efficacia solo nell’ambito della procedura concordataria) spettava invece di vagliare la decisività di tale accertamento ai fini della revoca dell’omologazione del concordato.
2.3.A tanto la corte del merito ha comunque provveduto, là dove ha rilevato che , poiché il valore dell’immobile promesso in vendita equivaleva ad un terzo dell’attivo concordat ario, in mancanza di tale cespite il concordato non avrebbe potuto essere omologato per difetto di fattibilità economica.
Si tratta di una statuizione in fatto, integrante autonoma ratio decidendi e dunque di per sé sola idonea a sorreggere la pronuncia
impugnata, che non è stata censurata dai ricorrenti e che risulta dunque coperta da giudicato.
2.4.La doglianza volta a contestare la seconda ratio, circa la condotta di malafede delle proponente, risulterebbe pertanto inammissibile per difetto di interesse (cfr. fra le tante, Cass. nn. 18641/2017, 11222/017, 9752/017).
2.5.Pare tuttavia opportuno in questa sede ricordare che anche la valutazione del l’esistenza di una fattispecie di abuso del diritto (qui di abuso dello strumento concordatario) costituisce un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione, nel ristretto ambito di cui all’art. 360 comma 1° n. 5 cod. proc. civ. come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 8053/2014 o, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., per motivazione omessa/apparente/contraddittoria.
Questi vizi non sono stati neppure dedotti dai ricorrenti, i quali, a fronte delle ampie argomentazioni sui cui si fonda il capo della decisione impugnato (ricorso della RAGIONE_SOCIALE allo strumento concordatario appena due mesi dopo aver introitato dal COGNOME la somma di ben 405mila euro, per giunta facendosi autorizzare allo scioglimento di un preliminare stipulato nel lontano 2011, ostinatamente non adempiuto con la stipula del definitivo; ingiusta lesione del diritto dell’altro contraente a ll’ indennizzo, solo teoricamente pari all’ammontare del prezzo versato, ma in realtà, destinato ad essere pagato nella misura del 15%, ovvero nei limiti della falcidia concordataria) si sono limitati a sollecitare, sotto l’apparente denuncia di un vizio di violazione di legge, una diversa ricostruzione dei fatti ed una diversa valutazione del materiale probatorio rispetto a quello operata dal giudice del rinvio.
3.Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 8.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 22.04.2024