Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30175 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30175 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11586/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME,
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 2338/2019 depositata il 28/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza del 28/11/2019, rigettava il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE, confermando la pronuncia del Tribunale della stessa città che aveva respinto la domanda, proposta dal RAGIONE_SOCIALE, di declaratoria di inefficacia nei confronti della massa dei creditori, ex art. 67, comma 2°, l.fall. delle rimesse bancarie affluite nel periodo sospetto nei conti corrente n. 60022 e 60023 intrattenuti dalla società fallita con RAGIONE_SOCIALE (successivamente incorporata in RAGIONE_SOCIALE) e di condanna dell’istituto bancario al pagamento, in favore della curatela, dell’importo di € 89.998,16, o della diversa somma accertata in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
1.1 La Corte, per quanto qui di interesse, confermava la sentenza di primo grado in punto di mancanza di prova dell’elemento soggettivo della scientia decoctionis osservando che: i) i dati del bilancio della società, così come rielaborati dal CTU, non potevano essere utilizzati ai fini della prova della conoscenza dello stato di insolvenza, non rientrando tra i doveri di diligenza della banca, trattandosi di conto corrente non affidato, l’approfondita indagine tecnica dei bilanci; ii) il CTU, sempre alla luce delle riclassificazioni dei dati contabili, aveva accertato una crisi di liquidità e non una situazione di insolvenza della società che sino al febbraio 2003 era in salute; iii) nessun elemento utile era emerso dalle informazioni della RAGIONE_SOCIALE dal momento che la società non utilizzava affidamenti, né vi era alcuna segnalazione a sofferenza o revoca di affidamenti da parte di altri istituti bancari; iv) la domanda di ammissione al concordato preventivo era stata presentata successivamente alle ultime rimesse per le quali era stata chiesta la revoca.
1.2 Rilevavano i giudici di seconde cure che correttamente il Tribunale aveva ritenuto inammissibile la domanda di declaratoria
di inefficacia delle rimesse bancarie relative al c/c 60023 in quanto tra i fatti costitutivi, originariamente allegati a fondamento della domanda di revocatoria, la curatela aveva menzionato solo i versamenti affluiti nel c/c 60022 e solo nella comparsa conclusionale la domanda era stata estesa anche alle rimesse effettuate sul c/c 60023.
2 Il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi; RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha svolto difese mediante controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380bis1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 67, comma 2°, l.fall. e «insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360,comma 1° n. 5, c.p.c.»: sostiene la ricorrente che la Corte palermitana, nel ritenere non provata la scientia decoctionis , non ha tenuto conto delle risultanze della espletata consulenza tecnica, redatta dal AVV_NOTAIO, che evidenziavano l’incapacità della società, a partire dall’esercizio chiuso il 31/12/2000, di provvedere alla copertura delle passività attraverso liquidità immediate e differite, una insoddisfacente redditività, una elevata sottocapitalizzazione e preoccupanti livelli di indebitamento.
1.1 La ricorrente afferma che, contrariamente a quanto opinato dalla corte, la Banca, in quanto operatore qualificato in grado di cogliere i sintomi del dissesto del soggetto finanziato meglio e più tempestivamente di un soggetto non professionale, era tenuta, secondo precise disposizioni della Banca d’Italia, all’esame dei dati di bilancio, valutandoli e interpretandoli e delle risultanze della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
1.2 Lamenta il RAGIONE_SOCIALE la genericità, insufficienza e contraddittorietà della motivazione con particolare riferimento all’esame delle risultanze della RAGIONE_SOCIALE, che, difformemente da quanto affermato nella impugnata sentenza, evidenziavano un extrafido dal settembre del 2002 al gennaio 2003.
1.3 La corte, sempre a dire del ricorrente, non avrebbe correttamente valutato, quale sintomo di conoscenza della banca dello stato di insolvenza della propria cliente, la presentazione della domanda di concordato preventivo.
2 Il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 67, comma 2°, l.fall., in relazione all’art. 360, comma 1° n. 5, c.p.c., e insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., non avendo la Corte d’Appello preso in esame tre sentenze emesse dal Tribunale e dalla Corte d’Appello di Palermo in controversie di revocatoria fallimentare di rimesse bancarie tra la Curatela ricorrente e altri istituti di credito e le relazioni delle consulenze tecniche espletate in quei giudizi, pressoché identici a quello promosso contro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
3 Il terzo motivo oppone «insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360, comma 1° n.5, c.p.c. avendo la Corte d’Appello di Palermo determinato che deve ritenersi tardiva la richiesta di revoca delle rimesse relative al conto corrente n. 60023».
4 Il primo mezzo di impugnazione è inammissibile in ogni sua articolazione.
4.1 Con riferimento alla dedotta violazione di legge, va rilevato che secondo la giurisprudenza citata dalla sentenza impugnata e diffusamente riportata nel corpo del motivo, la procedura concorsuale, ove agisca per la declaratoria di inefficacia di un atto ai sensi della l.fall., art. 67, comma 2°, deve fornire la prova della sussistenza del presupposto soggettivo della conoscenza dello stato
di insolvenza in capo all’ accipiens . La scientia decoctionis dell’imprenditore da parte del terzo deve poi essere effettiva e non meramente potenziale e va riferita «alle date delle singole rimesse nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento ed implica quindi l’onere della prova, a carico della curatela, della conoscenza sopravvenuta di un mutamento in peius delle condizioni economiche dell’imprenditore, ridondante in vera e propria insolvenza» (cfr. Cass. 10573/2018 e 13445/2023).
Tuttavia, trattandosi di prova che può essere fornita in via diretta soltanto tramite la confessione del convenuto o tramite la prova che l’ accipiens era stato informato, dal solvens o aliunde , dello stato di insolvenza, la procedura concorsuale, ove non ricorrano tali ipotesi, non può che ricorrere alla prova presuntiva offrendo elementi indiziari caratterizzati dagli ordinari requisiti della gravità, precisione e concordanza che, in applicazione del disposto degli artt. 2727 e 2729 c.c., conducano il giudice a ritenere che il terzo, facendo uso della sua normale prudenza e avvedutezza -rapportata anche alle sue qualità personali e professionali, nonché alle condizioni in cui egli si è trovato concretamente ad operare non possa non aver percepito i sintomi rivelatori dello stato di decozione del debitore (cfr. Cass. n. 18196/2012, 2916/2016, 7163/2020 e 13512/2021).
È stato anche precisato che la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione, così come il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l’esistenza del fatto ignoto, costituiscono un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità (ex multis, Cass. 3854/2019 e 3336/2015).
4.2 Orbene, come sopra si è dato conto, la Corte distrettuale ha ritenuto non sufficientemente gravi, precisi e concordanti a fornire la prova della conoscenza dello stato di decozione della società fallita proprio gli indizi addotti dalla curatela: in particolare le
risultanze della CTU, pur ottenute attraverso una reimpostazione e riclassificazione dei dati di bilancio, non consentivano, anche ad un soggetto professionalmente qualificato, di percepire un chiaro stato di insolvenza ma al più una situazione di crisi di liquidità; nessun elemento sospetto poteva trarsi dalle informazioni attingibili presso la RAGIONE_SOCIALE che registravano solo sporadici sconfinamenti e la domanda di concordato preventivo era stata proposta successivamente all’ultima rimessa revocabile.
4.3 Con la censura, il RAGIONE_SOCIALE, pur lamentando la violazione di norme di diritto, mira in realtà a contrapporre alle valutazioni della Corte la propria personale interpretazione delle medesime circostanze, che, in luogo di essere considerate globalmente, richiede di esaminare singolarmente, cercando così di enucleare da ciascuna di esse quegli elementi che avrebbero potuto condurre ad un diverso apprezzamento.
4.4 Trova, dunque, applicazione il principio, ripetutamente enunciato da questa Corte, secondo cui i vizi della sentenza posti a base del ricorso per cassazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice del merito o che siano attinenti alla difforme valutazione delle prove da questi operata, rispetto a quella pretesa dalla parte (Cass. nn. 17901/010, 10657/010, 7992/07 e 12467/03).
4.5 Passando ad esaminare la doglianza sotto il profilo della denuncia del vizio di omesso esame della consulenza tecnica, va rilevato che, pur non volendo ritenere sussistente la «doppia conforme» prevista dal comma 5 dell’art. 348-ter c.p.c., applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, la censura non supera il vaglio di ammissibilità risolvendosi ancora una volta in una critica investente l’accertamento e l’apprezzamento del giudice del merito in ordine alla quaestio facti , per di più deviando dal paradigma di cui al vigente art. 360, comma 1°, n. 5, c.p.c.
4.6 Infine, quanto alla dedotta «insufficiente e contraddittoria motivazione » va rilevato che l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità quale violazione di legge costituzionalmente rilevante attiene solo all’esistenza della motivazione in sé, e si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili», nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile».
4.7 Nel caso di specie la Corte non è incorsa in alcuno dei vizi motivazionali sopra indicati, avendo congruamente esplicitato le ragioni in fatto e in diritto della decisione di rigetto della domanda per mancanza dell’elemento soggettivo dell’azione revocatoria fallimentare.
5 Il secondo motivo è parimenti inammissibile, in primo luogo, perché non rispettoso dei dettami sanciti dall’art. 360 c.p.c., comma 1°, n. 5, come novellato dal d.l. n. 83/2012.
5.1 Deve al riguardo considerarsi che il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., 1° comma n. 5, c.p.c. applicabile alla fattispecie ratione temporis , introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie ( cfr. tra le tante Cass. 2493/2018).
5.2 La censura di omesso esame difetta inoltre di decisività in quanto la Corte ha esaminato e valutato le fonti di prova e la consulenza tecnica espletata, in contraddittorio delle parti,
nell’ambito del giudizio e non era tenuta a prendere in considerazione le risultanze di altri processi che riguardavano parti diverse.
6 Anche il terzo motivo è inammissibile perché il mancato accoglimento dei primi due motivi sull’insussistenza di uno dei requisiti della revocatoria fallimentare (la scientia decoctionis ), comporta il venir meno dell’interesse alla revocatoria delle rimesse effettuate sul conto corrente n. 60023; in ogni caso i giudici di seconde cure hanno ben spiegato le ragioni della reiezione della domanda revocatoria con riferimento ai versamenti affluiti sul conto corrente n. 60023.
Conclusivamente il ricorso è inammissibile.
7 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 7.200 di cui € 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002, n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 15 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME