Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8954 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8954 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2634/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Nerviano, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende, unitamente all’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende, unitamente agli Avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura speciale in calce al controricorso – controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 3054/2018 depositata il 9/11/2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/3/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Padova, con sentenza n. 2735/2012, rigettava la domanda presentata dal commissario straordinario di RAGIONE_SOCIALE perché fossero dichiarati inefficaci, ex art. 67, comma 2, l. fall., alcuni pagamenti (per il complessivo importo di € 131.545,12) effettuati da RAGIONE_SOCIALE in favore di RAGIONE_SOCIALE nell’anno anteriore alla data del decreto ministeriale di ammissione della compagine alla procedura di amministrazione straordinaria.
La Corte distrettuale di Venezia, a seguito dell’impugnazione presentata da RAGIONE_SOCIALE, osservava che i ripetuti ritardi e i piani di rientro, di per sé, non potevano assumere consistenza di indici univocamente idonei a dimostrare che l’ accipiens conosceva lo stato di insolvenza.
Riteneva, tuttavia, che nel caso di specie queste circostanze fossero accompagnate da ulteriori elementi che valevano a restituire al complesso dei fatti emersi dall’istruttoria oggettiva e concludente rilevanza, poiché risultava che RAGIONE_SOCIALE, una volta ricevuta un’intimazione stragiudiziale di saldare il debito scaduto di € 377.000, nell’aprile 2003 aveva sottoposto a RAGIONE_SOCIALE un primo piano di rientro, richiedendo la ripresa delle forniture, in precedenza interrotte, e nuovi termini di pagamento, che non erano stati poi rispettati.
Evidenziava che ne era seguito un secondo piano di rientro nel novembre 2003, che prevedeva non solo il riscadenziamento del debito e la conferma di nuovi termini di pagamento delle consegne future, di cui veniva richiesta nuovamente la ripresa, ma anche la modifica delle modalità di versamento del corrispettivo, da eseguirsi mediante cambiali tratte.
Reputava che le modifiche dei termini e delle modalità di pagamento, precedute da reiterati e consistenti ritardi nei versamenti, dall’interruzione delle forniture e dalla proposizione di altri piani di rientro rimasti inattuati, ove collocate nel contesto di analoghe vicende che avevano caratterizzato il rapporto fra RAGIONE_SOCIALE e altre società del RAGIONE_SOCIALE, assumessero valenza di indici sintomatici della condizione di insolvenza.
Giudicava che l’appellata dovesse ritenersi consapevole di questa condizione dalla data di predisposizione del primo piano di rientro (il 30 giugno 2003), poiché l’interruzione delle forniture segnalava la consapevolezza della fornitrice in ordine al mutamento delle condizioni patrimoniali di RAGIONE_SOCIALE, tale da mettere in pericolo, alla luce dei reiterati e pregressi inadempimenti, il conseguimento del corrispettivo.
Dichiarava, pertanto, inefficaci i pagamenti eseguiti da RAGIONE_SOCIALE in favore di RAGIONE_SOCIALE nell’anno anteriore all’apertura del concorso, escluso quello effettuato il 30 maggio 2003, e condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della procedura di € 101.545,12 oltre a ccessori.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza, pubblicata in data 9 novembre 2018, prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE.
A seguito della proposta di definizione del giudizio, formulata da cod. proc. civ. e ritualmente comunicata alle parti, la ricorrente, a mezzo del difensore munito di questa Corte ai sensi dell’art. 380 -bis nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ.: le circostanze valorizzate dalla sentenza impugnata erano -a dire della ricorrente elementi privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza e non avevano valenza univoca nell’attestare le condizioni di insolvenza della società debitrice.
In particolare, la rinegoziazione dei termini e delle modalità di pagamento, l’allungamento delle scadenze e l’incremento dell’indebitamento costituivano circostanze neutre che difettavano della gravità e della precisione richieste dall’art. 2729 cod. civ. , mancando così una relazione in termini probabilistici con la scientia decoctionis .
Inoltre, l’interruzione delle forniture era circostanza che non corrispondeva alla realtà dei fatti, mentre il contesto delle vicende analoghe avvenute con altre società del RAGIONE_SOCIALE costituiva un riferimento incomprensibile, dato che le vertenze instaurate da tali società nei confronti di RAGIONE_SOCIALE si erano concluse con pronunce di rigetto.
4.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di fatti decisivi e discussi fra le parti, costituiti da: i) un piano industriale funzionale allo sviluppo economico e produttivo del RAGIONE_SOCIALE e sostenuto dal sistema creditizio; ii) alcune notizie di stampa che descrivevano le società del RAGIONE_SOCIALE tra i protagonisti per la TV digitale terrestre; iii) la prospettazione, nel corso di un incontro tenutosi il 29 ottobre 2003, di una ripresa del RAGIONE_SOCIALE da quello che appariva uno stato temporaneo di difficoltà per effetto di un nuovo piano industriale e la possibilità per RAGIONE_SOCIALE di continuare la collaborazione commerciale se avesse aderito a un nuovo piano di pagamenti.
Queste circostanze rendevano conto del clima di fiducia in cui i pagamenti erano stati rinegoziati ed evidenziavano come, all’esterno, fosse percepibile un’immagine del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE diversa da quella di una realtà economica giunta al capolinea del fallimento.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente, risultano ambedue inammissibili.
5.1 La Corte di merito, dopo aver indicato una pluralità di elementi che assumevano valenza di indici sintomatici della condizione di insolvenza della debitrice (modifiche dei termini e delle modalità di pagamento, reiterati e consistenti ritardi nella corresponsione del dovuto verificatisi in precedenza, interruzione delle forniture, proposizione di piani di rientro rimasti inattuati, analoghe vicende che avevano caratterizzato i rapporti commerciali fra RAGIONE_SOCIALE e altre società del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), ha ritenuto che la consapevolezza della condizione di insolvenza dovesse evincersi, sin dalla data di
predisposizione del primo piano di rientro, dall’interruzione delle forniture verificatasi in precedenza.
Questa interruzione, infatti, segnalava ‘ la consapevolezza della fornitrice in ordine al mutamento delle condizioni patrimoniali di RAGIONE_SOCIALE, tale da mettere in pericolo, vieppiù alla luce dei reiterati e risalenti pregressi inadempimenti, il conseguimento del corrispettivo ‘ (pag. 5).
Il ragionamento sviluppato dalla Corte di merito, quindi, individua quali elementi presuntivi da cui inferire la scientia decoctionis i reiterati inadempimenti che avevano preceduto la predisposizione del primo piano di rientro e l’interruzione delle forniture che a quella data RAGIONE_SOCIALE aveva effettuato.
5.2 Alla luce di queste considerazioni non assumono rilievo le critiche indirizzate a contestare la gravità e la precisione degli altri indici sintomatici delle condizioni di insolvenza che, pur elencati dalla Corte, non sono stati valorizzati al fine di far risalire a un determinato momento storico la consapevolezza della condizione di insolvenza.
La critica concernente l’interruzione delle forniture (circostanza che, secondo la ricorrente, non corrisponde alla realtà dei fatti) si risolve, invece, nella sollecitazione in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti e si pone su un terreno che è quello non della violazione o falsa applicazione dell’art. 2729, comma 1, cod. civ., ma di un controllo sulla motivazione della decisione impugnata.
5.3 Sotto quest’ultimo profilo era necessario denunciare che il giudice di merito avesse omesso l’esame di un fatto principale o secondario che avrebbe avuto carattere decisivo per una diversa individuazione del modo di essere della quaestio facti ai fini della decisione (Cass., Sez. U., 8053/2014, 8054/2014).
Il secondo mezzo, tuttavia, non individua fatti che, nella ricostruzione cronologica delle vicende operata dal giudice di merito, potessero assumere una simile decisività, dato che si duole dell’omesso esame di circostanze risalenti all’ottobre 2003 e al m aggio 2004, epoche in cui l’odierna ricorrente, come precisa la decisione impugnata, aveva
già acquisito (fin dal 30 giugno 2003) la consapevolezza della condizione di insolvenza della debitrice.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
7. L’inammissibilità del ricorso impone infine, ai sensi dell’art.380 -bis cod. proc. civ. e per il rinvio all’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ., di dar conto che la presente decisione definisce il giudizio in piena conformità alla proposta (in data 20 giugno 2023) già comunicata alla parte e per la quale la stessa ha invece chiesto la decisione, così che la pronuncia sulle spese è resa secondo la regola della soccombenza ed è meglio specificata, per la liquidazione, in dispositivo; ad essa si affiancano la condanna, in favore della controparte, della somma equitativamente determinata fissata in dispositivo nonché la pronuncia di condanna, in favore della cassa delle ammende, al pagamento della somma individuata ai sensi dell’art. 96, ultimo comma, cod. proc. civ..
Come, infatti, è stato precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte (nelle ordinanze n. 27195 e 27433/2023), si tratta di una novità normativa (introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 149/2022) che contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, « una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, della sussistenza dei presupposti per la condanna di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma) »; risulta così « codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale », tant’è che l’opzione interpretativa, sulla disciplina intertemporale, ne ha fatto applicazione -in deroga alla previsione generale contenuta nell’art. 35, comma 1, d. lgs. 149/2022 ai giudizi introdotti con
ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 per i quali non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio; anche ai fini della reattività ordinamentale, l’istituto si è puntualizzato integra il « corredo di incentivi e di fattori di dissuasione contenuto nella norma in esame (che sono finalizzati a rimarcare, come chiarito nella relazione illustrativa al D. Lgs. n. 149/2022, la limitatezza della risorsa giustizia, essendo giustificato che colui che abbia contribuito a dissiparla, nonostante una prima delibazione negativa, sostenga un costo aggiuntivo )».
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 12.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Condanna la parte ricorrente al pagamento di €. 12.000 in favore della procedura controricorrente quale somma equitativamente determinata ex art. 96, comma 3, cod. proc. civ. e di un’ulteriore somma di €. 2.500 in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ..
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma in data 13 marzo 2024.