Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28579 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28579 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19999/2021 R.G. proposto da : DOTT. COGNOME NOME N.Q. DI CURATORE RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente
principale-
contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente nonché ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MESSINA n. 257/2020 depositata il 11/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Messina, con sentenza n. 2221 del 26.11.2010, ha dichiarato inefficaci ex art. 67 comma 2° L.F. nei confronti fallimento ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ le rimesse affluite sui conti correnti aperti presso la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. e intestati alla società fallita per un importo complessivo di € 141.824,00, con conseguente condanna dell’istituto bancario alla restituzione della predetta somma, oltre accessori.
Con sentenza n. 257/2020, depositata in data 11.6.2020, la Corte d’Appello di Messina, in riforma della sentenza di primo grado e in accoglimento dell’appello proposto dall’istituto di credito, ha rigettato la domanda revocatoria fallimentare proposta dalla curatela.
Il giudice di secondo grado, per quanto ancora di interesse, ha ritenuto, in ordine al profilo soggettivo richiesto dall’art. 67 comma 2° L.F., che la curatela non avesse fornito la prova della conoscenza effettiva in capo alla banca dello stato di insolvenza della società fallita, difettando elementi indiziari connotati dai requisiti di gravità, precisione e concordanza. Sul punto, l’elemento della pubblicazione dei protesti non era rilevante, essendo avvenuta svariati mesi dopo rispetto alle rimesse di cui è causa.
Il giudice d’appello non ha ritenuto, inoltre, dirimente il rilascio da parte dei soci e delle rispettive consorti delle fideiussioni personali,
sia sotto il profilo sostanziale (costituendo la prestazione della garanzia personale un’operazione del tutto normale nella prassi bancaria) sia sotto quello cronologico, essendo tali garanzie state richieste dalla banca quasi contestualmente alla operatività degli affidamenti e al momento della concessione della linea di credito la società godeva di ottima salute.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE affidandolo a tre motivi.
La RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso, depositando, altresì, il ricorso incidentale condizionato.
La curatela ricorrente ha depositato controricorso al ricorso incidentale condizionato e la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la ‘violazione dell’art. 67 comma 2 L.F. nel testo ante 2006 e degli artt. 2727 e 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c. (errata valutazione delle prove) in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.. Omesso esame di elementi di prova oggetto di discussione ed omessa pronuncia. Contraddittorietà tra capi della stessa sentenza ed illogicità’.
Espone la ricorrente che la sentenza impugnata, oltre a non aver applicato i principi in tema di presunzioni, a norma degli artt. 2727 e 2729 c.c., nell’affermare che la pubblicazione dei protesti era avvenuta svariati mesi dopo, non aveva illogicamente tenuto conto che la banca aveva dimostrato il ritardo della pubblicazione di soli tre elenchi protesti, riferite alle seconde quindicine di maggio, giugno e luglio 1996, mentre l’elenco protesti prodotto dal curatore aveva evidenziato protesti nei mesi da gennaio ad aprile 1996, la cui pubblicazione non era in discussione. Dunque, RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE
di RAGIONE_SOCIALE era a conoscenza che la società poi fallita aveva subito protesti già dal gennaio 1996, mentre le operazioni effettuate dalla stessa fallita rilevate dal CTU erano state poste in essere nel periodo compreso tra il 18 novembre 1995 e il 18 novembre 1996. In ogni caso, a prescindere dalla pubblicazione in ritardo di (solo) alcuni protesti, il sistema informativo della RAGIONE_SOCIALE Rischi consente comunque agli istituti di credito di conoscere mensilmente gli elementi indicativi della situazione di insolvenza e, nel caso di specie, le scoperture e i protesti erano relativi a conti tenuti presso la banca convenuta.
Inoltre, altra prova che dimostrava l’effettiva conoscenza da parte della RAGIONE_SOCIALE dello stato di insolvenza era data dal fatto che tre mesi dopo l’apertura delle linee di credito (9.12.1994), in data 13.3.1995, la banca aveva richiesto ed ottenuto la prestazione di fideiussioni personali dei soci.
Infine, la sentenza impugnata, pur avendo considerato che la RAGIONE_SOCIALE è operatore qualificato, non ne aveva tratto le logiche conseguenze.
Il motivo è inammissibile.
Va osservato che la ricorrente, con l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, ha, in realtà, formulato censure di merito, in quanto finalizzate a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti e del materiale probatorio rispetto a quella operata dalla Corte d’Appello.
La ricorrente contesta inammissibilmente l’accertamento nonché l’affermazione del giudice d’appello secondo cui la pubblicazione dell’elenco dei protesti era avvenuta svariati mesi dopo rispetto alle rimesse di cui è causa, invocando una diversa ricostruzione processuale. Peraltro, nel sostenere che i protesti erano stati pubblicati nel gennaio 1996 e che solo alcuni era stati pubblicati in ritardo nei mesi di maggio, giugno e luglio 1996, non ha neppure precisato quando sarebbero state effettuate le rimesse contestate.
La ricorrente ha dedotto la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. non considerando che la sentenza aveva ben presente -e lo ha affermato – che la prova della scientia decoctionis può essere raggiunta a mezzo di presunzioni, purché connotate da gravità, precisione e concordanza, e non ha fatto altro che invocare, oltre ad una diversa ricostruzione dei fatti (in punto pubblicazione dei protesti), anche una differente lettura degli elementi indiziari rispetto a quella operata dal giudice d’appello, indicando circostanze -come l’inerenza dei protesti proprio agli insoluti dei conti tenuti presso la banca convenuta -che neppure ha allegato di aver preventivamente sottoposto all’esame ai giudici di merito. Sul punto, il ricorso è, infatti, del tutto privo del requisito della specificità e dell’autosufficienza.
In conclusione, la ricorrente ha inammissibilmente invocato una rivalutazione degli elementi probatori, non considerando che la valutazione in ordine alla sussistenza della scientia decoctionis , in quanto riservata al giudice di merito, non è sindacabile in sede di legittimità (vedi Cass. n. 3081/2018; conf. n. 8827/2011, n. 15939/2007, recentemente, Cass. n. 1148/25 non mass.), se non nei ristretti limiti di cui all’art . 360 comma 1° n. 5 c.p.c., come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 8053/2014.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 c.c., 67 comma 1° L.F. nel testo ante 2006 in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio discusso tra le parti e omessa pronuncia.
Espone la ricorrente che i protesti rivestono carattere di anomalia rispetto al normale adempimento dei debiti d’impresa sicché le presunzioni gravi, precise e concordanti previste dagli artt. 2727 c.c. e 2729 c.c. sono desumibili anche dall’esistenza dei protesti e fanno rientrare la fattispecie anche nella previsione dell’art. 67 L.F.,
comma 1, con conseguente traslazione dell’onere della prova (della mancanza di conoscenza) in capo al soggetto che ha ricevuto il pagamento.
Si trattava di questione decisiva per il giudizio, che era stata oggetto di espressa discussione (come illustrato nelle pagg. 8 e 9 della comparsa di costituzione in appello ed alle pagg. 10, 11 e 12 della comparsa conclusionale in appello della ricorrente).
Su questo aspetto la Corte messinese aveva omesso ogni pronuncia nonostante in entrambi i gradi del giudizio la Curatela avesse rilevato che ricorrevano gli estremi della fattispecie di cui all’art. 67, comma 1, L.F. (ante 2006), atteso che la pluralità di protesti assumeva rilevanza presuntiva tale da traslare in capo al convenuto (banca) l’onere di dimostrare la propria inscientia.
4. Il motivo è inammissibile.
Come evidenziato al punto 2, la ricorrente ha inammissibilmente reiterato il proprio assunto circa l’anteriorità della pubblicazione dei protesti rispetto alle rimesse di cui è causa, ignorando la precisa affermazione del giudice d’appello non sindacabile in sede di legittimità -che i protesti erano stati pubblicati svariati mesi dopo.
Ne consegue che il presupposto su cui fonda la dedotta violazione dell’art. 67 comma 1° L.F. è solo il frutto di una inammissibile diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella accertata dalla Corte territoriale.
Infine, inammissibile è la censura dell’omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, relativo alla pubblicazione di protesti anteriore alle rimesse di cui è causa: il giudice d’appello, come più volte evidenziato, non ha affatto omesso l’esame di tale circostanza, avendo accertato e affermato che tale pubblicazione era avvenuta ‘svariati mesi dopo’. Pertanto, ciò di cui si duole il fallimento, nella sostanza, non è tanto l’omesso esame, ma che tale fatto non sia stato esaminato correttamente: tale censura è palesemente inammissibile alla luce
dell’insegnamento della recente sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 5792/2024 (in tema di cd. travisamento della prova), nella quale è stato affermato che ‘… il momento dell’individuazione delle informazioni probatorie che dal dato probatorio possono desumersi è riservato al giudice di merito, ed è per questo sottratto al giudizio di legittimità, a condizione, che il giudice di merito si sia in proposito speso in una motivazione eccedente la soglia del «minimo costituzionale» …(pag. 28)’.
Orbene, nel caso di specie, la ricorrente non ha minimamente invocato il vizio di motivazione nei termini indicati dalle Sezioni Unite.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.
Espone la ricorrente che il giudice d’appello non avrebbe dovuto condannarla al pagamento delle spese di lite, non dovendo risultare soccombente.
Il motivo è inammissibile, essendo privo di una valenza autonoma, derivando dalla mera contestazione della propria soccombenza.
Il ricorso incidentale condizionato della banca (articolato in due motivi, con cui è stata, rispettivamente, dedotta la violazione dell’art. 67 L.F., 1260 c.c. e la nullità della sentenza per nullità della CTU, oltre alla violazione degli artt. 67 L.F., 2967 c.c., 112, 115, 184 c.p.c.) è assorbito per effetto del rigetto del ricorso principale.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale.
Dichiara assorbito il ricorso incidentale.
Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 7.800,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 15.10.2025
Il Presidente
NOME COGNOME