Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30173 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30173 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 15/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.27060/2020 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede legale in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, codice fiscale e numero di iscrizione presso il Registro delle Imprese di RAGIONE_SOCIALE CODICE_FISCALE, Gruppo RAGIONE_SOCIALE -partita iva P_IVA, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO, giusta procura speciale in atti.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa (C.F. e P_IVA), in persona dei Commissari liquidatori AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO COGNOME, AVV_NOTAIO
NOME, con sede in Roma, alla INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO con studio in INDIRIZZO .
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 2430/2020 della Corte d’Appello di Roma, pubblicata il 20/5/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/10/2025 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE (anche solo ‘RAGIONE_SOCIALE‘) convenne dinanzi al Tribunale di Roma la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. chiedendo: (i) di dichiarare inefficaci e per l’effetto revoca re ex art. 67, comma 2, l.fall., le rimesse ed i versamenti effettuati sui c/c nn. 66421 e 1911/22 intrattenuti presso la RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE S.p.A. nel semestre antecedente il 16 ottobre 2009 per un importo di complessivi € 370.482,72 in linea di capitale; (ii) ex art. 70, ultimo comma, l.fall., di dichiarare inefficaci e per l’effetto revocare le rimesse ed i versamenti sul c/c n. 1911/22, intrattenuto per la RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE nel semestre antecedente il 16 ottobre per € 831.862,38 in linea capitale.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 6509/2015 pubblicata in data 23/03/2015, respinse l’azione proposta da RAGIONE_SOCIALE contro la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE S.p.a., ai sensi del combinato disposto degli artt. 67, comma 3, lett. b), e 70 l.fall., ritenendo non provata la conoscenza dello stato di insolvenza al momento delle rimesse in contestazione.
RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza di primo grado e, nella resistenza della banca appellata, la Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 2430/2020, pubblicata il 20/5/2020, accoglieva l’appello della l.c.a. RAGIONE_SOCIALE, dichiarando l’inefficacia e per l’effetto la revoca dei pagamenti effettuati da RAGIONE_SOCIALE in favore della BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.p.aRAGIONE_SOCIALE per l’importo
complessivo di € 1.055.215,65 mediante le sei operazioni effettuate sul c/c n. 66421 dal 7.5.2009 al 3.6.2009 e tutte le rimesse effettuate sul c/c 1911/22 ed ordinando la restituzione di detta somma a RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa, oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al soddisfo.
4. La Corte d’Appello ha ritenuto sussistente la scientia decoctionis in capo alla RAGIONE_SOCIALE, in quanto: (i) si trattava di primaria RAGIONE_SOCIALE nazionale; (ii) l’ istituto di credito aveva dunque la possibilità di accedere alle banche dati ad accesso riservato ed era in grado di leggerne i risultati, come la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (dal cui esame era emerso per i mesi di ottobre 2008-aprile 2009 un continuo e progressivo indebitamento di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di tutto il ceto bancario, tanto che nel 2008 erano stati segnalati ‘rischi a revoca’ e ‘rischi a scadenza’ da Unicredit, da RAGIONE_SOCIALE, da Intesa Sanpaolo, dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla stessa RAGIONE_SOCIALE); (iii) le segnalazioni di ‘rischi a revoca’ in RAGIONE_SOCIALE non erano indice di marginalità operativa, come ritenuto dal Tribunale, ma – poiché le segnalazioni in centrali rischi non erano rimesse alla discrezionalità degli intermediari, obbedendo a specifiche regole – dovevano considerarsi tipiche dei ‘crediti bancari per cui l’intermediario si sia riservato la facoltà di recedere indipendentemente dall’esistenza di una giusta causa e più in generale i crediti bancari per cui l’istituto ritiene che sussistano maggiore rischio e una difficoltà di rientro’; (iv) l’andamento del rapporto con la RAGIONE_SOCIALE appellata ‘presentava un affidamento completamente utilizzato, passato da € 2.800.000,00 dell’ottobre 2008 a € 4.000.000,00 del 2009, con correlativo sconfinamento sull’accordato complessivo nel mese di gennaio 2009 … ‘ , con la conseguenza che, in base a ciò, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto percepire che la società debitrice avesse fatto ricorso al credito per far fronte all’incapacità di prosecuzione aziendale; (v) la segnalazione della posizione in centrale r ischi come ‘rischi a revoca’ ven iva eseguita dagli operatori di settore in occasione della concessione o dell’aumento del credito, al solo fine di una ristrutturazione del debito esistente e tali tipi di affidamenti presupponevano la pattuizione contrattuale del recesso ad nutum e in via immediata; (vi) la b anca ‘aveva timore di non rientrare del proprio credito e ciò anche sulla base delle analoghe segnalazioni degli altri istituti di credito
che anch’essi non le avevano effettuate in precedenza’, specie in considerazione: (a) del fatto che essa stessa aveva segnalato un affidamento a revoca completamente utilizzato di 4 milioni e che il conto della società era costantemente in passivo e gestito a rientro, (b) del mancato incasso di effetti scontati e RID inevasi, (c) delle risultanze del bilancio 2007 e del mancato deposito del bilancio 2008, (d) della segnalazione in CAI, (e) degli assegni insoluti e protestati, anche dalla medesima b anca posti all’incasso .
4.1 In ordine, poi, alla domanda revocatoria formulata dall’appellante ai sensi dell’art. 70 l. fall., la Corte territoriale ha ritenuto che, sebbene ai sensi dell’art. 67 l. fall. fossero revocabili, nei limiti dell’ammontare massimo di cui all’art. 70 l. fall., solo le rimesse intervenute nel semestre anteriore alla dichiarazione di fallimento, ove fosse provata la conoscenza dello stato di insolvenza e ove le rimesse avessero ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca, nel caso di specie sussistevano i presupposti per la revoca di tutte le rimesse confluite sul conto corrente per € 831.862,38 , che in soli cinque mesi avevano quasi estinto la posizione debitoria di RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE MPS, in quanto aventi i caratteri della consistenza e della durevolezza. La Corte di appello ha ribadito che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto avvedersi dello stato di difficoltà economica di RAGIONE_SOCIALE, ciò emergendo dalla pluralità dei rapporti bancari di conto corrente, dalle operazioni su RID ed effetti tornati insoluti (che rappresentavano un segnale di un’incapacità di RAGIONE_SOCIALE di riscuotere il prezzo delle forniture rese e di estinguere i debiti assunti), dal costante saldo passivo del conto corrente (le cui poste attive negli importi di maggiore rilevanza erano idonee a provare il rientro del debito e non lo svolgimento ordinario dell’attività di impresa), dall’aumento del fido da € 2.800.000,00 a € 4.000.000,00 (volto ad evitare che eventuali rimesse affluissero non su un conto scoperto, ma su un conto affidato): da tali elementi sarebbe emersa una gestione del c/c da parte della correntista finalizzato al rientro dal debito e non a gara ntire lo svolgimento ordinario dell’attività di impresa.
4.2 La Corte d’Appello ha, altresì, ritenuto che gli estratti conto erano indicativi della gestione a rientro del conto corrente, poiché recanti un saldo costantemente passivo, fino a divenire praticamente estintivo di ogni
possibile pretesa della MPS. I giudici di appello hanno, poi, precisato che la società aveva intrattenuto con la RAGIONE_SOCIALE un rapporto anticipi e un rapporto di conto corrente e che il saldo costantemente passivo riguardava solo il conto anticipi n. 1911, poiché le poste attive ivi confluite avevano natura solutoria, volte ad estinguere il debito del finanziamento erogato al momento dello sconto degli effetti registrato in ‘dare’ e non era rilevante i l numero delle operazioni attive, non essendosi verificato alcun incasso della RAGIONE_SOCIALE, ma soltanto l’estinzione del debito relativo al finanziamento ricevuto. La Corte territoriale ha poi aggiunto, quanto al conto corrente ordinario n. 66421, che le operazioni attive ivi registrate avevano avuto anch’esse il solo scopo di far rientrare dal debito e non di garantire l’ordinario svolgimento dell’attività di impresa della RAGIONE_SOCIALE.
4.3 L a Corte d’Appello ha dunque ritenuto che ricorressero indizi gravi, precisi e concordanti, idonei a dimostrare la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’appellante da parte della banca convenuta in revocatoria.
La sentenza, pubblicata il 20/5/2020, è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE S.p.a. con ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, cui RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa ha resistito con controricorso.
La controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la società ricorrente lamenta la ‘n ullità della sentenza ex art. 132, comma 2 n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte d’Appello deciso oltre i limiti della domanda ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. ‘ .
1.1 Secondo la ricorrente, la sentenza qui impugnata sarebbe stata resa in violazione del principio tra il chiesto e il pronunciato, con palese violazione dell’art. 112 c.p.c. con vizio di ultrapetizione, atteso che la Corte territoriale non avrebbe potuto statuire oltre i limiti della domanda. Ricorda la società ricorrente che l’impugnazione di parte appellante sarebbe stata finalizzata ad una riforma della sentenza in punto di riconoscimento della scientia decoctionis della RAGIONE_SOCIALE, non essendo stato svolto motivo di appello
incidentale quanto alla domanda di revocatoria delle rimesse confluite sul conto anticipi n. 1911 per un importo pari al massimo revocabile né risultando tale domanda riprodotta nelle conclusioni dell’atto di appello .
1.2 Più in particolare, nel motivo la ricorrente sostiene che ‘risulta evidente che, nel proporre gravame, controparte ha espressamente rinunciato alla domanda svolta nel primo grado di giudizio … Trattandosi di domanda rigettata dal Tribunale, ove l’appellante avesse voluto sottoporla nuovamente all’esame della Cort e territoriale, avrebbe dovuto proporre appello incidentale; poiché ciò non è accaduto, su tale domanda si è formato il giudicato interno, che aveva reso impossibile ai giudici del gravame, l’es ame della relativa questione. Che si tratti di domanda non sottoposta al vaglio della Corte d’Appello emerge anche avendo riguardo al contenuto dell’atto di appello avversario, finalizzato alla riforma della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la liquidatela non avesse fornito elementi presuntivi idonei a costituire indizi gravi precisi e concordanti, così escludendo la sussistenza della scientia decoctionis in capo alla RAGIONE_SOCIALE‘ ( cfr. ricorso, pag. 27). Conclude pertanto la ricorrente nel senso che ‘nel caso di specie, poiché … l’appellante non ha riproposto tra le critiche alla sentenza quella relativa alla reiezione della domanda di revoca delle rimesse confluite sul conto anticipi per l’importo di € 831.862,32 né la relativa domanda di condanna, la questione era coperta da giudicato interno ed era precluso al Giudice del gravame pronunciarsi su di essa … ‘ (cfr., sempre ricorso, pag. 31).
1.3 Il motivo, così articolato, è infondato.
1.3.1 Quanto al profilo di censura principale sopra esposto – quello cioè con cui la parte ricorrente denunzia, in buona sostanza, la violazione di un giudicato interno – non è dubitabile come alcun giudicato si sia formato in merito alla parte della domanda che investiva il conto corrente n. 1911, per l’evidenza che in primo grado la domanda di revocatoria fallimentare era stata rigettata integralmente, a monte, per il rilevato difetto dell’elemento soggettivo. Elemento quest ‘ultimo che infatti altro non era che il thema decidendum dell’appello promosso, la cui esitazione decisoria ha, poi, condotto il giudice di secondo grado a dichiarare l’inefficacia delle rimesse e disporre la condanna restitutoria di cui oggi la ricorrente si duole.
Ne consegue che l ‘appello di RAGIONE_SOCIALE si era dunque concentrato sulla scientia decoctionis , per l’evidente motivo che quest’ultimo profilo costituiva la ragione del rigetto della domanda in primo grado.
1.3.2 Quanto all’ulteriore profilo della denunciata ultrapetizione della pronuncia in rapporto alle conclusioni d’appello di RAGIONE_SOCIALE, già di per sé la constatazione che la domanda era stata proposta (al punto che la ricorrente per tale ragione assume il formarsi di un giudicato) e non era mai stata espressamente rinunciata dalla parte, induce ad escludere il vizio di ultrapetizione lamentato, posta la nota circostanza che affinché una domanda possa ritenersi rinunciata la rinuncia deve essere espressa ed inequivoca.
Ne consegue che né la Corte d’appello è andata oltre i limiti della domanda, né sussiste un giudicato interno di rigetto della pretesa relativa al rientro creditorio del conto 1911, essendo stata la domanda rigettata integralmente per difetto dell’elemento soggettivo e pe r tale ragione impugnata integralmente la relativa pronuncia.
Con il secondo mezzo si deduce ‘Violazione dell’art. 67, comma 2 e comma 3, lett. b) L.F., 1842, 1843, 1852 c.c. in relazione all’individuazione delle rimesse revocabili ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. per avere la Corte territoriale preso in considerazione le operazioni contabilizzate sul conto anticipi n. 1911 ‘ .
2.1 Sostiene la ricorrente che la sentenza impugnata sarebbe viziata nell’individuazione delle rimesse revocabili, avendo violato l’art. 67 comma 2 e comma 3 lett. b) l. fall. e avendo ritenuto revocabili tutte le rimesse confluite sul conto anticipi n. 1911. Così i giudici di appello avevano ritenuto che le rimesse avessero natura solutoria e che fossero finalizzate al ripianamento del debito della società, senza considerare che la società godeva di affidamenti e che il conto anticipi era un mero conto di appoggio, non avendo una sua autonomia rispetto al conto corrente ordinario.
2.2 I l secondo motivo è all’evidenza inammissibile.
Sotto l’egida applicativa del vizio di violazione di legge ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la parte ricorrente pretenderebbe, ora, innanzi a questa Corte di legittimità, un nuovo scrutinio della documentazione versata nei giudizi di merito, per rinnovare apprezzamenti di merito, che esulano, invece,
dal sindacato di legittimità (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017;Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14 /01/2019). E ciò a fronte di una valutazione compiuta dalla Corte territoriale esaustiva e dettagliata di tutti rapporti di conto corrente, dedotti in causa, avendo i giudici del gravame preso posizione su tutti i negozi e le condotte fra le parti, escludendo che vi fossero formali aperture di credito.
Non può dunque darsi accesso in questo giudizio di legittimità a deduzioni che involgono la rilettura degli atti istruttori e un nuovo apprezzamento del merito della decisione.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per ‘ violazione ed erronea applicazione dell’art. 67 comma 2 e comma 3 L.F. e dell’art. 115 c.p.c. per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto revocabili le rimesse confluite sul c/c ordinario n. 66421, sebbene si trattasse di rimesse prive dei caratteri di consistenza e durevolezza ‘ .
3.1 Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe stata emessa in violazione dell’art. 67 comma 2 e comma 3 lett. b) l. fall., in quanto la Corte territoriale non avrebbe correttamente operato in materia di verifica dei presupposti per la revocabilità delle rimesse, vale a dire consistenza e durevolezza, avendo ritenuto revocabili le rimesse individuate dalla liquidatela e confluite sul conto corrente n. 66421 ed avendo ritenuto che avessero natura solutoria e che fossero finalizzate al ripianamento del debito della società.
3.2 Anche in relazione al terzo motivo si è costretti a ripetere quanto già affermato in relazione al secondo motivo. Ed invero, la parte ricorrente pretende di nuovo uno scrutinio di merito, qui inibito invece al giudice di legittimità, per le ragioni già sopra ampiamente spiegate, a fronte di una motivazione spesa dalla Corte di appello in modo esaustivo, anche in ordine all ‘ individuazione e quantificazione delle rimesse revocabili.
In ordine, poi, alla questione delle ‘partite bilanciate’, le doglianze risultano inammissibili perché proposte per la prima volta in questo giudizio di legittimità.
Il quarto mezzo di impugnazione propone invero motivo di ‘ Violazione e/o erronea e/o falsa applicazione dell’art. 67, comma 2 e comma 3, lett. b), L.F., in combinato disposto con l’art. 70, comma 3, L.F. ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., per l’erronea quantificazione dell’ammontare delle rimesse revocabili ‘, avendo ritenuto che la somma oggetto di revocatoria dovesse determinarsi sommando le rimesse individuate da RAGIONE_SOCIALE come revocabili ex art. 67 comma 2 L.F. e confluite sul c/c n. 66421 e sul conto anticipi n. 1911 con il massimo importo revocabile individuato dalla liquidatela ai sensi dell’art. 70 L.F.’ .
4.1 Secondo la ricorrente, l a Corte d’Appello avrebbe dovuto, una volta individuato il massimo importo revocabile secondo il criterio del massimo rientro nel semestre sospetto (ex art. 70 l. fall.), individuare quelle dotate di consistenza e durevolezza e dunque revocabili. L’ammontare di tali rimesse revocabili non avrebbe potuto superare, in ogni caso, l’importo individuato ai sensi dell’art. 70 l. fall.
4.2 Anche volendo superare l’evidente commistione operata dalla ricorrente in ordine a due profili, da mantenere invece separati (in quanto la riduzione consistente e durevole attiene al profilo dell ‘ individuazione delle ‘rimesse’ revocabili’, mentre l’art.70 l. fall. riguarda il diverso profilo della restituzione), va comunque anche in questo caso posto in rilievo che la Corte di appello ha comunque operato tali quantificazioni e accertamenti, con scrutinio in fatto qui non più censurabile, per lo meno nei termini sopra ricordati.
La ricorrente propone inoltre un quinto mezzo col quale denuncia ‘Violazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 2727 e 2729 c.c. dell’art. 67 comma 2 L.F. e dell’art. 51 TUB ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto sussistente la scientia decoctionis da parte della RAGIONE_SOCIALE, avuto riguardo alla segnalazione in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE d’Italia e al rinnovo del fido ‘ . La Corte di appello avrebbe, cioè, attribuito rilevanza di indizio grave, preciso e concordante alla segnalazione della posizione della debitrice in RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE d’Italia come ‘rischio a revoca’, equiparandone gli effetti giuridici alla segnalazione a ‘sofferenza’, così violando l’art. 51 TUB, gli artt. 2727 e 2729 c.c., e giungendo all’erronea conclusione per cui tale tipo di segnalazione sarebbe stato indice dello stato
di decozione della società e laddove avrebbe attribuito valenza indiziaria della sussistenza della scientia decoctionis al rinnovo dell’affidamento intervenuto nel novembre del 2008 in favore della correntista.
6. Il sesto mezzo denuncia ‘ Violazione degli artt. 1842, 1843, 2697, 2727 e 2729 c.c. dell’art. 67 comma 2 L.F. ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto sussistente la scientia decoctionis da parte della RAGIONE_SOCIALE, avuto riguardo all’andamento del conto corrente ‘ . Sempre secondo la ricorrente, l a Corte d’Appello avrebbe erroneamente attribuito rilevanza di indizio grave, preciso e concordante all’andamento negativo del rapporto di conto corrente, senza considerare che la società godeva di affidamenti, così violando gli artt. 1842, 1843, 2697, 2727, 2729 c.c. e l’art. 67 l. fall., in quanto tale circostanza non era idonea ad acquisire efficacia indiziaria.
La società ricorrente propone, da ultimo, un settimo motivo articolato come ‘Violazione dell’art. 67 L.F., degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. e del D. Lgs. n. 507/99 ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in ordine alla segnalazione
in CAI ‘ .
7.1 Si ritiene erronea la sentenza impugnata laddove la stessa aveva attribuito valenza indiziaria alla segnalazione in CAI della società correntista, sebbene controparte non avesse assolto all’onere della prova su di essa gravante, avendo posto a carico della RAGIONE_SOCIALE l’onere di dimostrare di non essere a conoscenza dello stato di decozione della società per non avere avuto notizia dell’iscrizione in CAI del nominativo della società RAGIONE_SOCIALE .
7.2 Gli ultimi tre motivi – che possono essere esaminati congiuntamente, stante il comune rilievo dell’erroneo apprezzamento della prova indiziaria sul presupposto della scientia decoctionis – sono inammissibili perché tutti volti a richiedere a questa Corte un nuovo scrutinio dei singoli elementi indiziari, sui quali la Corte di appello ha ritenuto fondata la conoscenza della banca dello stato di decozione del solvens .
7.3 Sul punto giova ricordare che, anche recentemente, è stato chiarito da questa Corte che, in tema di prova presuntiva, l’errore in cui il giudice di merito sia incorso nel considerare grave, precisa e concordante una presunzione, che non lo sia, può configurare un vizio censurabile in
cassazione ex art. 360, n. 3 c.p.c., purché vi sia stata una macroscopica erronea individuazione della regola inferenziale. Tale principio si declina, con maggior rigore, nelle controversie in materia di regolazione del mercato e del diritto dell’economia, ove l’intervento giudiziale, nell’apprezzamento della prova, non deve essere vincolato dalla “tipizzazione” di precostituite fattispecie applicative, dovendosi, invece, esplicare nella libertà di adattamento della regola generale al caso concreto (così, Cass. S ez. 1, Sentenza n. 10240 del 18/04/2025; vedi anche: Cass n. 9054/2022; Cass. 18611/2021; Cass. 27266/2023).
In realtà, l’individuazione e la selezione tra i fatti noti di quelli, sulla cui base far emergere, tramite l’applicazione delle regole inferenziali, il fatto ignoto (oggetto del ragionamento presuntivo del giudice), come la scelta degli stessi criteri inferenziali, appartengono all’ambito di apprezzamento discrezionale dei fatti e delle prove, rimesso al giudizio dei giudici di merito, che, se adeguatamente argomentato, non può essere oggetto del sindacato di legittimità (così, Cass. n. 10240/2025, cit. supra ). La critica al ragionamento presuntivo svolto da giudice di merito sfugge, infatti, al concetto di falsa applicazione quando si concreta o in un’attività diretta ad evidenziare soltanto che le circostanze fattuali – in relazione alle quali il ragionamento presuntivo è stato enunciato dal giudice di merito – avrebbero dovuto essere ricostruite in altro modo (sicché il giudice di merito è partito in definitiva da un presupposto fattuale erroneo nell’applicare il ragionamento presuntivo), o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito, senza spiegare e dimostrare perché quella da costui applicata abbia esorbitato dai paradigmi dell’art. 2729, primo comma, c.c. (e ciò tanto se questa prospettazione sia basata sulle stesse circostanze fattuali su cui si è basato il giudice di merito, quanto se basata altresì su altre circostanze fattuali). In questi casi la critica si risolve, con tutta evidenza, in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della medesima quaestio , ponendosi la censura in un ambito applicativo che non è quello declinato dal n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ. (e cioè falsa applicazione dell’art. 2729, primo comma, cod. civ.), ma su quello
che sollecita, invece, un controllo sulla motivazione del giudice relativo alla ricostruzione della fattispecie concreta (così, sempre Cass. n. 10240/2025, cit. supra ). Ambito applicativo che, tuttavia, vigente il nuovo n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., risulta percorribile solo qualora si denunci che il giudice di merito abbia omesso l’esame di un fatto principale o secondario, che avrebbe avuto carattere decisivo per una diversa individuazione del modo di essere della detta quaestio ai fini della decisione, occorrendo, peraltro, che tale fatto venga indicato e dedotto in modo chiaro ed autosufficiente e non potendo esso individuarsi solo nell’omessa valutazione di una risultanza istruttoria (v. Sez. Un. nn. 8053 e 8054 del 2014, per come riprese in motivazione anche da Sez. U, n. 1785/2018; cfr. tra le tante, Cass. n. 18611 del 2021; Cass., Cass. n. 9054 del 2022; Cass. n. 22846/2022; Cass. 27266 del 2023).
Alla luce dei principi qui da ultimo illustrati le doglianze proposte dalla ricorrente negli ultimi tre motivi si pongono con evidenza al di fuori del perimetro delimitante la cognizione del giudice di legittimità in tema di valutazione della prova indiziaria, proprio perché le relative censure sono volte ad un nuovo apprezzamento della quaestio facti .
La RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE propone infine ricorso incidentale.
8.1 Deduce la ricorrente incidentale la ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 67 l .f. , nonché dell’art. 1224 e 1277 c.c. in rapporto all’art. 360 n. 3 c.p.c. ‘, in ordine al mancato riconoscimento sulle somme liquidate della rivalutazione monetaria.
8.2 Il motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c.
Sul punto va ricordato che risulta ferma ed incontrastata negli ultimi anni quella giurisprudenza di legittimità secondo la quale l’obbligazione restitutoria dell'”accipiens” soccombente in revocatoria ha natura di debito di valuta e non di valore, atteso che l’atto posto in essere dal fallito è originariamente lecito e la sua inefficacia sopravviene solo in esito alla sentenza di accoglimento della domanda, che ha natura costitutiva; ne consegue che anche gli interessi sulla somma da restituirsi decorrono dalla data della domanda giudiziale e che il risarcimento del maggior danno, conseguente al ritardo con cui sia stata restituita la somma di denaro oggetto della revocatoria, spetta solo ove l’attore lo alleghi specificamente e dimostri di
averlo subito (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12736 del 10/06/2011; Sez. 1, Ordinanza n. 12850 del 23/05/2018; Sez. 1, Ordinanza n. 31652 del 09/12/2024).
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza principale, ma vanno parzialmente compensate nella misura di un sesto in ragione di una parziale soccombenza della ricorrente incidentale.
Sussistono invece i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e di quella incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 15.000 per compensi (misura finale già compensata di 1/6), oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 15.10.2025
Il Presidente NOME COGNOME